Economia reale e crisi bancarie
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Economia reale e crisi bancarie
Dagli Stati Uniti all’Europa: tassi, inflazione, politiche monetarie. Il tema sempre attuale dell’economia reale e di come reagiscono le banche ai cambiamenti, viene affrontato attraverso le analisi dell’economista Marcello Minenna, Vincenzo Boccia, il presidente dell’Università Luiss Guido Carli, Elena Carletti, Alessandra Proto, Arrigo Sadun.
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Non è l'osservatorio per il Trentino, ma è la sede OX per lo sviluppo locale. Perfetto. Detto questo, io metterai subito nel tema centrale. Abbiamo visto che c'è questa tentativa di frenare l'inflazione con un continuo rialzo dei prezzi. Parte dall'America, arriva in Europa. La Garda ha già annunciato che ci saranno due prossimi ritocchi. Allora, quando l'America si fermerà, perché quando si fermerà l'America magari si fermerà anche l'Europa, sta avendo dei risultati in America questa politica monetaria? Prego, presidente. No. Il risultato è ancora prematuro per vedere i risultati. E però qui bisogna fare attenzione, perché c'è stata effettivamente negli ultimi tempi una riduzione del tasso di inflazione, che però riflette altri motivi e non ancora in modo sostanziale l'amento dei tassi, che è relativamente recente, perché hanno cominciato appena un anno fa. Si stima empiricamente, non sono questioni teoriche, che ci vogliono più di 12 mesi, 14 mesi, prima che l'economia reale cominci a sentire l'impatto dei tassi. Quindi l'inflazione si sta riducendo, si è ridotta negli Stati Uniti. Probabilmente nei prossimi mesi questa riduzione dell'inflazione appare ancora più consistente, perché ci sono dei motivi tecnici, come per esempio il confronto anno su anno con periodi mesi dell'anno passato che portano a un aumento anno su anno minore. Quindi avremo l'impressione che l'inflazione stia scendendo verso il 4%. Secondo me, secondo noi, la nostra analisi, ma direi gran parte degli osservatori, non è così. L'inflazione dei Stati Uniti non scende sotto il 4% entro la fine dell'anno, il che vuol dire che la FED continuerà a politiche monetarie restrittive perché il loro obiettivo essenziale è riportare l'inflazione al 2%. Ecco, professoressa Carletti, le banche soffrono questa politica monetaria? Perché il pericolo, la paura, io direi, è che poi, siccome in realtà la soffrono i clienti delle banche che sono le imprese, prima o poi la soffriranno anche le banche necessariamente. C'è un allarme, c'è un'attenzione particolare in questo momento o è ancora tutto sotto controllo? Allora, per il momento direi che ad oggi le banche, soprattutto nel continente europeo e basta guardare all'Italia, sono forse il settore che più hanno beneficiato dell'aumento dei tasti della politica monetaria. E questo perché cosa fanno le banche fondamentalmente? Le banche raccolgono depositi a vista i nostri soldi, i nostri risparmi li investono in attività con scadenza più lunga. Quindi fanno questa trasformazione di scadenze, si dice, tra depositi a vista e investimenti di lungo periodo, che possono essere un prestito all'impresa, possono essere investimenti in titoli di Stato, possono essere qualunque obbligazione che ha una scadenza più lunga. Dov'è che guadagnano? Guadagnano nella differenza di tassi che pagano a noi sui nostri depositi che invece fanno pagare a chi prende a prestito da loro, quindi ad esempio alle imprese. Ecco, quando i tasti si alzano, cosa è successo? Dopo tanti anni in cui i tasti erano addirittura negativi quindi le banche non riuscivano a avere un ampio margine di interesse tra attivo e passivo, con l'aumento dei tasti ora le banche continuano a non pagare molto sui depositi, in particolare ai risparmiatori più piccoli, ma nello stesso tempo hanno aumentato il costo di denaro alle imprese. E quindi aumentando il margine di interesse tra questa passività e queste attività che fanno hanno guadagnato molto in quest'ultimo anno. Ecco, io però volevo chiedere a Minenna, questo gioco che fa bene alle banche comincia a non fare tanto bene all'economia? Quanto può durare in Italia, senza che si paghi un prezzo? Beh, innanzitutto secondo me è opportuno vedere il lato, chiamiamolo privato, e quello pubblico perché poi sono ambiti abbastanza complessi e diversi. Beh, da punto di vista pubblico, è inutile dirlo, se i tassi continuano a salire in questa maniera, tenuto conto dello spread che ha il nostro debito rispetto al safe event che è il bond, noi ci troveremo a rifinanziare il debito pubblico al 6%. E questo è un problema, è un problema perché a seguito anche degli sforzi finanziari della pandemia il rapporto debito-pil è obiettivamente cresciuto tanto. E su questo quindi bisognerebbe cercare di intervenire per affrontare il tema delle determinanti dell'inflazione perché è indubbio che ci sia una rincorsa. La rincorsa è determinata dal rapporto tra i tassi di cambio. Se negli Stati Uniti d'America tirano sui tassi di interesse e rafforzano il dollaro è chiaro che questo ha degli impatti importanti sulla nostra bilancia dei pagamenti parlando come Europa, o meglio Eurozona, e quindi la Banca Centrale Europea reagisce per ripristinare un rapporto un pochino più corretto tra euro e dollaro quindi anche a livello di conto finanziario e poi di conto commerciale. Però questo è un tema. Poi c'è il tema secondo me anche abbastanza rilevante di quello che possiamo chiamare lato senso il privato. Allora qui il punto è collegato alla capacità di erogare credito alle imprese, di far sì che l'economia reale riesca a crescere rapidamente. Perché? Perché questo andrebbe a colpire il denominatore del rapporto debito-PIL. Perché se il debito è un problema dobbiamo fare in modo che il PIL non lo sia. Questo lo vediamo. Io vorrei far parlare tanto tutti. Allora dottoressa Proto, sui territori chi sta soffrendo di più e qual è la realtà? Cosa sta accadendo? Dunque i territori intanto non sono tutti uguali. Tutti i paesi dell'Ox, adesso io mi riferisco ai paesi dell'Ox, sono composti da regioni, regioni che sono più o meno equipaggiate ad affrontare problematiche, che sono più o meno equipaggiate ad affrontare strette del credito, regioni che hanno piccole e medie imprese che sono all'avanguardia, altre che hanno invece piccole e medie imprese che sono in territori più svantaggiati, più difficili, laddove ci sono delle difficoltà si trovano ancora più in difficoltà ad affrontarle. Quindi in questo momento, giusto per dare dei numeri e guardando all'Italia, un dato secondo me preoccupante in assoluto, ma in particolare guardando a quelli che sono i cosiddetti divari territoriali che peraltro dall'ultima crisi finanziaria d'oggi stanno aumentando, tranne in Germania perché c'è ancora convergenza, ma tutti gli altri paesi europei vedono un aumentare del divario dei diversi territori, la povertà relativa. In Italia i tassi di povertà relativa variano dal 5 per cento della valle d'Aosta al 40 per cento in Campania. Questa differenza di 35 punti pone l'Italia tra le ultime 5 paesi OXE in termini di disparità regionali. Con una disparità regionale così forte, con una disuguaglianza così forte, affrontare problematiche che sono date adesso dall'inflazione evidentemente pone delle questioni importanti. Ecco, ma Presidente Boccia, lato imprese, la recessione alle porte, la recessione c'è già, la recessione è evitabile? Io parto dal titolo «Economia reale e crisi bancaria». Non esiste un villaggio economico fatto di imprese deboli e banche forti. Quindi è il mood di questo festival, no? Ritornare ai fondamentali dell'economia reale. E faccio una mia riflessione, deduzione, attenzione, perché l'inflazione che noi abbiamo in Europa è una inflazione diversa da quella che è negli Stati Uniti d'America. In Europa noi abbiamo un'inflazione importata, perché sono aumentati i costi delle malettere prime, per motivi anche di speculazione sui future, sono aumentati i costi dell'energia, che negli Stati Uniti non sono aumentati. Nel Stato Unito l'inflazione è l'inflazione di domanda, quella classica da manuale che abbiamo studiato sempre in università. Ed è evidente che l'aumento dei tassi di interesse comporta una reazione di quel paese continente, diciamo, il rapporto a quella inflazione. Noi che cosa abbiamo fatto? Abbiamo copiato, la BC ha copiato la Fed, seguendola con l'aumento dei tassi di interesse, l'effetto è che abbiamo un trimestre tecnico di recessione in Germania. Cosa significa questo? Che se tu aumenti il tasso di inflazione in un mondo in cui sono aumentate già le materie prime per via esterna e i costi dell'energia, è evidente che a parità di salario degli europei e degli italiani stai creando le precondizioni di una recessione. Quindi il dibattito, a mio avviso, non dobbiamo cadere in questa trappola, non è meglio la recessione che l'inflazione. Ma il dibattito è come evitare e rallentare l'inflazione andando ad analizzarne le cause realizzare sviluppo e occupazione. E allora, evidentemente, se noi calmirassimo il costo delle materie prime dell'energia, avremmo un calmiramento dei prezzi che determinerebbe un calmiramento dell'inflazione prescindendo dai tassi di interesse. Questa è la questione, questa è la questione rilevante. Tutto questo arriva all'economia reale, perché se le imprese sono costrette ad aumentare i prezzi per aumento delle materie prime, aumento del costo dell'energia, aumento dei tassi di interesse, a parità di domanda e di salario e di reddito, è evidente che c'è una contrazione della domanda. Questo è il mondo in cui siamo noi. Su questo bisogna essere lucidi nel capire le cause di intervenire, per esempio, tassando la speculazione sui future delle materie prime, perché la speculazione sui future delle materie prime che nasce per garantire gli agricoltori da eventuali intemperie diventa un elemento di speculazione che può arrivare all'economia reale quindi alle crisi del sistema. Tanto è vero che, come dire, lo ha detto tra le righe, Sadun negli Stati Uniti d'America stanno inventando i tassi di interesse, ma non sono in recessione. Non ancora. Non ancora è possibile che... Ma attenzione, perché noi, se la Germania ci va in recessione, siccome la filiera è una filiera corta, noi siamo la seconda manifattura d'Europa siamo molto, come dire, anche fornitori della Germania, è evidente che alla recessione della Germania dobbiamo aspettarci una contrazione, come dire, degli altri paesi a partire dall'Italia. Allora, noi vogliamo parlare di economia reale, sviluppo e occupazione quindi dire come realizzare sviluppo e occupazione quindi evitare l'eccessione e calmirare l'inflazione. Oppure il dibattito è meglio la recessione che l'inflazione. Mi sembra un dibattito surreale scegliere una negatività rispetto all'altra dire che quella seconda è meno peggio della prima. Noi siamo in un mondo totalmente diverso. Questo mondo viene da un'inflazione importata. L'inflazione importata va affrontata in una modalità diversa da quelli che sono gli strumenti storici con cui si affronta l'inflazione. Ecco, Presidente Sadun, ma è pensabile che gli Stati Uniti che la Fed si fermi? È pensabile che la Banca Centrale Europea si fermi anche se la Fed va avanti? Perché Minella diceva, siamo a un gioco al massacro un po' l'ha detto anche il Presidente Bocce. La prima domanda, la Fed non si ferma. Non si ferma. Implicito, lei dice, non si ferma nella politica restettiva monetaria. Non si ferma nei prossimi mesi, a breve. E qualora avvenisse sarebbe un bruttissimo segno perché vorrebbe dire che la Fed ha rinunciato all'obiettivo fondamentale di riportare l'inflazione sotto controllo e poi qui ci sarebbe... L'obiettivo è il 2%. Siamo intorno al 5%. Avremo nei prossimi mesi l'illusione che l'inflazione sta scendendo sotto il 4%, mentre invece molto probabilmente a settembre ci ritroveriamo ancora tra il 4-5%, che non è accettabile. Riprendo, scusi, il filo del discorso. Perché dico che se la Fed decidesse, adesso entro l'estate, di diminuire tasse di interesse, sarebbe un pessimo segnale? Perché vorrebbe dire che ha rinunciato all'obiettivo fondamentale di controllare l'inflazione, non per evitare la recensione, che in realtà loro l'hanno già messo nel conto. E questo non potremmo parlare a lungo. Ma perché l'altra crisi vera, che è quella della crisi del sistema bancario negli Stati Uniti, che è sotto controllo ma non risolta, sta assumendo una pericolosità tale per cui la Fed non ha altra... Ci potranno essere altri fallimenti bancari? Sicuramente. Ci saranno. Sicuramente. Perché? Mi scusi l'ignoranza. Mi faccia passo per passo, che sennò metto il pubblico in condizione di fare un esercizio mentale da trapezista. Allora, è normale. I fallimenti bancari negli Stati Uniti sono circostanze fisiologiche. Avvengono in situazioni più o meno... Di che cosa stiamo parlando? Ovviamente non stiamo parlando di banche sistemici. Stiamo parlando della mediade delle piccole banche regionarie, ecc. E non è quello il problema. Cioè, continueranno a fallire. Non è quello il problema. Il problema è se l'insieme o il numero importante di queste banche non sistemiche complessivamente creano o pongono un pericolo sistemico. Questo è la cosa. Perché, purtroppo, dobbiamo attendersi ulteriori pressioni sul sistema bancario americano, sia piccole che grosse banche. Perché tutto il sistema è alla prese con una situazione estremamente difficile che è stata creata da decenni di politiche monetarie ultra permissive. Cioè, liquidità illimitata a costo zero ha incoraggiato o costretto molti istituti bancari a impegnarsi in una situazione che adesso, cambiando le circostanze, quindi tassi molto più alti liquidità che svanisce, li creano grossi problemi. Alcuni istituti sono in grado di fare fronte a questi problemi, altri no. Ma la mia domanda, scusi, è... Ma a questo punto, per una volta, il malato sono gli Stati Uniti? No, su questo io non la vedo in questi termini. Perché per me entro certi limiti e queste manifestazioni, frazioni alte, fallimenti delle banche, ecc., possono sembrare, sono sicuramente spiacevole e qualche volta traumatici. Ma è il funzionamento del sistema. Cioè, il sistema di mercato è tale per cui si accumulano degli squilibri macroeconomici che a un certo punto devono essere risolti di solito vengono risolti con una covezione monetaria importante, una stretta monetaria. Per questo che le dicevo prima, l'obiettivo non dichiarato, ma fondamentale della Fed è creare la recessione. Creare la recessione. Perché negli Stati Uniti storicamente, di nuovo, non è un'affermazione dottrinale. Impiricamente, quando l'inflazione supera un certo limite, intorno al 2 e più, che la Fed deve intervenire sia politicamente sia per ripristinare il funzionamento, diciamo, normale del sistema, anche a costo di una recessione. Negli Stati Uniti la recessione è come dappertutto una parola spiacevole, ma non è necessariamente una tragedia. Certo. Perché? Professoressa Carletti, il sistema bancario italiano è piuttosto differente da quello americano. Cioè, noi in quanto fallimenti abbiamo già dato un punto di domanda. Mi faccio fare un passo indietro e spiegare in maggiore dettaglio quello che io penso. Comunque abbiamo già dato. Perché sono diverse le banche americane dalle banche italiane? Dicevo prima, cosa fanno le banche? Prendono depositi e li investono con scadenze maggiori. In questa trasformazione di scadenza, però, non può essere troppo eccessiva. Cioè, le banche non possono avere tutti i depositi che possono essere ritirati subito e investire in attività con scadenza 50 anni, perché si crea una differenza che se tanti depositanti vogliono ritirare allo sportello la banca non ha soldi immediati per poter ripagare. Quindi la banca deve tenere una certa liquidità dal lato degli attivi. Ci sono delle regole chiare su quante liquidità le banche dovrebbero tenere. Quindi non può una banca prendere depositi investire tutto in scadenze molto lunghe, perché si crea questa eccessiva trasformazione che non va bene. Cosa è successo in America? Che nel 2018 il Congresso ha deciso di allentare queste regole di liquidità, si chiamano, per le banche delle dimensioni medie che abbiamo visto fallire ultimamente. Quindi cosa hanno fatto queste banche? In particolare la prima, Silicon Valley Bank, aveva depositi in mano a imprese grandi della tecnologia della Silicon Valley che nel frattempo avevano aumentato tantissimi i propri profitti quindi avevano aumentato molti depositi presto la banca. La banca si è vista inondata di liquidità, non avendo per i tassi bassi possibilità di investimenti molto favorevoli, ha investito in questa attività di molto lungo periodo. Quando queste imprese tecnologiche hanno iniziato a ritirare, la banca si è trovata a non avere soldi, a non poter ripagarli. Da lì gli ha venduti, queste obbligazioni ne frattempo erano cadute di valore perché i tassi erano aumentati, eccetera. Quindi qual è la bot online secondo me? Che c'erano state, è vero che è un po' fisiologico dovuto a questa politica monetaria a questo scenario con tassi molto bassi, però è che sono state allentate delle regole che non sarebbero dovute essere allentate, tutto sommato. Infatti adesso stanno pensando di rinserirle. Cosa succede in Italia e in Europa? Queste regole ci sono, sono implementate per qualunque dimensione bancaria quindi nessuna banca italiana, così come nessuna banca europea, ha eccessi di trasformazione, di maturità come quelli americani. Quindi è molto più contenuto, gli attivi bancari italiani sono molto più liquidi. Mi leggo, lei ha detto le banche stanno facendo soldi, no, sostanzialmente. Ecco, ma non si corre il rischio di... Adesso che le banche hanno fatto soldi, come dovrebbero impiegarli per non ammazzare il cavallo, come dite voi che economisti? In questo momento le banche stanno continuando a erogare i prestiti. Finché la domanda, a questo ritorno al problema della recessione, non della recessione, finché la domanda dalle imprese viene o anche dalle famiglie permutui, le banche stanno continuando a dare. Cioè, le banche non sono in una restrizione creditizia in questo momento. Certo, al costo è chiaramente più alto, perché i tassi sono aumentati, quindi è una questione di prezzo. Però le regole europee gli impongono maggiore severità rispetto a un tempo. Sì, sicuramente, adesso lascio il Dottor Minenna spiegare queste regole europee, perché so che il suo cavallo è di battaglia. Comunque, in generale sì, ma questa non è una cosa di oggi con la politica monetaria. Questa è una cosa che nasce ormai da tempo. No, volevo appunto coinvolgere il Dottor Minenna, perché se è vero che abbiamo delle regole che mettono in sicurezza il nostro sistema del credito da un certo punto di vista, sono regole più lasche sui derivati, per esempio. E quanto sono talmente lasche da poter mettere in crisi di sistema, punto di domanda? Beh, certamente c'è una grande differenza di impianto regolamentare. E effettivamente quella degli Stati Uniti d'America è un fallimento regolatorio, come è stato detto molto puntualmente dalla professoressa Carletti. Il tema, però, è che cosa dobbiamo regolamentare e con quale puntualità, perché poi la puntualità rischia di diventare accanimento terapeutico bisogna vedere se produce i risultati sperati. Diciamo che negli ultimi 15 anni la regolamentazione europea si è molto focalizzata sui crediti. Ora, è chiaro che cosa vuol dire si è molto focalizzata? Per esempio, il primo provvedimento, forse il più dirompente per quelle che erano anche le nostre tradizioni, fu la comunicazione sul settore bancario di agosto del 2013. Un peace of regulation comunitario che sostanzialmente dichiarò la fine del periodo dei salvataggi bancari di Stato. Ora, questa regola poi viene meglio implementata più in avanti con il bail-in qualche tempo dopo. Poi abbiamo le regole che portano a far operare le banche in una logica di immediatamente liberarsi dei crediti deteriorati, in una logica del pochi maledetti e subito, dal punto di vista finanziario, senza fare un case-by-case o un distinguo delle situazioni. Immaginate, giusto per dare un esempio, tra una patologia magari e una nuova fisiologia, prima in Italia un credito deteriorato si ammortizzava in 18 anni. È chiaro che questo era un problema, problema che era il contraltare questa regola di tecnica bancaria, ra il contraltare di cosa? Nei nostri giudizi civili. Era il contraltare di un mondo che gestiva i crediti deteriorati dal punto di vista dell'autorità giudiziaria civile particolarmente lento. Ora, su questo fronte non abbiamo fatto, purtroppo, grandi progressi, mentre dall'altro lato abbiamo delle regole che ti portano immediatamente a spesare in bilancio un credito deteriorato anche laddove garantito, in termini temporali con queste regole che si chiamano calendar provisioning stremamente stretti, ma soprattutto che portano le banche a disfarsi rapidamente di questi crediti, con qui però. Con delle società che per una serie di motivi fiscali sono grandemente presenti fuori dai confini nazionali che hanno un nome che la dice lunga, vulture fund o vulture company, cioè società a voltoio, perché queste società di fatto cosa fanno? Vanno a rilevare questi crediti e dopodiché avviano una gestione che ovviamente è una gestione speculativa. Non è una gestione in una logica di consolidare o mantenere il rapporto che c'è sempre stato e che ha caratterizzato tutto il secondo dopoguerra, ma non solo in Italia, di rinsaldare il rapporto banca impresa. Però su questa regolamentazione i risultati sono tutto sommato positivi se uno deve tirare fuori il saldo, è un saldo che uno può dire va bene. In questo momento abbiamo ridotto di due terzi i crediti deteriorati del sistema bancario, abbiamo tagliato i rami secchi, funziona, però io non capisco una cosa, perché da 15 anni più o meno, in realtà in un caso da 10, due temi non si riescono ad affrontare in Europa. Il primo è quello del fondo europeo di garanzia dei depositi, che era il famoso terzo pilastro dell'Unione bancaria. Qualche settimana fa è uscito finalmente un documento europeo che ne parla, ma in realtà non ne parla, perché in quel documento del 18 aprile 23 si tratta di aspetti ancillari al tema di creare effettivamente un fondo europeo, un'Unione bancaria dal punto di vista della solidarietà. Dall'altro lato abbiamo il tema dei titoli finanziari di livello 3 e 4 nei bilanci delle banche, dove i campioni, cioè i prodotti strutturati, i risultati dell'ingegneria finanziaria, spesso quella peggiore, quei titoli tossici, per esempio, che nel tarp statunitense sono stati rilevati dalla banca centrale americana, la Federal Reserve, col grande Ben Bernanke, che dichiarò nell'ottobre del 2012, ho trasformato la Fed in una bad bank ed è un nuovo corso di politica monetaria. Questi titoli ancora oggi non hanno un processo di revisione regolatoria che porti a gestire in maniera moderna i rischi soprattutto ad evidenziare eventuali profili di criticità. Questi titoli, ovviamente, sono concentrati nelle banche dei paesi centrali del centroeuro. In sintesi, Milena, l'accusa è, il sistema finanziario fa i soldi a scapito delle imprese, favorito dalle regole comunitarie. Ci sono comunque per lei, professoressa, due domande, perché una del presente Boccia e una di Minenna. No, io sintetizzo brutalmente, però nega. C'è sicuramente un'attenzione in questa reazione. La finanza riesce a governare vari processi. Dottoressa Proto, lei dal suo osservatorio, ma l'Italia se la può permettere una recessione? Perché nel nostro sentire, nella nostra pelle, non è mai finita la recessione. Poi no, ci sono stati anche momenti migliori di altri, ma negli ultimi 20 anni non è mai finita. È la recessione dei 30 anni. Siamo reagendo a crisi dopo crisi dopo crisi. Ma io volevo riagganciarmi anche a quello che aveva detto il presidente Boccia, in tutte queste cose qua, che sono ovviamente dei segnali che non stanno a me adesso a giudicare perché ci sono persone molto più esperte sul palco. Si innestano però in delle condizioni in cui noi abbiamo un sistema globale di crescita che non è performante. La produttività, poi, guardiamo all'Italia, è un tema, è una problematica enorme. Quindi se andiamo a vedere quello che succede all'interno dei paesi qual è la nostra base, ci sono delle fragilità che di fronte a dei rischi di questo tipo ffettivamente mettono, di nuovo qua ritorno al fatto che ci sono territori più corazzati e altri meno, in condizioni di reagire diversamente rispetto a queste cose. A me fa paura sentire dire recessione o non recessione. Il 27% delle famiglie nei paesi hoxe, se dovessero perdere tre mesi di stipendio, il che significa uno shock qualunque, finiscono sotto la linea della povertà. Cioè cadono improvvisamente dall'essere in una famiglia qui detto borghese, medio borghese, in una famiglia che va al di sotto della povertà media. Quindi il margine che abbiamo per poter contrastare dei fenomeni di crisi in questo momento è molto sottile. E di nuovo quindi a me verrebbe poi in ottica, perché se no qua ci si spaventa solamente, nell'ottica positiva di capire allora che cosa possiamo fare, cosa significa. Abbiamo degli strumenti, i governi centrali ma anche quelli subnazionali che sono quelli con cui ci relazioniamo noi, hanno sicuramente degli strumenti per poter rafforzare la base che è la base produttiva e il benessere delle famiglie. Qui ci sono ovviamente elementi che vanno da, se ne è parlato tantissimo in questo festival, questo è il festival dell'economia ma direi anche delle competenze. Cioè noi abbiamo dei divari di competenze, di forza, di skills, di conoscenza che è fortissima tra le varie regioni, tra le aree metropolitane e le aree rurali. E quello per esempio è uno di quelle attenzioni, adesso mi rendo conto che distolgo dal tema banche, ma dal punto di vista come riusciamo a reagire a un shock che possono creare degli squilibri forti. Ecco, secondo me un'attenzione, quelle che vengono chiamate place-based policies, che quindi guardano alle competenze che i territori hanno, la forza che il territorio ha a come può reagire rispetto a degli shock esterni o anche interni, quello forse è un'attenzione che dobbiamo accentuare, soprattutto anche nell'ottica di quella che può essere una produttività territoriale e non solo a livello aggregato come siamo abituati a leggere. Presidente Boccia, ci dica qualcosa di positivo, nel senso, malgrado questo scenario l'economia italiana sembra avere una certa vitalità. Lei se lo aspettava, a cosa è dovuta questa vitalità? Di questa storia del Paese, le faccio una battuta, una volta quando ero Presidente di Convidusia mi capitò un collega che mi raccontò che era una fiera passò un collega tedesco e gli disse si è accorto della crisi e lui disse veramente no perché noi siamo sempre in crisi. Alla fine noi italiani siamo abituati a vivere purtroppo in situazioni di crisi e di criticità tant'è vero che siamo la seconda manifattura d'Europa dovremmo cederci come facciamo essere la seconda manifattura d'Europa nonostante paghiamo più tasse di un tedesco, abbiamo meno infrastruttura di un tedesco e abbiamo una situazione sicuramente complessiva meno competitiva della Germania. Quindi è evidente che la capacità di reazione delle imprese insensolate, imprenditori, lavoratori italiani è una capacità rilevante. Immaginate che cosa potrebbe essere questo Paese se rimuovesse per magia tutte le sue criticità quindi noi abbiamo questa forza economica che parte dalla questione industriale che non è la questione degli industriali tant'è vero che la Cina vorrebbe diventare la manifattura del mondo, gli Stati Uniti d'America oltre a questa politica che stiamo raccontando stanno realizzando una politica del reshoring cioè riattrarre imprese che vanno a produrre negli Stati Uniti d'America grazie al costo anche dell'energia a basso noi in Europa dibattiamo sul futuro dell'industria siamo un po' timidi su questo aspetto. Io penso che il messaggio di positività è che una leadership sia essa di impresa sia essa politica, sia essa delle istituzioni io non ho mai visto un leader pessimista perché un leader pessimista è uno di cui come dire, fuggire è chiaro. Quindi noi siamo pessimisti nelle previsioni poi devi creare le condizioni affinché anche in un contesto difficile accadano delle cose positive. Però il messaggio trasversale dei lavori di questi giorni molto interessante secondo me è che noi siamo passati da una fase storica, culturale a partire dall'Italia e non solo in cui era contro il PIL a una fase in cui siamo oltre il PIL cioè oltre il PIL significa che questo uso proprio come linguaggio lo sviluppo e l'occupazione è una delle cause della coesione che richiama la dottoressa Proto determinante, ma per farlo la precondizione è sviluppo e quindi crescita quindi oltre il PIL significa che tu hai bisogno della crescita per realizzare quegli elementi di coesione grazie a una crescita che potrebbe significare detassazione totale sui contratti di secondo livello che porterebbe la produttività sicuramente con un'accelerazione in Italia, che potrebbe significare un grande piano di inclusione giovane, che potrebbe significare tante cose. Questo poi è una questione di politica economica di politica economica in cui la questione industriale in Italia e in Europa dovrebbe essere centrale. La coesione industriale italiana ieri o l'altro ieri il presidente Banomi, il presidente de la coesione francese firmano un documento in cui invitano l'Europa a avere attenzione alla questione industriale. Quindi noi abbiamo una sfida in cui la globalizzazione si riduce e diventa regionale. Europa, Stati Uniti, India, Cina. Europa è il mercato più ricco del mondo però. Tutti vorrebbero vendere in Europa, tutti si stanno preparando. Anche le vie della SETA sono delle infrastrutture che la Cina vorrebbe realizzare per arrivare in Europa, il mercato più ricco del mondo. Le vie sono vie di reciprocità grazie alla competitività europea qui la grande partita di Germania, Italia, Francia è determinante e diventa politica, attenzione. Quindi come la dimensione economica diventa politica? Perché cosa abbiamo capito dalla pandemia e anche dalla guerra? Che non c'è indipendenza politica se non c'è indipendenza energetica e tecnologica. Quindi si ritorna ai fondamentali dell'economia reale se tu vuoi una politica forte. Ma per fare una politica forte devi fare scelte di politiche economiche importanti che non guardino il consenso immediato di domattina ma una visione di medio periodo chiedendosi cosa vuoi che l'Europa diventi una coerenza della politica monetaria. Ma questo è un altro discorso. Se lei dovesse dire qual è il maggior ostacolo attualmente per le imprese italiane, l'inflazione, il costo delle materie prime, la burocrazia, il carico tributario da imprenditore, cosa è che... Guardi, in questo momento le imprese italiane hanno subito uno shock legato all'incremento del costo delle materie prime che purtroppo è ancora in atto. Uno shock che è ancora in atto del costo dell'energia che ha rallentato ma comunque il doppio rispetto alla fase pre-aumento sul costo delle materie prime subiranno a breve uno shock legato ai tassi di interesse. Sono tre elementi da poco nonostante questi shock le imprese italiane hanno reagito. Chiaramente a tutto c'è un limite perché in certi momenti i prezzi non è che poi puoi con una mano legata fare la concorrenza per esempio alle imprese statunitensi nel mondo che grazie all'inflection act così chiamano loro in realtà non è altro che un'arma di politica economica a favore della competitività dell'impresa americana a danno dell'impresa europea. O noi capiamo che c'è una simmetria di politica economica di cui dobbiamo prenderne atto reagire per portare alla pari questi due sistemi oppure noi corriamo il rischio che per combattere l'inflazione creiamo la recessione dalla recessione arriva la disoccupazione dalla disoccupazione arriva l'assenza di questione sociale dalla disoccupazione arriva l'assenza di questione sociale dalla disoccupazione arriva di nuovo il populismo che abbiamo già visto e dato come causa ritorniamo ai migliori anni della nostra vita. La questione economica è la questione dirimente della politica futura e della difesa della democrazia europea attraverso la coesione. E' il momento per cui noi abbiamo tante persone che hanno la curiosità di capire compreso noi chiaramente, la mia è una chiave di lettura non ho l'ambizione o la presunzione di pensare che è tutto vero però la visione che noi abbiamo dalle fabbriche da confindustria è questa e non ce l'abbiamo solo noi ce l'hanno anche i francesi con il documento che hanno sottoscritto con la confindustria ieri all'altro vedrete che ce l'avranno anche i tedeschi. Che cosa significa questa? Che la questione industriale è la questione rilevante all'interno di un'Europa che non può prendere i suoi perimetri senza essere protezionista, guardare chiaramente al mondo ma non subire asimmetrie dagli altri quindi è arrivato forse il momento che la capacità di reazione della politica americana abbia una pari capacità di reazione dell'Europa. La crisi del 2008 viene dagli Stati Uniti d'America ma la capacità di reazione degli Stati Uniti d'America in termini di scelte politiche è determinante quindi ci mettiamo a più tempo perché siamo un nanopolitico ma siamo un gigante economico siamo un nanopolitico in chiave europea siamo un gigante economico in chiave economica forse è il momento in cui dibattere su quello che è il futuro dell'Europa ma della vera integrazione politico-economica dell'Europa perché questo è il grande salto. Certo non è una cosa di un mese ma forse prima ne dibattiamo. Perché? Prima della pandemia, se parlavi di Eurobond ra impossibile, c'era un tedesco che ti bloccava dopo la pandemia, di fatto il PNRR che cos'è? è un Eurobond per fini comuni quindi da una criticità rilevante nasce una soluzione. È possibile far nasce una soluzione prima di vivere la criticità che si chiama visione? Questo è il grande dibattito che noi dovremmo realizzare in Europa e nel Paese. Presidente Sedoun mi lego alle parole del Presidente Boccia per due cose. La prima, io volevo capire questo, adesso c'è il grande tema del debito pubblico, della crisi del debito pubblico americano che inevitabilmente sarà risolta immagino ma si imparerà questa risoluzione poi porterà che l'anno prossimo, fra due anni ci sarà un'altra crisi del debito o ci sarà una correzione di filosofia economica secondo, a me è sembrato anche capire dalle parole del Presidente Boccia il rapporto dell'economia italiana ma diciamo europea con quella statunitense è necessariamente concorrenziale o c'è un'altra via? Quante ore ho? Allora per grandi risposte aggregate la cosiddetta crisi del debito americana non è una crisi finanziaria è una crisi politica non ha niente a che vedere con l'incapacità di alcuni paesi tipo Argentina ed altri a pagare il debito, non c'è dubbio non solo perché gli Stati Uniti non sono ancora l'Argentina ma perché gli Stati Uniti soldi ce li hanno quando non ce li hanno li stampano quindi non è quello il problema la crisi è politica perché siccome i cordoni della borsa negli Stati Uniti spettano al congresso siccome qualche mese fa i repubblicani hanno di poco ma riconquistato il controllo della camera bassa i repubblicani hanno imposto stanno imponendo all'amministrazione Biden ai democratici se non una pausa e un leggera correzione a questa spinta enorme di spese perché dal Covid in poi gli Stati Uniti hanno speso prima per attenuare gli effetti del Covid quando è finito il Covid questa amministrazione ha speso altri due triglioni per ottenere determinati obiettivi 4 milioni e mezzo di triglioni, 4 triglioni e mezzo su un pil di 22-23 non possono che innescare l'uffrazione al di là dei fattori contingenti che sono stati citati con differenza, ma in questo caso la radice, l'origine è uguale gli shock esterni, le energie, ecc. li diamo qui, quindi questa è la chiesa allora la sua domanda dovrebbe essere leggermente ricalibrata dicendo questo braccio di ferro politico che sicuramente si risolverà a rimettere incarreggiata la traiettoria di spese da sola no, da solo ovviamente no potrebbe essere l'inizio soprattutto allora questo accordo in realtà, questo accordo che stanno cercando sul debito vale per due anni e non a caso si rimanda dopo le elezioni quindi se il risultato delle elezioni l'anno prossimo confermassero un'amministrazione diciamo più fiscalmente prudente potremmo dire ex post che il momento di svolta è stato questo se invece dovessero essere riconfermati i democratici con questi programmi di spesa questa è stata soltanto un palliativo le prospettive sarebbero estremamente preoccupanti quindi lei richiene che insomma gli Stati Uniti avrebbero tutti i motivi per essere un po' meno self confident rispetto al loro modello economico i Stati Uniti in questo momento non hanno nessuna confidenza ma non solo nel campo economico ma anche proprio come quasi una crisi esistenziale una parte minoritaria ma molto vocale dell'opinione pubblica soprattutto dell'elite culturale l'università ma anche la stampa non fa altro che negare mettere in discussione i valori tradizionali dell'America positivi e negativi perché l'obiettivo estremamente ambizioso ma dichiarato è quello di trasformare gli Stati Uniti così come sono in una social democrazia europea che non è mai esistita ma comunque questo è l'obiettivo allora la mia preoccupazione è che intanto nel fare questo tentativo si riesca a rompere il meccanismo perché sono due sistemi diversi che hanno dato prova non solo di convivere ma di collaborare con enormi benefici ntrambi ma non sono la stessa cosa forse non è neanche congiunturalmente a livello planetario la cosa migliore soltanto un dato l'incidenza media del settore pubblico nei paesi europei è 45-50% negli Stati Uniti è meno della metà cosa vuol dire? Che sono sistemi conomici e sociali completamente diversi il vero miracolo è che come fanno questi sistemi così diversi a convivere convivere non male, convivere assicurando una certa stabilità politica un benessere economico insomma innegabile Grazie Allora professora Carletti nel primo giro il presidente Boccia nel secondo giro collega Minenna hanno fatto due richieste diciamo così al sistema bancario lei pensa che resteranno un po' nel libro dei sogni o invece sono campi di lavoro? Allora adesso non mi ricordo esattamente la richiesta del presidente Boccia quello però non è tanto sistema bancario quanto le regolamentazioni di nuovo che devono limitare queste cose però mi faccio fare un passo indietro il dottor Minenna prima diceva il fatto dell'unione bancaria ad esempio il presidente Boccia diceva giustamente questa politica industriale europea che non c'è cioè come mai non riusciamo ad arrivare a un'integrazione europea maggiore secondo me non ci arriviamo perché abbiamo una situazione fiscale completamente diversa tra i paesi europei in particolare tra i grandi paesi europei è vero come diceva il presidente Boccia è una maschera degli Eurobond poi è un po' più tecnicamente non è proprio uguale però diciamo è la prima vera politica industriale o comunque di sostegno economico europea finanziata a livello centrale dall'Europa con alcuni paesi come l'Italia che sono beneficiari netti in misura maggiore rispetto ad altri paesi quindi è la vera prima questo è un passo verso un'integrazione positiva di questo continente ma da dove è nata però questo passo è nato da una crisi come quella del covid uno shock che era completamente esogeno a qualunque paese europeo cioè nessuno aveva causato questa crisi questa è un'epidemia che è arrivata da fuori ha colpito tutti più o meno in paesi ma nessuno aveva la colpa di questa cosa l'unione bancaria nasce invece da una crisi completamente diversa l'unione bancaria nasce dalla crisi del debito sovrano delle banche negli anni 2012 2011 ccetera quando quando noi abbiamo avuto una forte crisi di debito pubblico quindi è una è una crisi che da punto di vista di alcuni paesi nordici in particolare europee è una crisi molto più provocata da noi stessi perché non abbiamo i conti a posto perché non riusciamo ad avere delle regole giuste un sistema giudiziale che funziona e tutto il resto davanti a una crisi così l'europa un passo di integrazione non lo fa perché i paesi nordici in particolare la Germania la Francia ma non solo perché noi tendiamo molto ad accusare la Germania ma l'Olanda è molto peggio la Finlandia è ancora più radicale è che si nascondono dietro alla Germania magari e spingono la Germania in determinate posizioni ma la Germania è stata la chiave di svolta del PNRR però per cui forse noi dobbiamo guardare anche ad altri paesi non sempre solo a dittare alla Germania però siccome questa purtroppo l'unione bancaria non si riesce a fare questa integrazione del fondo di garanzia perché vorrebbe dire per i paesi nordici ntrare in un sistema di mutualizzazione che poi è molto idealista la cosa è molto se vogliamo ideologica più che idealista però in realtà perché sembra sempre a questi paesi più austeri di aiutare i paesi meno austeri come noi o come la Grecia o come altri che non ci comportiamo bene quindi l'origine delle crisi purtroppo porta delle risposte completamente diverse e come diceva il presidente Boccia prima la verità è che sono tutte risposte di natura politica perché anche la regolamentazione del livello 3 perché non c'è come diceva Dottor Milena prima perché le banche francesi sono pieni di questi asset la Francia come sappiamo ha un apporto di influenza politica quindi alla fine è vero la finanza è chiedere le richieste alle banche ma forse dovremmo chiedere all'economia dovremmo chiedere uno sforzo non so come ci si arriva io ero in una conferenza quando è stato a 10 anni dall'anniversario dell'istituzione dell'unione bancaria sembrava di essere a 10 anni prima ancora con le stesse cose le famose parole rische sharing o rische reduction siamo riducendo i rischi o li stiamo mutualizzando non ci si muove da lì nonostante i paesi del sud hanno fatto un enorme sforzo come diceva prima Dottor Minella ridurre ad esempio i crediti deteriorati nonostante questo non è mai abbastanza quindi è molto difficile però senza questo passo di toglierci queste ideologie noi dobbiamo fare ancora più compiti e loro che chiedono sempre di più purtroppo non avremo un'economia bancaria nella maggiore politica industriale ci ritroviamo in una situazione nella quale come diceva prima Presidente Boccia i paesi come l'America faranno politiche industriali tipo lira a livello nazionale paesi più poveri come l'Italia non riusciranno invece a utilizzare le levi fiscali questo a me mi dà il destro per chiedere a Minella ma anche lei se vuole e chiunque perché poi è vero che sì certo le nostre banche sono fallite dopo aver salvato le altre ma questo è un discorso che magari Minella spiega meglio di me ma il punto attuale è stiamo soffrendo una carenza di leadership della banca centrale europea in questo momento una carenza anche politica ma a me sembra da questo punto di vista mi sembra di dire che la banca centrale europea anche dal punto di vista delle decisioni è fortemente in sella anche quello che è stato detto dai precedenti dai colleghi lo dimostra cioè ci sono una carenza politica più che di potere però voglio dire nonostante i fondamentali diano molti segnali si diceva prima la nostra è un'inflazione da offerta non da domanda cioè lo shock energetico l'inflazione alimentare cioè ci sono tutta una serie di motivi per cui la BCE potrebbe rallentare o potrebbe anche creare dei nuovi modus procedendi invece si sta muovendo in una logica e ci sono anche forti segnali che vengono dalla politica perché ci sono state dichiarazioni tanto del primo ministro italiano quanto del primo ministro francese in una direzione sufficientemente critica verso le decisioni che sono state prese a Francoforte di recente quindi io non vedo qui una un deficit di di autorevolezza o di capacità di prendere delle decisioni il problema a mio avviso è che in alcuni casi sono decisioni che non hanno dietro sempre dei fondamentali particolarmente solidi cioè per esempio questi aumenti dei tassi questa rincorsa che noi stiamo facendo con la Federal Reserve viene fortemente giustificata da potenziali impatti che potrebbero arrivare sulle bilancie dei pagamenti fondamentalmente attraverso il conto finanziario uno va a fare però l'esame dei dati e non rileva al momento questo genere di criticità ora il tema però è che purtroppo durante la pandemia o immediatamente dopo l'Europa aveva fatto un grande passo in avanti verso la direzione della condivisione dei rischi io però ricordiamo i prestiti sure dove la disoccupazione quella che da noi si chiama la casta integrazione ra diventato un problema da gestire a livello comune dicevamo prima il PNRR io ricordo quando feci la prima proposta 10 anni fa di creare a prezzi di mercato un debito pubblico dell'eurozona il mondo salvastati sembrava che avessi quasi era un'eresia non si poteva neanche affrontare il problema è che con la crisi energetica io vedo purtroppo delle reazioni che non mi piacciono per niente ad esempio come hanno reagito alla crisi energetica ai paesi dell'eurozona hanno reagito ognuno per se l'acquirente unico non è stato fatto ognuno ha preso una ppure anche per i motivi di quanto è importante il mercato dell'eurozona sarebbe stato facile realizzare l'acquirente unico guardi direttore negli ultimi 20 anni la regolamentazione dell'energia è andata nella direzione di disintegrare le catene del valore 25 anni fa i vari paesi soprattutto i paesi più rilevanti dell'eurozona sostanzialmente avevano la catena del valore completamente integrata nel proprio paese una serie di decisioni regolatorie prese a brussell hanno portato ad una disintegrazione nazionale ad un'integrazione europea quindi il passo dal punto di vista proprio dell'intervento e della politica è molto difficile fare l'acquirente unico perché sull'energia la catena funziona così abbiamo il produttore, l'esportatore, l'importatore il distributore, questi sono i canali 30 anni fa c'erano due soggetti soli chi produceva e chi comprava poi questa cosa si è disintegrata e ha avuto una visione più europea poi non è stato fatto quindi ricordiamo la Germania perché è il più rilevante noi mettiamo a disposizione svariate centinaia di miliardi di euro per gestire direttamente il problema dell'energia non entro nel merito poi della speculazione sul fronte dei derivati che sappiamo si è consumata nella borsa di Rotterdam ancora che non bisogna dimenticare che quella borsa è fondamentalmente attrazione proprietà statunitense Cosa voglio dire quindi? Su questo vedo un passo indietro anche il dibattito di nuovo sui parametri relativi a debito pubblico si è riacceso il dibattito quando tutti sappiamo che 60% del rapporto debito-pil è una norma anacronistica, fu decisa all'epoca perché quella era la media dei Paesi membri, oggi la media è il 90% basterebbe prendere i pezzi di carta portare a quella conclusione per rivedere immediatamente il valore il fondo salvastati, l'ISM, in un suo position paper ha detto che bisognerebbe portarlo al 100 qualche tempo fa ppure si discute della rapidità con cui dobbiamo entrare io vorrei vedere delle politiche economiche delle discussioni convergenti verso ciò che è pro-ciclico e ciò che non è pro-ciclico io vorrei vedere delle scelte di politiche economiche razionali rispetto a questo paradigma perché altrimenti se non entriamo in questo tipo di dibattito in maniera veramente unitaria è evidente che Paesi come la Cina ma anche come l'India che voglio dire in pochissimi anni ha praticamente superato tutti ora nel mirino Germania e Giappone noi rischiamo veramente di non riuscire il paradosso come diceva benissimo il presidente Boccia di essere il mercato dove vogliono venire tutti ma quel Paese che perché non ha una capacità politica unitaria rimane purtroppo un condominio litigioso non riesce a mettere a terra quelle decisioni che ci farebbero molto ma molto bene con un grande potenziale tra l'altro non avendolo mai fatto questo è una bellissima domanda perché è molto difficile saperlo noi siamo pieni, adesso esagero ovviamente sto semplificando, però siamo pieni di iniziative di policy che però poi non vengono mai vengono iniziative di policy che non vengono mai vengono iniziative di policy che però poi non vengono mai valutate quindi le policy si fanno perché ce n'è bisogno perché ci sono delle richieste perché c'è un riscontro e tutto quanto però nel momento in cui oraramente si fanno delle analisi di impatto contrafattuali per cui se la faccio il risultato è questo ma se non l'avessi fatta cosa sarebbe successo in modo tale da riuscire ad acquisire proprio quelle informazioni che ci dicono che determinate politiche hanno effetto gli effetti che desideriamo noi ma non per il gusto di sapere che funzionino meno ma per poter poi utilizzare questo nel nuovo ciclo di policy quindi nel momento in cui io adesso sono a fare delle nuove politiche ho bisogno di queste informazioni per sapere cosa ha funzionato e come quindi questo per me significa lavorare con dei dati con dei micro dati, raccogliere le informazioni a livello territoriale riuscire poi a integrarle nel mio meccanismo decisionale cco questa è una tecnica che facciamo ancora pochissimo quindi spesso, un po' perché la politica è più forte delle policy e quindi gli strumenti sono soggetti a quelle che sono le politiche alla politica il meccanismo della valutazione è una cosa che ancora in particolare in Italia non c'è particolarmente conosciuto quindi questo in realtà è proprio forse un grande richiesta di lavorare maggiormente su questo tema Presidente Bocell a lei tocca concludere, siccome l'ultimo è sembrato che insomma la politica giochi un ruolo decisivo noi in Italia è cambiato qualcosa c'è stato un positivo e un negativo nota un cambio di passo nota una nuova direzione un cambio di filosofia, se sì bene o male è chiaro che siamo passati da un'epoca che ho vissuto io, che era l'epoca della disintermediazione vi ricorderete contro i corpi intermedi in cui sembrava che c'era un altro paese il confronto non era un valore nella sostanza, ha un mondo, quello attuale in cui la politica ha ripreso la sua priorità, abbiamo una premier che viene da un mestiere politico perché la politica è fatta di mestiere, non è un disvalore come la rappresentanza, cioè non ti inventi dalla sera alla mattina avere la cultura della complessità di quello che accade nel paese è una precondizione per affrontarne le grandi sfide ne abbiamo tante, l'importante è evitare di usare l'Europa come alibi per non affrontare le questioni italiane distinguere le questioni italiane dalla questione europea che hanno dei tempi diversi, le questioni europee vanno condivise con i partner europei, le questioni italiane sono quelle che possiamo affrontare noi una per tutte dalle parole della dottoressa Proto la grande questione produttività è una delle grandi questioni di competitività dei paesi, perché? è una cosa che in Italia non è ancora molto chiara cioè da quando noi siamo entrati in area euro è finita la fase di avere una banca centrale nostra quindi di usare la svalutazione della lira dell'epoca per creare una competitività che poi alla fine sul lungo termine nemmeno era così che cosa significa? Che a parità di moneta il paese è più produttivo e il paese è più competitivo quindi o tu agisci sulla produttività oppure perdi terreno in termini di competitività la produttività è una cosa più complessa del tasso di interesse, perché il tasso di interesse lo puoi aumentare o ridurre, poi possiamo dibattere sebbene o male rispetto alle opinioni o comunque ai fatti che viviamo la produttività è una questione complessiva paese sulla produttività occorrerebbe una politica economica che per esempio arrivasse a detassare tutti gli aumenti di contratti di secondo livello per costruire quello che si chiama scambio salario produttività che i tedeschi si sono inventati 15 anni fa con Schroeder hanno incrementato la produttività in Germania molto più avanti dell'Italia, questa è una questione italiana che rientra nella questione europea, avere un governo con cui ci si può dialogare, con cui ci si può confrontare poi a volte condividi e a volte no, fa parte chiaramente il gioco delle parti è evidente, ma quantomeno c'è un elemento di ascolto è un elemento essenziale poi passare dall'ascolto alla politica dei fatti è la sfida che il paese deve realizzare, un paese che non può fare a meno di partner come Francia e Germania perché vedete se non lasciamo la Germania sola sarà sempre prima e unica in Europa, noi siamo i terzi tra virgolette dal punto di vista politico ma in realtà appoggiando la Francia e la Germania diciamo chi dei due paesi deve fare il primo in funzione delle politiche che interessano a noi quindi l'Italia ha in mano una regia determinante per le prossime politiche europee si affronta la politica italiana con forza quindi si ritorna al nome politico in senso nobile cioè scelte, non in senso negativo la politica sembrava una cosa brutta in Italia serve più politica, non meno politica questo è un elemento determinante per costruire una forza dell'Italia all'interno dell'Europa per quelle riforme europee che sono necessarie per difendere il futuro dell'Italia Grazie Presidente Boccia, grazie a tutti spero abbiate gradito grazie a tutti, è stato un grazie Sottotitoli a cura di QTSS Sottotitoli a cura di QTSS
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