Terre di mezzo
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Terre di mezzo
Il tema del talk in merito al libro "Terre di mezzo" di Adriana Castiglioni ha riguardato la complessità delle dinamiche geopolitiche contemporanee. La discussione si è focalizzata sull'attualità, con un'analisi della guerra in Ucraina e il ruolo di potenze come Stati Uniti, Cina, Russia e Europa. Sono stati inoltre esaminati i ruoli dell'India e della Turchia nel contesto geopolitico globale.
Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Terre di Mezzo Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Il libro è un affresco di questa nostra contemporaneità che noi viviamo quotidianamente nell'ansia di una stagione guerresca che non avremmo mai immaginato di vivere, in una stagione di riposizionamento e di ridisegno evidente delle aree di influenza nel mondo, dei contrapesi, dei rapporti di forza tra grandi e piccole o medie potenze. Il libro muove i passi dalla teoria dei differenziali di contemporaneità, che è un modo di spiegare che trovo davvero particolarmente intrigante, cioè differenziali di contemporaneità che diventano nella loro ricerca di un equilibrio, anche potenziali elementi di detonatori, di conflitti, di dialettiche, di confrontation fra grandi gruppi e grandi blocchi. Però è una cosa che ci fa capire una suggestione ma non ce la spiega del tutto vorrei che partissimo da qui, professoressa, differenziali di contemporaneità. Un'ultima notazione, fa parte del comitato scientifico che ha originato tutto questo nostro meraviglioso festival dell'economia non mi sembra banale e non mi sembra doveroso ricordarlo. Grazie, buonasera. Grazie per essere intervenuti a questa nostra conversazione su Terre di Mezzo. Differenziale di contemporaneità è un concetto apparentemente semplice ma complesso. A dare questa definizione è stato uno storico dell'economia, Sidney Pollard, che diceva che ha osservato che lo stesso fenomeno che si verifica contemporaneamente in luoghi diversi, che sono a uno stadio di sviluppo diverso, ha effetti diversi, perché ogni regione, ogni paese, ogni luogo ha una sua tradizione di istituzioni, di religione, di cultura, di istituzioni questo poi determina come certi fenomeni si radicano e si manifestino. Per fare un esempio semplice, comprensibile diciamo immediatamente, un differenziale di contemporaneità fra noi e l'Iran. Pensate all'Iran che ha l'ambizione di divenire una potenza nucleare dove l'85% dei giovani sono collegati a Internet che poi utilizza tutte le forze del regime e della tradizione del musulmano integralista per condizionare invece la stessa società di giovani e per impedire uno sviluppo secondo i costumi occidentali, quell'Occidente da cui, bisogna dire, la stessa atomica è venuta. Certo. C'è un abuso, io credo, e lei stessa lo dice, del termine imperi. Si usa come classificazione, diciamo così, di divulgazione per il riposizionamento dei rapporti di forza, sono sempre questi di cui parliamo, tra i grandi blocchi. C'è qualcosa che non va però? Sì, il termine impero è, come dire, uno di quei concetti che ci sembra far parte delle nostre mappe mentali, ce l'abbiamo lì a portata di mano e a nostra disposizione da tanto tempo, fa effetto, quindi si parla di impero americano, di impero dell'Unione Europea, di impero russo, di impero cinese, tutti sullo stesso piano in qualche modo. Il concetto di impero non si può applicare a tutti gli stati, a tutti i regimi. Ci sono diversi, diciamo, studiosi che hanno cercato appunto di approfondirlo, sintetizzando adesso in questa circostanza possiamo dire che è errato parlare di impero quando noi ci riferiamo a paesi democratici o diciamo almeno un po' più democratici di altri. Possono esistere autocratie imperiali, ma non tutte le autocratie sono imperiali, per avere un concetto di impero che abbia, diciamo, una qualche attinenza effettivamente col tipo di dominio, di comando, di politica, diciamo, di quello stato, noi dobbiamo avere la tendenza al dominio, cioè deve essere uno stato che ha l'ambizione di costruire una egemonia gerarchica forte di dominio anche di sfruttamento di altre popolazioni o di sottomissione di altre popolazioni. Non possono esistere imperi liberali, è una contraddizione in termini per così dire, questo lo dice lo storico Timothy Pars, che si è occupato appunto in molti dei suoi libri di questi concetti. Quindi quando noi sentiamo dire, ma impero su invito, impero informale, vedete che si aggiungono sempre degli aggettivi in pratica per negare poi o per correggere il concetto di impero, perché impero deriva dal latino, è il dominio, questa è la radice, diciamo, della parola. E quindi i concetti sono importanti, perché se noi non riusciamo a intenderci su un concetto, finiamo col confondere anche la comprensione del mondo, la comprensione delle cose. Non si può appiatire tutto allo stesso modo, tutto allo stesso modo. Certamente no. Veniamo all'attualità più contingente, che chiaramente non può che partire dalla guerra in Ucraina. La guerra in Ucraina ha tante sfaccettature, non ultima e forse prima in verità, quella dell'urgenza delle democrazie liberali di far vedere le ragioni dei loro diritti, della protezione del diritto a cominciare da quello dei confini, della sovranità e della libertà rispetto alla volontà di potenza egemonica di una autocrazia. Però, al di là di questo che è sicuramente la prima interpretazione che viene dal terreno belligerante, sappiamo tutti che dietro il mondo sta leggendo questa guerra in Ucraina come una grande confrontation tra Stati Uniti e Cina. Ecco, perché dall'Ucraina dobbiamo arrivare alla Cina? Allora, in questo momento sicuramente, così diciamo, semplificando quello che è il gioco fra le potenze, ci sono soltanto due superpotenze, sono gli Stati Uniti e la Cina. Possiamo definirli tali, perché gli Stati Uniti sono tali ormai da tempo, anche se, diciamo, in rispetto al passato cominciano a vedere ridurre il loro vantaggio di superpotenza rispetto ad altri, in particolare alla Cina. Però c'è ancora una notevole distanza, almeno stando ai dati dello scorso anno, sia per quel che riguarda il prodotto interno lordo, sia per quel che riguarda gli investimenti in armamenti. Perché cito gli armamenti? Perché una superpotenza naturalmente non può fare a meno di investire in armi, perché c'è un soft power, d'accordo, ma esiste anche dietro quel soft power, un hard power, che è poi quello che consente nelle situazioni di crisi di far fronte a quelle crisi, come noi vediamo purtroppo in questo momento. Perché la guerra in Ucraina, in qualche modo, rimanda al confronto con la Cina? Perché la Russia ha fatto, diciamo, delle scelte di campo, la Russia di Putin, più correttamente, ha fatto progressivamente delle scelte di campo che l'hanno portata a divenire, in pratica, quello che con il linguaggio giornalistico, va benissimo in questo caso, ci rende l'idea, a divenire un junior partner della Cina. La Russia è una potenza, la Russia di Putin è una potenza con molta ambizione, ambizione imperiale, tuttavia non ha la stessa potenza in termini economici né della Cina né degli Stati Uniti. Sappiamo tutti che più o meno il prodotto interno, l'ordo, della Russia è inferiore a quello dell'Italia, paragonabile a quello della Spagna, quindi si tratta certamente non di grandissime potenze, da quel punto di vista. Però Putin ha sempre investito sulle armi. Le armi sono anche uno delle fonti di guadagno, diciamo, fondamentali per lo stato russo, soprattutto per esercitare una egemonia sugli altri paesi. È il primo fornitore di molte regioni africane, per esempio, per quel che riguarda le armi. Ultimamente Putin ha concepito di ricostruire quello che è stato l'Impero zarista poi l'Impero dell'Unione Sovietica, cioè di Stalin. Stalin è un mito che sta cercando, che ha ricostruito, dopo gli anni in cui era stato condannato allo Stalinismo, lo ha ricostruito a poco a poco, spogliando lo Stalinismo degli aspetti negativi d esaltando un aspetto positivo, la vittoria sui nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Questa è diventata una sorta di religione laica. Infatti vi ricorderete tutti che è stata celebrata la vittoria della Russia nella Seconda Guerra Mondiale, allora l'Unione Sovietica, naturalmente contro i nazisti. I nazisti restano il nemico. Infatti adesso anche questa immagine del nazista viene applicata per diffondere, diciamo, una coscienza di nemico, la percezione del nemico a Zelensky e agli Ucraini. La Russia si è trovata a vivere una situazione di risentimento. Noi oggi parliamo anche di politica del risentimento nei rapporti internazionali o, se vogliamo, di politica delle emozioni, che poi in questo caso è il risentimento nei confronti dell'Occidente, perché l'Occidente ha posto fine alla grandezza della Russia. La Russia è uno dei paesi che pensa di avere un destino fuggido di impero, di non essere un paese come gli altri, anche se poi l'attuale Federazione Russe è formata da più di 20 etnie diverse, ma i russi sono un pochino superiori agli altri. Sappiamo, forse lo avrete letto anche voi, che nella guerra in Ucraina sono stati mandati soprattutto giovani che provenivano dalle regioni più povere e che non erano russi, ma appunto di etnie o comunque appartenenti a zone non identificate come permanentemente russe. E questo già dice perché è un modo gerarchico di concepire anche il regime all'interno. Quindi, dietro questo tipo di ambizioni, Putin ha dovuto trovarsi dei sostegni per poter portare avanti questi piani, il sostegno gli è venuto da Xi Jinping, o meglio, dall'amicizia naturalmente senza riserve a parole. E poi, infatti, diciamo che Xi Jinping e la Cina in qualche modo guardano quello che sta avvenendo in Ucraina come se fosse un laboratorio. Lì si vede come un paese come la Russia può resistere alle armi occidentali, lì si vede come un paese sottoposto a sanzioni come la Russia può resistere alle pressioni occidentali, quanto valgono, diciamo, l'esercito e i soldati russi rispetto a quelli occidentali. Certo, tutto questo naturalmente chiama in causa però anche l'Europa, l'Unione Europea. Ricordo il treno verso Kiev con la foto che rimarrà nella storia di Draghi, Scholes e Macron, che volevano dare un impatto di una presenza dell'Europa in quanto unità di Stati in appoggio a Kiev, sembrava in quel momento che, come posso dire, l'impronta europea anche sul versante della diplomazia potesse dire qualcosa. In quell'immagine direi che sia un po' sfocata, von der Leyen è andata già due volte, sta tentando di rilanciare il ruolo europeo in modo unitario, ma non mi sembra sia così efficace. Poi è uscito Macron con questa dichiarazione di rompente, chiedendo una dissociazione, diciamo così, della posizione europea rispetto a quella americana, tema che è venuto fuori anche qui al Festival dell'Economia, ne ha parlato Preseto, ne ha parlato Tronchetti, abbiamo fatto diversi titoli sui giornali di oggi su questo tema così caldo. Ecco, quello che mi chiedo io anche con una certa ansia e apprensione, devo dire, quale sta diventando, secondo lei, la posizione europea? Riusciremo a far contare qualcosa sul tavolo della diplomazia, magari per riuscire a far comporre il conflitto e portare la pace oppure no? Il punto dolente dell'Unione Europea è che purtroppo è un'Unione incompiuta, perché per avere una forza contrattuale o di rappresentanza efficace a livello internazionale dovrebbe esserci un ministro degli esteri forte dell'Unione Europea e questo purtroppo noi sappiamo che non è, perché l'Europa è rimasta l'Europa degli Stati. E' condizionata da questo imprinting che risale agli anni 50 quando appunto nel 54 di fatto i francesi si opposero alla costituzione di una forza militare europea perché da una parte non intendevano naturalmente sottoporsi, dico naturalmente perché era finita da poco la seconda guerra mondiale, magari a comandanti tedeschi, ma la verità è che nel 54 la Francia, allora ancora potenza coloniale, ra ancora potenza coloniale, era in grandi difficoltà e quindi avrebbe difficilmente potuto sottoporsi appunto a prove in cui doveva unirsi o dare contributi a livello europeo perché aveva l'Algeria in rivolta e stava perdendo l'Indocina. Nel 54 c'è la battaglia di Dien Bien Phu dove appunto vengono sconfitti i francesi, se ne vanno dall'Indocina e la storia successiva la conoscono tutti perché poco a poco il posto dei francesi viene preso degli americani arriviamo poi alla guerra del Vietnam. Quindi questa Europa è molto fragile, l'unica speranza è sempre quella di credere che l'Europa si faccia nelle fasi di crisi e che quindi ci sia una spinta, però adesso noi abbiamo un altro problema che l'Europa attuale ha una serie di aspiranti, paesi che intendono aderire all'Unione e sono tutti paesi dell'est, paesi dell'est che quindi vengono da altre esperienze, vengono da altre esperienze e non sempre il loro contributo può essere così forte a una battaglia democratica anche se la Polonia si è schierata naturalmente nel caso dell'Ucraina, assolutamente con gli ucraini e lì la storia conta naturalmente e l'Ungheria sappiamo che ha una posizione un po' più ambigua non solo ma adesso sta lasciando rapporti sempre più intensi con la Cina. Quindi vedete la complessità dello scacchiere che analizza la professoressa Castagnoli, io penso che sia interessante anche affrontare altri due grandi paesi che nel libro sono citati, sono analizzati con dovizia di particolari e di documentazioni, la Cina e la Turchia, scusa l'India e la Turchia della Cina abbiamo già parlato, cominciamo dall'India, perché è un player importante forse sottovalutato? L'India è sicuramente un player importante, uno perché in questo momento è guidato da un leader nazionalista come Modi i leader nazionalisti tendono ad essere molto più assertivi a livello internazionale e quindi già questo dovrebbe mettere in qualche modo sull'avviso gli altri stati. Due, l'India ha una tradizione contese con la Cina, sono due paesi che hanno lo stesso peso specifico dal punto di vista della popolazione anche se adesso l'India sta superando si dice la Cina, ma soprattutto sono due paesi che hanno un lunghissimo confine, un confine molto vasto lungo il quale ogni tanto si verificano eventi diciamo drammatici, discontri, ma questo da molto tempo. L'India è complessa perché non solo si trova quindi a affronteggiare l'avanzata cinese per cui ricorrerà, difficilmente ci sarà un'alleanza alla pari fra i due, anche se sono due colossi asiatici perché comunque c'è una competizione e c'è anche una cultura diversa, però hanno una radice comune culturale e che quella del buddismo è antichissimo che ha stabilito dei rapporti fra i due paesi anche se come tutti sanno il regime cinese naturalmente sta combattendo contro il Tibet buddhista, diciamo combattendo nel senso che sta cercando di reprimere al massimo queste tendenze e per quel che riguarda poi invece il peso dell'India specifico a livello economico è ancora molto lontano da quello della Cina, ma si sta armando appunto perché gli internazionalisti per avere un maggior peso a livello internazionale costruiscono grandi eserciti, si sta armando, è una potenza come dire, se vogliamo, ambigua nel suo dire io non m'allineo con nessuno, in realtà allineata con tutti, mi spiego meglio infatti questo concetto di onni allineati, cioè di paesi, non solo l'India, che sono presenti nelle diverse organizzazioni multilaterali sia guidate da Washington, sia guidate da Pechino e altre che ci sono nel mondo, quindi l'India ci tiene la propria autonomia ma nello stesso tempo ha intenzione diciamo di avvantaggiarsi dell'alleanza con gli Stati Uniti per poter far fronte con forza a eventuali mire espansionistiche o coercitive in generale per esempio in economia della Cina poi soprattutto vuole sostituire la Cina come grande mercato manifatturiero, fabbrica del mondo, anche se non può perché è diverso diciamo l'imprinting che hanno gli indiani rispetto ai cinesi, sono stati gli artefici davvero della fabbrica del mondo, gli operai tra virgoletta del mondo, in India c'è una parte di giovani che invece lavorano sostanzialmente nei servizi quindi nell'high tech, lavorare nell'high tech significa essere una minoranza, infatti in India c'è un grosso problema come sta avvenendo anche in Cina di esoccupazione giovanile, lì c'è una popolazione che ha un'età media al di sotto dei 30 anni. Sì, invece dicevo della Turchia perché effettivamente il mistero turco è interessante, nel senso Turchia è un paese che fa parte della NATO che ha un sistema antimissile fornito dai russi che è diventato il partner, diciamo il cavallo di Troglia dentro l'Europa di Mosca nel tentativo di accreditarsi come possibile mediatore, è l'artefici dell'accordo sul grano che ha sbloccato le nuove Ucraine che stanno andando in Africa, quindi con anche una prospettiva, una proiezione verso altri continenti che dia lustro e ruolo effettivamente, c'è una prova elettorale, insomma è un paese interessante ma molto ambiguo. Sì molto ambiguo e fa parte diciamo di quelli che vengono definiti neoimperi, cioè paesi che a motivo soprattutto delle ambizioni nazionaliste dei loro leader autocrati perlopiù in questi casi mirano a ricostituire l'antico impero, Russia, China, Iran, Turchia sono quelli di cui parliamo e in parte a modo suo diciamo anche l'India può essere appunto inserito in questo gruppo di paesi molto ambiziosi ma diverso, è un caso diverso. La Turchia sotto Erdogan ha manifestato ambiguità e la pericolosità anche di queste sue ambiguità, parlavo prima di associazioni, di organizzazioni internazionali nelle quali siedono paesi che magari fanno contemporaneamente parte di altre istituzioni multipolari guidate, poniamo dall'Occidente, da Washington, la Turchia è uno di questi. Nell'organizzazione di Shanghai, per la cooperazione di Shanghai, la Turchia è un partner importante però l'organizzazione per la cooperazione di Shanghai è guidata dalla Cina. Anche l'India adesso sta all'interno della stessa organizzazione e quindi allora l'ambiguità è evidente in questo caso. Poi ci sono naturalmente tutte le situazioni diciamo di pericolo per quel che riguarda la Turchia legate a un modo diciamo di imporre la pratica della religione islamica legata ai valori più tradizionali, patriarcali se volete. Questo crea anche una situazione difficile per i giovani turchi che vogliono avere una vita più aperta, più sul modello occidentale. Però qual è la forza di questi leader che sono così autocrati sia in Russia sia nelle campagne? Le campagne che sono più scollegate rispetto alle grandi città da quelle che sono mezzi di informazione, dove anche diciamo la popolazione è meno interessata a informarsi, meno istruita, i giovani frequentano meno. Scuole o università e beh lì sono radicati valori più conservatori. Lì il nazionalismo ha presa perché in qualche modo da un'identità a queste persone. Faccio parte di questo paese, sono turco, la Turchia è un grande paese, un paese rispettato e grazie a Erdogan che fa rispettare i valori tradizionali dell'islamismo. Erdogan tra l'altro è un personaggio diciamo per noi europei interessante non soltanto perché appunto la Turchia da tempo immemorabile ha chiesto di entrare nell'Unione Europea o perché è nella NATO, ma perché costruisce moschee in tutti i Balkani. Tutte le popolazioni musulmane dei Balkani e quindi se noi ricordiamo che cosa sono stati i Balkani con le guerre, con la guerra civile negli anni 90 e successivamente fanno riferimento in qualche modo all'islam di Ankara perché si presentano i turchi come il grande fratello che protegge i fratelli più piccoli dei Balkani, i musulmani dei Balkani. C'è un tema che è affrontato nel libro ed è cruciale perché noi stiamo raccontando appunto il mondo che si riposiziona con questi blocchi, con queste ambizioni, con queste mire espansionistiche che spesso colleghiamo a tare come posso dire personali dei leader o a visioni distorte della politica, della hegemonia, ma in realtà dietro sempre c'è un discorso anche pesantemente economico quindi vorrei che lei ci aiutasse a ridisegnare questa mappa del globo sulla base di due direttrici, una è quella della tecnologia e l'altra è quella della questione energetica perché io credo che il confronto con Cina sia diventato particolarmente acuto nel momento in cui Trump si è reso conto che probabilmente stava indietro nella corsa all'intelligenza artificiale al 5G, alle tecnologie che domineranno il domani e quindi si è creato tutto un movimento di reazione, questo però lo dico io. Dall'altra naturalmente abbiamo visto come la guerra in Ucraina abbia ridisegnato rapidissimamente le modalità con cui i diversi Stati organizzano l'approvvisionamento energetico ma quello è solo un primo seme rispetto a quello che potrebbe accadere o mi sbaglio. Sono due linee di faglia se vogliamo, sia la tecnologia sia la questione energetica, per quel che riguarda la tecnologia bisogna dire che se la Cina in effetti oggi può ambire e ha gli strumenti per farlo divenire una super potenza e a cercare anche la supremazia sugli Stati Uniti è proprio in virtù delle tecnologie più moderne, questo non significa naturalmente che si verificherà perché per il momento ancora gli Stati Uniti hanno un vantaggio tecnologico. Per quel che riguarda, però non sappiamo fino a quando, perché teniamo presente che un po' come l'India che laurea circa mezzo milione di ingegneri all'anno, anche in Cina gli ingegneri sono, i giovani ingegneri sono moltissimi, però i giovani ingegneri cinesi non trovano più impieghi adeguati e questo è un elemento, un elemento infatti di difficoltà tant'è che le giovani coppie, che hanno un po' di ambizione diciamo, lavorano entrambe, moglie e marito lavorano entrambe e rinunciano a fare figli, infatti uno dei fenomeni che si sta verificando adesso in Cina è l'invecchiamento della popolazione e il superamento appunto da parte degli indiani del numero della popolazione cinese e così via. Tornando quindi, la tecnologia è determinante, naturalmente parliamo di intelligenza artificiale, di tutte quelle tecnologie che consentono il controllo della popolazione, perché poi sappiamo che Pechino ha sperimentato le tecnologie di controllo soprattutto contro gli uguri che sono musulmani, appunto la minoranza musulmana purtroppo i campi di concentramento dove vengono rinchiusi sono luoghi tristissimi, dove per esempio la prima cosa che viene fatta se si è donna è la sterilizzazione. Una cosa molto triste, per cui l'Unione Europea, come altri paesi, hanno sempre condannato diciamo questo tipo di persecuzione, di oppressione della minoranza. Per quel che riguarda la tecnologia in generale e la contesa diciamo fra Stati Uniti e Cina, va detto che ci sono tutta una serie di paesi che giocano facendosi le loro triangolazioni, facendo i loro doppio giochi come appunto la Turchia, cercando di offrire per esempio tecnologie importanti per gli armamenti a una Russia a cui teoricamente non dovrebbero assolutamente darli. Cioè la Turchia per esempio, da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, ha enormemente aumentato i suoi commerci verso la Russia, essendo un paese della NATO. E soprattutto ha aumentato i suoi commerci di semiconduttori. L'esportazione di semiconduttori dalla Turchia è cresciuta esponenzialmente e semiconduttori significano naturalmente armamenti e quindi una situazione di pericolo diciamo per lo schieramento della stessa NATO. Per quel che riguarda l'energia un'altra questione delicatissima è quella della transizione energetica. La transizione energetica a moto suo ha avuto un ruolo anche nella guerra in Ucraina, perché Putin, fin dal 2015 ci sono tutte le sue dichiarazioni, maltollerava che i paesi baltici, che prima facevano parte dell'URSS, si separassero anche dal punto di vista delle reti di distribuzione dell'energia dalla Russia. E ci sono le sue interventi, Putin dichiara molto apertamente quello che pensa, basta leggere però effettivamente, e voleva che l'Europa non procedesse da sola verso la transizione green, ma che si alleasse con la Russia anche in questo. Questo significava in qualche modo legare in tutti i modi l'Europa, perché sia dal punto di vista della fornitura del gas, sia dal punto di vista delle nuove energie rinnovabili, e sappiamo che non avendolo fatto poi come andate a finire. Per quel che riguarda la transizione energetica, va detto che noi in Europa ci siamo trovati, come ben ricorderete, in gravi difficoltà quando è scoppiata la guerra, perché abbiamo dovuto interrompere di colpo un fatto ormai tradizionale, che era quello di contare sul gas russo. Ebbene, l'Europa grazie alla sua potenza economica è riuscita comunque in poco tempo a attivare diciamo altri fornitori di gas, però questo elemento non è così ben accetto nei paesi dell'Africa che vorrebbero loro stessi attivare nuovi pozzi petroliferi, nuove forniture di gas, etc. E non possono farlo, perché le grandi banche di sviluppo internazionale, che hanno guida diciamo europea occidentale, non finanziano più l'energia fossile. Anche Wall Street si è spostata sull'energia verde e quindi c'è un paradosso, che questi paesi si trovano a vivere con una certa dose diciamo di risentimento il fatto che l'Europa può comprarsi il gas dove vuole perché è ricca, loro non possono produrlo perché non vengono finanziati per produrlo, o comunque hanno difficoltà. Allora entrano in gioco i capitali cinesi e gli stessi stati del golfo stanno acquisendo un potere nuovo, nel senso che sono tornati ad essere i petrostati perché possono in alleanza con la Russia appunto determinare il costo del petrolio e quindi tagliarne la produzione aumentando il costo e quindi facendo pagare di più a tutti coloro. In tutto questo quale diventa la posizione americana? Perché anche noi sulla base di dati a un certo punto ci siamo trovati a riflettere sul fatto che con la guerra in Ucraina gli americani addirittura si sono trovati con gli arsenali vuoti e con il gas liquefatto in pieno boom destinato ai mercati europei a sostituire quello russo, sostanzialmente un doppio vantaggio diciamo la verità. Sì sicuramente il gas liquefatto in effetti è stato venduto soprattutto in Europa, ma la legge del mercato è veramente cinica perché anche la Russia è un grande fornitore di gas liquefatto all'Europa perché il gas liquefatto russo non è stato messo sotto sanzione. Quindi gli americani sono diventati un importante esportatore, ma la Russia anche continua ad esportarlo a parte tutti i percorsi più o meno illegali che si possono trovare per esportare il petrolio. E gli americani sicuramente hanno avuto un grande vantaggio ma appunto non sono gli unici perché la stessa Cina per esempio ha fatto giochi di questo tipo. La Cina è un paese che vuole essere autonomo dal punto di vista dell'energia e quindi diversifica i suoi fornitori. Non si appoggerà mai soltanto sulla Russia, continua a comparare molto dagli Stati Uniti anche se i due paesi teoricamente sono rivale competitor. E per quello Xi Jinping è andato naturalmente dai paesi arabi, come voi sapete, ha cercato di stabilire una sorta di pace che per ora in qualche modo sembra funzionare, fra l'Arabia Saudita e l'Iran perché ha interesse ad avere dei fornitori di petrolio di materie prime sicuri e con l'Iran aveva già fatto un accordo nel 21 per diversi decenni di collaborazione e di forniture. Il nostro orologio che ci sta guardando è diventato rosso quindi il nostro tempo è finito o meglio? È il momento del tempo per le domande che noi siamo qui ad accettare molto volentieri. Io starei qua delle ore e devo dir la verità anche perché il mondo è grande, ne abbiamo raccontato dei pezzi ma ce ne sono ancora tantissimi altri per cui vi rimando naturalmente al libro perché lì li trovate tutti ricomposti nella loro razionalità e irrazionalità diciamola tutta. Più si va nel dettaglio e grazie davvero per queste viste che spesso leggiamo ma di cui l'affondo sicuramente è particolarmente interessante e importante ma riprendendo un po' la sua domanda. L'ipotesi dello scacchiere futuro che è davvero la sfera di cristallo su cui tutti facciamo ipotesi ed è preoccupante una convergenza su tutti gli aspetti Adriana che hai ricordato dagli armamenti, agli interessi che stanno guidando, un po' la ripianificazione dei posizionamenti dei paesi. Perdonare la banalità della domanda ma vuole proprio essere così, ci sono degli elementi di interesse che tu vedi che in qualche modo possono far pensare, diciamo ce l'ha, non è il peggio ma ha un posizionamento che passi attraverso qualcosa che ci consenta una transizione dalle asperità che abbiamo tutti sotto gli occhi e che ci fanno pensare al peggio, a qualcosa che potrebbe essere una transizione non verso magari una pace, una stabilità che è impossibile, impensabile ma un qualcosa che non sia proprio troppo distruttivo. Questo si prevedeva già che fosse un decennio molto complesso, molto difficile. Ci sono tanti nuovi giocatori, sono quei paesi medi o piccoli che non sono stati per ora considerati perché la visione era, partiamo diciamo dalla fine insomma, la visione era un mondo bipolare e di nuovo si è pensato ma il mondo si sta lineando di nuovo in maniera bipolare, Cina, Stati Uniti, oppure come sostiene la Cina deve essere multipolare. E' questo concetto di multipolarità che per la Cina significa sostanzialmente una multipolarità generarchica, poche grandi potenze che siedono magari appunto nel consiglio di sicurezza dell'ONU e che controllano gli Stati Vassalli, più o meno, insomma semplificando. Però ci sono paesi che hanno altre ambizioni, che sono schierati o con l'uno o con l'altro ma che hanno le loro triangolazioni, il Giappone, la Corea, l'Austraglia, tutti gli Stati del Golfo, non so quanto l'Unione Africana riuscirà a giocare ma anche l'Unione Africana si muove, soprattutto i paesi asiatici cercano, l'India di cui abbiamo parlato lungo prima e che adesso ricordiamo di nuovo, cercano di scobbinare il gioco bipolare e sono presenti appunto in tantissime organizzazioni diverse che abbiano scopo militare come il Quad, che abbiano oppure, lo dico come scritto per noi diciamo italiani, Australia, Regno Unito, Stati Uniti, che è un'organizzazione di tipo militare. Ci sono paesi che vogliono mantenere sia rapporti appunto di sicurezza con l'Occidente sia con la Cina, di nuovo il Giappone, ha avuto una riunione poco tempo dietro di sicurezza con Pechino ma nello stesso tempo ha stabilito a marzo di avere rapporti molto intensi con l'India, Giappone e India non Stati Uniti per quel che riguarda sicurezza, commerci e altro. Allora questi paesi in qualche modo vogliono emergere come protagonisti. L'abilità della Cina è stata tenere conto di tutte queste ambizioni soprattutto in Africa, l'ONU per esempio è un luogo che gli Stati Uniti per un po' di tempo diciamo hanno un po' snobbato, soprattutto Trump non vuole neanche più pagare finanziamenti all'ONU. Ma non la Cina, la Cina ogni volta che ha finanziato infrastrutture negli Stati Africani in pratica ha influito sull'allineamento dei paesi africani con gli Stati Uniti all'ONU. Ci sono degli studi dal punto di vista statistico è stato dimostrato che ogni miliardo di dollari investiti dalla Cina in Africa hanno significato un 2% in meno come grado diciamo di allineamento dei paesi africani con gli Stati Uniti. E i paesi africani sono la comunità maggiore nell'ONU per esempio. Ecco perché contano molto infatti prima molti paesi africani avevano un rapporto con Taiwan, adesso più nessuno, soltanto uno il Regno di Squatili che è una cosa grossa così, va bene, che nessuno conosce e che sta diciamo nel Sud Africa grosso modo, a est del Sud Africa. Tutti gli altri hanno ritirato l'appoggio a Taiwan proprio perché questa coercizione, questo peso della potenza economica cinese ha poco a poco li ha portati a allinearsi in un altro modo. Ma ci sono anche però paesi che non intendono, cioè paesi meglio elite perché poi dipende dall'elite che è al potere in quel momento, ci sono elite che non intendono adeguarsi, allinearsi, ci sono stati anche episodi diciamo di rivolta fra virgolette contro la presenza cinese, contro gli imprenditori cinesi. Noi parliamo di una forte presenza cinese in Africa anche dal punto di vista degli individui, si parla di alcuni milioni di individui, ma sono altrettanti anche gli indiani. Gli indiani hanno un'antichissima tradizione, un'antichissima presenza in Africa che risale ai secoli antichi, quando i mercanti appunto partivano dall'India e stabilivano le loro colonie lungo la costa est dell'Africa. Ci sono anche bellissimi romanzi Napalm, premio Nobel per la letteratura, alla curva del fiume dove racconta questa presenza degli indiani, mercanti indiani in Africa molto affascinanti. Allora le antiche rotte riemergono in qualche modo, gli antichi conflitti se vogliamo o le antiche sintonie. Credo che gli Stati Uniti abbiano capito quanto sia importante l'Africa per esempio, per cui ci sono delle possibilità di fare giochi diversi appunto, perché con Blinken c'è stato un viaggio importante, c'è tutta una nuova politica nei confronti dell'Africa che cerca di tenere conto di più delle loro esigenze. Ma nello stesso tempo non è detto che Cina e Stati Uniti siano solo rivali, attenzione perché c'è tutto il discorso del clima o delle epidemie su cui sia da parte americana sia da parte cinese ci si rende conto insomma che ci deve essere un'alleanza. Gli indiani poi va bene fanno una retorica nel senso che in modi siamo tutti umanità che vive su questo pianeta e quindi dobbiamo in qualche modo combattere questi cambiamenti, questi fenomeni, questi drammi insieme. Dove finisce la retorica e dove effettivamente invece c'è la buona volontà, la diplomazia che deve, la diplomazia, la forza, gli interessi sono giochi complessi naturalmente, che però merita in qualche modo seguire. Questa è secondo me la strada, stabilire rapporti anche con questi paesi facendoli emergere dal loro allineamento con i grandi, probabilmente acquisteranno sempre più valenza con le loro politiche. Altre domande? No signore, io ci vedo poco ma credo di aver visto. Rapidissimo, si è parlato di risentimento della Russia nei confronti dell'Occidente, ma quanto è un risentimento di un'unica persona o della popolazione russa diciamo nei confronti dell'Occidente? Perché finché hanno potuto mi sembra che avessero sposato lo stile di vita occidentale dagli oligarchi o le persone comuni che comunque avevano possibilità di viaggiare, di conoscere altri posti insomma. Politica del risentimento viene stata definita così da Francis Fukuyama, che ha questo libro in cui ha analizzato come in epoca moderna si è tornati di fatto alle tribù, un concetto che aveva già evidenziato peraltro un grande sociologo come Bauman, aveva già parlato anche lui di tribù. Gli uomini hanno bisogno di appartenere a un gruppo, le cose si fanno insieme in qualche modo, nel bene e nel male, appunto, e questo è il fatto. Possiamo raggiungere un grandissimo obiettivo oppure ci mettiamo insieme a sterminare altre popolazioni che sono peggiori di noi e quindi come nell'attuale India di Modi noi abbiamo episodi drammatici di caccia al musulmano, sono 200 milioni i musulmani in India e li stanno privando praticamente della cittadinanza, così almeno sembra attraverso tutta una serie di provvedimenti, di leggi, si sta cancellando per esempio in quel caso la presenza dei musulmani nella storia indiana, perché si vuole far apparire l'India come Indu in sostanza. Perché cito questo? Perché in Russia è soprattutto il risentimento di una certa elite e di Putin che ne è leader nei confronti dell'Occidente. Quando è crollata l'Urs nel 89-91, dopo il crollo del muro di Berlino nel 91, non è che l'esercito russo, i generali russi, fossero così lieti di quello che stava succedendo. E questo è rimasto, è rimasto questo rancore, perché loro hanno perso lo status di superpotenza che si contrapponeva agli Stati Uniti, infatti poi noi sappiamo che si dice che è un periodo unipolare di un'unica potenza appunto gli Stati Uniti, con tutto quello che hanno conseguito. E questo è rimasto, in Russia c'è, a partire da Dugin, diciamo che già dagli anni 80 teorizzava il nazionalismo russo, sono andati a riprendere antiche teorie, dico antiche insomma, che poi risalgono all'inizio del novecento, in cui si teorizzava la costruzione di una grande Eurasia. La costruzione della grande Eurasia era basata sull'idea che all'interno dell'Europa continentale si sarebbe distinto uno Stato che avrebbe controllato tutta l'Europa, proprio all'interno dell'Europa continentale nel mezzo fra Ase e Europa, e quindi non poteva che essere l'Unione Sovietica e allora la Russia successivamente. È stato uno spettro, per così dire, di tutta la guerra fredda, del periodo della guerra fredda, crollata l'U.S. con tutto quello che è avvenuto dopo, perché ci ricordiamo che purtroppo Elzin e compagnia, insomma, il passaggio dalla economia pianificata a quella di mercato, lo hanno fatto nella maniera più brutale, ci sono stati gli arricchimenti, gli oligarchi, si parla di chronic capitalism, e la Russia è il primo paese in questo, ma non è solo l'unico, sia chiaro. Questo ha generato malumore, rancore, tutto quello che volete, soprattutto da parte di coloro che ad oggi dipendono dal sostegno pubblico. Da quando Putin è andato al potere ha aumentato in questi ultimi anni il numero di persone che vivono in qualche modo di sussidi dello Stato, si parla di un 30% della popolazione russa. Allora c'è un'identificazione col leader che ti protegge, mentre naturalmente non da parte delle elite o dei giovani o dei ceti più attenti, più colti, più internazionalizzati. Però si diceva, lei diceva prima, ma in fondo erano privilegiati questi signori, si parlava di questi oligarchi a Londra, Londra era diventata loro patria, sì, loro erano privilegiati. Nelle campagne tanto non si rendono conto, per loro vale il nazionalismo diciamo, perché lì Putin è un leader molto amato, si fa rispettare nel mondo insomma, e poi nello stesso tempo ha sostenuto lo sviluppo dell'agricoltura. E qui diciamo che le sanzioni che sono iniziate già nel 14, quando c'è stata l'annesione della Crimea, le sanzioni in qualche modo hanno aiutato, se vogliamo, con la politica attuata poi da Putin, a creare appunto una sorta di autosufficienza di nuovo agricola. Tant'è che la Russia è tornata ad essere un esportatore di derrate alimentari, il grano, eccetera, quando negli anni 70 invece erano gli Stati Uniti che dovevano fornire il grano alla Russia, perché la Russia non era, la Russia sovietica non aveva più il grado neanche di fare quello. Quindi ci sono elementi complessi, diversi, per cui il risentimento soprattutto di Putin, che a cascata poi va, risentimento nei confronti dei costumi occidentali, non ne parliamo degli LGBT, risentimento nei confronti del fatto che la Russia non è stata più considerata appunto come una grande potenza. In qualche modo gli Stati Uniti l'avevano considerata un paese che non era più pericoloso, diciamo, invece no, poi oggi Biden nella sua National Security, questo documento appunto ufficiale in cui si tracciano le linee di quella che è la politica estera americana, riconosce che la Russia è pericolosa. Anche se però l'unico paese che davvero è il rivale e che ha la potenzialità per esserlo degli Stati Uniti dal punto di vista economico, dal punto di vista militare, dal punto di vista dell'annuale, è la Cina, ha la potenzialità e la volontà, ma la Russia è pericolosa, lo vediamo perché è pericolosa, insomma come dire, banale questo persino. Bene, il nostro tempo davvero a questo punto è finito perché abbiamo sforato abbondantemente, ma insomma io credo non è valessa la pena e gli organizzatori ci perdoneranno, così come ci perdoneranno, diciamo così, ci perdonete voi se ritenete, ma insomma siete stati qua, quindi avete avuto il privilegio che ho avuto io di ascoltare cose particolarmente interessanti e anche, credo, una traccia del prossimo volume, quando usciremo dall'Eterno in mezzo e arriveremo alle terre o riemerse o lo tituleremo terra col punto esclavativo, chi sa, va bene, comunque grazie di tutto e buon proseguimento e grazie a tutti.
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