Le nostre idee in economia
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Le nostre idee in economia
La segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, è stata intervistata da Fabio Tamburini, direttore Il Sole 24 Ore e presidente del Comitato scientifico del Festival dell’economia di Trento, rispondendo a una serie di domande sui temi caldi dell’attualità, evidenziando come anche la politica sia estremamente influenzata dalla quotidianità, dall’economia e dal cambiamento.
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Io vi ringrazio oltre che per la partecipazione anche per la pazienza, perché, come vi ho sottolineato prima, ra un gesto dovuto alle tante persone che erano in coda davanti al teatro, che erano in coda davanti al teatro, che erano in coda davanti al teatro. Abbiamo pagato d'azio, l'abbiamo fatto, devo dire, anche con una certa soddisfazione, perché significa che il Festival dell'economia di Trento, che parte questa mattina, è partito nel modo migliore. Quindi grazie per la partecipazione e per la pazienza. E adesso entriamo nel vivo di questo incontro. Chiedo a Ellie Klein, segretaria del Partito Democratico, di venire qui accanto a me. Grazie. Prego. Prego, sì. Beh, è una soddisfazione anche per lei, perché code fuori, partiamo con venti minuti di ritardo, quindi il ritardo non è mai una virtù, anzi è un peccato grave, ma comunque ci dà anche qualche soddisfazione. E, come sempre nella vita, quando accadono le soddisfazioni, portiamole a casa. Bene. Allora, non siete venuti qua ad ascoltare me, quindi la faccio breve. Solo una parola, poche parole di introduzione. E noi abbiamo voluto questo Festival intitolando il futuro del futuro, le sfide di un mondo nuovo. Perché lo abbiamo fatto? Perché l'anno scorso abbiamo celebrato, non con soddisfazione, ma con senso della realtà, la crisi di un modello, quello della globalizzazione che immaginavamo fosse destinato a governare il mondo all'infinito. E così non è stato. L'anno scorso, i 4 giorni del Festival, ci siamo confrontati un po' a tutto campo sulle ragioni che hanno determinato la crisi di questo modello, una crisi così profonda. Tra ordine e disordine, quelli che di voi c'erano l'anno scorso, se lo ricorderanno, ra necessario fare un passo in avanti. Il passo in avanti l'abbiamo fatto perché adesso è necessario che il mondo ritrovi una bussola. E attenzione, il futuro non è che è un futuro che arriva tra 40 anni, è un futuro che è dietro l'angolo, comincia domani. Anzi, forse è già cominciato oggi, almeno. Ed è importante però che questo futuro venga costruito con la consapevolezza. Una consapevolezza che nasce dal dialogo, dal confronto di opinioni, meglio se diverse. E io non mi stancherò mai di dire, ce lo ricordavamo prima che cominciasse questo evento, che la dialettica è motore del mondo. E quindi più le posizioni sono diverse, più sono anche opposte, ma se espresse con civiltà, sono poi una molla di sviluppo del mondo stesso. E quindi c'è una dialettica positiva che deve svolgersi d è questa la ragione per cui abbiamo scelto questo titolo. Abbiamo invitato Hailey Klein. Ci ha fatto molto piacere, ci fa molto piacere la sua partecipazione perché poi oggi parlerà non delle sue idee. Abbiamo deciso di dare come titolo a questo incontro le nostre idee nell'economia. Io avevo proposto le mie idee nell'economia, ma io faccio giornalista, invece la sensibilità di un politico diverso quindi il titolo che poi abbiamo scelto è le nostre idee in economia. Avevo promesso che la facevo breve quindi non voglio smentire me stesso. Siete qui appunto per ascoltare Hailey Klein partirei da una riflessione che riguarda molto il tema del futuro perché la politica, e non solo la politica, la politica spesso è travolta dalla quotidianità. Per la verità anche il mondo dell'informazione, noi tutti siamo travolti dalla quotidianità. Errore grave, un peccato mortale, perché al contrario non bisogna mai perdere la capacità di vivere la quotidianità in funzione della costruzione di un futuro. Ecco, la prima domanda quindi è, il prodotto interno lordo misura l'andamento dell'economia. Lei, Hailey Klein, lo ritiene una priorità per misurare la crescita dell'economia, la crescita di una società, oppure no? Buongiorno a tutte, buongiorno a tutti. Anzitutto grazie, grazie direttore, grazie al Festival dell'economia in questa splendida cornice, in una bellissima città come Trento. Io vi ringrazio perché è un invito davvero che mi fa piacere, che ci permette, e sono d'accordo, di mettere a confronto le nostre idee. Puntiamo molto sulla costruzione di un nuovo progetto, di un nuovo profilo per il Partito Democratico dopo il congresso che si è svolto a febbraio. Questo è un punto secondo me già importante che lei sottolineava. Credo anch'io che abbiamo una politica che si è troppo ristretta nel suo orizzonte a inseguire l'hashtag quotidiano, mettiamola così. Mi piace immaginare che la politica si riappropi di una capacità di immaginare futuro a lunga gettata, quindi che si occupi dei prossimi 20-30 anni come orizzonte temporale, cioè che sia curiosa e larga nel suo orizzonte, curiosa di quello che accade al di là dei nostri confini con cui dialogare in questo dibattito molto dinamico, come lei diceva, ma anche lunga, lunga nel pensiero perché le sfide più cruciali su cui ci giochiamo il futuro implicano uno sguardo lungo, uno sguardo di questo tipo. Sulla sua domanda le rispondo, certo che è una priorità d è importante la crescita dell'indicatore del PIL. Nella consapevolezza però che abbiamo anche da fare uno sforzo che preveda il cambiamento di un modello di sviluppo che ha dimostrato tutti i suoi limiti, che ha dimostrato di essere insostenibile. Da questo punto di vista mi viene in mente l'insegnamento del porto di Stiglitz, di Senne, di F2C del 2009 che ha anche avuto il portato in Italia di inserire nella lettura delle politiche di bilancio anche l'indicatore del BES, cioè non basta più soltanto il PIL per dare un'indicazione del benessere complessivo della comunità. Quindi come teniamo conto anche dell'impatto sociale, dell'impatto economico e dell'impatto ambientale aggiungerei pure dell'impatto di genere delle politiche che facciamo, delle investimenti che facciamo, delle risorse che mettiamo in campo. Questo credo che sia molto in linea con quello che è stato approvato c'ero anch'io in un altro ruolo da europarlamentare nel 2015 all'Assemblea generale delle Nazioni Unite. La famosa Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile ci invita a tenere insieme queste sfide, cioè quella della giustizia sociale, del contrasto alle diseguaglianze, quella dell'innovazione, del rilancio economico accompagnato però da un'occupazione di qualità insieme a questo di come affrontiamo un'emergenza climatica che ci impone di lavorare all'acremente, alla conversione ecologica che è necessaria. Ecco, credo che queste cose si possano tenere insieme tracciando un nuovo modello di sviluppo. Ma questo PIL è una priorità oppure è soltanto uno dei tanti elementi di cui tenere conto? Perché se non c'è la torta, poi è difficile dividerla. È una priorità, cambiando anche la lettura, cambiandola con l'elemento che le dicevo, cioè sugli impatti economici, sociali e ambientali. Ecco, questo credo che sia stato il passaggio anche al BES ci hanno lavorato, devo dire, molto anche le province in Italia, di questo vadato atto, allarga il nostro sguardo. Quindi sì, una crescita che però naturalmente sia più consapevole dell'equilibrio che dobbiamo ritrovare dal punto di vista dell'equità sociale dell'impatto sul clima. Però poi bisogna anche essere conseguenti. Se noi diciamo che il prodotto interno lordo e la sua crescita rappresentano non la sola priorità, ma certamente una priorità, a questo punto ci vuole un sguardo, un momento di riflessione rispetto a chi poi questo PIL produce, cioè il mondo delle imprese. Consideriamo una priorità anche lo sviluppo delle imprese oppure no? Assolutamente sì, anzi, io credo che il nostro paese stia rischiando di perdere una grande occasione. Materia anche di discussione in questi giorni, noi siamo estremamente preoccupati sulla attuazione del PNRR. Il PNRR è un'occasione storica e irripetibile per il nostro paese perché ci dà investimenti che possono esattamente aiutare a capire in che modo vogliamo stare nelle transizioni in cui siamo immersi che sono ineludibili, lo diciamo, la transizione demografica. Siamo una popolazione che sta invecchiando non ci ha ancora fatto i conti, aggiornando il proprio sistema di welfare. Si è parlato in queste settimane anche del tema della denatalità, ma il tema della denatalità si affronta anche intaccando la precarietà che colpisce soprattutto i giovani, le donne, specialmente al sud di questo paese, cioè una visione di insieme. La transizione digitale che potrebbe fornire anche l'occasione, se ci pensiamo, di una semplificazione che chiedono anche le imprese, una semplificazione nel rapporto con le pubbliche amministrazioni, una semplificazione del rapporto anche del fisco rispetto ai cittadini e alle cittadine. Ecco, io penso che dobbiamo attrezzarci per stare dentro queste transizioni a testa alta. E questo lo possiamo fare se coinvolgiamo in modo ampio sia le imprese nelle loro rappresentanze, sia le organizzazioni sindacali, sia in modo ancora più ampio il mondo associativo, il terzo settore, le università, i centri del sapere, i comuni. Ecco, questo credo che sia l'approccio, almeno nella mia esperienza amministrativa, anche nei momenti di difficoltà, penso a quando abbiamo affrontato una pandemia, questo riuscire a tenersi insieme e anche nella dialettica di posizioni e di interessi che sono diversi, riuscire a indicare alcune strategie e nuove direttrici di investimento. Citavo la transizione demografica e digitale, ma naturalmente anche quella ecologica e fondamentale. Allora, come accompagniamo le imprese in una transizione che non è semplice, ma che si deve poter fare? Ecco, le imprese rappresentano, il fare impresa, il fare impresa rappresenta la spina dorsale di questo paese, quella seconda industria manifatturiera d'Europa. A volte però non si ha la sensazione che questo venga riconosciuto, ma anzi, c'è quasi, non dico una criminalizzazione, ma a volte c'è un senso di colpa nel giudicare il fare impresa, nell'addossare delle... c'è un'attitudine ad addossare alle imprese, se non tutte le colpe, perché è una parte di prendere la politica, ma certamente è una parte importante delle colpe. Ma lei, come si rapporta col mondo delle imprese? Guardi, una delle prime cose che abbiamo deciso di fare con la nuova segreteria è un ciclo proprio di incontri con tutte le parti datoriali e sociali che abbiamo svolto in queste settimane. Sono state occasioni di un confronto molto prezioso e ci sono molti punti anche di convergenza nella direzione. Guardate, io faccio solo alcuni pochi esempi, ma quando diciamo che dobbiamo accompagnare la transizione ecologica, stiamo dicendo due cose, fondamentalmente, che servono investimenti in innovazione, in ricerca e anche in formazione. Senza le competenze, senza i saperi, non si riesce a stare dentro e dietro a queste transizioni, queste trasformazioni. Allora, se la politica non torna a guidare queste grandi trasformazioni, non è che non avverranno. Stanno avvenendo, stanno già avvenendo, eppure se non le guidiamo con politiche adeguate, le subiranno le imprese le subiranno lavoratrici e lavoratori, è quello che sta già accadendo. Allora, se vogliamo invece evitare questo, in una dialettica di ascolto costante si possono costruire politiche che prendano il punto di vista delle esigenze. Cosa abbiamo discusso con le imprese in queste settimane? Abbiamo discusso l'esigenza di mettere in campo un grande piano industriale, le politiche industriali che mancano in questo Paese, che siano politiche industriali che si adattino a queste trasformazioni, investimenti nei saperi che servono per riprofessionalizzare lavoratrici e lavoratori. Quando insistiamo, ad esempio, che una delle direttrici di investimento importanti per il Paese è costruire le filiere delle rinnovabili, noi diciamo una cosa che dice anche un pezzo consistente dell'impresa. Pensiamo all'elettricità futura, che qualche tempo fa si è detta disponibile con le sue grandi aziende a investire 320 miliardi nella produzione di nuova potenza rinnovabile da qui al 2030 secondo le loro stime questo produrrebbe anche 540 mila posti di lavoro. Non sono pochi. Perché non andiamo dritti in questa direzione? Mi viene in mente una buona proposta ottima di Romano Prodi quando dice perché non lavoriamo insieme per facilitare che sopra ai fabbricati industriali, commerciali, artigiani, si possa mettere dei pannelli fotovoltaici, dei pannelli solari, di modo da puntare anche alla autosufficienza energetica quando si riesce. Non per tutti è semplice. Per l'agricoltura ci sono delle possibilità, ad esempio. Quello che vorremmo evitare è che non ci siano delle politiche industriali in questa direzione noi come Partito Democratico ci stiamo occupando di accompagnare, di proporre questo tipo di svolta. Ed è, secondo me, una necessità che noi come Paese abbiamo perché perdiamo un treno nel resto del mondo si stanno ridefinendo le catene globali del valore. Che ruolo ha l'Italia, la nostra impresa? È vero, abbiamo una tradizione una vocazione industriale-manifatturiera straordinariamente importante. Mi permetto di dire anche al governo che anziché stare a discutere e a lamentarsi delle scadenze che l'Unione Europea prevede e che insieme a lei prevediamo, perché sono decisioni che toccano tutti gli Stati e che vedono coinvolti tutti gli Stati, anziché lamentarsi delle scadenze, magari mentre siamo qui che ci lamentiamo intanto quelle scadenze si avvicinano, ma noi possiamo chiedere più risorse per una transizione che sia giusta perché una vocazione industriale come la nostra merita più risorse per accompagnare sia le imprese a partire da quelle piccole e medie che da sole non hanno la struttura magari per gli investimenti che servono per innovare i processi in questa direzione. E allora cerchiamo di metterle in campo sia sul lato della competenza che serve al lavoro per trasformarsi sia dal lato dell'impresa. Io ci credo molto. Lei ha parlato di semplificazioni, un brivido correre l'uno dalla schiena, se ne parla tanto, forse fin troppo, ma queste semplificazioni in questo Paese, che è il Paese dei mille vincoli, delle mille difficoltà burocratiche, ma gli vogliamo dare una spinta a queste semplificazioni? Il PD è all'opposizione, però è al governo in molte regioni, un po' di coraggio, no? Diamo gli una spinta a queste semplificazioni, o no? Sono d'accordissimo, questo è uno degli elementi. Prendete nota che è d'accordissimo, e quindi ora in poi sotto con le semplificazioni. Quello che dicevo prima, la trasformazione digitale, si è accompagnata anche qui da un aumento delle competenze, da un investimento a partire dalle scuole in questa direzione, è un elemento che può cambiare il rapporto tra pubblica amministrazione, imprese e cittadinanza. Io ci vedo un grande potenziale qui, che altri Paesi europei hanno sfruttato molto meglio di noi. Ci sono anche dei Paesi, l'Estonia penso, che hanno investito molto in questa direzione, ottenendo dei risultati. A volte basta poco, guardi, vi voglio fare un esempio piccolo e concreto da un'esperienza amministrativa. È vero, tendiamo ad essere quello che si definisce con una battuta Lucas, l'ufficio di complicazione degli affari semplici, no? Io vorrei che noi fossimo in grado, con delle politiche, di mettere i benefici che ci porta all'innovazione tecnologica, di redistribuire quei benefici anche a vantaggio delle fasce più fragili della nostra società. Due esempi concreti. Ci sono delle case per anziani, dove vivono persone anziane che sono ancora in grado di vivere da sole, però hanno un accompagnamento da parte di operatori sociali, dove dei sensori all'avanguardia sono in grado di dire a quegli operatori se è troppo caldo o troppo freddo in quella casa, se c'è troppa luce o troppa poca, se c'è troppo poco movimento, magari la persona è caduta, si è fatta male, allora bisogna telefonare, bisogna andare a bussare, cioè mettere l'innovazione tecnologica anche a disposizione delle fasce più fragili. Semplificazione. Sa che quando una persona ha una disabilità, ha di solito un permesso per poter circolare nell'ambito della sua città, anche all'interno delle zone che sono limitate. Però se si sposta in una città a 30 km, rischia di prendere una multa. Ecco, noi, a livello regionale, abbiamo fatto dialogare quelle banche dati di modo da semplificare la vita alle persone di mettere in connessione le banche dati di queste città di modo che una persona non dovesse più passare una lunga trafila burocratica di multe ingiuste rispetto a un diritto che ha. Ecco, si può fare moltissimo dal punto di vista della semplificazione. Questa sì che è una delle richieste delle imprese. Bisogna cercare di farlo attraverso queste nuove opportunità. Lei ha fatto riferimento alla sua esperienza in Emilia Romagna, è stata vicepresidente, ma come è stato possibile che in una regione che ha molti aspetti di efficienza come Emilia Romagna, un evento catastrofale certamente imprevedibile, ma non del tutto imprevedibile, perché ormai anche i paracari hanno capito che con i cambiamenti climatici gli eventi catastrofali sono sempre più frequenti. Come è stato possibile, danni, come sono stati possibili che il territorio arrivasse molto impreparato o forse in alcuni casi straordinariamente impreparato con dei danni che sono stati colossali, anche con tante morti. Insomma, si poteva fare meglio. Perché non avete fatto meglio? Guardi, la prima cosa che voglio dire è ribadire anche da qui la piena disponibilità che stiamo dando sia ai territori colpiti, naturalmente alle comunità colpite a cui va tutta la nostra vicinanza, ci sono state anche in questi giorni, sia al governo, a lavorare insieme in uno spirito di unità nazionale per riuscire a mettere in campo le risposte veloci che servono in termini di messa in sicurezza, in termini di interventi di ripristino, anche in termini di ristori, chiaramente, perché stiamo parlando di famiglie che in alcuni casi, quelle che vivevano ai piani terra, hanno perso tutto hanno perso tutto in pochi minuti nel momento in cui è arrivata l'acqua. Stiamo parlando però di un fenomeno di portata mai vista in precedenza, perché stiamo parlando di un territorio sicuramente molto fragile perché sono andati in piena in esondazione in contemporanea 23 fiumi ci sono stati più di 280 eventi franosi, sono caduti in 4 giorni il quantitativo di pioggia che di solito si può vedere in 6 mesi, quindi stiamo parlando di un fenomeno di questa tipo di portata drammatica. Chiaramente la prima cosa che dobbiamo fare è metterci a disposizione per individuare le risorse, per le imprese, per l'agricoltura, lì ci sono dei territori dove c'è la coltura di alberi da frutta che rischiano per 4-5 anni perché quelli sono alberi che hanno una crescita lunga, quindi naturalmente c'è un danno da questo punto di vista incalcolabile. Ho visto le prime stime ieri che parlavano di 7 miliardi, bisognerà guardarci con attenzione, quindi economia, agricoltura le famiglie, perché le famiglie ci sono ancora più di 20 mila sfollati, quindi stiamo parlando di una situazione che è ancora in corso, meritano risposte molto veloci. Il Partito Democratico c'è, c'è a disposizione per individuare tutte le piste di risorse che servono. Al di là di questo naturalmente c'è anche da lavorare su un grande piano di prevenzione del dissesto idrogeologico, noi non possiamo più essere un Paese che spende 4 volte dopo l'emergenza quello che invece investe in prevenzione del dissesto idrogeologico questa è una piaga che il Paese ha da tempo e che devo dire anche nei precedenti governi, videntemente non è stata affrontata con la giusta urgenza. Però adesso, in questo momento, che non è il momento della strumentalizzazione politica, è il momento di dire, non aspettiamo la prossima tragedia a dirci che serve un grande investimento e un lavoro trasversale delle forze politiche per mettere questa messa in sicurezza di tutto il Paese come priorità assoluta. Ma perché non lo avete fatto in Miglia Romagna? Guardi, in Miglia Romagna, non sono io in questo nuovo ruolo, diciamo, ribadire quello che sta dicendo. La regione, sta dicendo anche il presidente Buonaccini, è stato fatto molto, si può fare anche di più. Stiamo parlando di una regione che ha messo in campo in questi anni un miliardo di investimenti di cui il 72% sono stati già realizzati. Dopodiché c'è una responsabilità anche nazionale. Il fatto di aver mai messo le risorse che servivano fino in fondo le semplificazioni normative. Oggi è il momento di fare questo, di semplificare anche il quadro normativo che possa permettere di uscire da quelle competenze molto frammentate che permettano di fare ancora di più. Ma guardi, basti guardare i dati. L'ha detto Buonaccini perfettamente l'altro giorno. È difficile dire che la Miglia Romagna sia una regione che ha dimostrato scarsa capacità di spesa, ha una buona capacità di spesa, ma siamo un territorio estremamente fragile. Vale per la Miglia Romagna e purtroppo anche per il resto d'Italia. Perché c'è stato anche tanto negazionismo di quelli che sono gli impatti dei cambiamenti climatici. E io devo dire che da questo punto di vista il Paese deve fare un salto di qualità in avanti perché non possiamo non capire a quelli che ci chiedono chi pagherà i costi della transizione. Questi sono i costi della non transizione. Quindi ci conviene invece lavorare prima e lavorare meglio, sicuramente. Lo possiamo fare tutti, però lo dobbiamo fare con lo spirito giusto. Cioè risorse, semplificazioni del quadro normativo, una legge che contrasti il consumo di suolo. Io ho iniziato a far politica dieci anni fa, facendo anche questa battaglia, d è imbarazzante il fatto che dopo dieci anni, oggi da segretaria del PD, posso dire che il PD è impegnato per chiedere in Parlamento urgentemente una legge contro il consumo di suolo. Anche perché lei era assessora all'ambiente? Scusi? Anche perché lei era assessora all'ambiente? No, io ero assessora al welfare, al patto per il clima, alla transizione ecologica, ma non mi occupavo direttamente di... C'era una bravissima assessora, che peraltro oggi è vicepresidente della Regione, che devo dire lavora molto bene. Parlando e scrivendo di economia, discutendo di economia, sono due parole che ricorrono più frequentemente. Una è il prodotto interno lordo, l'altro è il debito pubblico. Del prodotto interno lordo abbiamo già parlato il debito pubblico. Ha raggiunto delle dimensioni enorme. L'unica ragione di consolazione è che non è un tema che riguarda soltanto l'Italia. Tutto il mondo è seduto sul debito pubblico, un debito pubblico abnorme. Proprio in questi giorni negli Stati Uniti addirittura si parla di un'ipotesi che io considero assolutamente da escludere, però si parla addirittura di default degli Stati Uniti, il paese più potente del mondo, per un debito pubblico fuori controllo. Ma cosa pensa davvero del debito pubblico? È una priorità riportarlo sotto controllo? Oppure anche se aumenta va bene lo stesso? Perché tanto serve a finanziare lo stato sociale. Sicuramente è importante ridurre questo debito perché noi abbiamo, se non sbaglio, il quinto debito pubblico a livello mondiale. Questo rischia di ricadere anche sulle prossime generazioni in maniera pesante. È chiaro che dipende da come lo fai. Credo che, da questo punto di vista, siano state sbagliate le politiche tutte incentrate sul rigore, ma credo che ci sia stata consapevolezza dell'inefficacia di queste politiche anche nelle istituzioni dell'Unione Europea. Tant'è che davanti ad una crisi come quella della pandemia è stato messo invece in campo un piano straordinario di investimenti, il Next Generation EU. Sono molto felice di questo salto in avanti. Ricorderete Jean Monnet quando diceva che l'Europa si sarebbe forgiata nelle sue crisi sarebbe stata la somma delle risposte a queste crisi. Ci aveva visto molto lungo perché abbiamo dovuto aspettare una tragedia come quella della pandemia che ha colpito tutti i paesi europei per vedere un salto in avanti. Quello che non dobbiamo più lasciare indietro, attenzione sicuramente a far rientrare il debito, ma nel contempo non perdere la propensione agli investimenti pubblici nelle direzioni che non si possono lasciare indietro. Ne ho citate alcune prima, l'innovazione, la formazione, la ricerca, la conversione ecologica, il digitale, la questione anche della sanità della scuola che sono questioni su cui noi abbiamo bisogno di fare un salto in avanti come paese. Io però ho l'impressione che l'attenzione alla necessità di ridurre il debito pubblico non sia sufficiente. Il debito pubblico è fuori controllo. Allora non ritorna sotto il controllo con la politica dei sacrifici, l'abbiamo appena ascoltato le sue parole, ma allora come si fa a riportarlo? Perché un conto è dire vabbè c'è questo problema, riconosco che c'è, lavoreremo per risolverlo, ma qui non è un problema, qui c'è un altro aspetto fondamentale e non funziona così. O uno pensa che siano opportune misure anche di carattere straordinario per ridurre il debito pubblico, oppure non è così. La sua posizione qual è? Siamo a una strategia dell'attenzione o serve una strategia dell'intervento? Guardi i dati degli ultimi anni. C'era stato un momento anche di riduzione importante, dopodiché negli ultimi anni abbiamo visto anche attraverso la pandemia un aumento che se non sbaglio era arrivato fino a 155%. Dopodiché c'è stato, con il rimbalzo di crescita dopo la pandemia, devo dire un balzo indietro di 11 punti se non sbaglio. Quindi l'effetto denominatore conta e conta tanto. Quello che stiamo dicendo è cerchiamo di continuare a accompagnare una strategia di investimenti che abbiano un effetto moltiplicativo che possano accompagnare e rendere perdurante una crescita. Perché così, soltanto così, noi riusciremo al contempo anche a ridurre il debito che pesa moltissimo sul nostro Paese. Quindi l'antidoto migliore è lo sviluppo economico? Senz'altro sì, bisogna fare in modo che ci siano degli investimenti come quelli che citavamo prima, che possano avere il loro effetto sulla crescita. E quindi fare impresa. La guerra in Ucraina ha determinato una forte polarizzazione nel mondo. Da una parte gli Stati Uniti, dall'altra la Cina in mezzo l'Europa in una posizione da vaso di coccio tra due vasi di ferro. Ma cosa ne pensa lei della guerra in Ucraina da un punto di vista delle conseguenze sulla geopolitica del mondo? Va bene questa polarizzazione o bisogna invece mettere in moto degli antidoti ad essa? E quali potrebbero essere? Io credo, l'altro giorno ho letto proprio sul vostro giornale una riflessione molto interessante di Fabbrini, che si chiedeva... Che era qui stamattina. Ecco, mi fa piacere. La condivido molto, cioè crediamo ancora nel multilateralismo oppure non ci crediamo più. Perché il multilateralismo è in forte crisi ha avuto vicende molto anche alterne in questi anni anche a seconda dell'avicendamento politico di alcuni grandi player internazionali. Ecco, io credo che abbiamo una collocazione chiara e netta quella italiana nel campo, naturalmente, occidentale dei nostri alleati internazionali e anche europei nel solco dell'Unione Europea. Abbiamo rapporti commerciali anche con altre potenze importanti, penso, alla Cina. Sicuramente lo scenario di guerra con l'invasione criminale di Putin ai danni dell'Ucraina ha avuto un impatto notevole anche dal punto di vista geopolitico. L'altro giorno ho letto delle riflessioni di occhetto che trovo interessanti sul fatto che bisogna cercare insieme di andare verso un nuovo sistema di sicurezza globale. E alla fine è nell'interesse di tutte e di tutti. Ma in questo io, che sono una federalista europea convinta, vorrei vedere un ruolo molto più attivo da parte dell'Unione Europea. Si attribuisce a Kissinger, chissà se l'ha detta lui davvero, una battuta molto cinica ma sarebbe molto attuale, cioè quella di quando ha detto ma io per parlare con l'Europa non ho ancora capito a chi debba telefonare. Se noi non riusciamo a livello europeo a costruire una vera politica estere di sicurezza comune siamo continuamente tesi tra gli egoismi degli Stati membri sulle proprie politiche estere, io credo che ci condanneremo all'irrilevanza dal punto di vista di uno scacchiere geopolitico in cui altre grandi potenze sono emerse. La cittazione che faceva Fabrini l'altro giorno era il West declina perché è cresciuto il Rest. Ecco, è drammaticamente vero, dobbiamo farci conti. Dobbiamo cercare di costruire un nuovo multilateralismo dargli anche più solidità, più coerenza e concretezza perché altrimenti quelle istituzioni così importanti, pensiamo alle Nazioni Unite, rischiano di svuotarsi della loro forza propulsiva, del loro ruolo nel mondo. Come vedi il contributo che può dare l'Italia nell'Unione Europea? Ammesso che lo possa dare? Lo può dare come? Sta rischiando di rinunciare di darlo. Io credo questo, lo dicevo prima, da federalista europea penso che le grandi sfide che ci troviamo di fronte non sono sfide che possano trovare una risposta entro i confini nazionali e basta. Abbiamo parlato dei cambiamenti climatici. Noi potremmo scrivere e dovremmo scrivere la migliore strategia di decarbonizzazione, di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici. Ma se tutti i nostri vicini continuassero a vivere soltanto di fonti fossili come se non ci fossero domani, risolveremmo ben poco. Siamo peraltro in un territorio che è stato colpito duramente, non molto tempo fa, da un altro fenomeno climatico estremo che ha, come sapete, sradicato decine di migliaia di alberi, centinaia di migliaia di alberi, la tempesta vaia. È chiaro che abbiamo da lavorare a livello europeo per rafforzare le risposte condivise su questo tema. Potrei fare altri esempi, politiche migratorie, le politiche fiscali. Noi abbiamo un problema all'interno dell'Unione che nella mancata armonizzazione delle politiche fiscali europee si insinuano degli schemi elusivi che permettono ad alcuni gruppi multinazionali di ottenere delle aliquote dello zero virgola, sottraendo risorse rilevantissime per fare tutte le cose che ci stiamo dicendo, investimenti, servizi, pensioni, istruzione, conversione ecologica. Come la risolviamo senza un'Italia più forte nell'Unione Europea? Ci sono degli strumenti lì che si potrebbero adottare domattina se solo ci fosse la volontà politica di farlo. La trasparenza, ad esempio, si è fatta qualche anno fa, lei lo sa direttore un passo avanti perché l'avete raccontato, su quello strumento che si chiama CBCR, fa sempre sorridere quando si cita in Italia, ma che vuol dire country by country reporting, cioè come chiediamo a chi vuole operare nel mercato europeo una maggiore trasparenza su quanti profitti fanno quante tasse pagano in tutti i paesi europei dove sono operativi. Ecco, sembra una banalità, è a trasparenza, quindi a costi molto ridotti, ppure immediatamente si vede chi sta cercando di fregare chi. Perché un principio fondamentale deve essere che le tasse si pagano dove si fanno i profitti, non dove si fanno accordi con un governo compiacente che pensa di essere più furbo del suo vicino. Allora, quello che le voglio dire è, sulla questione della giustizia fiscale, sulla questione dei cambiamenti climatici, della migrazione, della politica estera, noi senza Europa non andiamo da nessuna parte quindi dobbiamo starci però con un sistema di capacità di far valere i nostri interessi, capendo che molto spesso coincidono con il più alto interesse europeo non si fa, sa come, scegliendosi per anni gli amici sbagliati isolandosi come sta facendo il governo di Giorgia Meloni che per anni si è scelta come amici i nazionalisti come Orban ed altri paesi che invece stanno minando alla radice quei fondamenti, quei principi, quei valori, il rispetto dello stato di diritto che invece sono la base su cui inevitabilmente si fonda la nostra Unione. Dipende da come ci stiamo dentro noi, se ci stiamo dentro con visione, con determinazione. Guardi, è chiaro che se continuiamo come dicevo prima, quando arrivano delle decisioni rilevanti che hanno un impatto anche economico sul nostro territorio, pensi al settore dell'automotive, però bisogna starci con una visione lì dentro perché io vedo soltanto piagnucolare rispetto a delle scadenze oppure delle fake news vere e proprie. Parlo ad esempio anche della questione dell'efficientamento energetico dell'edilizia. Ma voglio dire, la destra sta facendo una crociata, ma mentre fa una crociata e perdiamo del tempo rispetto alle scadenze, non è lì a chiedere maggiori risorse per un paese che ha un patrimonio edilizio particolarmente vetusto che ha una grande tradizione manufatturiera. Chiediamo invece risorse in più perché lo sanno tutti, che puntare su politiche di efficientamento energetico è un win-win. È un win-win perché tu riesci a ridurre le bollette al contempo riduci le emissioni climalteranti che stanno avvelenando il pianeta stanno facendo male anche la nostra salute. Ma pure le imprese ci sono arrivate. Lei ha parlato di giustizia fiscale. È come parlare di corda in caso dell'impiccato perché il problema in Italia, riducendo la proprio semplice semplice, è che una parte minoritaria di questo paese paga le tasse chi le paga ne paga un'enormità, chiedere per avere conferma. Poi c'è una parte del paese, che è un paese dell'evasione fiscale, dell'elusione fiscale. Allora, da un punto di vista della questione fiscale, lei è d'accordo sul fatto di pagare tutti per pagare meno oppure pensa che per finanziare lo stato sociale servono più tasse? Sono d'accordo sulla prima impostazione. Noi abbiamo un problema serio di evasione fiscale da affrontare con strumenti anche rinnovati. Sicuramente l'incrocio di banche e dati digitali è una necessità assoluta. Siamo sempre nel campo di come l'innovazione digitale ci aiuta. Non è un destino ineluttabile questo. Noi ricordiamo che negli ultimi anni, se non sbaglio, si è riusciti già a ridorre l'evasione stimata da, mi sembra, i 96 agli 80 miliardi circa. È comunque una cifra abnorme. Però si è fatto, ad esempio, con alcune scelte coraggiosi. Lei prima parlava di coraggio, non può trovarmi più d'accordo. Si è fatta con scelte coraggiosi, ad esempio, la fatturazione elettronica. Ecco, bisogna fare scelte coraggiosi. Sicuramente non bisogna fare scelte come quelle che purtroppo sta facendo questo governo dalla prima manovra, cioè ulteriori condoni, strizzare l'occhio agli evasori, alzare il tetto del contante. È il contrario di ciò che serve per una riduzione dell'evasione fiscale che potrebbe permettere anche un recupero di gettito importante. Poi naturalmente c'è da fare un lavoro sulla progressività del nostro sistema fiscale. Questo è un principio costituzionale, però non c'è niente di nuovo. Cioè, è giusto che chi ha di più contribuisca in proporzione maggiore al benessere di tutta la società. Questo già accade, perché chi ha di più oggi, quelli che pagano le tasse, che non sono proprio tutti, pagano più del 50% di tasse, quindi addirittura c'è da 60% per chi fa impresa considerando... E per abbassarle sul lavoro e sulle imprese, perché sicuramente sono troppo alte, quindi bisogna, anzitutto, contrastare l'evasione fiscale far sì che la pagano tutti. La cosa non è disgiunta, direttore, da quella che dicevo prima. È l'elefante nella stanza di cui in Italia non si parla mai. Ma non è possibile. Le stime di alcuni professori, penso a Richard Murphy, ci indicano che in ogni anno, in Unione Europea, di sistemi di illusione d'evasione fiscale, di grandi gruppi, non tutti certamente, ma che si approfittano delle differenze in modo legale. L'ellusione fiscale si approfitta di differenze che in Unione Europea si stima a superiore agli 800 miliardi di euro. Sono stime difficili da fare, perché è un fenomeno sommerso. Però stiamo parlando di un altro PNRR. Se noi non lavoriamo anche sul versante europeo, per una maggiore trasparenza fiscale. E le voglio dare un altro spunto. C'è un'altra direttiva che è bloccata da anni in Europa dai veti incrociati dei governi. Ed è quella che ha un nome ancora più complesso, la CCCTB. Che cosa vuol dire? La CCCTB è una base imponibile consolidata comune. Semplifica perché dà regole comune di calcolo della base imponibile, ma fa fissare anche quel principio, cioè redistribuisce l'imposizione fiscale dove si fanno. Lo dico perché, nel contrasto all'evasione fiscale, non può mancare questa parte di battaglia, su cui non vedo minimamente l'impegno del governo di Giorgia Meloni, né sul versante europeo, né purtroppo sul versante interno. Ma la patrimoniale, lei la vorrebbe oppure no? Noi abbiamo una priorità che abbiamo già segnato. Per riuscire, anzitutto, a rendere più equo e progressivo il sistema, bisogna fare sicuramente degli interventi. Però, attenzione, la prima questione secondo me è questa. No, scusi, non ho capito. Quindi la patrimoniale sì, perché aiuta ad aumentare la progressività della tassazione? Ho capito male. Lei sa bene che questo paese di patrimoniali è molto importante e dovrebbe riorganizzarle. Dopodiché, in un quadro di riforma complessiva, noi, anzitutto, dobbiamo aumentare la progressività. Lei sa che, quando è stata creata l'IRPEF, c'erano 32 scaglioni, si sono ridotti sostanzialmente a 4 dagli ultimi interventi. Quindi il sistema si è già appiattito molto. Ogni volta che si appiattisce il sistema, si appiattisce a svantaggio delle fasce di reddito un po' più basse. Ecco, questo è evidente, per cui avvantaggia invece chi ha dei redditi più alti. Quindi questa impostazione, che il governo sta perseguendo anche con ulteriori misure a cui siamo contrari, la flat tax, perché dietro l'idea che io abbasso le tasse a tutti, c'è anche l'idea che, in questo modo, però, faccio mancare le risorse per chi serviziano se li può pagare da solo, la sanità e la scuola, noi non siamo molto d'accordo. Scusi, giusto per capirsi, ma a chi paga già 50-60% di tasse, lei lo aumenterebbe? Aspetti, bisogna anzitutto riuscire a farle pagare a chi non li sta pagando. Dopodiché, una progressività complessiva, che vuol dire, abbiamo una serie, potremmo immaginare di passare da un sistema ad aliquotà continua, che potrebbe, guardi, ci sono dei sistemi dove c'è più trasparenza, c'è un patto sociale più solido, Germania, altri paesi. Noi abbiamo un problema, anche perché abbiamo un sistema che ha talmente tanta iniquità orizzontale. Guardi, la flat tax produce, in realtà, di reddito. Ci siano due lavoratori, uno autonome e uno dipendente, uno tassato al 15% e l'altro al 40%. Questo è un principio molto iniquo dal punto di vista fiscale. Chiedo scusa, ripeto la domanda, a chi paga già 60% di tasse, lei lo aumenterebbe? Di chi sta parlando, però? Di chi fa impresa e che ha, oltretutto, la parte fiscale e poi c'è la parte contributiva, ecc. Sto parlando di riuscire a ridurre la tassazione sull'impresa e sul lavoro, quindi va ridotta. Va ridotta, sì, certo. Non aumentata. Va ridotta, sì, certo, ma le sto dicendo che mentre la riduce deve anche pensare a, ad esempio, perché la tassazione sulle rendite fiscali e mobiliari è così bassa rispetto a quella sul lavoro e sull'impresa. Si può dire o non si può dire. Si può dire o infrangiamo qualche tabù. No, perché da qualche parte i conti devono quadrare. Per noi il faro è la progressività fiscale la redistribuzione. A partire dalla questione della riforma del catastro in un senso più equo a partire anche dal fatto che non possiamo negare che abbiamo il Paese in cui c'è una delle tassazioni sulle successioni più iniqua e più bassa. Anche lì si può dire o non si può dire. Secondo me si può intervenire. Quindi riforma del catastro da fare subito. Ce lo sta dicendo anche la Commissione Europea nelle notazioni di ieri. Insieme alle preoccupazioni sulla lentezza che rischia di farti perdere risorse del PNRR. E da qui vorrei dire al governo. Ma sono al governo da mesi e mesi. E questi mesi li hanno impiegati in una discussione che capiscono in tre sulla governance, che sicuramente è importante, ma mentre stanno perdendo di vista l'attuazione degli investimenti. E se perdiamo quegli investimenti vuol dire meno sanità per tutti. Vuol dire no alle case della comunità. Vuol dire no ai needy. Vuol dire no alle infrastrutture che servono al Paese. Ecco, noi crediamo che invece, abbiamo chiesto di nuovo al governo, ma sono mesi che glielo chiediamo, di venire in aula a riferire su quali sono le modifiche che vogliono fare al PNRR, perché sono mesi che parlano di modifiche e ci stiamo perdendo i soldi. Abbiamo parlato prima dell'Italia, del ruolo in Europa. Ma l'Italia anche per le sue caratteristiche morfologiche del territorio è un tradizionalmente, è un trampolino sul Mediterraneo d è un avamposto verso l'Africa. Ma, secondo lei, è importante e come potrebbe ssere fatto? Come si può cogliere questa opportunità che ci dà la geografia? Alla fine, il Mediterraneo l'Africa meritano attenzione oppure no? Altro che sì, certo. In un rapporto anche rinnovato e paritario, perché mi faccia dire, io mi sono occupata molto negli anni europei di cooperazione internazionale e troppo spesso abbiamo piegato i rapporti commerciali di cooperazione internazionale con quei paesi a un'esigenza securitaria tutta interna di blocco, diciamo, dei flussi e questo ha incrinato anche la relazione con alcuni di quei paesi mentre altri paesi hanno fatto investimenti in Africa e il risultato poi si vede, no? Perché ad esempio prima parlavamo di come costruire in Italia le filiere delle rinnovabili, no? Io credo che non si possa costruire una filiera delle rinnovabili senza un rapporto coi paesi sull'altra sponda del Mediterraneo e coi paesi africani. Però bisogna recuperare credibilità naturalmente in quel rapporto investirci per davvero. Io penso che il Mediterraneo debba tornare ad essere centrale e ci aiuterebbe anche in tutta un'altra serie di questioni geopolitiche, di politica estera, di conflitti che purtroppo ancora sono molto accesi in alcuni di questi paesi. Pensiamo alla questione della Siria, pensiamo alla questione della Libia, pensiamo all'Afghanistan. Ecco, però bisogna anche qui avere una visione di come recuperiamo il terreno di quella relazione che si deve basare su una nuova idea di sviluppo dell'area mediterranea e di ruolo del Mediterraneo, anche sul tema della democrazia, della pace, sul terreno del dialogo interreligioso. Proprio sulle pagine del solo 24 ore, un'annetto fa, ne ha citato prima Romano Prodi, io lo ricordo perché aveva lanciato quest'idea di una grande università del Mediterraneo, anche perché la cultura è il migliore antidoto alla guerra. Questo progetto poi è rimasto soltanto un'idea sulla carta, ma lei sarebbe pronta a impegnarsi per la nascita di una grande università del Mediterraneo di cui l'Italia sia protagonista anche nel lancio verso l'Unione Europea della proposta. Ne abbiamo parlato con il professor Prodi mi sembra un'idea brillante perché è quello che serve per immaginare di costruire questa relazione, di costruire una cultura mediterranea e anche di porre le basi perché possa crescere una nuova classe dirigente mediterranea. L'idea è proprio quella di scambi bidirezionali di studenti, di professori, di ricercatori da tutte le sponde del Mediterraneo. Ecco, questo cosa può favorire? L'idea, che la dico come immagino la penserebbe lui, cioè 500.000 studenti e studentesse che crescono insieme e si è fatto allora il Mediterraneo, si è fatta la cultura mediterranea, si è fatta una classe dirigente che lavora insieme sulle sfide che sono così intrecciate che sono comuni a questo territorio. Vedo il rosso sullo schermo, quindi ci stiamo avviando un po' alla fine di questo incontro. Alcune domande un po' a raffica. Ma come pensa che l'Italia, ammesso che le sia d'accordo, possa diventare più attrattiva anche per gli investimenti? Qual è il progetto che dovrebbe ssere messo a fuoco appunto su cui insistere? C'è un tema dell'Italia attrattiva di investimenti oppure alla fine un problema secondario? È un problema tutt'altro che secondario. Abbiamo avuto scarsa attrattività rispetto agli investimenti diretti all'estero. Siccome sono flash risponda a flash. Certezza del diritto è un tema. I tempi della giustizia quindi sono un tema da questo punto di vista. Anche per questo nel PNRR ci sono delle piste di riforma che vanno perseguita in questa direzione. La seconda, l'abbiamo citata prima, è una semplificazione. C'è un territorio che possa essere da questo punto di vista più business friendly. La terza però è fondamentale. I servizi, i servizi, i servizi. Non contrasteremo le diseguaglianze del paese, le diseguaglianze di genere, il gap dal punto di vista della formazione e dell'occupazione femminile, se non investiamo un piano di risorse sulle infrastrutture sociali, sulle infrastrutture ducative per l'infanzia, sui needy. Anche queste sono scelte di vita per le persone. Oltre a questo mi faccio a citare da ultimo, siamo al lavoro con la segreteria del Partito Democratico e insieme ai nostri sindaci e amministratori ha un piano nazionale sulla casa, perché la politica ha smesso di occuparsi di politiche abitative. Hanno ragione le studentesse e gli studenti che protestano perché c'è stato un caro affitto del 30% negli ultimi anni guardi, le dico solo, si può fare tanto con poco a reintrodurre il fondo sull'affitto che il governo Meloni ha scelto di non rifinanziare buttando via quei 330 milioni fondamentali per supportare le femminili in difficoltà. Un piano di anche intermediazione pubblica che possa favorire, che non vengano lasciate vuote le case, ma vengono date in affitto anche a prezzi calmirati con anche un sostegno pubblico, perché abbiamo bisogno di più edilizia sociale, che manca, abbiamo bisogno di più edilizia pubblica. Una cifra flash, durante la pandemia, ra l'agosto del 2020, mi occupavo di politiche abitative, insieme ai sindaci, insieme alle società che gestiscono le case popolari, abbiamo fatto una scommessa. Noi abbiamo messo 10 milioni in mezzo a una pandemia che era difficile aprire i cantieri, abbiamo dato 7 mesi per fare i lavori di riqualificazione delle case popolari vuote, per metterle in 7 mesi a disposizione di famiglie che erano in attesa e non ce l'avevano, e avevamo detto, con questa operazione, in 7 mesi recupereremo 500 alloggi popolari. Beh, abbiamo lavorato così bene con quei territori e con quelle realtà che li abbiamo recuperati 731 in 7 mesi, quindi si può fare, la politica è l'altra di prendere le risorse che non sono infinite e redistribuirle dove ce n'è più bisogno. Però, nei giorni scorsi l'hanno contestata gli studenti a Roma. Guardi, è normale che il PD che torna nei luoghi di conflitto trovi il conflitto. Mi hanno invitato i ragazzi e le ragazze che hanno organizzato l'occupazione delle tende, sono andata, ce n'era una trentina, abbiamo iniziato una discussione poi sì, sono arrivati anche due che non erano d'accordo che ci fosse lì il PD perché contestano che il PD in questi anni non ha fatto abbastanza, ma io, che ho vinto un congresso, proprio perché evidentemente il PD non ha fatto abbastanza in questi anni perché altrimenti non l'avrebbe mai vinto, una come me, il congresso del PD, torno lì mi metto a disposizione per ascoltare per spiegare che oggi parte una storia nuova e che insieme vogliamo mettere al centro il lavoro di qualità, il contrasto alla precarietà, le politiche sulla casa e le politiche di rilancio economico che stiamo discutendo con le stamattina. Lei punta sul lavoro di squadra, in un paio di passaggi lo ha ricordato, come ha pensato di organizzarsi per quanto riguarda l'economia? Questo è un festival dell'economia? Certo, io ho avuto la fortuna di costruire una squadra intorno molto solida e di grande competenza. Abbiamo Antonio Misiani, che si occupa proprio di conomia, di finanza, di impresa, di infrastrutture. Abbiamo Cecilia Guerra, che si occupa di politiche del lavoro, Alessandro Alfieri, che segue per noi il PNR le riforme, Stefania Bonaldi si occupa di professioni e naturalmente anche di pubblica amministrazione Analisa Corrado si occupa di economia verde e conversione ecologica, perché ci sono 400.000 imprese green in questo Paese che la politica praticamente non ha visto e che da sole hanno raggiunto dei livelli di innovazione che ci vengono a studiare dagli altri pesi d'Europa, dal punto di vista dell'economia circolare, della produzione rinnovabile. Quindi abbiamo una squadra molto solida, insieme a questa, i nostri parlamentari, quelli nazionali e quelli europei, a partire da la Presidente della Commissione Econ, Irene Tinagli, così come i colleghi del Senato e della Camera. Abbiamo una squadra. Uno dei motivi per cui ho scelto di correre la Secretaria del PD è che è rimasto l'unico partito non personale in Italia. Non credo che il personalismo faccia bene alla politica. Io non sono una tuttologa, ho un percorso di formazione su dei temi e su tutto il resto ogni giorno cresco nell'ascolto di persone che ne sanno più di me. Non sia che non sia personale, ma sia di correnti. Lei cosa ne pensa delle correnti? Anche quelle del PD? Penso che, come ho detto dall'inizio, non ci sarebbe mai stata una corrente di schleiniani, anche perché è troppo difficile da dire. Beh, questa è una bella risposta. Anche le altre, naturalmente. Questa è divertente. Allora, intelligenza artificiale cognitiva, secondo lei, significerà meno occupazione o più risorse per vivere meglio magari anche lavorare meno. Direttore, però con il termine già scaduto, questa ci terrebbe in discussione un'altra mezz'ora. Guarda, c'è su questo un dibattito internazionale molto bello che io seguo perché mi appassiona il tema. Penso agli studi di Frey, a quelli di Acemoglu. Insomma, c'è un dibattito anche accademico su quali possano essere gli effetti complessivi. Da politica dico, l'innovazione tecnologica ha apportato dei benefici incredibili alle nostre vite e anche ai processi produttivi. Però devono esserci politiche che ne redistribuiscono i benefici. Perché se non sono guidate, rischiano di aumentare le diseguaglianze. Prendo un caso concreto, i lavoratori e le lavoratrici delle piattaforme. Come possiamo accettare nel 2023 che ci siano lavori nuovi, che dieci anni fa non esistevano, ma che quei lavoratori e lavoratrici non abbiano diritto alle ferie, alla malattia, all'assicurazione e siano sfruttati a cottimo come se fossimo nell'Ottocento. Allora, il Partito Democratico pensa sulla scorta della riflessione uropea. In Spagna hanno già fatto una misura in questo senso, che servirebbe scrivere le nuove tutele del lavoro digitale. Perché così riusciamo anche a guidare gli effetti di una trasformazione che nessuno può immaginare di fermare. Anzi, porta dei benefici. E io non sono una luddista, io sono una nerd degli anni novanta, io sono una studiata di tecnologia, però va guidata con le politiche giuste, di modo che quei benefici possano permettere anche magari di lavorare meno, di lavorare meglio di aumentare la produttività. Non ne abbiamo parlato prima, ma se noi abbiamo un PIL che è cresciuto così poco negli ultimi 20 anni, parliamo del 4,1% a fronte di una crescita uropea del 26, è perché stava stagnando la produttività. Come rilanciamo la produttività in un mondo nuovo? E se non ci aiuta l'innovazione, la ricerca, la trasformazione digitale, l'investimento sui saperi e le competenze delle persone, è questa la strada. E però ci deve essere un governo che abbia la visione di accompagnare queste grandi trasformazioni, anziché cercare di spaventare ancora di più le persone, cavalcando questi cambiamenti e quanto a risposte però stanno a zero. Ultima domanda. A proposito di mondo del lavoro, l'articolo 18 dello stato dei lavoratori, lei lo reintrodurrebbe? Uno dei motivi che mi portarono a uscire dal Partito Democratico ra che ero molto contraria a quelle scelte e al Jobs Act in generale, che penso sia stata una politica sbagliata. Dopodiché ci sono delle sentenze della Corte Costituzionale sui licenziamenti illegittimi di cui tenere conto naturalmente per reintrodurre il quadro normativo. Ma per noi la priorità adesso è quella di contrastare quello che sta facendo il governo Meloni sul decreto lavoro, perché sotto a un taglio del cuneo che purtroppo non è strutturale ma dura soltanto alcuni mesi, c'è nascosta invece una norma che rende strutturale l'aumento della precarietà. Perché dice che le causali per ricorrere ai contratti a termine possono essere stabiliti dalla contrattazione fino al punto della contrattazione tra le parti, ma quelle due parti quando si siedono non sono alla pari, perché una fortunatamente è in grado di dare del lavoro, l'altra ce l'ha bisogno per mangiare. E se io dico questo, rendo più precario il lavoro, rendo più ricattabili le lavoratrici e i lavoratori. E io credo che la scelta sia sbagliata e che dovremmo fare come ha fatto la Spagna, che sia seduta con le imprese e con i sindacati hanno pattuito una riforma che ha limitato i contratti a termine. Non perdiamo l'occasione del PNRR di grandi investimenti nella direzione giusta per sanare anche le piaghe di un mercato del lavoro che sta zoppando le speranze di futuro, soprattutto delle nuove generazioni. Ho appena detto che era l'ultima domanda, quindi non mi contraddico. Certamente, tirando una riga, oggi abbiamo avuto una conferma e qualche novità. La conferma è stata la dialettica, la capacità dialettica di Alice Line. La novità, direi, le novità sono qualche passaggio, certamente per me interessante, ma credo anche per tutti voi per chi è collegato in Screaming nel rapporto tra Alice Line l'economia. D'altra parte questa ra la ragione dell'incontro. Grazie a Alice Line e grazie a tutti voi. Naturalmente il mio compito è fare le domande. Grazie a Alice Line Grazie a Alice Line
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