Economia dei territori tra transizioni e divari
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Economia dei territori tra transizioni e divari
Viviamo in un’epoca tanto fragile, quanto fertile di grandi opportunità da cogliere. Parlare di economia significa anche dibattere di strategie di sviluppo territoriale capaci di fare sintesi. È questo l’argomento cardine di cui si è discusso approfonditamente durante la conferenza “Economia dei territori tra transizioni e divari”
Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Ci siamo accomodati? Eccoci qua. Io sarò un po' la vestale dei tempi, quindi è un pomeriggio molto denso. Innanzitutto, buon pomeriggio, benvenuti e grazie di essere qui. Quello che ci aspetta è un pomeriggio molto denso, è una occasione di riflessione che interpreta pienamente questa diciottesima edizione del Festival dell'Economia. Ma non sarà solo il futuro del futuro quello che declineremo insieme ai nostri ospiti, l'economia dei territori è già oggi ingaggiata nella gestione di uno scenario multicrisi. La sfida ambientale, che in questi giorni non ha bisogno di grandi argomentazioni, la sfida demografica, che le imprese conoscono molto bene, la sfida delle disparità nelle sociali, nelle infrastrutture sono questioni non solo affidate a futura memoria, sono istanze che segnano già oggi il nostro tempo che senza una cornice di sistema trasversale rischiano di deflagrare. Ed ecco perché nei preziosi interventi che si alterneranno cercheremo di fotografare lo stato dell'arte di oggi per poi stringere l'obiettivo e immaginare quali policy e quali direttrici potranno aiutarci a governare il futuro, ma a partire da oggi. Considerata l'agenda fitta possiamo cominciare subito, ma prima, come dicevo, parleremo di policy, quindi di azioni, di una regia pubblica, e poi immaginare per accompagnare imprese cittadini nelle sfide che ci attendono. Quindi inviterai a raggiungerci per un saluto introduttivo l'assessore provinciale dello sviluppo economico Achille Spinelli. Grazie, buongiorno. Buongiorno da parte mia. Benvenuti a Trentino, in Trentino, anche se in casa OXE, quindi faccio anche il lavoro di accoglienza. È un tema particolarmente interessante sul quale la provincia autonoma di Trento è impegnata. Il tema delle grandi transizioni che stiamo affrontando a livello globale è un tema che colpisce tutti, è globale, le aziende, soprattutto le piccole, medie, realtà, lo stanno affrontando con complessità e difficoltà, via via crescenti. Il mondo è complesso e questo tipo di transizioni, dalla digitale a quella della sostenibilità ambientale, oltre che a quella demografica, stanno creando chiaramente delle differenze degli elementi di complessità e difficoltà notevole. È un passaggio quello che l'Europa vuole verso il Green Deal, un obiettivo che guarda lontano, è un obiettivo che ci pone davanti a delle scelte, a delle scelte importanti che sono scelte onerose dal punto di vista organizzativo, ma lo sono anche dal punto di vista delle risorse e degli investimenti necessari. Quindi sono necessariamente orientate a raggiungere questi obiettivi. E non è facile parlare di questi obiettivi quando le catene del valore si stanno rivoluzionando. All'interno di queste catene l'elemento della sostenibilità, della sostenibilità ambientale, sociale e di governance sta diventando elemento essenziale, perché questo è quello a cui stiamo puntando. La vera sostenibilità si ottiene solo se saremo in grado di avere filiere certificate, proprio quello che l'Europa imporrà, quelle sulle quali stiamo lavorando un po' tutti negli ambiti di nostra diversa estrazione. È evidente che dobbiamo aiutare i più piccoli, perché i più piccoli nell'approcciare questo passaggio cruciale, questo aspetto di reputazione, devono affrontare dei costi, devono affrontare degli oneri amministrativi notevoli. Allora una provincia, una pubblica amministrazione, un governo deve riuscire a essere facilitatore di questa transizione, di questo passaggio, costruendo strumenti che possono aiutare il percorso e possa facilitare soprattutto questo raggiungimento. È un tema poi di risorse umane, che dovranno essere diverse rispetto al passato, nonostante il calo demografico, dovranno essere formate in maniera diversa e più forte, più relativa alla componente digitale. Da punto di vista della Provincia Autonoma di Trento l'impegno è quello di lavorare non solo sull'aiuto e l'accompagnamento dell'ambito economico degli operatori economici sulla strada della sostenibilità, ma di puntare come territorio a essere un vero e proprio soggetto obiettivo di sostenibilità di certificazione di sostenibilità. Su questo stiamo lavorando, sto lavorando, è un percorso che è iniziato, è un percorso lungo ma sul quale bisogna insistere in maniera molto decisa. L'obiettivo è chiaro, l'obiettivo è di anticipare i tempi e di essere comunque con una reputazione più alta, con una visibilità superiore, con elementi che possano consentire una fruizione di territorio dell'ambiente anche di insediamento industriale diversa dal passato e ovviamente sostenibile. Quindi buon convegno a tutti, grazie. Grazie mille all'assessore, economia di territori, economia di questo territorio, il Trentino, ho invito a raggiungermi Fausto Manzana, Presidente di Confindustria Tranto. Grazie. Beh, intanto direi che un benvenuto è doveroso, no? Finché il festival ufficialmente non si apre, benvenuti a Trento, benvenuti a questo festival dell'economia, un momento importante per ragionare rispetto il titolo Futuro del Futuro. E comunque questo festival raggiunge la maggior età, 18 anni, non sono proprio pochi, va la pena ricordarlo. Ulteriormente va la pena ricordare che questo evento è uno dei pochissimi eventi che dura più di un'ora. In 260 sono gli eventi di questo festival e questo ne dura due circa, giusto? Bene, via tutti questi preamboli, a mio modo di vedere, è sempre importante sapere dove si è per capire dove si vuole andare ci sono degli aspetti che hanno un carattere ineludibile, ovvero la sostenibilità. Noi dobbiamo diventare campioni di sostenibilità. Sostenibilità a tuo senso, ben citato l'assessore, no? ESG, environment, social governance, cioè non c'è la possibilità di disgiungere questo elemento. E questo come lo si può fare anche competendo tra territori? Ne discuteremo anche domani mattina all'interno del nostro Consiglio delle rappresentanze regionali. Ma a me preme questo oggi dire che cosa? Dire che forse non è vero che noi siamo così pronti come sembra. Se CERVED ci dice che poco più di 16.000 imprese sono a molto alto rischio di transizione con circa mezzo milione di collaboratori, questo ci deve far riflettere rispetto a come noi affrontiamo la transizione, a come noi in qualche modo dobbiamo prendere la sfida che abbiamo davanti e gestirla. Perché anche all'interno delle nostre imprese, se uno non è davanti, ha il problema, è sicuramente dietro che lo rincorre. E questo ce lo sta dicendo la natura, no? In Romagna parlavo prima con il nostro vicepresidente Orsini e diceva anche in quel di Brescia, anche in altri paesini stanno succedendo cose che noi potevamo e dovevamo aspettarci. Bene, fermo questo. Io non ho altro che l'onore di aprire questo momento importante di riflessione, perché credo che per il nostro territorio, cioè il nostro territorio orograficamente, un territorio complesso, abbiamo puntato sull'innovazione, abbiamo una splendida università, due ottimi splendidi centri di ricerca, FBK e FEM, la fondazione Bruno Kessler la fondazione Edmund Mack, perdonatemi. Abbiamo un ambiente, di certo non è il solo ambiente alpino che ci contraddistingue, abbiamo il Lago d'Europa, ma via queste cose, noi abbiamo qua solamente le nostre intelligenze ed è da qua che noi dobbiamo partire, è da questo punto che il nostro Trentino sicuramente farà la baseline sulla quale partire per andare incontro a quello che sarà il futuro del futuro, perché al di là di tutte le problematicità che noi andremo a gestire più o meno obbligatoriamente, noi abbiamo la necessità, anche come imprenditori, di gestire queste problematicità. E allora io auguro un buon convegno, auguro una buona discussione, sono certo che tutti noi porteremo via degli spunti importanti ed interessanti, ma ricordiamoci che noi possiamo e dobbiamo essere attori rispetto a questo momento di transizione. Lo dobbiamo, lo dobbiamo, io lo devo ai miei nipoti, tanti giovani lo devono ai loro figli, ma questa è una cosa che a noi non è possibile sbagliare. Grazie e buon lavoro. Grazie, Presidente. Dice bene, insomma, fotograferemo dove siamo e dove vogliamo andare. Ecco, aggiungo io, rispetto a dove siamo e a dove vogliamo andare, qual è la posizione di Confindustria? Bene, ecco, adesso ce lo spiegherà Katia D'Aros, Vicepresidente di Confindustria per Ambiente e Sostenibilità e Cultura, che invito a raggiungermi sul palco. Grazie per l'invito, buongiorno a tutti, faccio un saluto alle autorità presenti e a tutti gli ospiti. È un piacere essere a questo Festival dell'Economia, perché è un momento di riflessione molto importante anche per questi temi. E devo dire che questa sessione di lavoro che parla di transizioni di divari è proprio perfetta per questa che è la transizione che stiamo vivendo, che è la transizione digitale, ma soprattutto la transizione della sostenibilità. Confindustria su questo tema ci sta molto lavorando vede questa transizione della sostenibilità da tre angoli diversi. Il primo angolo è che la transizione è un processo necessario, non è più una scelta ma una necessità. E questo ce lo stanno dicendo tanti gli elementi, uno sicuramente fra tutti ce lo sta dicendo quello che succede in termini ambientali, con il tempo, quello che vediamo in questi giorni. E devo dire che questo territorio è anche un laboratorio che ben mostra come questa transizione possa venire. Infatti il Trentino è una delle regioni più green, anche Trento è una delle province che ha delle peculiarità che sono significative. La prima provincia in Italia per startup innovative è una delle province dove ci sono più centri di ricerca, ci sono dodici centri di ricerca pubblici venti istituti di ricerca nazionali e internazionali. È un territorio in cui vengono investiti 300 milioni per la ricerca e sviluppo, si stima ci sono più di 4000 persone che si dedicano alla ricerca e sviluppo. Tutti questi elementi ci dicono che ci sono diverse modalità di attuare questa transizione che anche un territorio può essere un territorio che diventa un laboratorio per permettere che questa transizione venga nel miglior modo possibile. Ovviamente si parla di numeri, ma si parla anche di performance che poi identificano un modello. Io lo chiamerei proprio modello Trentino. Il secondo punto di vista, il secondo angolo da cui Confindustria guarda questa transizione è quello dell'innovazione, perché se ben fatta questa transizione ci permetterà di svilupparci in futuro sul solco della sostenibilità. Noi diciamo che se i problemi che abbiamo oggi sono in parte causati anche dall'industria, è con l'industria che riusciamo a uscire da questi problemi. La stessa chiave che chiude una porta la può aprire. E infatti solamente dando all'industria la possibilità di innovare potremmo trovare quelle tecnologie che ci permettono di superare questo momento o questi momenti. Il terzo punto è che non si può più parlare di transizione senza tener conto anche degli assetti geopolitici. Noi abbiamo visto con la guerra che è partita nel cuore dell'Europa cosa è successo con i rifornimenti di gas dalla Russia. Questo può succedere con tantissime altre materie. L'Europa per esempio sta stilando ogni tre anni una lista delle materie prime critiche. L'ultima stilata a marzo di quest'anno dice che ormai le materie critiche sono 30. Nel 2011 erano 14. E materie critiche sono quelle materie fondamentali per fare le tecnologie per la transizione. Quindi non possiamo andare verso alcune tecnologie se non abbiamo queste materie che sicuramente cresceranno come domanda nel corso degli anni. Penso per esempio al nickel, al litio, al cobalto o le terre rare. Vuol dire diventare dipendenti da altri paesi extra europei. L'apporto che l'industria ha dato all'economia circolare è sicuramente grosso. Infatti l'Italia è leader nell'economia circolare in Europa è leader di conseguenza nell'economia circolare nel mondo. Abbiamo poche materie prime ma siamo bravissimi a lavorarle. Siamo bravi perché riusciamo a rendere circolari ben il 19% delle materie contro una media europea che non arriva al 12%. E su quelle materie riusciamo ad avere una grandissima efficienza. Riusciamo a generare 3,3 euro di PIL per ogni chilo di materia lavorata. E anche in questo caso la media europea non arriva a 2 euro. Mandiamo a riciclaggio il 73% degli imballaggi raggiungendo con ben 9 anni di anticipo l'obiettivo che si è dato l'Europa che è il 70%. Le emissioni di CO2. In Europa negli ultimi 10 anni, e in Italia in particolare, siamo riusciti ad abbassare le emissioni complessive. E il nostro Centro Studi stima che il nostro sistema industriale sia una di quelli che ha minor impatto ambientale. Ovviamente tutti i dati significativi che però non ci esonerano dal fare quanto necessario per diventare più sostenibili. E a questo proposito vorrei dire che sempre di più questa strada di transizione dovrà essere guidata da politiche industriali. Non solo italiane, ma soprattutto europee. E a questo proposito vorrei fare una riflessione su quanto abbiamo visto recentemente. Allora, noi di Confindustria diciamo che non è in dubbio che la transizione sia indispensabile. Quindi non è se conseguire gli obiettivi, ma come conseguirli. Infatti c'è una variabile che è quella del tempo e anche del modo che sono sicuramente importantissime. Vi faccio un esempio, la riforma degli imballaggi. Ne abbiamo parlato e se ne dibatte molto anche sui media in queste settimane e in questi mesi. Crediamo che sia giusto fare in modo che si impatti il meno possibile, però non bisogna che la politica incida nelle modalità con cui si raggiungono gli obiettivi. L'Europa con l'ultimo regolamento degli imballaggi è andata nettamente verso il riuso all'iscapito del riciclo. L'Italia, su questo il CONAI è veramente la nostra stella di riferimento, negli ultimi 25 anni ha investito nel riciclo siamo diventati leader in Europa per il riciclo. Siamo i più bravi. Oggi ci viene detto che questo non va più bene bisogna cambiare totalmente direzione e andare verso il riuso. Crediamo che non sia questa la modalità di guidare lo sviluppo anche industriale dei nostri paesi perché significa che alcuni imballaggi vengono tolti, ci sono delle restrizioni, vengono tolte packaging che permettono per esempio la shelf life di un prodotto. Voi pensate solo a quanto noi esportiamo nel mondo. Senza imballaggio quel prodotto non può essere esportato oppure dura meno. Quindi in questo caso ci sembra che la scelta sia fatta senza tener conto di tutti gli impatti perché in quel caso avremo sicuramente un aumento degli scarti di prodotto, cioè i prodotti invecchiano prima avremo sicuramente un aumento dell'acqua necessario per lavare quanto viene riutilizzato. Quindi quello che diciamo è che va bene gli obiettivi, sono gli obiettivi, siamo assolutamente concordi, però le modalità devono essere lasciate all'industria, l'industria deve avere la libertà di scegliere anche di andare verso nuove tecnologie. Quindi siamo ambiziosi, non temiamo le sfide, però diciamo che la politica deve in qualche modo premiare i migliori e lasciare la libertà tecnologica. Per andare verso questa transizione è necessario sicuramente un salto culturale. Noi lo vediamo prima di tutto come cittadini che è necessario cambiare il nostro stile di vita, fare le cose con attenzione perché anche noi abbiamo un impatto. Ognuno di noi ha un impatto di 5.500 kg di CO2 all'anno ovviamente anche le imprese ce l'hanno. Quindi è necessario prima di tutto diventare consapevoli un'impresa riesce veramente a attuare questa transizione quando c'è il suo leader, la leadership, che diventa consapevole. E questa è la direzione che noi stiamo auspicando diciamo che stiamo anche prospettando ai nostri associati. Ovviamente si tratta di percorsi che richiedono tempo richiedono anche competenze. E sul tema delle competenze, questo è un dato sicuramente importante anche per i giovani, sempre di più queste competenze avranno spazio all'interno dell'impresa. Come Confindustria abbiamo fatto una ricerca per capire quali e quante competenze sono necessarie nell'impresa quindi per quantificarle. E stimiamo che nei prossimi tre anni serviranno 4 milioni di professionisti con competenze green. Solo nel 2011 un terzo dei contratti nuovi, pari a un milione e 600 mila, sono stati per professionalità con competenze green. Quindi diciamo che questa è sicuramente una grande direzione sia per l'impresa, dove queste competenze faranno sì che questo percorso sia veloce, ma anche sia per i nostri giovani, che avranno sicuramente ampio spazio di impiego. Per le nostre imprese inoltre questa transizione è importante perché sempre di più i giovani, i millennials, ma anche la generazione Z, sono attenti a questi valori sempre più dichiarano di scegliere un'impresa piuttosto che un'altra in base a quanto si impegna l'impresa proprio su questa transizione. Quindi anche per questo è fondamentale. Ultima cosa, questa transizione impatterà sull'impresa anche dal punto di vista finanziario. Voi sapete che all'impresa è chiesta e sarà chiesta sempre di più una rendicontazione non finanziaria su questa rendicontazione le nostre imprese, anche le PMI, si devono misurare. Noi stimiamo che le imprese che non saranno sostenibili non avranno un mercato in futuro le imprese che non saranno sostenibili probabilmente non avranno neanche credito in futuro. E a questo proposito ci siamo rapportati con la consultazione pubblica EFRAG, che è l'ente europea sugli indici di sostenibilità, abbiamo chiesto che questi indici, questi standard di sostenibilità che verranno impiegati dalle PMI, dalle piccole imprese, siano degli standard semplificati, siano flessibili e siano calibrati per le dimensioni dell'impresa. Perché vogliamo che le imprese, anche le piccole, riescano a raccontare quanto fanno oggi in termini di sostenibilità, ma che questo non diventi un nuovo balzello, diciamo, di burocrazia. Concludendo, dico che la sostenibilità oggi è l'unica dimensione possibile per continuare a crescere, per le nostre imprese. E giornate come questa sicuramente sono momenti importanti di riflessione su questi temi. La sostenibilità non è una gara, non è nemmeno una classifica, ma è un nuovo modo di fare impresa, e coinvolgerà tutto il nostro Paese. Penso che oggi la nostra sfida è quella di consegnare alle future generazioni un modo di fare impresa che tenga insieme il valore economico, che è sacrosanto, un'impresa fa profitti, genera profitti, ma insieme a questo un valore ambientale e un valore sociale. Sicuramente è una grande sfida, significa che dovremo avere imprese consapevoli, ma prima di tutto dovremo avere imprenditori consapevoli. Grazie. Grazie alla vicepresidente, grazie di cuore. Ne ha dati già qualcuno di importante, i numeri sono importanti, sono specchio e strumento per leggere i fenomeni aiutarci a capire come orientare la bussola. Nella sua relazione, Antonio Angelino, responsabile resource di Cervet Group, ci parlerà di PMI tra vecchi e nuovi modelli. Lo invito a raggiungerci. Salve, grazie e buon pomeriggio a tutti. Questo intervento si incentrerà di vari territoriali che caratterizzano il nostro sistema produttivo le nostre piccole e medie imprese. Ci sono anche alcune informazioni, per esempio, delle informazioni che ci sono fatte, che ci sono fatte, che ci sono fatte, che ci sono fatte, che ci sono fatte, i brodi di bak. In particolare, proveremo a capire se e in che misura tali divari siano stati accentuati dagli shock sequenziali che hanno colpito la nostra economia negli ultimi tre anni. Successivamente, ci sposterremo da una dimensione congiunturale a una prospettiva di lungo termine condivideremo gli impatti di un fenomeno di portata epocale come il processo di transizione ecologica sul sistema di PMI sull'evoluzione dei divari tra nord e sud della penisola. Abbiamo iniziato con queste tre mappe che ci offrono uno spaccato piuttosto nitido dei divari strutturali che caratterizzano il nostro sistema paese. Le mappe rappresentano la distribuzione provinciale degli indici di sostenibilità economica, sociale e ambientale che in CERVED sviluppiamo aggregando una grande quantità di informazioni granolari tratte dai nostri archivi e dal nostro ecosistema dati. Come vedete, l'immagine è quella di un paese frammentato in cui la linea di frattura prevalente è quella territoriale che investe in modo trasversale tutti i nodi critici legati alla competitività, al benessere e alla sostenibilità dei nostri territori. In particolare, la dimensione territoriale è accentuata soprattutto nelle dimensioni economiche e sociali. Gli elementi che contribuiscono maggiormente a differenziare gli andamenti sono i livelli occupazionali, la fragilità e la marginalizzazione delle famiglie anche altri aspetti legati ad esempio alla qualità del sistema di sicurezza e giustizia. Sul piano ambientale invece i valori dell'indice non mostrano una correlazione con la dimensione geografica quanto piuttosto con altri aspetti che riguardano la dimensione rurale o urbana delle province. Generalmente, le province caratterizzate da livelli più bassi di sostenibilità ambientale combinano alti livelli di inquinamento, elevati consumi energetici una forte esposizione ai rischi fisici e di transizione, ai rischi derivanti dal cambiamento climatico. Ora, partendo da queste evidenze, abbiamo passato in rassegna una serie di variabili andamentali legate alle piccole e medie imprese che operano nel nostro sistema produttivo per valutare se gli eventi che si sono susseguiti negli ultimi anni pandemia, guerra, crisi energetica e inflazione abbiano generato una accelerazione o un'interruzione del processo di divergenza dei territori. Partiamo con questo grafico che ci mostra l'andamento del fatturato reale delle piccole e medie imprese negli ultimi tre anni per macroaria. Come si può vedere, il mezzogiorno mostra una migliore tenuta rispetto allo shock della pandemia, ma sono invece le Regioni del Nord negli anni successivi a riagganciare in modo più dinamico il treno della ripresa. Anche i dati sul 2022, che sono stimati, mostrano situazioni di minore crescita tra le PMI meridionali che subiscono maggiormente i primi effetti dell'inflazione sulla domanda, la maggiore esposizione finanziaria che è stressata dall'incremento dei tassi di interesse e maggiori difficoltà a ribaltare sui prezzi di vendita i rincari dei costi energetici delle materie prime. Un altro segnale interessante proviene dalla demografia di impresa e, nello specifico, dai tassi di natalità delle imprese. Come vediamo, negli ultimi tre anni il mezzogiorno subisce un rallentamento dei tassi di natalità. Questo è un po' in controtendenza rispetto, invece, ad una dinamica di convergenza che si era verificata negli anni precedenti, a partire dall'introduzione delle SRL semplificate che hanno dato un boost, soprattutto sulla creazione di imprese nel settore terziario, nei servizi, nel turismo, prima dello shock del Covid. La natalità di imprese è un segnale molto importante da non trascurare perché è un po' una proxy dell'aspettative imprenditoriale e anche del dinamismo dei diversi territori. In più, e questo abbiamo provato a rappresentare in questo grafico, le startup, le imprese giovani, sono un vero e proprio motore dell'occupazione nel nostro Paese. Qui vediamo la dinamica degli ultimi 15 anni della net job creation per classe di età e, come si nota, le startup garantiscono un contributo positivo costante alla struttura occupazionale nel nostro Paese. Questo ancora di più nelle regioni del centro e del sud. Nel centro il 76% del saldo positivo occupazionale dell'ultimo anno, del 2021, è garantito dalle startup, e nel sud il 66,4%. Quindi è una dimensione da non trascurare su cui fare leva anche in chiave di policy. Un altro segnale di divergenza territoriale che proviene dai nostri dati è legato alle abitudini di pagamento delle PMI. Qui vediamo la dinamica dei mancati pagamenti, le fatture in evase, e possiamo osservare che dopo un periodo di stabilizzazione dell'indicatore successivo allo shock pandemico, negli ultimi mesi del 2022 notiamo un nuovo rialzo di questo indicatore. Il rialzo è più consistente nel mezzogiorno, che è già caratterizzato da livelli più alti di mancati pagamenti. Questi segnali di allarme si riflettono in un peggioramento della rischiosità delle PMI in particolare delle PMI meridionali. Qui abbiamo rappresentato l'evoluzione in chiave prospettica del nostro score di merito creditizio, il Chartered Group Score, e come vediamo a fronte di un incremento della rischiosità lieve a livello nazionale, dall'8.2% al 9% di imprese classificate come a rischio, i valori del mezzogiorno, il peggioramento delle regioni del sud, è più marcato. Quindi tutti i segnali che abbiamo analizzato fanno emergere una polarizzazione dei divari tra nord e sud della penisola, una polarizzazione che è dovuta sicuramente a fondamentali meno solidi da parte della gran parte delle imprese del mezzogiorno, a una maggiore vulnerabilità finanziaria, ma anche è dovuta all'assenza di un business environment dinamico supportive che in qualche modo agisca da buffer contro gli effetti negativi degli shock della congiuntura. Questo è un tema su cui ritorneremo in seguito. Ora, questi divari strutturali e questa maggiore esposizione agli shock da parte delle aree più svantaggiate del Paese, potrebbero tradursi in difficoltà nel cogliere le opportunità del processo di transizione in difficoltà derivanti dai rischi e dei costi associati al cambiamento climatico. Per approfondire questo tema e quindi gli impatti del processo di transizione ecologica sul nostro sistema produttivo siamo partiti dalle ipotesi di scenario del climate risk stress test di BCE. L'esercizio prevede tre diversi scenari, due prevedono la transizione, il primo una transizione ordinata, il secondo una transizione disordinata, il terzo scenario invece non prevede alcuna politica di transizione quindi si tratta di uno scenario denominato hot house. Ora, nei scenari transitional l'assunzione è che le politiche spingono fortemente verso il processo di transizione, quindi le imprese sono incentivate ad effettuare degli investimenti per la riduzione delle emissioni di CO2, questo provoca un effetti di mitigazione sul cambiamento climatico, soprattutto sull'innalzamento delle temperature e quindi in qualche modo previene l'intensificazione di rischi fisici estremi associati appunto al cambiamento climatico. Nello scenario hot house invece l'assenza di politiche di transizione spinge ad una sempre maggior frequenza di eventi catastrofici spinti dal cambiamento climatico, come eventi di dissesso idrogeologico, incendi, episodi di siccità che provocano sempre più frequentemente danni agli asset operativi delle aziende. Abbiamo provato a riprodurre l'esercizio di stress test sulla popolazione delle piccole e medie imprese italiane. Questo è stato reso possibile dallo sviluppo di una suite integrata di modelli per la previsione e per la stima di variabili legati al cambiamento climatico. Quindi siamo partiti dalla stima individuale di variabili ambientali, come ad esempio il grado di emissioni, i consumi di CO2 oppure l'esposizione a rischio fisico. Queste variabili ci hanno consentito di creare dei ricettori che incorporano gli input di BCE, climatici e macroeconomici, sulle singoli voci di bilancio delle aziende. Poi attraverso degli algoritmi di simulazione abbiamo proiettato i bilanci individuali delle imprese al 2050 questo ha reso possibile fare delle analisi d'impatto e quindi valutare gli investimenti necessari alla transizione, l'evoluzione del rischio di default nei tre scenari delineati da BCE. Il primo grafico che presentiamo è relativo all'evoluzione delle missioni dirette delle piccole e medie imprese nei tre scenari. Come vediamo nei due scenari transitional la caduta delle emissioni sarebbe molto significativa. Nello scenario orderly già entro il 2030, nello scenario disorderly è un po' più rallentata, c'è uno shift di un decennio dovuto ad effetti più lenti degli investimenti per la riconversione degli impianti, mentre nello scenario TAUS l'assenza di investimenti fa sì che non vi sia una riduzione significativa delle emissioni che quindi non si rientri nei target previsti dalla Commissione Europea e dalla BCE. Chiaramente la dinamica delle emissioni è inversamente correlata a quella degli investimenti. Qui abbiamo fatto una stima degli investimenti che le PMI dovrebbero ffettuare per rientrare nei target previsti da BCE ntro il 2030. Come vediamo in uno scenario orderly il volume di investimenti green da attivare sarebbe pari a 137 miliardi di euro. Stesso ordine di grandezza nello scenario disorderly, anche se con uno shift di un decennio, mentre nello scenario hot house gli investimenti chiaramente sarebbero di grado inferiore. Complessivamente al 2050 abbiamo stimato 203 miliardi di investimenti nello scenario orderly, 224 in quello disorderly e 121 in quello hot house. Abbiamo provato a declinare questi volumi a livello territoriale e quello che emerge è che la gran parte degli investimenti da attivare sarebbero per le PMI che operano nel contesto produttivo settentrionale, ma se ci focalizziamo sulla quota di investimenti da effettuare entro il 2030, quindi nel breve termine, merge una maggiore incidenza delle regioni meridionali, questo per il maggior peso nella specializzazione produttiva di settori transitional come ad esempio l'energia, la siderurgia o il petrol chimico. Questa maggiore esposizione è confermata mettendo gli investimenti necessari per la transizione in rapporto allo stock di mobilizzazioni materiali delle PMI, come vediamo il dato del mezzogiorno è più alto e questo implica un maggiore impatto potenziale di questo processo sui conti conomici delle piccole e medie imprese meridionali. Passiamo ora allo scenario hot house. Nello scenario hot house, quindi quello con assenza di transizione, la variabile chiave diventa il rischio fisico. Quindi l'assenza di interventi di mitigazione degli effetti del cambiamento climatico produrrebbe un'intensificazione di fenomeni come appunto frane, alluvioni, fenomeni che in qualche modo sono associati all'innalzamento delle temperature e quindi al cambiamento climatico. Questi fenomeni produrrebbero dei danni agli asset operativi delle aziende. In Sherwood abbiamo sviluppato uno score che mappa l'esposizione di tutte le imprese italiane, tutte le unità produttive delle imprese italiane al rischio fisico e circa il 20% delle piccole e medie imprese si caratterizza per un rischio fisico non trascurabile. Chiaramente la distribuzione è più e inferiore se andiamo a considerare una forte esposizione a rischio fisico. A livello geografico il quadro è abbastanza eterogenio ma vediamo come regioni come l'Emilia Romagna, la Toscana, la Liguria siano più esposte a questo tipo di fenomeni. Nella nostra simulazione abbiamo assunto due canali d'impatto del rischio fisico sui costi delle imprese. Il primo canale è relativo agli investimenti per la ricostruzione degli impianti danneggiati da eventi di questo tipo, il secondo è legato ai costi di assicurazione che aumenterebbero per coprire in parte questo tipo di danno. Come vediamo nello scenario hot house le imprese ad alto rischio fisico vedrebbero un consistente aumento di entrambi i costi quindi sia quelli di ricostruzione sia i premi assicurativi e questo chiaramente si ripercuote sull'evoluzione del rischio. Questo è un po' il risultato finale della nostra ricerca, abbiamo proiettato la probabilità di default delle piccole medie imprese italiane al 2050 nei tre diversi scenari, come vediamo nei due scenari transitional a distanza di un decennio nella prima fase di transizione il rischio aumenterebbe, aumenterebbe per effetto di interventi normativi repentini volti ad esempio a limitare le riduzioni delle emissioni che genererebbero cali di redditività o per i costi di transizione. Nel complesso però si verificerebbe successivamente una riduzione dovuta agli effetti positivi generati da innovazione tecnologica ed efficienza energetica. Nello scenario hot house vediamo invece un rischio che a partire dal 2030 quindi quindi in un orizzonte abbastanza diciamo prossimo aumenta in modo lineare alla fine del periodo di previsione è significativamente più alto rispetto alla probabilità di default iniziale. A livello territoriale abbiamo provato diciamo a mettere in evidenza il gap, la distanza tra il rischio al 2050 e quello ad oggi notiamo che il peggioramento più marcato si avrebbe ancora una volta nel centro e nel mezzogiorno nonostante una minore esposizione al rischio climatico. Questo per l'effetto della struttura finanziaria fragile del nostro sistema PMI meridionale e anche per una minore reattività rispetto agli shock che abbiamo registrato anche nel corso della pandemia. Quindi diciamo in una prospettiva diciamo di sintesi abbiamo visto come shock congiunturali e grandi sfide di trasformazione che sono in atto vedrebbero più esposte le imprese che operano nel mezzogiorno e anche diciamo in parte nel centro Italia e questo chiaramente è legato ad un'accentuazione dei divari anche nel lungo periodo ed è una dinamica che non è sostenibile in una logica di integrazione dei mercati e di interconnessione degli effetti delle diverse crisi quindi diciamo l'evidenza mostra che è molto importante anche in chiave di policy implication ragionare su strumenti e politiche differenziate che tengano conto delle diverse caratteristiche del sistema produttivo e che si focalizzino non soltanto sulle risorse da destinare ma anche sulle capabiliti da sviluppare soprattutto nel mezzogiorno per supportare le imprese ad affrontare le sfide importanti che ci aspettano grazie mille grazie di cuore ad Angelino anche per la precisione svizzera nei tempi abbiamo parlato di parlato proprio poche anzi di policy implication abbiamo visto quali sono le previsioni del rischio ma quali sono adesso potremmo chiederci gli obiettivi di questa grande transizione e quali sono in particolare gli obiettivi definiti nel pacchetto fit for 55 in cui si costruisce un futuro di carbonizzato nella sua relazione ci risponderà massimo beccarello signora advisor per la transizione energetica di confindustria a cui cedo subito il microfono allora grazie buongiorno a tutti un vero piacere illustrare quello che è lo sforzo di durato quasi un anno e mezzo con molte associazioni anche alcuni imprenditori che vedo qui presenti in sala uno sforzo di provare a dare un contributo concreto a una sfida senza precedenti credo per il nostro paese e cioè il raggiungimento insieme agli altri paesi europei di un livello di decarbonizzazione importante che richiede una sfida quasi quantica dal punto di vista dell'innovazione tecnologica ma mette a dura prova anche la capacità di razionalizzare l'impiego di risorse che oggettivamente dopo la crisi pandemica e la crisi energetica dello scorso anno sono oggettivamente scarse e quindi è una ragione per trovare una modalità quanto più possibile obiettiva per investire per raggiungere questi obiettivi quantomai importanti lo vediamo anche con gli eventi climatici estremi però con razionalità dal punto di vista del costo efficace questo è un punto stremamente importante naturalmente una presentazione dove porteremo alcuni dati va dato un ringraziamento anche rse ricerca del sistema energetico con il quale abbiamo lavorato attraverso modelli di simulazione energetica sono gli stessi che attualmente sta utilizzando anche il governo per predisporre il pinier che sapete che entro il 30 giugno deve essere inviata la prima bozza brussel e poi entro il 30 giugno 2024 ci sarà la parola fine una volta che la commissione ha visto la nostra proposta in modo organico a quella di tutti gli altri paesi europei un punto importante stiamo parlando di territori e stiamo parlando di una grande sfida sul piano della decarbonizzazione credo che la crisi nergetica dello scorso anno ci abbia insegnato una cosa è bene guardare attentamente le opportunità dei territori ma l'energia è un servizio a rete e la sicurezza è un bene comune non solo dell'italia ma dell'intera uropa che naturalmente rappresenta una sfida sul piano geopolitico una sfida di scelte ma dobbiamo sempre stare molto attenti a non sovrapporre i piani ma avere una lettura integrata delle due dimensioni e quindi quello che noi oggi andiamo a vedere è soprattutto quelle che sono le implicazioni di un obiettivo di decarbonizzazione che trova la sua realizzazione su due gamme di strumenti tecnologici quelli per l'efficienza energetica e quelli per lo sviluppo delle fonti rinnovabili per cambiare il mix dei combustibili fossili un obiettivo e due strumenti naturalmente lo diceva molto chiaro la presidente daros noi l'europa il nostro impegno in europa ci chiede sostanzialmente di fare nei prossimi sette anni il doppio anzi più del doppio quasi di quello che abbiamo fatto negli ultimi 20 anni non è un tema banale perché ad esempio l'ultimo obiettivo quello al 2020 dovevamo ridurre le missioni rispetto al 2005 del meno 20 per cento nel 2018 ci siamo detti meno 40 per cento rispetto al 2030 e recentemente pubblicato da poco in gazzetta ufficiale meno 55 per cento quindi credo che sia anche importante riuscire rapidamente a trasferire quello che purtroppo finora è stato in sede comunitaria un dibattito molto ideologico ma io potrei dire ma perché non 60 o 70 ma ci mancherebbe e capire esattamente se abbiamo gli strumenti e quali sono per arrivare a raggiungere l'obiettivo perché credo che nessuno di noi non voglio ripercorrere i grafici in modo didascalico voglio raggiungere l'obiettivo con la decrescita felice guardo i ragazzi giovani lì in fondo e credo che per loro sia molto importante avere un sistema produttivo con capacità di produzione che offra delle opportunità di crescita e di grande impatto economico sociale allora come leggere questi grafici ci vorrebbe un'intera giornata per ripercorrerli tutti vedete su quel grafico che noi vediamo sulla sinistra è evidente che il primo grande impegno è quello di ridurre i consumi mantenendo la capacità di produzione cioè realizzare l'efficienza energetica e non è facile mettere a terra un grafico di questo tipo soprattutto se pensiamo a quello che abbiamo fatto lo scorso anno ad sempio due esempi per capirsi la parte in azzurrino che trovate o se lo vedete lì da lì in fondo ci dice che dobbiamo ridurre i combustibili fossili quindi portare il consumo del gas dai 75 miliardi di metri cubi traduco in metri cubi a 52 nel 2030 allora come faccio a mettere a terra questa politica quando fino all'altro giorno anzi nei prossimi mesi stiamo tutti tifando che il regassificatore di piombino quello di ravella ntrino prontamente in funzione per garantirci la sicurezza se voi prendete i giornali ragazzi e sommate tutte le linee di intervento per garantirci la sicurezza energetica vedrete che più o meno il paese si sta impegnando con contratti ventennali ha da avere circa 80 miliardi metri cubi nel 2030 allora dico questo perché poi vedremo che la dimensione della sicurezza coniugata con quella della sostenibilità non può essere solo un tema che deve gestire l'italia per uscire da una crisi momentanea con la Russia ma deve essere una progettualità europea il nostro territorio con gli altri territori europei altrimenti questo sforzo importante rischia di diventare uno strand cost che poi pagheremo a caro prezzo perché nessuno dall'altra parte del mediterraneo mette in coltivazione nuovi giacimenti se non ha un impegno di off-taker significativo e di lungo periodo un altro esempio che possiamo leggere tra le righe di questi grafici che obiettivamente sembra non dire nulla prendete il settore dell'automotive allora in questi giorni si discute ampiamente euro 7 heavy duty insomma dei vincoli estremamente ferri per quanto riguarda il nostro settore che è stata sicuramente per molti anni la più importante area manifatturiera del paese cosa abbiamo provato a fare come abbiamo cercato di spiegare che è importante darsi degli obiettivi di decarbonizzazione ma bisogna anche avere la razionalità affinché questi obiettivi siano affrontati sulla base dei principi di neutralità tecnologica che garantiscono sostanzialmente le soluzioni per raggiungere gli obiettivi col minor utilizzo e dispensio di costi dal punto di vista finanziario quindi dobbiamo raggiungere gli obiettivi ma in modo efficiente è inutile dire appodeticamente solo auto elettrica in realtà le nostre industrie hanno moltissime soluzioni biocarburanti dove abbiamo importanti leadership unitamente a motorizzazioni molto efficienti che ci consentono di raggiungere questi obiettivi quindi il primo punto è razionalità e capacità di vedere le soluzioni critiche contingenti con le prospettive di lungo periodo poi ci sono dei punti estremamente importanti che sono le politiche per l'efficienza energetica importanti perché sono declinati in diversi settori dell'economia da residenziale fino ad arrivare al settore industriale qui voglio ricamare un aspetto importante noi abbiamo scoperto l'efficienza energetica con un dibattito molto forte sul tema ecobonus superbonus e cose di questo tipo la sfida quantica che poi vedremo tradotte in termini di numeri di fa bisogno di investimenti richiede anche di attivare una politica degli incentivi che abbia una sua razionalità perché non posso a drogare i settori e soprattutto non posso utilizzare incentivi che non sono coerenti con l'energia risparmiata e il costo dell'esternalità ambientali evitate ne abbiamo viste proprio nella presentazione precedente alcune di molto importanti a meno che non sia un problema economico perché abbiamo risorse illimitate altro tema lo vediamo con un grafico ma credo che sia un tema di grande dibattito sul piano istituzionale fonti rinnovabili bisogna cambiare il mix energetico cambiare il mix energetico vuol dire sostituire progressivamente i vecchi impianti per esempio nel settore elettrico e arrivare a mettere a terra importanti investimenti in produzione da fonti rinnovabili soprattutto elettrico perché la commissione europea e noi con la commissione europea abbiamo deciso che il vettore elettrico è il driver principale del processo di decarbonizzazione ora noi possiamo vedere l'auspicato nuovo mix di produzione nel settore elettrico ma alla luce di quello che ci dicono o reagiscono alcuni governatori regionali credo che in realtà dovremmo mettere a terra da subito perché abbiamo sette anni di tempo quello che è il percorso individuato dalle direttive comunitarie implementate con il decreto legislativo 199 per identificare le cosiddette areidone dove portar fare questi investimenti perché se io devo triplicare la capacità di produzione rinnovabile nell'arco di sette anni è evidente che devo portare giusto per avere le proporzioni numeriche 8 gigawatt di capacità produttiva all'anno l'anno scorso che abbiamo fatto un super provvedimenti per semplificare fast track ne abbiamo fatti 3,2 ed era un anno eccezionale ora qualcuno potrebbe chiedersi ma che c'entra questo con i territori signori qui ci giochiamo la competitività dei territori in particolare di alcune regioni dove con mia sorpresa non si riesce proprio a comprendere come i governatori regionali non colgano non tanto il fatto di dover fare gli investimenti e mettere nuovi impianti ma nessuno si sia interrogato se quegli impianti che vengono installati non potrebbero anche essere prodotti nei loro territori e questo apre la strada forse anche un nuovo modo di considerare l'opportunità di una spinta di un busto così significativo sullo sviluppo industriale che può dare questa grande sfida perché è vero purtroppo lavorando con questo modello purtroppo ma lo dico in senso di esigenza di trovare le soluzioni raggiungere gli obiettivi a costi attuali delle tecnologie vuol dire investire 1120 miliardi è una cifra enorme l'anno scorso ci siamo stracciati le vesti per una bolletta che è incrementata in circa 60 miliardi di euro cui vuol dire investire 140 miliardi di euro per i prossimi sette anni poi per carità speriamo di meno perché la tecnologia si evolve e speriamo soprattutto di non fare la decrescita felice però credo che il vero tema sia cominciare a ragionare un po' più sulla politica industriale integrata con la sostenibilità perché da una parte signori abbiamo assistito a questa settimana a un strano indefinito dibattito su p n r r dobbiamo ricordarci che il p n r r dedica alla transizione nergetica a 39 virgola 14 miliardi quindi una piccolissima parte dei 1120 che dobbiamo investire e sarebbe un vero peccato se per incapacità di progettare ci perdessimo anche questi perché per un paese che tra settimane fa ha fatto aderito all'accordo sul patto di stabilità che significa dagli 8 ai 15 miliardi che vanno più o meno solo per quello c'è poca leva fiscale e quindi questo ci obbliga a ristrutturare la politica industriale e quindi la politica di sviluppo cercando di provare a prefigurare quelli che potrebbero essere gli effetti di quel flusso di investimenti sotto determinate condizioni il primo questo lo abbiamo presentato lo scorso 12 marzo sicuramente se noi fossimo in grado di trattenere quella domanda di investimenti nel senso di soddisfarla con la capacità produttiva nazionale avremo un effetto importantissimo in termini di crescita del pilla di crescita del valore aggiunto e per i ragazzi giovani di sviluppo o di domanda di unità di lavoro standard numeri veramente molto importanti tutto questo però può cadere se e solo se siamo in grado di essere pronti con una capacità produttiva in grado di soddisfare questa domanda di investimenti diretti e su questo fortunatamente gli stati uniti ci hanno dato la sveglia una sveglia data all'europa che aveva pianificato l'ennesimo ambizioso progetto senza interrogarsi su quelle che rano concretamente le opportunità di crescita biden che cosa c'è detto lo scorso anno inflation reduction art ma naturalmente grande attenzione al fatto che i tax credit dato sugli investimenti per la decarbonizzazione deve attivare produzione nazionale allora qui bisogna chiedersi due cose abbiamo visto quanto può essere importante che cui 1120 miliardi attivino produzione nazionale in termini di numeri di crescita soprattutto visto che il ritracciamento delle previsioni per i prossimi 5 6 anni purtroppo è significativamente deludente e guardare attentamente a quelli che potrebbero essere i numeri perché se investissimo 1120 miliardi attivando produzione interna con il nostro ufficio studi abbiamo stimato che al netto dei contributi sociali vogliamo tutti andare in pensione io per primo ma potrebbero rientrare nelle casse dello stato circa 380 miliardi quanto mette a disposizione l'inflation reduction act per la transizione energetica 369 miliardi primo punto secondo punto qual è il risparmio sulla bolletta energetica di circa 60 miliardi 29 miliardi di euro quindi un numero importante quante sono le esternalità ambientali evitate circa 37 miliardi di euro quanto fa 380 miliardi di fiscalità incrementale nel periodo rispetto ai 1120 miliardi è circa il 35 per cento quanto danno gli stati uniti in termini tax credit mediamente per sostenere la decarbonizzazione con l'obbligo di avere almeno un 20 per cento made in US dal 20 al 25 per cento quindi ci sono tutti i numeri per pensare a una politica un po' più attiva magari con uno stato che provi a fare un po' l'imprenditore capendo che esiste se riusciamo a pianificare fa bisogno di investimenti con quello che è lo sviluppo quindi con un'idea di politica industriale c'è l'opportunità di fare una cosa interessante anche da noi quindi dobbiamo chiederci ma visto che l'Europa per quanto tardivamente ha aggiunto al pacchetto Fit for 55 il Net Zero Industry Act un Net Zero Industry Act, vediamolo, io ho provato a fare una sintesi di quelli che sono i documenti di valutazione d'impatto ma che ci dice se vogliamo arrivare a fare l'85 per cento delle paleoliche in Europa il 45 per cento dei pannelli in Europa il 60 per cento delle pompe di calore in Europa, eccetera eccetera sono 8 tecnologie chiave per la decarbonizzazione dovremmo investire ai CAPEX attuali più o meno stimati circa 88 miliardi di euro, questa è più o meno la cifra che dovremmo investire Repower EU che aggiunge e integra gli obiettivi più o meno stanza a quei 20 miliardi che sono il residuo dell'uscita dell'Inghilterra dall'Europa di cui 2,7 vanno sull'Italia ma qui la domanda centrale dei prossimi mesi è la seguente ma di quelle 8 tecnologie chiave, noi, dove pensiamo di avere una vocazione per cogliere questa opportunità? Voi capite che questo supera completamente i dibattiti dei vari ecobonus che abbiamo avuti perché finora abbiamo scelto la strada semplice che è quella di dire incentivo la domanda Adesso, se vogliamo che questa sfida diventi un'opportunità di crescita devo avere il coraggio, perché io mi rendo conto che anche all'interno di Confindustria non è semplice fare una riflessione di questo tipo il coraggio di avere o di vedere una strategia delle prospettive di crescita dell'offerta è una sfida importante, non è un percorso semplice ma è necessariamente doveroso farlo perché altrimenti perdiamo questo treno arrivo a chiudere perché bisognava dare una risposta anche sui territori brevemente come Confindustria stiamo sviluppando un'analisi dettagliata delle filiere giusto per mettere a disposizione del governo e anche della nostra dirigenza quella che è una mappatura sostanzialmente della nostra posizionamento manifatturiero Questo grafico abbiamo cercato anche di dimostrare una cosa le filiere, qui vedete quelle della meccanica e dell'elettronica hanno una forte integrazione con tutto il tema dei critica raw material perché è vero che le rinnovabili mi aiutano ad avere l'indipendenza energetica ma poi, come ci dice questo grafico, che non abbiamo purtroppo il tempo di commentare nel dettaglio c'è un tema di dipendenza dalle materie prima critiche per produrre quelle tecnologie come diceva il presidente Daros veniamo al tema competitività dei territori c'è un tema di sviluppo quindi io se fossi uno dei tanti presidenti regionali che hanno parlato direi attenzione prima di tutto voglio capire ma questi impianti dove li facciamo qui c'è un tema anche di sviluppo dei mercati che non è banale ci siamo lamentati dei prezzi molto alti dell'energia, lo abbiamo visto anche nei grafici precedenti le rinnovabili, oramai vedete questi due grafici, ci dicono che quando il prezzo dell'energia intaglia nell'ordine di 110-120 euro ormai la produzione rinnovabile fatta a utility scale è nell'ordine dei 60-70, cioè circa il 50% in meno cosa vuol dire questo? Vuol dire che quando io vedo e sento sostanzialmente l'opposizione qui vedete sono i numeri dei progetti di investimento presentati lungo lo stivale guardate le regioni del sud, hanno domande di allacciamento alla rete per un numero di progetti enorme allora perché dire no io ho già fatto troppo? Io direi ok, anche perché scusate il solare rende il doppio nel mezzogiorno quindi perché non farlo lì? Direi sì, però purché uccidiate una mano a fare anche capacità produttiva sul territorio qualcosa stiamo vedendo di concretamente tanto di più possiamo fare e questo secondo me è il nuovo tema mancano i fondi? No, non mancano i fondi perché prima abbiamo visto che se gestiamo bene quegli investimenti possiamo avere delle risorse importanti, bisogna un po' assumersi una sfida e un rischio Calderoli nel 2008 quando faceva il ministro della Funzione pubblica si lamentava e fece una riforma del mercato perché vedete i prezzi al sud erano molto più elevati e influenzavano i prezzi al nord dove insisteva il sistema industriale adesso abbiamo sempre Calderoli però la fotografia è diversa voi vedete che a sud questo era il dato di domenica ma questo è un dato medio dei mesi di quest'anno abbiamo un potenziale dei prezzi molto più bassi Provate a pensare quali sono le condizioni per le quali Tesla ha deciso di fare lo stabilimento europeo in Germania sicuramente tante condizioni per carità e facilitazioni ma una interessante perché siccome vuole certificarsi Green tutti gli effetti aveva bisogno di energia rinnovabile a basso costo c'era l'eccedenza di produzione degli impianti aolici del nord ed è stata accomodata da questo punto di vista allora cominciamo a vedere l'opportunità di fare anche capacità produttiva accanto allo sviluppo degli impianti con lo sviluppo degli impianti il basso costo dell'energia comincia a diventare un fattore di attrattività e competitività chiudo sulla sicurezza perché anche qui va dato un messaggio molto importante che è contenuto nel primer Piano Mattei, benissimo, come dicevo prima Piano Mattei però ci porterà il 2030 con un'eccedenza di gas se noi non riusciamo a gestire e integrare questa progettualità all'interno del contesto europeo è evidente che noi ci troviamo a pagare dei costi per gas non ritirato se riusciamo a convincere l'Europa noi possiamo diventare l'hub, cioè un punto di attraversamento del gas garantire la sicurezza, avere dei prezzi più bassi sul gas e quindi anche sul prezzo dell'energia elettrica dando un vantaggio competitivo in termini di costo e quindi rafforzare l'attrattività degli investimenti Vale per il gas ma però siccome svilupperemo l'idrogeno in sostituzione del gas ogni energia nuova va in costi opportunità rispetto all'energia che va a sostituire è evidente che mi trovo un percorso abilitante anche per l'idrogeno ma per fare questo bisogna superare la dimensione dei territori e quindi bisogna andare in Europa proprio perché stiamo chiudendo il pacchetto hydrogen low carbon gases che si integra col pacchetto FIT 455 discutere e far sì che la progettualità del piano Mattei non sia un percorso autoreferenziale dei titoli sui giornali italiani ma deve diventare una progettualità europea altrimenti perdiamo l'ennesima grande occasione Grazie davvero di cuore, in queste prime sessioni davvero di materiali, di occasioni, di spunto ce ne sono veramente tante allora questo è il momento per provare a mettere insieme tutti i tassali del mosaico possiamo avviare la nostra tavola rotonda, invito a raggiungermi Gianpaolo Manzella, vicepresidente di Swimets Emanuele Orsini, vicepresidente di Confindustria per il Credito, la Finanza e il Fisco Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cervet Come dicevo, potremmo discuterne ore e ore, cercheremo di dare quantomeno degli input poi potremmo proseguire la conversazione davanti a un aperitivo Gianpaolo Manzella, già sottosegretario allo sviluppo economico quindi persona, come dire, attenta alle policy e alla costruzione di policy i vicepresidenti di Swimets abbiamo parlato a lungo di mezzogiorno il più antico think tank sull'industrializzazione del mezzogiorno dunque i primi interventi di oggi ci hanno aiutati a definire il quadro di riferimento il punto di partenza e le aspettative attese Quali sono gli strumenti e le politiche pubbiche necessarie per declinare una transizione che sappia col mari di vari di cui abbiamo parlato come e in che misura vanno costruite le policy? Grazie, dato che vedo dei giovani voglio due parole per Cosella Swimets perché comunque è un pezzo di storia italiana nel 1944 si incontrano a Milano due uomini del nord Rodolfo Morandi e Pasquale Saraceno il secondo di Morbegno, il primo di Milano uno socialista Morandi, l'altro cattolico Saraceno si vedono, fanno tutte e due parte del comitato di liberazione nazionale cominciano a parlare su che cosa sarà la ricostruzione italiana dopo la guerra tutti e due si trovano d'accordo sul fatto che due uomini del nord sul fatto che la ricostruzione italiana deve avere come punto centrale lo sviluppo dell'industria nel mezzogiorno d'Italia quindi danno luogo a questa associazione che si chiama Swimets che dal 1946 lavora proprio per fare delle proposte per fare delle analisi anzi prima le analisi e poi le proposte per come portare l'industria ad investire nel mezzogiorno è nella Swimets che si è scritto il protocollo sul mezzogiorno che è stato allegato al trattato di Roma è nella Swimets che sono stati fatti grandi riforme come per esempio quella di allargare l'ambito della cassa per il mezzogiorno oltre che alle infrastrutture anche all'industria questa premessa perché secondo me è bene che i ragazzi incastonino i ragionamenti in una dimensione anche storica intanto grazie per queste due relazioni perché secondo me sono due relazioni molto interessanti perché secondo me danno una via di uscita sono due relazioni che in qualche modo non fanno sconti ci stanno dicendo che c'è un maggior rischio per l'impresa del mezzogiorno che è un rischio climatico ci stanno dicendo che l'impresa del mezzogiorno è meno strutturata ci stanno dicendo che l'impresa del mezzogiorno ha sofferto meno in una prima fase ma ha sofferto meno anche nel rilancio dopo il passaggio della fase del Covid ci hanno parlato delle potenzialità una potenzialità, ne ha parlato proprio l'ultima relazione la localizzazione geografica, la vocazione al sole alle energie alternative tutte e due ci stanno dicendo comunque che c'è una chiara prospettiva di politica industriale addirittura c'è una prospettiva di politica industriale che sarebbe finanziariamente autosostenibile cioè sostanzialmente quello che ci è stato detto è guardate che se qui si creano i beni che verranno domandati per questa transizione che lo diceva la vicepresidente Roel ci sarà e quindi è un punto sul quale non stare tanto a discutere noi creeremo delle entrate fiscali capaci diciamo così di autofinanziare questo sviluppo quindi per così dire la domanda che ci dobbiamo porre è quella di come fare questa transizione industriale questa politica industriale attorno a che cosa costruirla Allora sicuramente c'è tutta la dimensione dell'industria green io penso che ci sia anche tutto un ambito di attività ad elevato valore tecnologico penso all'aerospazio questo tanto più da alcuni studi che come svimez abbiamo portato avanti che ci dicono che i grandi attori che si insediano nel mezzogiorno poi hanno dei risultati in termini di produttività in termini di indotto che creano attorno che sono assolutamente in linea con quello che accade in altre zone del Paese quindi al momento in cui si creano le condizioni per insediarsi nelle aree del sud del Paese la risposta imprenditoriale è una risposta assolutamente allineata a quella che si ha in altre aree del Paese quindi va fatta una scelta di politica industriale che in qualche modo ci deve allineare a quello che sta succedendo in tutta Europa tutta Europa a partire dall'Unione Europea ma l'Unione Europea risponde a quello che sta succedendo da 10-15 anni nei singoli Paesi basti pensare che un Paese tendenzialmente refrattario alla politica industriale almeno in senso esplicito come la Germania dal 2010 ha una propria strategia di politica industriale per non parlare della Francia e anche di altri Paesi anche noi dobbiamo lavorare su questo terreno con degli organismi, a me colpisce per esempio vedere come negli altri Paesi ci siano degli organismi deputati alla politica industriale ci sono dei luoghi in cui si decide rispetto alla politica industriale penso a un organismo francese che a me ha sempre interessato molto che è il Conseil de l'Industrie, un luogo che si riunisce ogni sei mesi in cui ci sono dei gruppi di lavoro organizzati per filiera che riunisce tutti i ministeri competenti, gli attori dell'economia competenti segue a cadenza semestrale con un responsabile di ogni filiera che in qualche modo segue l'avanzamento del suo pezzo di strategia industriale per fare cosa? Le cose in qualche modo ormai le sappiamo tutti cioè la formazione allineata a quelli che sono i bisogni attrarre investimenti e attrarre non significa... io mi ricordo quando ero sottosegretario, lo racconto sempre perché accanto a me veniva la sottosegretaria francese che aveva una lista di 100 localizzazioni in Francia ordinate dalla 1 alla 100 a seconda della vicinanza tutte 100 ovviamente chiavi in mano ma ordinate a seconda della vicinanza alle reti infrastrutturali la vicinanza ai centri di ricerca, la vicinanza e la disponibilità di mano d'opera specializzata quindi lei girava il mondo con questa lista chiaramente riusciva poi ad attrarre investitori verso il territorio francese anche in queste grandi partite che si sono aperte negli ultimi mesi sulle grandi gigafactory la Francia insieme alla Germania sta giocando un ruolo significativo anche secondo me per questo modo di interpretare il proprio potenziale di attrazione quindi tra le varie cose che per me sono interessanti da porre in rilievo c'è anche il fatto per esempio delle startup cioè di costruire attorno a questi grandi attori un intero ecosistema che significa piccola e media imprese, significa centri di ricerca, centri di trasferimento startup che mi è interessato molto nella relazione del chervet vengono un po' tirate fuori dal fatto di essere un gioco ma invece si dice guardate che queste hanno un impatto molto serio in termini di occupazione allora per concludere i dati 15 danno tutte e due le relazioni oggi l'ho verificato i due relatori non si erano parlati che secondo me è importante perché tutte e due arrivano da prospettive diverse ad una finalità, ad una soluzione unica c'è bisogno di una politica industriale che secondo me deve essere appunto selettiva cioè deve puntare su alcuni settori in particolare per quanto riguarda il mezzogiorno per le valutazioni che sono state fatte da ultimo per quanto riguarda il green abbiamo visto che già ci sono delle scelte importanti pensiamo alla 3 sun in Sicilia a Catania pensiamo agli interventi che sono stati fatti a Gela per quanto riguarda le bioraffinerie ma si sta lavorando, secondo me quella è la strada per continuare permettetemi di chiudere dicendo che vedete qui siamo all'interno dell'OXE c'è un'associazione di categoria, c'è un think tank, c'è un'associazione che raccoglie dati guardate che non c'è forse mai stato un momento in cui questi soggetti hanno avuto un ruolo potenzialmente più importante nel senso che noi veramente stiamo entrando in una fase in cui necessariamente trainati dall'Europa noi ci dovremmo dotare di una politica industriale quindi i dati del CERVE, le sensibilità di confindustria, le capacità di analisi che ci sono di comparazione che ci sono all'interno dell'OXE che guarda quello che succede nel mondo d è capace poi di fare un abito su misura rispetto alle esigenze dei singoli paesi più modestamente il lavoro di un'associazione che si occupa dello sviluppo dell'industria in un territorio secondo me bisogna trovare delle forme per parlare al mondo politico perché il mondo politico in questo momento di questo ha bisogno, cioè di sguardi lunghi come quelli che abbiamo avuto oggi, di far capire che i rischi della nonazione sono gravissimi perché poi i dati del CERVE ce l'hanno detto, quelle curve sono abbastanza impressionanti per dire banalmente che investire oggi significa nel lungo termine avere un vantaggio quindi se a me questo momento ha una grande responsabilità per la politica ma se a me ha una grande responsabilità anche per soggetti come quelli che sono in questo panel Grazie mille, la politica ha bisogno di sguardo lungo al festival dell'economia mai come quest'anno ci sono tanti esponenti del governo, sono 18 quindi magari ci sarà l'occasione anche per far sintonizzare le orecchie e per ascoltare anche le parole degli esperti Abbiamo parlato della relazione di CERVE e dei dati raccolti da CERVE da Andrea Mignanelli, amministratore delegato nella relazione di Angelino abbiamo già tratteggiato il peso dei divari ci puoi dire qualche cosa in più dal vostro osservatorio su che cosa sono questi divari territoriali anche che significati significanti mi verrebbe da dire hanno come pensa possano evolversi in futuro e in tale contesto quale potrebbe essere il ruolo e il peso della tecnologia nell'inire questi divari Grazie, buongiorno a tutti La fotografia di oggi era nitida perché è abbastanza parlante vedere le analisi, vedere i dati vedere come le singole imprese sommate a loro interenza danno vita dei territori molto connotati le ragioni le conosciamo, è inutile ripercorrerle sicuramente abbiamo osservato che questo divario c'è la dimensione economica è solo la punta dell'iceberg, in realtà è il tema infrastrutturale di disponibilità di risorse ma di competenze l'infrastruttura anche come dire legale che c'è in questi ambienti complica la vita questo divario abbiamo visto che c'è sempre stato che sta aumentando negli ultimi anni e che soprattutto aumenta quando ci sono gli shock quindi vista così la situazione è preoccupante soprattutto quando si svolge lo sguardo al futuro si vede che senza l'azione peggiorerà ora io vorrei dare una prospettiva che è complementare rispetto a quella del dottor Mazzella cioè abbiamo parlato di politica industriale, qui siamo a fare questo e quindi si parlerà molto di politica industriale però c'è anche poi la responsabilità economico-sociale degli operatori privati che sono le imprese da una parte, il sistema finanziario dall'altra allora la prospettiva positiva che deriva da tutto ciò è che oggi abbiamo un fattore abilitante che può cambiare le carte in tavola che è la tecnologia la tecnologia c'è sempre stata ma noi negli ultimi 20 anni come Italia e in particolare al sud abbiamo perso molti treni questo ha fatto sì che la produttività delle nostre imprese sia calata perennemente in confronto a quelle delle altre imprese europee è difficile recuperare sulla tecnologia quando si parla di tecnologia ad alto investimento, ad alto contenuto di capitale questo ha aumentato il divario negli anni, oggi però arriva la facoltà di usare la tecnologia in modo diverso quindi quello di cui parleremo molto in questo convegno cioè l'intelligenza artificiale in realtà è una tecnologia cognitiva che per la prima volta nella storia dell'uomo è a basso costo perché è veramente fruibile a molti questo darà l'opportunità secondo noi alle imprese anche quelle del mezzogiorno di recuperare un terreno che sembra quasi irrecuperabile faccio degli esempi concreti perché aiuta a passare dagli slogan poi alla realtà dei fatti quando parliamo oggi abbiamo visto quanti gigawatt servono di fotovoltaico per colmare i nostri risultati sono quasi 60 gigawatt da costruire nei prossimi sette anni allora guardando l'Italia dall'alto dal satellite è possibile mappare i tetti dei siti industriali che hanno una superficie di almeno 2000 metri quadri libera da camini, condizionatori, ostacoli che hanno un irradiamento solare sufficiente, che hanno le ore di sole sufficiente per poter installare un impianto fotovoltaico sappiamo sotto quel tetto di quell'azienda se c'è un'azienda che consuma energia e che quindi ha bisogno più di altre di costruire un impianto sappiamo se questa azienda è vicina a una comunità energetica o può contribuire a diffondere energia in eccesso nel sistema sappiamo se questa azienda ha la facoltà di sopportare l'investimento che serve per fare un impianto fotovoltaico di conseguenza incrociando lo spazio fisico, il bisogno energetico e la sostenibilità finanziaria abbiamo trovato un'azienda in cui è possibile investire un mix di risorse private e statali per agevolare la realizzazione di un impianto fotovoltaico cco oggi in Italia noi sappiamo che queste aziende sono 100.000 e sono distribuite naturalmente sul territorio sono in prevalenza nel sud per motivi anche ovvi di meteo di conseguenza intelligenza artificiale significa usare i dati per scoprire queste imprese, andare da queste imprese ed educarle perché molte di loro, oggi un altro dei nostri grandi limiti che molto spesso i nostri imprenditori sono bravissimi nel fare business ma non sempre nel fare pianificazione finanziaria, andare da queste imprese e accompagnarle in investimenti concreti che possono far fare la svolta a loro come aziende e al paese come transizione energetica quindi quasi porta a porta si può fare questa è una delle grandi opportunità, si è parlato a lungo per molti anni anche del digital divide ma in realtà al contrario l'intelligenza artificiale è più che una divisione tra chi non ce l'ha e chi ce l'ha potrebbe diventare un'occasione per ridurre questi divari, grazie mille Emanuele Orsini vicepresidente di Confindustria per il Credito, la Finanza e il Fisco le due presentazioni che hanno accompagnato e hanno preceduto questa tavola rotonda hanno messo in evidenza la necessità per l'appunto di importanti investimenti da parte del sistema industriale per affrontare la transizione energetica e questa nuova epoca dedicata alla sostenibilità Qual è il livello di consapevolezza del sistema industriale circa le istanze che vanno assolutamente avanzate? Qual è il punto di vista di Confindustria rispetto all'evoluzione della regolamentazione in materia di finanza sostenibile? Intanto grazie dell'invito, grazie Fausto anche perché fattimi prima di iniziare è stato anche il primo a citare la mia terra e vorrei mandare un saluto ai miei corregionali che credo che sia un momento complicato, un messaggio di vicinanza che credo, visto che è una terra piena di pressione, è una terra di imprenditori si stanno rimboccando le maniche e fatemi anche dire che ho molto apprezzato la foto diciamo l'insieme della conferenza stampa di due giorni fa dove non c'era colore politico ma si è pensato ai cittadini questi due miliardi speriamo che vadano veramente a terra presto perché questo territorio si deve rialzare velocemente Grazie Diciamo che dalle relazioni sono tantissime sollecitazioni anche perché voglio ricollegarmi un po' ai temi che ha detto anche Katia cioè non ci dobbiamo dimenticare che poi il nostro sistema industriale non è che da oggi cominci a pensare alla sostenibilità, all'ambiente, un censimento dei lista del 2018 dice che due terzi delle aziende con oltre tre addetti era già propensa a fare investimenti sull'ambiente cioè quindi non è da oggi e questo è un tema come diceva Katia prima siamo i primi in Europa come reciclo ricordo che ci sono settori che fanno l'80% di reciclo e vengono dal mondo del legno d è un mondo che è da moltissimo anticipato di 9 anni quindi come diceva prima è logico che però non ci dobbiamo dimenticare che le sfide che ci aspettano ci saranno anche imposte poi dopo parliamo anche dei tempi, fatemi parlare dei costi e anche diciamo di quello che può fare sia la leva finanziaria fiscale perché io credo che siano due chiavi importanti del ragionamento è logico che ci sarà imposto da chi acquisterà i nostri prodotti perché chi acquisterà i nostri prodotti ovviamente la sua sensibilità sta aumentando la settimana scorsa ero da un grandissimo produttore di un prodotto alimentare che va tra bustine di plastica dice ci siamo quasi, siamo arrivati quasi ad avere fatto le bustine insieme a dei nostri partner industriali importanti che comunque sono i nostri soci, bustine di carta, non ci sono quasi ma ci stanno quasi arrivando quindi la tecnologia è logico con il tempo giusto, la transizione può arrivare dove in ogni modo il consumatore ci chiede ci verrà imposto anche ovviamente degli investitori perché gli investitori ci chiederanno sempre di più di essere sostenibili poi ovviamente come è stato ben detto prima da Beccarello dice la normativa non è cambiata una volta, due volte, tre volte oggi l'asticella sta sempre più crescendo, alzando l'asticella ovviamente siamo costretti anche noi a doverci ad operare a crescere nel farlo però per tutto questo non ci dobbiamo dimenticare che c'è un costo, Sherwood mi dice da quello che ho letto prima mi sembra su un rapporto 135 miliardi il costo delle PMI, andare al 2030 oltre 200-203 miliardi per quanto riguarda sempre il costo arrivare al 2050, 1100 miliardi la decarbonizzazione che ci diceva Beccarello prima e dico beh ragazzi insomma adesso va bene tutto 100 miliardi all'anno dove ce n'è 72 nel PNRR che dobbiamo andare a capire come funziona, capiamo anche come poter riuscire a far sì che il nostro settore industriale possa in ogni modo cambiare coi giusti tempi cioè ho toccato due settori che sono stati toccati sempre prima nella relazione che ogni tanto tutti si scordono ma che abbiamo fatto in questo paese l'importanza nell'Europa è motore, l'automotive, il packaging, parliamo dell'automotive, ma ragazzi l'automotive d è centrale quello che diceva Katia prima, la neutralità tecnologica, noi oggi dobbiamo batterci per avere noi la possibilità di dimostrare che riusciamo a competere con le macchine, con le macchine elettriche di cui non abbiamo noi produzioni invece se andiamo a smontare una macchina elettrica non c'è il cambio, non c'è la marmitta, non ci sono quei pezzi che fanno parte componentistica forte di questo paese che gli esporta in tutto il mondo e dobbiamo salvaguardarli, cioè quindi questa chiave non la possiamo perdere la lotta è sicuramente sulla neutralità tecnologica, abbiamo fatto tanto, non ce lo dobbiamo dimenticare, da euro zero a euro sei NOx meno 90% particolato meno 99%, sembra che non abbiamo fatto nulla, quindi su alcuni temi serve riflettere sul tema del packaging fino a due anni fa avevamo imbustato anche il pane in cima perché avevamo un problema sanitario col Covid quindi io dico anche qui quelli che hanno investito in quel periodo, che gliel'abbiamo chiesto noi perché dovevamo correre per essere anche pronti a dare una risposta al paese, mica ce li possiamo scordare, hanno investito ieri dobbiamo dare la possibilità comunque di ogni modo di trasformarti poi è logico che per poter fare tutto questo due temi importanti ovviamente sono fondamentali, che uno è la finanza sostenibile qui un po' il mio tema c'è nel senso che anche i rischi di ESG e questa mia preoccupazione fatemi dire di greenwashing che potrà arrivare perché alla fine noi abbiamo la necessità di mettere insieme la richiesta dei dati che sia simile perché sennò è il rischio che cinque banchi diversi ci facciano cinque questionari diversi e che ci mettono in difficoltà nel poter essere valutati dove non ci dobbiamo dimenticare che c'è un problema di competitività europea perché il nostro paese è fatto di medie piccole imprese a differenza di una Germania che è fatta di grandi imprese e qui partiamo male perché alla fine competitivamente potremmo perdere dei pezzi non ce lo possiamo permettere quindi dobbiamo qui anche combattere per avere una disclosia che almeno sia efficiente che possa essere e qua per tutta l'Europa perché sennò la competitività ovviamente manchia sui temi ESG anche qui non è che ce lo chiedono solo le banche anche i grandi capofiliera arriveranno a chiederci ovviamente la capacità di dare una risposta a chi sono i loro investitori ovviamente di partenza perché magari parte di fondi o parte sul tema fiscale è ovvio che ero ieri col viceministro Leo cui abbiamo fatto stiamo facendo un po' di tour in giro per i territori per la nuova delega fiscale il fisco è un acceleratore e ragazzi per poter fare la neutralità tecnologica per poter ottenere in ogni modo nuove tecnologie serve la ricerca e sviluppo, serve fare nuovi investimenti, serve fare formazione tutte cose che devono rientrare nella delega fiscale negli investimenti prossimi almeno la partenza di dare un'impronta a questo ma la chiave per poter riuscire a portare questo è comunque la certezza del diritto perché altra cosa che non ci possiamo più permettere è che le norme diventino retrattive e che quando io, noi siamo con i colleghi da tre anni e stiamo collaborando con tre governi diversi parlare di delega fiscale quando mi cambia un governo ogni anno non ti metti neanche a sedere quando in ogni modo una delega fiscale oggi ha un tempo di caduta a terra di due anni quindi io credo che se serve del tempo per fare una delega fiscale serve del tempo per fare una transizione credo che il PNR, come si è in discussione in questo periodo, anche visto quello che è successo, anche visto la mappa dei rischi credo che ci sia un'esigenza comunque di riragionare anche noi in questi timi però la transizione si fa con del tempo non buttando a mare ovviamente le nostre capacità e le nostre conoscenze nostre note, io vengo da una terra che è della Motor Valley ovviamente è quella terra che sparisce se dovessimo andare verso la non neutralità tecnologica stiamo facendo pezzi di ragionamento di progetto anche insieme interregionale per poter mettere assieme comunque a frutto la capacità di produzione che non è solo italiana ma di esportazione in tutto il mondo quindi io credo che la transizione ha bisogno ovviamente di tempo e che comunque il punto chiave è di prendere in mano una ricerca e sviluppo che sia una ricerca e sviluppo sana perché la transizione la fai ricercando di nuovi prodotti, di nuove tecnologie gli investimenti devono essere finanziati ovviamente perché oggi valgono e purtroppo sono quelli che hanno tenuto in piedi il PIL degli ultimi anni perché l'anno scorso ha fatto più 9,4% gli investimenti, l'anno prima 16,5% in più, quest'anno sarà 0,2% in più gli investimenti in confronto al 2022 e quindi la nostra paura è che non essendoci crescita in investimenti non ci sia crescita di PIL quindi la decrescita felice che diceva Beccarello prima non è così tanto lontana, serve darci il giusto tempo per potermi interatterare le nostre tecnologie e le nostre know-how che non possiamo perdere Grazie mille Serve tempo per costruire la transizione, serve tempo per declinarla ma mi verrebbe da dire non abbiamo tempo per demandarla quindi già da ora si deve partire come avete ampiamente spiegato, io vi ringrazio anche per la precisione svizzera perché anzi a Sburga direi considerato il territorio considerato anche l'ora e anche tanti spunti, potremmo provare a mettere insieme tutti questi stimoli e darci una sintesi di questo pomeriggio Viterai allora a raggiungermi Vito Grassi, presidente del Consiglio delle rappresentanze regionali e vicepresidente di Confindustria per concludere questo importante pomeriggio di riflessione e darci qualche indicazione futuribile Grazie vicepresidente Grazie a lei, grazie a tutti gli organizzatori perché credo che tutti in sala abbiamo assistito a due ore di contenuti stimolanti nel merito delle questioni, sintetici bisogna dire in tempi record Quindi sono stato innanzitutto contento di ascoltare tutti per queste due ore e quindi consentiti prima di fare un rapidissimo punto sugli elementi che a mio avviso si possono sintetizzare come i più importanti emersi di ringraziare coloro che poi hanno reso possibile, hanno lavorato a monte di questa organizzazione In primis Fausto Manzana, il presidente di Confindustria Trento e di tutta la struttura, immagino che il festival non sia proprio una passeggiata né prima né durante, che comunque per l'ospitalità ci ha riservato Gli amici di CERVED, in particolare Andrea Mignanelli e anche Antonio Angelino con cui condividiamo questa analisi dei dati sulle piccole e medie imprese e c'è una specializzazione particolare proprio per l'analisi dai territori, infatti testano interesse dovunque vengono rappresentati proprio per questa loro peculiarità Io e Confindustria presido il Consiglio della rappresentanza regionale quindi è quasi un obbligo parlare oggi della transizione che non è certo un tema nuovo ma è un tema che può essere declinato da varie prospettive e dei territori è forse la parte più importante Gli amici Katia de Rosse e Emanuele Orsini hanno dato pure loro un ottimo contributo nel merito preciso, sintetico, coerente con la delega che hanno all'interno del Consiglio di Presidenza in questa esperienza confindustriale o questa militanza confindustriale che condividiamo con grande piacere e passione Ancora oggi abbiamo ascoltato il professor Beccarello di una chiarezza estrema, ho già chiesto un accesso privato alle spiegazioni perché anche lui ha un quadro sintetico veramente di grandissima chiarezza E a Gianpaolo Manzella che comunque ha dato la visione di Svimec molto interessante, sentire la Svimec che parla di mettere al centro la politica industriale e concordare al buio a prescindere da quale sia la politica industriale Noi siamo fattori proprio di questo, di proporre una politica industriale, una politica di sviluppo per il nostro mezzogiorno che è inutile dire nella parte dei divari, ovviamente la parte più penalizzata Poi penso che tutto dobbiamo ringraziare Achille Spinelli, il presidente della provincia che è molto vicino alle imprese, mi diceva pure Fausto, c'è una splendida sinergia con le istituzioni Passiamo agli elementi della discussione, la transizione verde non è semplicemente una sfida ma è la sfida più importante del secolo o forse la sfida più importante a cui siamo chiamati da dopo vera in poi Perché è una sfida che come entità di numeri li abbiamo ascoltati, poi semmai ne riprendo qualcuno, ma è una sfida che il nostro sistema produttivo deve sposare mantenendo la propria competitività Questo è il tema centrale perché va messa nelle condizioni di farlo, strumenti ne abbiamo, adesso ci arriviamo, il PNRR è sicuramente uno strumento che oggi viene dall'Europa in questo senso La verità è che abbiamo sentito un po' da tutti i frutti che poi a questo ingente volume di investimenti serve l'apporto dei privati, quindi serve mettere i privati, stiamo parlando dei grandi fondi o delle imprese o dei cittadini Le imprese vanno messe nelle condizioni di poter investire e quindi di poter avere sostegno agli investimenti, ripeto, mantenendo la propria competitività Gli effetti più importanti li abbiamo visti dai vari slot, ma in effetti abbiamo verificato che gli impatti più forti sui conti economici e le PMI sono stati quelle che operano al nord Però se lo dividiamo per settore, quindi per i settori che sono stati colpiti in maniera un po' più diretta, vediamo gli effetti più profondi sono nel mezzogiorno dove la struttura finanziaria per poter reggere alla sfida del mercato è più debole Quindi quando alle cause esogene come crisi belliche o sanitarie si aggiungono tutto quello che è venuto dopo, dalla reperibilità dei materiali, cara energia e in ultimo inflazione caloppante e aumento del tasso di sconto E' chiaro che le strutture finanziarie più deboli ne hanno il maggior danno e questo rimette al centro il tema dei divari, cioè se vogliamo veramente portare l'Italia a livello di competitività europeo i divari dobbiamo combattere Non a caso i fondi del PNRR ci vengono dati i propri per combattere i divari e non a caso oggi dai numeri che leggiamo vediamo la difficoltà per gli operatori privati che operano in aree più depresse di far fronte a questa grande sfida La leva fiscale, lo diceva adesso Emanuele, è sicuramente una leva poco attivata ed è una leva che premi a chi fa gli investimenti, quindi voglio dire come confindusse chiediamo il più possibile misure automatiche Misure che voglio dire vada in sostegno a chi è oggi costretto, diceva sempre Cate, non è una scelta, non è una necessità, non è qualcuno può sottoporsi oppure sottrarsi agli obiettivi che ci ha dato l'Unione Europea E' da parità di obiettivi, quindi senza nessuna osservazione o discussione sui parametri a raggiungere, l'altro grande ammortizzatore della competitività del nostro sistema è quello di approdare con lo strumento della neutralità tecnologica Perché non spingere ricerca, formazione, voglio dire tutti gli strumenti che ci consentirebbero di raggiungere gli stessi risultati, quindi a parità di polisi ambientali, al di fuori di schemi strettamente ideologici ma di schemi scientifici Perché evitare di approdare con schemi diversi che possano ripeto non tanto salvaguardare quella produzione ma consentire alla nostra industria di restare competitiva in un mondo che cambia e in un mondo in cui sfide sono sempre più globali Un mondo che ci chiederà sempre più sistemi a confronto è oggi la grande sfida fra sistemi americani, sistemi cinesi e sistemi europei Per cui una politica industriale non solo ce n'è bisogno in Italia ma è uno strumento di difesa di tutta l'Europa e oggi è nella sensibilità e nelle corde di chi ci guida dell'Europa Per questo abbiamo avuto la controprova più grande che l'Europa è pronta poi a sostenere chi sta più indietro, il debito europeo è stato chiesto da anni ma non si era mai arrivato finché non è successa la pandemia e di questo dobbiamo approfittarne Ha già dato dei risultati, non voglio aggiungere i dati ma in realtà per l'Italia che cresce il 12% negli ultimi 3 anni macrodati cresce insieme a paesi che economicamente hanno dei fondamentali molto più scarsi rispetto ai paesi più avanti Oggi ci sta il dato che la Germania è in recessione tecnica, noi al secondo trimestre diciamo in consegno meno, non è che questo ci fa piacere però ci dice che la leva e il sostegno alle economie più arretrate ha prodotto un risultato Quindi probabilmente se siamo capaci poi di mettere a terra i fondi del PNRR e di fare tutti gli sforzi per stare nei tempi programmati, probabilmente sarà possibile affrontare anche tante altre crisi e problematiche con uno schema simile e questo ci fa ben sperare per il futuro Noi voglio dire, fatte tutte le premesse metodologiche, gli strumenti a disposizione per la transizione devono rappresentare un'opportunità e lo sono già in effetti, l'industria italiana si sta già adeguando come ha fatto nel passato sugli altri temi ecologici Ma in questa sede ci fa piacere proprio evidenziare come partire dai territori sia un fatto fondamentale, è ancora più frazionale la domanda, è partire dalla richiesta dei territori in un sistema di imprese che sapete bene più parcellizzato non si potrebbe, le piccole e medie imprese sono il 95% del tessuto italiano Questo è visto come un gap e lo è senz'altro in termini di struttura finanziaria e patrimoniale, ma è un grande vantaggio nel momento in cui bisogna reagire alle crisi e questo è stato provato, il sistema italiano è reagito molto bene proprio perché ognuno si induce per il proprio spazio nel migliore dei modi Le imprese italiane hanno dato grande dimostrazione di sapersi difendere nelle crisi che abbiamo vissuto e che viviamo, con i giusti sostegni, con le giuste leve possono tranquillamente restare al passo, anche se le sfide in termini numerici, i 60 Gb da raggiungere, le somme da spendere hanno, sappiamo tutti che sono un muro altissimo Ma anche su questo, in coerenza con la politica nazionale, noi oggi chiediamo che se ci sembra ragionevole ridiscutere economicamente dei punti di arrivo del PNR, quindi delle opere da costruire, perché oggettivamente si è avuto impatto sui prezzi materiali e sulla capacità di approvvigionamento, ci sembra meno giustificato discutere anche il timing delle riforme Perché se dovessimo chiedere, arriva dai territori ma arriva da tutto il Paese, non fermiamoci sulle riforme, ma andiamo avanti con le riforme che possono proprio agevolare l'accelerazione di questi investimenti che sono assolutamente indispensabili Noi continueremo queste azioni con questa visione che ci auguriamo non sia solo nostra, ma continueremo come territorio e come Confindustria a sollecitare la classe politica affinché ci ascolti e facciate solo delle proposte con cui continuamente alimentiamo il sistema politico. Grazie Grazie, grazie di cuore, grazie davvero presidente delle conclusioni e a questo punto io ringrazio tutti, a chi resta auguro un buon festival, a chi parte, un buon lavoro verso un Paese più sostenibile, grazie Grazie Grazie
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