Come presentare l’impatto – attrarre finanziamenti attraverso il perfect pitch
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Come presentare l’impatto – attrarre finanziamenti attraverso il perfect pitch
Con la partecipazione di Simona Sinesi è stato presentato il suo libro “Social Impact Ignorance”, una guida pratica per avviare un'impresa sociale e in cui viene sottolineata l'importanza di connettere diversi attori, inclusi ministeri e aziende, per affrontare con successo le questioni sociali. Sono stati poi discussi i ruoli di imprenditore sociale e attivista, mettendone in luce diversità e peculiarità.
Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Buongiorno a tutti voi che ci ascoltate qui in presenza a coloro che sono collegati. Siamo qui per l'evento Come presentare l'impatto attrare finanziamenti attraverso il Perfect Pitch. Siamo con una docente universitaria e imprenditrice sociale founder di Never Give Up Onlus autrice del libro Social Impact Ignorance che vi faccio vedere. E collabora come consulente con la FAO, ha lavorato nel global marketing team di Coca-Cola, Unilever, Barilla e Sony. Siamo qui oggi per dialogare con Simona Sinesi. Benvenuta. Grazie Monica, buongiorno a tutti. Sono felicissima di essere qui, in questa magnifica sala soprattutto di fare questo bel dialogo con te sull'impatto, visto che con Alley Hoop l'altra metà del sole... Ci occupiamo di questi temi. Sì, vi occupate di questi temi parimenti in un contesto come quello del Festival dell'Economia occuparsi di impatto sociale diventa sempre più centrale. L'abbiamo visto con gli interventi degli scorsi giorni. Prima di entrare nel vivo, una cosa che mi incuriosisce molto che è sempre molto letta quando scriviamo articoli è il cambio vita. Perché nella tua breve bio si capisce che c'è stato un momento in cui le slight indoors hai cambiato percorso. Sono ormai quasi dieci anni che ti occupi di innovazione sociale, ma hai avuto questa carriera in questi grandi multinazionali che vuol dire guardare da dentro cosa succede in certi ambienti. Cosa ti ha spinto a questo cambiamento radicale nella tua esistenza? Perché ognuno di noi ama stare nella sua zona di comfort. E' così. Il cambio di vita nel mio caso è stato importante così come sono stati gli anni nelle multinazionali. Non si può intraprendere un percorso nell'impatto se non siano delle solide basi, cioè la competenza. E' questa la cultura che noi tutti, come attori del cambiamento, facciamo. Da una parte l'editoria, dall'altra parte la divulgazione. Nella mia cattedra di marketing ho un percorso nell'impatto. E all'inizio, mettendo la domanda quali dei due canali volete scegliere, impatto sociale o startup, tutti all'inizio dicono no, io voglio fare una startup. E poi ti ritrovi invece che il 90% segue il percorso dell'impatto, quindi qualcosa evidentemente sta cambiando. Sì, esattamente così. Questa mania delle startup ormai sta dilagando. Si conosce poco come si può unire il business con il purpose. Ed è questo l'obiettivo del libro, proprio quello di cercare di capire che comunanze ci sono come si può coniugare il business con l'impatto. Perché nei miei sogni, ma nei sogni di molti, di quelli che poi frequentano contesti come questo, non ci sarà più un imprenditore un imprenditore sociale, ma sempre più un imprenditore dovrà fare i conti con l'impatto sociale vediamo, insomma, fiori di imprenditori, ho seguito interventi di grandi imprenditorieri che parlavano di impatto sociale come fosse nelle proprie corde. Questo è un segnale molto positivo, direi. Prima era qualcosa molto di nicchia. Assolutamente, la sostenibilità. La sostenibilità. Ed era molto greenwashing, greenwashing e così via. Adesso sono più all'interventi sull'impatto. Esatto. È diventato essenziale. Anche perché dopo la pandemia abbiamo vissuto un periodo molto particolare, l'avrete letto probabilmente sui giornali, che è stato quello delle grandi dimissioni, soprattutto i giovani, hanno lasciato le aziende perché volevano un tipo di lavoro, un tipo di vita che fosse più in linea con i loro valori, i loro principi. E un altro fenomeno molto importante è stato quello del quite quitting. Cioè, le persone restano a lavorare in alcune aziende, ma fanno il minimo indispensabile. Ecco, lì diventa fondamentale, a mio avviso, il fatto che non sia una scelta di marketing o pubblicitaria, ma che l'azienda creda in determinati principi. C'è questo cambiamento? Lo stai vedendo? Io quello che sto osservando rispetto a questo è che l'azienda subisce molto meno l'impatto sociale, subisce molto meno il fatto che deve fare impatto per rendicontarlo, sempre più si in qualche modo attrezza per farlo veramente. E questo probabilmente dalle nuove generazioni può esserci una buona spinta. Si parla di social entrepreneurship, cioè all'interno delle aziende chi può fare il proprio impatto. Secondo me è importante ntrare nelle università, sensibilizzare attraverso la stampa su questi temi, perché l'impatto deve diventare sempre più un percorso aspirazionale di carriera. Nel libro, come avrai visto, tra gli stigmi dell'impatto c'è proprio il fatto che l'impatto è una roba, scusate il termine, spiegati. Ed è questa cosa qui che dobbiamo cercare di dismantellare, questo stigma, perché non ci sono sempi positivi nell'impatto. Io cito nove esempi, più uno che è quello di Muhammad Yunus, di cui poi parleremo dopo, in cui tecnicamente questi esempi non sono italiani. Se noi avessimo esempi di imprenditori sociali che possano ispirare, sicuramente ci sarebbero imprenditori. Andiamo per gradi. Dicevamo prima la tua esperienza nelle corporate, poi questa iniziativa, Never Give Up, la Onlus che hai fondato. Di che cosa si occupa e come opera? Ho fondato Never Give Up, il mio click è stato un viaggio a Washington DC, dove mia sorella operava come psicoterapeuta all'interno di un gruppo molto avanti nel mondo della sensibilizzazione, della diagnosi precoce, quindi osservava attraverso uno specchio unidirezionale, tipicamente quello usato per le ricerche di marketing, in cui osservi delle persone parlare o fare qualcosa, e poi in qualche modo costruisce un prodotto. Ebbene, loro usavano questo specchio unidirezionale per supportare le famiglie a sviluppare dei fattori protettivi, già dall'età dell'allattamento, per il contrasto di un futuro disturbo alimentare. Quindi, super innovativo, quindi ho detto, ma quando ho fatto questo viaggio avevo già 16 anni di esperienza, perché ho incominciato, ho avuto la fortuna di iniziare molto presto a fare il lavoro che mi appassionava, quindi dopo la laurea ho cominciato a fare marketing, come dicevi in grandi multinazionali, e ho detto dopo 16 anni posso fare qualcosa per fare leva sulla competenza che ho consolidato, il modo di fare delle cose, di mettere a terra delle cose le connessioni per fare qualcosa di più, quindi tornata in Italia ho detto, ma Anoressia e Bulimia, quanto pesano, rispetto a il tasso di mortalità? E ho scoperto che Anoressia e Bulimia sono la prima causa di morte per malattia fra i 12-25 anni in Italia. Prima causa di morte per malattia. E la cosa triste è che questo dato è sconosciuto alle persone più informate, quindi immaginarsi diciamo in ambito di popolazione in generale. E che solo il 10% di chi soffre chiede aiuto. Quindi, che c'è un sommerso pazzesco. E che quando chiede aiuto ci mette 3 anni per chiederlo. Questi 3 dati mi hanno fatto scattare il click, il click di cui parlavamo prima, non del cambio vita, ma del cominci a fare qualcosa. Quindi questo è iniziato prima a occupare il mio tempo libero, e poi è diventato un po' il tutto, perché ho dovuto fare una scelta, come dicevi tu, fuori dalla zona di comfort. Questa scelta è stata supportata da la Fellowship di Ashoka, che è la più grande rete di imprenditori sociali al mondo. Purtroppo in Italia è poco conosciuta proprio perché l'impatto sociale non è prevalente. E quindi mi ha permesso di avere un po' di agio per poter costruire, quindi avere tempo di costruire il progetto di Never Give Up, che adesso sta prendendo delle sembianze da avere propria iniziativa sociale, come da una parte supportiamo chi ha bisogno di aiuto, e qui parlo prevalentemente di adolescenti e delle loro famiglie, adolescenti a categoria fragile per eccellenza, dall'altro nella costruzione di campagne di sensibilizzazioni mettendo allo stesso tavolo più attori, quindi la Presidenza del Consiglio, che ha supportato la prima campagna. Noi abbiamo ceduto alla Presidenza del Consiglio una campagna di sensibilizzazione, dicendo è un'emergenza sociale, abbiamo realizzato una campagna che è stata realizzata a pro bono da un regista premio Oscar che io avevo conosciuto nella mia precedente vita, lui si chiama Dani Stanovic, qualcuno di voi ricorderà nel 2002 ha vinto con questo film che si chiama No Man's Land, la storia di un'amicizia durante la guerra dell'ex Jugoslavia, e quindi gli abbiamo dato in mano questo asset, asset che ha aumentato il grado di sensibilizzazione su questi disturbi seguiti da altre campagne, l'ultima delle quali con l'illuminazione del Colosseo il 15 marzo del 2023, con questo messaggio molto forte, rompiamo il silenzio sui disturbi alimentari, su Anoressia e Bulimia, che ha convinto in qualche modo anche Palazzo Chigi a prendere un punto, diciamo, una prospettiva, un punto di vista, ha illuminato, insomma, la Presidenza del Consiglio anche Palazzo Chigi, in quella che è stata una delle, diciamo, giornate fondamentali, perché era il question time, il primo question time nel nuovo governo, quindi la visibilità del palazzo in qualche modo è stata amplificata anche dai media. Questo per dire che nella mia idea l'imprenditore sociale è proprio chi unisce dei puntini, unisce i puntini dei vari attori dell'impatto perché, mentre la startup la posso fare per conto mio, finanziandomela, l'impatto lo devo fare con più attori. Ecco, faccio un breve passaggio, un passo indietro, perché magari tu l'hai dato per scontato, a sciocca è questa rete internazionale appunto di imprenditori sociali e se non mi sbaglio ne sceglie cinque all'anno, cinque ogni... A volte anche nessuno, cioè ne sceglie fino a cinque all'anno e a volte anche zero. Però devi avere proprio determinate caratteristiche, cioè non è che loro supportano e finanziano chiunque. Se tu non hai quelle caratteristiche, appunto, può essere anche che quell'anno non scegono nessuno ed è una rete internazionale, non è una rete italiana. No, lo volevo precisare perché tu l'hai dato un po' per scontato. Rientrare in quei parametri non è semplice. Ecco, noi in Italia, credo ne abbiamo pochissimi. In tutto 15, in 13 anni di... La media di uno all'anno, considerando i GAEP. E quindi questo per dire che evidentemente il progetto aveva una validità. Siamo qui per la presentazione di questo libro che hai voluto intitolare Social Impact Ignorance. Da dove viene questo titolo? Allora, la storia è molto curiosa, perché proprio qui un anno fa ho incontrato personalmente il professor Mohamed Yunus, che sarà qui domani fra l'altro. E quindi per me, diciamo, essere qui al Festival di Trento a presentare questo libro è un'esperienza assolutamente fuori dal normale. Perché proprio nella conversazione con il professor Yunus, gli ho confessato che diciamo, noi... Io e il professore condividiamo una cosa che è la Fellowship di Ashoka. Lui ormai non lo mette neanche più in curriculum, perché poi ha conquistato altre vette. Lui è il padre del microcredito, no? E quindi il finanziamento soprattutto alle donne per sostenere della creazione di lavoro. E poi perché si sono resi conto che finanziando appunto le donne e le loro microimprese davano da mangiare a tutta la famiglia, perché in alcuni paesi, diciamo, se i soldi andavano per linea maschile, finivano per non creare valore. Esatto, esatto. Ci sono più intuizioni alla base della fondazione del microcredito, e sicuramente aver individuato nel ruolo delle donne un centro di trust, di fiducia, è stata una grande intuizione, infatti il microcredito è usato ormai da tutti gli operatori bancari del mondo. Quindi voi vi siete incontrati qui? L'hanno incontrati, ho detto sto pensando di scrivere questo libro, lui ha detto molto bene perché l'impatto sociale è nelle nostre mani. Allora lì è scattato un click ho detto ecco il titolo che in qualche modo cercavo, e poi lui mi ha fatto questo magnifico regalo che ha scelto di curare la prefazione del libro quindi, insomma, diciamo, meno male che lì è scritta perché altrimenti non ci crederei. Questo credo che sia un bellissimo regalo sia il titolo che insomma la prefazione, ma questo dimostra anche come il Festival di Economia di Trento, non è una serie di eventi semplicemente, insomma, quindi da agenda, ma è qualcosa in cui si creano delle connessioni e una rete e nascono idee. Io questa mattina ho già moderato un altro panel, si sono conosciute persone che non si erano mai viste e già sono nate delle idee. Quindi questo credo che sia bellissimo, questa generatività. Assolutamente, ecco perché sono così legata a Trento, proprio perché qui sono nate un po' di idee soprattutto, come dicevi tu, di connessioni. Noi abbiamo terribilmente bisogno di connessioni ed ecco perché, diciamo, questi festival funzionano con la presenza, cioè il fatto che voi siate qui, il fatto che ci sia un post-intervento di un certo tipo, si aprono nuovi fronti d è una cosa bellissima. Poi, io faccio alcune domande, ma poi apriremo le domande anche da parte vostra, perché è bello il dialogo in questi incontri. Ecco, parlando del libro, il libro è suddiviso in moduli, no? Ti guida passo passo con un approccio molto pratico. Inizi con alcune domande da Porsi per individuare i pilastri da cui partire. Quali sono queste domande? Perché le hai scelte? Sì, in realtà le domande sono fondamentali per chiunque voglia intraprendere l'avventura di un'impresa credo che l'impresa sociale sia al centro di questa riflessione sul perché. Io cito la teoria di Simon Sinek, che è una teoria semplice, se vogliamo un po' banale, ma è una teoria che serve in qualche modo a tutti per mettere a fuoco il proprio why. E quindi, per esempio, nella fondazione della mia iniziativa sociale ho capito che il mio why stava cambiando, cioè il mio why prima era lavorare nei più grandi brand internazionali stava cambiando nel cercare di migliorare la vita delle persone. Poi si è manifestato in diversi con diverse sfaccettature tipo la docenza all'università, tipo l'impegno con Never Give Up, tipo anche la divulgazione attraverso il libro. Perché mi sono detta quanti corsi o quanti libri parlano di come fare una startup, di come fondare una startup? In realtà, io stessa, pur con la mia esperienza nel mondo dei brand, nel mondo delle multinazionali, ho fatto fatica a mettere un po' di rigore sui passi da fare, sulle cose da sapere, soprattutto su come riuscire a individuare chi con me aveva interesse a risolvere questo tema. Quindi, ecco, una delle domande fondamentali è il perché. Cioè, molte volte, quando nelle aule di università faccio questa domanda, tutti mi dicono, eh, perché io, in realtà, poi, perché io, perché io, perché io, poi, alla fine, in realtà il nostro perché è qualcosa che non diciamo, se io mi presento a te, non dico mai, faccio questo perché, dico, faccio questo. Il perché arriva dopo magari, dopo un quarto d'ora. Questa è la prima domanda da cui partire, suggerisci questo. Ed è questo che poi, secondo me, ci rende diversi l'uno dall'altro. In una classe, cioè, pensa agli insegnanti. Se tu pensi a due tuoi insegnanti, il loro perché erano molto diversi, pur insegnando la stessa materia. Sì, sì, questo è assolutamente vero, che per altro penso che sia la domanda a cui cercano una risposta, soprattutto i giovani della generazione Z, quando scelgono la loro professione, il loro percorso. Allora, il libro delinea appunto la figura dell'imprenditore sociale come il nuovo leader in grado di sparigliare ricomporre le carte di connettere i punti, quello che dicevi prima. Che cosa intendevi con il connettere i punti? Perché tu hai detto quali punti del tuo percorso hai voluto riconnettere. Ma se, insomma, cercando di astrarre questa tua esperienza personale per donarla agli altri, come si fa a connettere i punti del proprio percorso? Più che altro a connettere i punti dei portatori di interesse su quel problema. Quindi parlando di Never Give Up, che si occupa di salute, chiaramente uno dei portatori di interesse più grande per noi è chiaramente il ministero della salute. E la capacità di sintonizzare degli attori che parlano lingue diverse, cioè quanto poi il ministero della salute è disposto a parlare con una onlus, con un'associazione no profit, quanto è disposto a parlare con un'azienda. A volte le iniziative sociali fanno un po' da trade union, perché per l'azienda diventa molto difficile apporciare le istituzioni. E invece si è resa conto che probabilmente anche attraverso l'imprenditore a impatto questa cosa è molto più fluida e ha molte più risorse, anche per i ministeri, per le istituzioni, garanzie che sia una cosa meno commerciale. A volte le istituzioni, il ministero della salute chiaramente ha tante priorità quando siamo andati in uno dei cinque ministri che abbiamo incontrato in questi quasi dieci anni. C'è stato detto, eh, ma c'è anche la demenza senile, no? E quindi la capacità di in qualche modo ribaltare, sparigliare, dire sì, ok, ma ci stiamo bruciando le nuove generazioni. È chiaro che poi ogni problema sociale è un problema quindi ha dignità. Però la capacità di far vedere anche alle istituzioni un risvolto diverso farsi sempre considerare dalle istituzioni come una risorsa. Perché l'imprenditore sociale è molto diverso dall'attivista? Perché l'attivista lancia il sasso poi qualcuno l'imprenditore sociale lo vuole risolvere, c'è peggior arma che è in mano idea, che è un'idea in mano all'imprenditore sociale, perché rischia alle soglie della diciamo determinazione di portare avanti l'idea per cui, per cui vuole risolvere un problema. Ecco, e non cadere soprattutto nella trappola del sì ma anche, no? Perché sì giovani, sì ma anche, così alla fine non si risolve niente a mio avviso. Bisogna essere molto focalizzato, sì. Questa cosa però capita spessissimo quando ci si pone in dialogo, no? Con la società, con le istituzioni. Tu parli di un leader che infastidisce. Questa parola mi piace tantissimo, no? Il leader che infastidiscono secondo me funzionano. Che non sono soltanto disruptive ma dici anche che devono essere in grado di cucire i lembi, no? Di qualcosa che si è strappato. Ecco, che cosa intendi? E' una domanda che mi è stata fatta in un panel dicendo, ma tu, quante persone ho infastidito in questo percorso? Eh, io ho pensato che ne ho infastidite tante. E quindi dice, perché se non infastidisci nessuno, ne infastidisci poche, non stai cambiando veramente le cose, perché quando poi una persona si infastidisce, quando in qualche modo è costretta un po' a rivedere le priorità. E io credo che questo, insomma, sia alla base del cambiamento del cambiamento che, diciamo, che sarebbe auspicabile. Ma poi al tempo stesso, ed è, come dicevo, quello che poi ci distingue dagli attivisti, è il fatto di ricucire. Cioè, io non posso in qualche modo andare dalle istituzioni o dalle aziende, perché poi le aziende, insomma, sono difficili tanto quanto le istituzioni, a cercare di dire ma voi siete parte in causa in questo discorso siete soprattutto un, diciamo, un alleato che può costruire con noi un percorso. E poi in qualche modo vanno guidati, perché, purtroppo, ssendo il mondo dell'impatto ancora molto indietro, nelle aziende non ci sono delle professionalità senior che lo possono guidare. E quindi la professionalità senior deve essere in qualche modo supportata da qualcuno che lo faccia per loro, perché le aziende amano circondarsi di agenzie che gli fanno il pacchetto intero, perché comprano e comprano una professionalità. Ebbene, nell'impatto per un po' dovremo aiutare le aziende a fare questo passo nel frattempo invece le nuove generazioni, che intanto avranno capito che la strada dell'impatto è, dal punto di vista economico, cioè non solo sociale ma anche economico sostenibile. Perché a volte uno diceva sì, facciamo una cosa di impatto, ma gli stipendi, e questo lo dobbiamo cercare di cambiare giorno per giorno. Guarda, c'è una riflessione che mi è venuta ascoltandoti e poi dal libro, che è quella che abbiamo vissuto, quello che abbiamo vissuto negli ultimi anni. In pandemia abbiamo avuto tutti una reazione molto partecipata, anche una reazione distinta, emotiva, ci siamo dati tutti da fare. Poi però, dopo la pandemia che è stata una botta pazzesca, appunto, anche psicologica per tutti noi, ne stavamo uscendo e è arrivata la guerra in Ucraina. Poi è arrivato l'Afghanistan, vi ricorderete, con i Talibani che sono tornati, quindi tutto quel percorso. Poi è arrivato l'Iran e quindi le proteste. Adesso c'è il Sudan. Non hai un po' l'impressione, perché alcuni degli studi lo stanno sottolineando, che dopo tutta questa crisi, dopo tutto questo dolore, ci siamo un po' schermati, quindi siamo un po' assuefatti a vedere, non so, vi sarà capitato andando su YouTube la pubblicità molto spesso di Save the Children, Emergency, ecco, che dopo cinque secondi tu puoi saltare. Ecco, non è che ci siamo un po' assuefatti che forse ci facciamo toccare meno? E quindi, in questo contesto un imprenditore sociale, come si muove? In questo contesto, l'imprenditore sociale si muove per dare nuove prospettive. Cioè, secondo me, la capacità dell'imprenditore sociale non è solo quella di individuare i problemi, ma anche di inquadrare una nuova prospettiva. Nel nostro caso, per esempio, torno al tema dell'anoressia, c'era, c'era prima, c'è adesso, ma il fatto di dire lo stigma sull'anoressia è forte porta una serie di attori a dire, posso fare qualcosa, perché se tu individui la prospettiva, di anoressia muoiono circa 3000 persone all'anno. Questo è un dato. Ma se io dico che non combatto l'anoressia solo offrendo dei servizi che possono aiutare le persone a non morire, ma io la combatto facendo venire fuori i disagi prima che diventino disturbi, cioè la mia missione sociale è che fra dieci anni, never give up, chiudi i battenti, perché siamo talmente bravi a sensibilizzare i genitori su tematiche che non ci sarà più bisogno di mettere fine a una situazione emergenziale. Questo è quello che è. Cioè, ma che cosa c'entra l'anoressia con lo stigma? Tu puoi avere migliori ospedali, cosa che purtroppo non abbiamo, ma per proprio ragioni di professionità, che non abbiamo lasciato in Italia. Chi si occupa di disturbi alimentari, mia sorella in Primis, viaggia e poi magari rimane. E invece adesso ci sarebbe da parlare della fuga di cervelli, però questo per dire che i problemi che noi pensiamo ormai chronicizzati possono essere guardati in modo diverso. E quantomeno questa riflessione, cioè questo tema merita una riflessione. Poi quando uno dice no, invece non c'è nessun altro modo per guardare a quel problema, però quantomeno avremo fatto una riflessione. E quindi con lo stigma, infatti da quando è stata fondata never give up ad adesso, ci sono molte più persone che ammettono con coraggio e anche con molta disinvoltura che hanno sofferto di un disturbo alimentare, sia nel show business ma anche tra la gente normale. Cioè diventa ancora meno uno stigma, e questo è quello che dobbiamo fare. Ecco, c'è un problema fondamentale per fare l'imprenditore, il funding, come ce l'hai da startup, da fondatore di uno startup, ce l'hai anche da imprenditore sociale. E il titolo appunto di di questo incontro è proprio attrarre finanziamenti attraverso il fairfax pitch, perché poi si ha un po' di ritrosia a unire l'impatto sociale con il concetto dei soldi. Però purtroppo sono necessari, altrimenti non si porta, non si arriva ad avere un impatto sociale. Ecco, come in un contesto in cui appunto, dicevamo, la soglia di attenzione e di sensibilità verso determinate materie si è alzato, quindi sono meno permeabili. Riuscire a fare una presentazione di un proprio progetto efficace in modo da poter avere quei finanziamenti necessari? Esattamente, hai colto perfettamente il punto, d è il punto per il quale i giovani non aspirano a fare una carriera nell'impatto. Quindi il tema di oggi era il perfect pitch. Io credo che nelle startup a impatto sociale debba funzionare esattamente come le regole della comunicazione nel mondo delle startup. Quindi ci deve essere una chiara individuazione del problema, una chiara individuazione della tua vision. Noi con Never Give Up, ma tutti gli imprenditori sociali, sono in grado di attrarre alleati per la risoluzione del problema attraverso la vision. E la vision è stata fondamentale, per esempio, nel mondo di Grameen Bank, quindi del professor Yunus. La sua vision è, vorrei che la povertà fosse solo nei musei. E ha fatto un bel video in cui fa vedere, quindi questo è uno storytelling sul mondo della risoluzione del problema, in cui si vede gente che fa la coda per vedere che cos'era il mondo prima. Per vedere, quindi, i musei della povertà. Perché la povertà è completamente assente, quindi l'unico modo di vederla è nei musei. Ebbene, individuare il problema, avere una vision, avere una mission come associazione, d avere anche un ask. Molte volte mi vengono presentati dei bellissimi progetti sociali in cui poi, dice, alla fine della teia, io cosa posso fare per te, non si capisce. E invece bisogna andare chiari, bisogna essere determinati nel dire che tu mi puoi aiutare magari solo nella amplificazione del problema. Oppure nel founding. Perché la gente ormai ha pochissimo tempo per in qualche modo stare a sentire uno storytelling un po' più. Ma io dalla prima slide, da quando dico i tre numeri, prima causa di morte, 10% chiude aiuto e aspetta 3 anni, vedo subito nell'occhio dell'interlocutore se questa cosa può colpire o no. E quindi non faccio perdere neanche all'interlocutore il tempo del dire, puoi finanziare questo progetto. E noi veramente di aziende, di fondazioni ne vediamo tantissime anche di istituzioni. E vedo subito se lì si accende, diciamo, una luce negli occhi o seppure, o se devo cambiare. Noi per esempio siamo finanziati banalmente da gruppi di automotive che nulla sembrano centrale coi disturbi alimentari. E invece probabilmente l'elemento della famiglia unita, della macchina che è in qualche modo della macchina familiare, di ogni brand che parlano alle famiglie. Non per forza devo andare da un'azienda che faccia alimentare per farmi finanziare sui disturbi alimentari perché quel passaggio lì può essere molto complicato. Certo, perché forse è più delicato si trovano anche, diciamo, dei conflitti etici. Si, perché uno si sente più in parte in causa. In realtà se fossimo tutti molto più alleggeriti dalle responsabilità e dicessimo ok, questo è il problema che possiamo fare anche il consumatore perché quello poi che l'azienda valuta come cartina di torno sarebbe più felice. Io se posso permettermi da giornalista del Sole 24 ore apprezzo molto se qualcuno parte dai numeri, perché i numeri ci danno la dimensione di un fenomeno ci danno anche una chiave di lettura della realtà e quindi questo poi aiuta anche tutto il discorso che sulla vostra iniziativa ci hai fatto. Mancano 12 minuti. Io come promesso aprirei alle domande si è diventato rosso perché non vedo ho la bottiglia e il libro davanti, però mancano 12 minuti. Aprirei alle domande Laura abbiamo il microfono giusto? Se c'è qualche domanda da parte vostra perché mi piacerebbe anche che fosse un po' interattivo che è stata bravissima, quindi non avete dubbi. C'è qualche imprenditore sociale fra di voi? Qualcuno che aspira a fare l'imprenditore sociale? Eccolo. Allora, io adesso ti faccio una domanda difficilissima, hai 30 secondi per pensarci, qual è il tuo wai? Si sente? Ciao intanto sono Alessandro, grazie mille per le bellissime cose che ci hai raccontato. Allora, il mio wai sono gran lettore di sign e ho letto tanti altri sui libri, quindi parliamo la stessa lingua, diciamo che la cosa che vorrei fare personalmente che sto cercando di fare con l'associazione culturale che oggi, vorremmo tra poco anche aprire una realtà profit per creare un proprio ecosistema, è quella di generare un impatto esponenziale sulla società, come aggregando persone, like-minded people, diciamo noi, quindi persone che siano unite dalla volontà di avere un impatto di fare la differenza, indipendentemente dal loro background professionale personale, ecco. Quindi, questo è quello che facciamo, creiamo community territoriali nelle varie città, ad oggi siamo su Verona e Brescia perché siamo partiti un anno fa tra l'altro in questo stesso momento si sta tenendo una colazione sull'impatto nel settore food con più di 100 persone proprio a Brescia, organizzata dagli ambassadori di Brescia, quindi per me oggi è un grande onore tra virgolette essere qua, seguire voi mentre un evento si... E' un onore per noi averti, vuol dire che hai scelto Grazie, e quindi se posso farti una domanda, ad oggi stiamo creando anche un modello di business proprio che ci aiuti a rendere la realtà sostenibile, perché noi vorremmo procedere in totale bootstrap senza investitori che si erano già presentati alle porte, e quello che vorremmo fare è anche bussare la porta alle aziende che già magari ci conoscono che possono sostenere il nostro progetto, visto che si parlava di perfect pitch, la mia domanda è, come si può presentare un progetto che ha impatto sociale alle aziende, quando si parla, diciamo, di quando il primo pensiero, ho lavorato nel mondo delle sponsorizzazioni, quando si fa da un'azienda, l'azienda vuole capire subito cosa ci guadagna, diciamo, dal essere partner di un'iniziativa Allora, innanzitutto il tuo UI è estremamente chiaro, quindi già partiamo molto bene, non è più così, cioè l'azienda adesso ha bisogno terribilmente di questi progetti tu lavori sulla community per l'azienda la community è la base quindi, diciamo, hai un progetto diciamo relativamente semplice da comunicare, non stai parlando di marattie super rare, cioè stai parlando di creazione di community di like-minded people, cioè di persone che la pensano alla stessa maniera, stai andando in un percorso che è quello che abbiamo seguito anche noi, Alessandro ha detto non col bootstrap cioè, non chiedendo soldi iniettando soldi e quindi avendo la possibilità di crescere, ma dire raccolgo i fondi dalle donazioni e me lo faccio come dico io, per il momento poi se lo dovrò in qualche modo amplificare avrò bisogno di altri soldi questo nel libro hai trattato molto bene, cioè diventa una parte molto tecnica, ma anche molto semplice che sono i passi che prima ho in qualche modo accennato, quindi vision, mission e anche la solution perché a volte noi non vediamo chi ha fatto la strada prima di noi, perché ci sarà sicuramente qualcuno che ha fatto la strada prima di noi da questi possiamo imparare come farlo meglio, magari parlandoci, perché ha funzionato o non ha funzionato magari creare una sinergia non per forza bisogna inventare le cose da zero, cioè magari c'è qualche altro progetto virtuoso che puoi scalare, però molto interessante, grazie di essere qui Alessandro ci dici anche come si chiama, che così la cerchiamo perché magari fra un anno vediamo delle cose così almeno la andiamo tutti a cercare Si, volentieri si chiama Dreamers molto semplice, proprio perché noi vogliamo parlare ai sognatori, cioè quelle persone noi diciamo una cosa, se posso permettere, che nei sogni stanno le responsabilità, perché chi ha la possibilità di sognare un futuro migliore, delle realtà migliori ha anche la responsabilità e non solo la possibilità di metterlo a terra è proprio così lo troviamo su... c'è un sito su LinkedIn Dreamers, su Instagram Dreamers Community adesso ci documentiamo e magari ci documentiamo, l'anno prossimo ti troviamo qui a presentare il tuo progetto magari, grazie anche il signore in prima fila rispetto all'imprenditoria sociale, perché era interessante vedere anche in realtà io lavoro, però ho una grande interesse per queste realtà, quindi mi incuriosiva, adesso mentre la stavo ascoltando stavo guardando su Kindle l'anteprima al libro, per guardare le cose perché ho questo sogno di creare una realtà mia mi domandavo se questo libro può essere consigliabile non solo a chi si occupa al 100% di tematiche sociali, ma comunque voglia in una sua iniziativa avere un occhio di riguardo per quelle che sono delle tematiche che comunque a me stanno a cuore è assolutamente sì, è assolutamente così abbiamo dovuto trovare nella sintesi poi del sottotitolo però è proprio così, cioè io ho cominciato personalmente così poi mi sono accorta che quella dimensione mi piaceva un po' di più e quindi ho fatto il salto, però questo libro parte proprio dalle basi per dire come faccio a far crescere la mia idea nell'impatto sia che occupi il 100% del mio tempo, sia che sia un'attivitua come direbbero gli americani invece di dare donazioni a un'altra iniziativa la faccio personalmente Ho una domanda tornando un po' indietro nei passaggi, mi chiedevo se hai voglia non so se posso dare del tu se hai voglia di condividere il momento in cui nel corso della tua carriera, della tua vita hai deciso di cambiare un po' percorso perché stavo guardando il tuo profilo link di nuovo visto che ti sei occupato lo anticipavi anche prima di lavorare in grandi addende hai seguito brand importantissimi, quindi mi chiedevo il momento in cui hai avuto un'illuminazione o piuttosto come hai fatto a decidere di cambiare strada, ecco Come dicevo prima è stato un elemento scatenante è stato un viaggio a Washington in cui ho osservato come venivano seguite delle famiglie che sin dall'età dell'allattamento venivano aiutate a costruire dei fattori protettivi nel campo dei disturbi alimentari mia sorella è psicoterapeuta psicologa psicoterapeuta a un dottorato di ricerca proprio a Washington da lì è nata l'idea di fondare Never Give Up non avrei mai pensato che sarebbe diventato il tutto e addirittura che poi avessi avuto voglia in qualche modo di ispirare nuove iniziative sociali, questo è stato un po' il click poi invece di lasciare completamente proprio equilibri di vita, del dire cosa voglio veramente fare e poi ho mollato il resto C'è qualche startup per così vediamo se ci sono altre C'erano delle mani dietro mi sa non le vedo, c'è una manina ho visto solo il sorriso la manina probabilmente era così No, in realtà è un un progetto ancora in corso di avvio che lo scorso semestre come studente sa Erasmus a Lisbona con un gruppo di studenti di altri studenti che ho incontrato stiamo cercando di avviare un progetto di una startup che si chiama Crua è tutto iniziato da un progetto universitario sulla sostenibilità ambientale siamo ancora agli inizi quindi è ancora tutto in fase di avvio però stiamo appunto pensando di portare questo progetto da una presentazione universitaria a rendere reale in quello che è il Portogallo è un progetto molto simile a cose che sono state già portate in altri stati hanno funzionato in altri stati quindi la nostra idea è di traslarlo anche in Portogallo dove una realtà del genere non esiste anche perché il Portogallo a livello proprio economico è più indietro rispetto a quella che è la Germania dove questo ha già funzionato e quindi stiamo pensando di come traslarlo in un paese che ha anche una cultura molto differente si comporta in modo molto più simile all'Italia quindi stiamo cercando di capire come traslare questo progetto ma siamo ancora tutto in corso di avvio è bella già l'idea ma hai parlato di Germania, hai parlato di Portogallo, l'Italia no? Io sono una studentista austriaca cioè vivo in Austria non si capiva però vivo in Austria ho fatto l'Erasmus a Lisbona d il progetto è nato a Lisbona da questo gruppo, punto di studentese portuguesi in realtà, io ero l'unica straniera nel gruppo quindi in realtà l'idea sarebbe di partire in Portogallo poi abbiamo già l'idea sia per l'Italia ma anche sull'Austria di vedere cosa cosa si può fare fra poco, fra due minuti finiamo te la lascio così, se hai qualche domanda Allora una cosa che aiuta l'impatto è fare l'Erasmus io l'ho fatto a Dublino lo consiglierei dalle medie forse il mio consiglio è lanciati al massimo dovrai ricaliberare però mi sembra che le idee siano chiare e anche le idee di scalabilità quindi just do it grazie mille siamo in chiusura mancano soltanto due minuti volevo che lasciassi un ultimo messaggio perché siccome ci sono tanti giovani ci sono tante idee bisogna fare in modo che queste idee, questi germogli poi crescano e siano annaffiati nel modo giusto, c'è un consiglio che puoi lasciare loro secondo me quello di avere coraggio perché senza il coraggio non si va da nessuna parte d è un mantra che vedo ripetere in più interventi ma veramente abbiate coraggio perché potete essere voi quegli esempi che noi ormai, che abbiamo fatto un bel pezzo di percorso di vita possiamo seguire ci servono esempi positivi quindi questi esempi positivi possono nascere da voi allora grazie a Simona Sinesi per essere stata con noi grazie a te Monica, grazie veramente una bellissima chiacchierata grazie a voi per averci ascoltato naturalmente lei è a disposizione per firmare eventualmente i libri qualche ulteriore consiglio, grazie Grazie a tutti Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Iscriviti al nostro canale! Grazie
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