Allarme demografia in Italia
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Allarme demografia in Italia
Le previsioni dell'Istat per il prossimo futuro rilevano che in Italia potrebbero perdersi 11 milioni di residenti. Affronta il problema della demografia in Italia l'ex presidente dell'Istat Gian Carlo Blangiardo, docente di demografia all'università Bicocca di Milano.
Buongiorno, buongiorno a tutti e tutti. Benvenuti a questa sessione del Festival, del panel intitolato Allarme demografia in Italia. Oggi parleremo, nella ora e mezza che abbiamo, di struttura della popolazione, cambiamento demografico, parleremo sicuramente di invacchiamento, natalità, parliamo di migrazione delle cause e conseguenze del cambiamento demografico. Vi presento brevemente i nostri ospiti. Abbiamo il professor Giancarlo Blangiardo. Blangiardo è professore ordinario di demografia dell'Università di Milano Bicocca come credo sappiamo tutti, ra fino a poco tempo fa il presidente dell'ISTAT dell'Istituto Nazionale di Statistica. Benvenuto, grazie per essere con noi. Poi alla sua sinistra, abbiamo la professoressa Laura Zanfrini. Laura Zanfrini è professore ordinario di sociologia economica dell'Università di Cattolica Sacro Cuore di Milano. Tra le varie cose, è responsabile del settore economia e lavoro in iniziative e studie sulla multietnicità di Milano. Infine, abbiamo il professor Alessandro Rosina, professore ordinario di demografia, anche lui dell'Università Cattolica Sacro Cuore di Milano. Penso, Rosina conosciamo bene come saggista, etc. fra i suoi vari incarichi, voglio semplicemente ricordare che è il coordinatore scientifico dell'Osservatori Giovani dell'Istituto Tognolo. Io sono Stefania Sciera, sono professoressa di sociologia dell'Università di Trento. Bene, come si organizza questa nostra ora e mezza, avremo quattro interventi partiamo in ordine nella quale vi ho presentato i nostri relatori. Cominciamo con il professore Blangiardo che ci illustra il quadro demografico generale di questo paese. Proseguiamo con la professoressa Zanfrini con un intervento sul libro bianco sull'immigrazione economica. Segue il professor Rosina, che ci introduce ai squilibri prodotti dalla denatalità e i possibili margini di risposta. Infine chiudo io con un intervento dove voglio mettere un po' più a centro il tema lavoro e welfare. E penso con questo possiamo subito iniziare con il primo intervento. Bene, grazie, buongiorno a tutti, grazie per l'invito naturalmente. Allora, 15 minuti, allarme demografico in Italia. Qualche giorno fa, in occasione degli stati generali della natalità, in un incontro col Santo Padre, lui dice, quando ha capito che mestiere facevo, deve spaventarli, non si riferiva alle persone, si riferiva probabilmente a quelli che decidono. E io gli ho detto, non si preoccupi, lo sto già facendo abbondantemente da tempo. Perché parliamo di allarme demografico? Perché siamo arrivati ad una situazione In realtà se andiamo indietro, no, se qualcuno va a vedere, 1980, nel 1980 è uscito un volume in Italia, si chiamava La Popolazione in Italia, ra un volume ufficiale, enciclopedia tre cani per capirci come caso di trice. E lì c'era addirittura la prefazione di Francesco Cossiga, allora Presidente del Consiglio. Se andate a leggere quella cosa lì che risale al 1980 che sono quelle che diciamo oggi. Quindi vuol dire che non è che stiamo scoprendo una dinamica, una tendenza, dei problemi nuovi. Forse adesso stiamo cercando di fissare l'attenzione su certe situazioni, certe dinamiche, certi problemi e ci rendiamo conto, con maggiore consapevolezza, che se andiamo avanti così, stiamo correndo a 200 all'ora verso la curva se non freniamo andiamo a sbattere. Io credo che il concetto di allarme demografico vada visto in questo senso, cioè senza spaventare nessuno, ma con la consapevolezza di una evoluzione, di una dinamica, di una prospettiva, di scenari per il futuro rispetto ai quali si richiedono delle azioni. Delle azioni da parte di un po' di tutti, una sorta di chiamata alle armi, per riuscire a gestire, a governare le dinamiche in atto. Poi Laura Zamfrindi ci parlava anche dell'immigrazione, allora, rapidamente, 12 minuti e 57, cosa sta succedendo? Quali sono i numeri? Primo numero, la popolazione in Italia siamo a 58.850.000 residenti. Questi 58 milioni erotti sono un milione e mezzo in meno rispetto a quanti c'erano nel 2014. Quindi abbiamo perso un milione e mezzo di abitanti. Un grande paese che perde popolazione rischia di non essere più un grande paese. Cioè, la Svezia ha un superfice più grande della nostra, però, senza offesa, non è un grande paese. Ha una popolazione che è qui dalla Lombardia, più o meno. Ora, paesi ricchi, il Lussemburgo è ricco, ma non è un grande paese. Quindi voglio dire, la dimensione demografica alla popolazione, per mille motivi che tralascio, è un elemento importante. Ecco, noi rischiamo di perdere un elemento importante, dice, come mai? La dinamica demografica. Allora, nonostante l'immigrazione, che comunque c'è, non è più quella di inizio secolo, ma c'è comunque un contributo netto migratorio, la differenza dei nati morti se lo mangia abbondantemente. Più di 300 mila morti in più rispetto ai nati allora, rivederci grazie, genera quella variazione di cui parlavo. Bilancio 2022. In 2022 abbiamo avuto in Italia 393 mila nati. 393 mila nati è naturalmente il valore più basso mai registrato nella storia d'Italia. È un record al ribasso che migliora il record al ribasso stabilito l'anno precedente, che migliorava quello dell'anno precedente, che migliorava quello dell'anno precedente. Da un po' di anni a questa parte facciamo il record della più bassa natalità di sempre nella storia d'Italia. Dal 2008, i nati in Italia, il 577 mila allora, sono progressivamente, anno dopo anno, irregolarmente sempre scesi, conta poco, il Covid ha avuto i suoi effetti, ma insomma non così determinanti, cioè, diciamo, elemento congiunturale. Siamo arrivati ai 393 mila. Volete un messaggio del 2023? L'altro giorno, venerdì, sono usciti i dati di marzo mensili, bilancio demografico, i primi tre mesi. I primi tre mesi del 2023, rispetto ai primi tre mesi del 2022, sono lo 0, 73% di nati in meno. C'è anche una buona notizia, di 8 o 9% di morti in meno. Quindi vuol dire che siamo tornati a prima, come livello di mortalità, quindi lì il Covid ha avuto, come è noto ovviamente, i suoi effetti, ma sulla natalità stiamo continuando ad andare avanti in quella direzione. Questi sono, secondo me, i numeri fondamentali. Dietro l'angolo, diciamo, allora questa è la storia, nella storia d'Italia, siamo arrivati a questa situazione. Cosa potrà succedere in futuro? Cosa accadrà nei prossimi decenni? E qui andiamo nelle previsioni. Beh, le previsioni demografiche non sono ovviamente delle certezze, però sono anche abbastanza affidabili, perché poi alla fin fine, se io vado a vedere, quante saranno le persone di trent'anni l'anno prossimo? Beh, prendo quelle di 29 anni quest'anno più o meno sono quelli. Quindi andando avanti, senza esagerare possibilmente, Istat fa regolarmente delle previsioni, le aggiornò costantemente ogni anno. Ebbene, lo scenario che va configurando questo, i 58 milioni 850, di cui parlavo prima, vanno a scendere a 47 e 7, 47 e 8. Scenario mediano, poi ci possono essere diverse varianti. Cioè vuol dire in sostanza 11 milioni di abitanti in meno. E' qui il famoso grande paese che perde in maniera importante popolazione. Peraltro, parliamo di 11 milioni di abitanti in meno, nella fascia lavorativa, quindi proprio nella fascia dell'età, diciamo la 20, 66 per capirci. E questo è un elemento importante da mettere in conto. Poi, va bene, possiamo anche trovare delle soluzioni, però certamente bisogna partire da questi numeri. E questo è l'aspetto quantitativo, perché poi c'è anche l'elemento qualitativo. Cioè, come cambia la popolazione. Non è solo questione di quanti, ma anche di chi. Ebbene, ancora una volta, l'evoluzione dei flussi, così come vi l'ho raccontata, porta a un cambiamento rispetto alla struttura alla composizione per età. Ora è evidente che se arrivano meno giovani se la vita si allunga, e questo ci piace naturalmente, questo comporta inevitabilmente quello che si chiama l'invecchiamento della popolazione. Poi, Alessandro vi parlerà del degiovanimento. Comunque il concetto è più o meno rovescio dalla medaglia. Cioè, sostanzialmente ricariscono i giovani e diventano sempre più presenti, coloro che sono, diciamo pure, maturi. Questo potrebbe anche portarci a dire, vabbè, adesso però cambiamo un attimo le regole. Cioè, le stagioni della vita, abbiamo sempre detto, studi fino a 8, o comunque ti formi fino a, una volta era 15 anni, adesso sono diventati 20, magari crescerà pure. Poi dici, lavori fino a un certo punto, poi smetti e vai in pensione. Probabilmente quei confini lì, in un mondo in cui cambiano molte cose, in cui la vita si allunga. Quindi è anche ragionevole immaginare che le stagioni della vita si adeguino all'allungamento della sopravvivenza. Facevo vedere l'altro giorno a Napoli il mezzo del cammin di nostra vita, quello famoso che tutti noi ha, per effetto semplicemente del processo di allungamento della sopravvivenza si sposta, si allunga. Cioè, diciamo, l'età alla quale abbiamo dietro di noi metà e avanti di noi metà, in qualche modo si modifica. Quindi queste cose vanno comunque tenute in considerazione. Ma dietro appunto a questo grande cambiamento, quella cosa che chiamiamo invecchiamento della popolazione, che ci caratterizza, che caratterizza forse noi più, giapponesi a parte rispetto ad altri paesi uropei o comunque del mondo, quindi è un fenomeno importante, inevitabile, è un fenomeno che vivranno anche altri paesi, anche i cinesi, prima o poi avranno un processo di invecchiamento della popolazione o persino gli africani dell'Africa subsa ariana, magari fra 40, 50, 60 anni, vivranno in maniera consistente questo tipo di fenomeni. Va da sé. Però noi lo stiamo vivendo, dobbiamo governarlo, dobbiamo anche valorizzarlo. Cioè, pensate alla silver economy. Cioè, in un mondo in cui aumentano gli anziani quelli che vendono i dispositivi per camminare un po' meglio, gli integratori che vendono gli apparecchietti di varie natura. Se andate alla televisione, vedete ogni tanto che ti piazzano la poltrona, la scala che fa la cosa che aiuta a fare le scale la vasca da bagno che si apre con la porticina, non più come una volta che scavalcavi. Cioè, ci sono una serie di cose che identificano anche delle opportunità di natura economica. Non è solo un peso l'invecchiamento della popolazione per una comunità, per una società, per un'economia. È anche un'opportunità. Si tratta di trovare la possibilità di valorizzarla. Se siamo furbi, ssendo uno dei pesi che ha cominciato prima degli altri e che ha un po' di fantasia intelligenza, potrebbe anche darci da fare per valorizzare in chiave economica magari nelle sportazioni, nei brevetti, nel commercio internazionale, anche questo tipo di situazioni. Ma torniamo un attimo invece all'altro aspetto, cioè gli aspetti più di welfare. L'invecchiamento della popolazione è comunque, al di là di un'opportunità, anche per certi versi, ovviamente, un problema. E i numeri ancora una volta ci danno degli indicazioni. Cioè, dice, quante sono le persone anziane? Se diciamo che è anziane uno che è 65 anni, allora viaggiamo intorno se vado a memoria, tipo 14 milioni. Andiamo avanti. Apigliamo persone ffettivamente, insomma, un po' più problematiche. Le persone con almeno 90 anni. Gli ultranovantenni, quindi i novantenni e oltre, sono oggi 820 mila. Di questi signori, 22 mila, signori e signore, più signore che signori, 22 mila hanno più di 100 anni, almeno 100 anni. Quindi, 820 mila di cui 22 mila ultracentenari. Se andiamo avanti negli scenari realistici, parlando di gente che è già viva, quindi, voglio dire, non stiamo a inventarci niente, non è fantascienza, e arriviamo al 2070, vogliamo esagerare, bbene nel 2070, gli 820 mila ultranovantenni diventano, udite, udite, 2 milioni e 200 mila. In un paese di 48 milioni di abitanti. Di cui, dei quali, 145 mila ultracentenari. Ok, non c'è problema. Che bello se siamo ancora in giro. Ma il problema è, come si fa a tener in piedi dignitosamente un paese di quel tipo? Non è la pensione, che è importante, intendiamoci, ma è la sanità. Come fai a tenere in vita adeguatamente con le goccine, con le cosine, con il massaggio, con quelle robe lì che servono inevitabilmente, a certe età, 2 milioni e 200 mila persone? Cioè, hai le risorse per poterlo fare? Eh. Cioè, vogliamo parlare delle risorse, mancano 3 minuti e 42? Anche qui, non è una previsione, è una simulazione, quindi prendetela per quella che è. Però, giusto per fare un conto, se noi immaginiamo, nell'arco di 40 anni, semplicemente il cambiamento demografico, quindi il numero di abitanti che diminuiscono, la percentuale di persone in età lavorativa, che si riduce, per effetto del processo di cambiamento, di mancato rinnovo delle nuove generazioni, andiamo a trasformare questa cosa a parità di altre condizioni, in termini di prodotti interno lordo, quindi fermo restando alla produttività, la partecipazione al mercato del lavoro, l'occupazione, ccetera, quindi quelle leve non tocchiamole. Inseriamo solo il cambiamento demografico, bbene, se inseriamo solo il cambiamento demografico, spariscono qualcosa come 500 miliardi di pill. Il che vuol dire è che il rapporto debito-pill schizza alle stelle. Uno dice, non importa, se diminuisce del 20-30% il pill, ma in compensa aumenta la produttività del 30%, abbiamo sistemato le cose, quindi si può agire su altre leve, intendiamoci, quindi, ripeto, non è una previsione, è solo un giochino. Però questo giochino ci dice, guarda, che questo cambiamento demografico, oltre che gli effetti sul welfare, genera anche degli effetti sulle risorse che dovrebbero aiutare a far funzionare il welfare. Ecco, allora, tutto questo è, no, vi dicevo prima, allarme, non bisogna spaventare non tanto le persone, ma come le istituzioni o i decisori. Ebbene, tutti questi messaggi passano, vengono in qualche modo colti anche da chi può decidere, tant'è che c'è più sensibilità rispetto a una serie di cose, e quindi poi ci sono anche i suggerimenti del che fare. Poi, Alessandro ci racconterà meglio, Laura ci parlerà adesso, immagino, dell'immigrazione. Una delle leve è la migrazione. Quindi va bene, aumentiamo il numero dei migranti. E, di per sé, è una via possibile. Io mi limita a richiamare una previsione che ha fatto Eurostat, cioè io vi ho parlato prima dei dati Istat, 48 milioni nel 2070 sono un dato Istat, una previsione Istat. Eurostat, il sistema statistico europeo, ha fatto a sua volta delle previsioni per i diversi paesi, compresa l'Italia. E nella previsione per l'Italia, anziché 130 mila immigrati netti, come prevede ogni anno Istat in qualche modo, ne mette il doppio, 258 mila, se ricordo bene. Il finale della storia, però, non è molto diverso. Il numero di abitanti, comunque, va a diminuire. E l'effetto anche in termini di contributo a natalità, in tutto sommato, non cambia molto. Quindi l'immigrazione, giusto per dire, è importante, va valorizzata, ma non è la soluzione magica. È una delle possibili vie da attivare per, assieme ad altre cose, rilanciare la natalità, valorizzare l'immigrazione, valorizzare quella componente che a me piace chiamare diversamente giovani. Ci sono dei signori, come sottoscritto, per esempio, che hanno una testa che più o meno gira abbastanza ancora, speriamo. Magari hanno meno muscoli di una volta, ma che sono in grado di poter fare delle cose. Tutte questi elementi messe insieme, opportunamente integrati, valorizzati da qualche regista che chiama in causa soggetti diversi, compreso il sistema privato, le imprese, facciamoci tutti carico di un problema, e probabilmente troveremo tutti la possibilità di dare a questo problema un buon governo magari anche delle possibili soluzioni. Mancano dieci secondi, chiudo con questo messaggio di speranza basta. Vi auguro buon proseguimento a disposizione per le domande. Fatemi solo dire che noi abbiamo richiesto ai nostri speaker di essere un po' stringente nel quello che dicono, in modo di lasciare un po' più di spazio alla discussione dopo. Visto la tematica, o le tematiche che trattiamo, ci possiamo immaginare che ci sia un po' di voglia di fare domande, discutere, eccetera, quindi abbiamo un po' di tempo per questo. Con questo darei la parola alla professoressa Zanfreni, che ci parla appunto di migrazione. Eccomi, buongiorno a tutti e a tutti. Finalmente devo dire, da qualche tempo, questo tema demografico, il tema della natalità, sono stati sdoganati nel dibattito pubblico. Per molti anni abbiamo sofferto, come ci ricordava anche il professor Blangiardo, di una miopia, di una grande miopia sociale che ci ha impedito forse di assumere per tempo dei provvedimenti che oggi avrebbero migliorato lo scenario di riferimento. Ecco, per molti aspetti lo stesso vale per l'immigrazione. Sono circa trent'anni che produciamo il rapporto ISMO sulle migrazioni ogni anno e da circa trent'anni, scrivendo il capitolo dedicato al lavoro, l'economia al lavoro, mettiamo in evidenza i limiti di un modello di integrazione che rischia sì, di costituire in parte la soluzione, come ci veniva ricordato anche nel dibattito di queste settimane. Spesso abbiamo sentito parlare di immigrazione come leva complementare rispetto alle politiche di sostegno alla natalità, ma rischia anche di aggravare i problemi di sostenibilità. Quindi qui, più che mai, il tema del buon governo dei flussi migratori dei processi di inclusione diventa un tema centrale. L'immigrazione può essere in parte la soluzione, ovviamente non da sola, non possiamo sicuramente attendere che l'immigrazione risolva gli squilibri demografici del paese o risolva i fenomeni di disallineamento sul mercato del lavoro, il rapporto fra popolazione attiva popolazione inattiva, può dare un contributo, ma può anche rischiare di peggiorare il quadro, di peggiorare la situazione. Vi do solo qualche dato indicativo, poi anche io ovviamente sono a disposizione per riprendere la riflessione nel dibattito. Parliamo tanto in Italia di quanto sia costoso mettere al mondo dei figli. Sappiamo che in questi anni l'immigrazione ha dato anche un contributo in termini di fecondità, con un numero di figli per donna che è ancora un po' più alto di quello delle italiane. Ma se per una famiglia italiana l'avere dei bambini aumenta di molto in maniera significativa il rischio di povertà, questo è drammaticamente più vero in una famiglia straniera. Parliamo tanto di difficoltà nel pagare gli affitti sostenere il costo delle abitazioni. E quindi anche di rischio che le nostre città diventino meno attrattive. Benissimo, noi in Italia abbiamo una quota drammatica di famiglie immigrate che sono sotto la soglia della povertà assoluta. Che hanno visto oltre a tutto ulteriormente peggiorare la loro condizione redituale, patrimoniale dopo la pandemia. Parliamo tanto, credo ne parlerà il collega poi, di fenomeni, di giovani che non studiano, non lavorano, giovani che sono fuori dal mercato del lavoro e fuori dai sistemi formativi, che è un dramma se ci pensate, perché in una situazione demografica come quella che ci è stata reggiata, noi avremo bisogno di mettere tutti al lavoro, tutti in una condizione di vita attiva. I giovani NIT, che sono circa 2 su 10 fra gli italiani, diventano oltre un terzo fra gli stranieri. Principali vitime di fenomeni come quelli della povertà educativa. Parliamo di diritto alla conciliazione non ancora riconosciuto, non ancora il fatto esigibile per molte donne italiane complice un tasso poi di inattività femminile, che di nuovo non è solo un problema di equità di genere, ma un problema proprio di sostenibilità, di un regime di accumulazione, di un modello di sviluppo. Benissimo, tra in alcune comunità immigrate 8-9 donne su 10 sono fuori dal mercato del lavoro. Non studiano, né lavorano. Ecco, solo alcuni dati, così detti anche in maniera un po' superficiale, ma per renderci conto di come l'immigrazione è veramente uno specchio della società. Ci fa vedere quello che non funziona nella nostra società. Ci fa vedere proprio quelle sfide in termini di sostenibilità di cui sentivamo parlare un attimo fa. Quando parliamo di immigrazione, dovremmo forse rinunciare a considerarla una leva alternativa ai temi della demografia, ai temi della natalità, ma dovremmo guardarla come qualcosa che ci fa capire meglio, comprendere meglio quei temi quali sono le sfide che ci stanno di innanzi, proprio in un'ottica, di prendere in mano queste sfide e trovare, costruire insieme delle soluzioni che vanno costruite evidentemente a tutti i livelli. L'immigrazione, se ci pensate bene, è strettamente intrecciata a tutte le grandi sfide del nostro Paese. La sfida demografica, sicuramente, il futuro del mercato del lavoro. Noi parliamo tanto di ascensore sociale che si è bloccato, ma prima ancora che parlare di mobilità, dovremmo interrogarci sul fatto che in questi anni noi abbiamo visto proliferare i posti di lavoro sottopagati, quei posti di lavoro in cui tu sei povero pur lavorando. Pur lavorando non riesci a avere un livello di vita dignitoso e vai a ingrossare le fasce della povertà. E spessissimo gli immigrati sono particolarmente sposti a questi fenomeni che non riguardano soltanto loro. Si tratta di lavori assolutamente essenziali per la nostra vita quotidiana. Si tratta dei lavori della filiera agroalimentare, quelli che ci danno da mangiare. Si tratta della logistica, delle pulizie, della cura, dell'assistenza. Questi lavori assolutamente strategici, essenziali, noi li sottopaghiamo al punto in cui le persone non riescono ad avere una vita dignitosa. Le persone spessissimo lavorano in nero, dipendono interamente da un lavoro irregolare. E vuol dire non solo che non contribuiscono la fiscalità generale al sostegno del welfare, di quel welfare di cui avremo assolutamente bisogno, ma vuol dire anche che arriveranno alla pensione, all'età della pensione, senza una pensione. E questa è l'amiopia. Il cadere nel losing di un lavoro degli immigrati che è vantaggioso oggi, senza chiederci che tipo di problemi ci porterà domani. Gestire l'immigrazione vuol dire anche interrogarsi sul futuro dell'agricoltura in Italia, alla luce anche di quella che deve essere la transizione ecologica, come riorganizziamo le filiere di produzione e distribuzione. Significa interrogarci sulle strategie competitive delle nostre imprese, dei nostri sistemi produttivi che spesso attraverso le logiche del subappalto hanno impoverito il lavoro. Significa interrogarci sul futuro della sanità e dell'assistenza. Queste dinamiche demografiche portano con sé quella che l'Organizzazione Internazionale del Lavoro definisce la crisi globale della cura. C'è un'esplosione come mai si è vista prima e fa bisogno di lavoro di cura. Sanitario, assistenziale, assistenza agli anziani, assistenza ai disabili, ma anche tutto quello che riguarda l'insegnamento, tutte le professioni che hanno a che vedere con la cura. Dove sappiamo benissimo che gli immigrate e le immigrate soprattutto giocano un ruolo centrale. Sono divenute il welfare parallelo in Italia. Come possiamo immaginare di riflettere sul futuro del welfare in Italia senza tenere dentro l'immigrazione? Ecco tutti questi esempi per dire che noi veramente dovremmo rinunciare all'idea di una società duale, che purtroppo l'idea molto spesso magari involontariamente, magari inconsapevolmente cavalcata dalle forze politiche sociali più favorevole all'immigrazione. La narrazione sull'immigrazione si alimenta di retoriche come ci servono gli immigrati per pagarci le pensioni, per fare i lavori che noi non vogliamo più fare. Questo tipo di società, rappresentazione duale della società non solo come dire mi disturba un po' dal punto di vista etico se siamo tutti figli di Dio perché dobbiamo continuare a ragionare come se ci fossimo noi poi ci sono gli immigrati ma è soprattutto incoerente con quello che è il futuro demografico del nostro paese dove una quota importante di quei pochi nuovi nati sono figli di immigrati. Allora, la centralità del tema delle migrazioni economiche noi in questi anni abbiamo avuto un'agenda mediatica fortemente gemonizzata dalla gestione degli sbarchi, dalla gestione delle richieste di protezione internazionale, dalle fughe delle guerre che sono una componente stremamente importante dell'immigrazione che serve tanto per promuovere l'inclusione. Un dei temi sui quali anche noi stiamo lavorando è come trasformare soprattutto in questo scenario demografico quello che è vulnerabilità in valore aggiunto proprio in quella logica di mettere a valore tutto quello che si può mettere a valore. Facciamo un esempio se una donna esce dal mercato del lavoro per prendersi cura di un familiare bisognoso di cure fa poi fatica a rientrare perché le aziende non riescono a dare valore a quelle competenze di fatti di empatia, di capacità di leggere i bisogni che sicuramente ha maturato durante la sua assenza dal mercato del lavoro retribuito così come un richiedente asilo che ha attraversato da solo il deserto, ha maturato delle competenze di problem solving, di gestione dei rischi che dovrebbero essere riconosciute messe a valore. Quindi sicuramente le migrazioni che ci vengono rappresentate oggi immediaticamente possono essere possono diventare una risorsa importante anche per la nostra economia ma è assolutamente improprio cercare in quel canale la risposta ai nostri bisogni. Noi dobbiamo accogliere un richiedente asilo perché ha bisogno di essere protetto non perché ci serve altrimenti la sostituzione di cui non si è parlato di sostituzione tnica in questi mesi la sostituzione che io non vorrei mai vedere realizzata nel nostro paese è la sostituzione dei principi dei valori il valore della protezione dei più deboli il valore della democrazia della libertà di pensiero della libertà religiosa della parità fra uomo e donna questa è la sostituzione di cui mi allarmo. Però accanto a questo c'è un tema di governo delle migrazioni economiche le migrazioni economiche al quale appunto è dedicato il libro bianco che vi invito a andarvi anche a scaricare ci chiamano in causa rispetto alla nostra idea di futuro sono l'unico ambito delle migrazioni, l'unico flusso sul quale noi possiamo almeno teoricamente scegliere chi vogliamo lo dobbiamo fare appunto avendo in mente quelle che sono le esigenze di di riposizionamento competitivo anche di sviluppo di una capacità attrattiva. Non abbiamo gli infermieri, ma come potremo attrarre gli infermieri in Italia quando in Italia si guadagna molto meno che in tanti altri paesi. Quindi dobbiamo anche capire che in un mercato internazionale del lavoro in cui queste dinamiche demografiche non sono solo le nostre, anche se da noi sono particolarmente gravi, dobbiamo anche sviluppare una capacità attrattiva e quindi investire soprattutto sulle politiche di governo delle migrazioni conomiche rinunciando un po' a questa tendenza un po' a strumentalizzare sempre tutto politicamente. Chiediamoci davvero che cosa è meglio per il nostro paese quali sono le strategie anche di gestione dei flussi migratori che ci possano garantire la sostenibilità. Ecco, vi cito una cosa che ho letto sul giornale dove anche è riferita in questo caso alla Spagna dove sistono questi problemi demografici ci sono in atto varie iniziative per risolverli. Cerchiamo di essere più padri del nostro avvenire che figli del nostro passato. Sembra un po' paradossale visto che parliamo tanto di figli. Ma io credo che questa frase ci aiuti proprio a comprendere come quelle che ci sono davanti sono sfide grandi, importanti, in gioco è la nostra sostenibilità, l'immigrazione le scelte che faremo in questa materia stanno dentro queste sfide di carattere più complessivo. Grazie per questo quadro molto interessante. Naturalmente importante ricordare che appunto l'immigrazione non è un fenomeno uniforme. Fatemi semplicemente fare questa battuta, io sono immigrata di prima nella narrazione. Magari dopo nella discussione possiamo anche fare un accenno all'immigrazione, cioè gli italiani che se ne vanno e sappiamo che è una particolare parte degli italiani che se ne vanno anche lì, magari qualche considerazione sul perché possiamo fare. Adesso con la professora Rosina ci avviamo verso delle soluzioni o potenziale soluzione cosa facciamo. Prego, ci dici tu. Bene, grazie. Io ho anche preparato delle slide così cerchiamo anche di integrare un po' gli elementi di questo confronto, di questo dibattito e capire anche le prospettive. Parto però con un aspetto che non riguarda tanto i dati ma riguarda la demografia come chiave di lettura della realtà, della realtà che cambia di che cosa la demografia ci aiuta a capire del mondo in cui viviamo e di come sta cambiando. Un po' di elementi sono già stati detti, cioè riguarda oggi, riguarda le sfide che abbiamo davanti, siamo qui che ne parliamo, quindi la demografia ha acquisito anche importanza nel dibattito pubblico, riguarda il presente, le sfide del presente. Altro aspetto rilevante è che la demografia è la disciplina che maggiormente ci aiuta, è informativa rispetto al futuro. Anche questo appunto ha detto prima anche il professor Bangiardo. Se voi chiedete a un economista quanto sarà il prodotto interno all'ordo nel 2050 non è in grado di dirvelo. Se chiedete a un sociologo quanto sarà la percentuale di famiglie sotto la soglia di povertà nel 2050 non è in grado di dirvelo. Ma se chiedete a un demografo quant'è la percentuale di over 65 il rapporto tra popolazione anziana popolazione attiva nel 2050 è in grado di dirvelo in maniera abbastanza solida. Quindi la demografia anticipa qualcosa che ci è utile per capire dove stiamo andando, ma anche i margini su come intervenire, perché l'incertessa di come saranno anche le dinamiche demografiche deve diventare un aspetto positivo, cioè vuol dire che abbiamo ancora margini su questa incertessa per portare a dare una direzione verso il percorso che sia più sostenibile anche dal punto di vista economico-sociale di sviluppo. Quindi questo è importante perché se noi già siamo in grado di configurare qual è l'edificio demografico nel 2050 nel 2060, la struttura per età vuol dire che poi dobbiamo per tempo costruire anche l'infrastruttura sociale ed economica, che sia quella più coerente e che funzioni meglio con quella struttura demografica di cui abbiamo l'informazione. È questa impalcatura che la demografia ci dà attorno a quale possiamo costruire quello che effettivamente meglio si integra a funzione adecuerente. Questo è importante. Poi ci siamo persi questa capacità di utilizzare la demografia rispetto anche poi a come dare direzione al percorso da costruire e quindi che non sia il futuro che capita, ma il futuro che andiamo via e via progressivamente a costruire a partire dagli impegni che mettiamo oggi nel capire dove vogliamo andare. Poi la demografia ha anche altri aspetti importanti, è una chiave di lettura di medio lungo periodo, quindi aiuta anche a recuperare le radici da cui partono i grandi cambiamenti che ci riguardano c'è un altro aspetto che secondo me è il più importante di tutti, la demografia proprio mette al centro la chiave principale per leggere il cambiamento, che è il rinnovo generazionale, cioè che il mondo cambia attraverso nuove generazioni che arrivano che via via si confrontano con quelle precedenti e cercano di portare il proprio valore, e questo valore se è messo nelle condizioni di essere realizzato consente alla società complessivamente di andare nella direzione giusta di migliorarsi, quindi mette al centro i meccanismi che fanno funzionare da punto di vista quantitativo e qualitativo il rinnovo generazionale quando questo rinnovo funziona migliorano le condizioni di tutti, quando questo rinnovo non funziona, come succede nel nostro Paese abbiamo appunto questo avvitamento verso il basso, questo degeovanimento che diventa sia quantitativo che qualitativo che poi non aiuta il Paese a costruire un futuro all'altezza delle proprie potenzialità questo è quello che poi cercherò anche di arrivare a dire, cioè ci sono ancora margini rilevanti delle potenzialità che è questo Paese che attualmente siamo fortemente sotto utilizzando che sono in grado ancora attualmente di cambiare il nostro destino ma se aspettiamo un po' anche queste potenzialità poi via via rischiamo di depotenziarle appunto allora se proviamo a pensare nell'ottica di medio e lungo periodo abbiamo elementi positivi che da portare nella nostra riflessione, cioè se noi pensiamo all'Italia del 1861 cioè quella del momento in cui il nostro Paese si è costituito, si è unito la durata media di vita era di 32 anni altissima mortalità infantile alti rischi di morti in tutte le fasi della vita arrivavano pochissime persone in età anziana e ci arrivavano in condizioni di forte precarietà di salute il numero di figli era 5 5 abbondantemente anche sopra 5 che cosa è cambiato? è cambiato qualcosa di positivo di cui dobbiamo essere orgogliosi come umanità in generale anche percorso del nostro Paese cioè quello di essere passati da un mondo in cui la morte di un figlio ra qualcosa di normale a invece farlo diventare un evento raro quindi fare in modo che un bambino che nasce possa tranquillamente con altissima probabilità attraversare tutte le fasi della vita arrivare fino all'età dei genitori andare oltre, arrivare all'età dei nonni andare oltre questo è un successo questo è qualcosa che caratterizza la realtà che viviamo quello che abbiamo conquistato abbiamo conquistato la possibilità di quasi azzerare la morte prematura mettere nelle condizioni di chi nasce di poter vivere pienamente a lungo la sua vita a questo si è combinato un grande cambiamento un altro grande cambiamento quindi siamo all'interno di questa grande trasformazione nella storia dell'umanità che non può non avere delle implicazioni, non può non cambiare anche ciò che sta alla base anche dello sviluppo economico e sociale della capacità di produrre benessere quindi una volta che mettiamo nelle condizioni un bambino che nasce di arrivare fino all'età dei genitori oltre a livello sistemico quindi si ottiene un equilibrio tra generazioni quindi il rinnovo generazionale quantitativo diventa garantito quando in media due genitori sono sostituiti da due figli quindi questo porta a avere un parametro di riferimento un valore di riferimento che è il 2 figli media per donna 2 figli media per donna diventa un livello di equilibrio quando tu sei torno a due figli per donna nelle società in cui viviamo oggi riesci a mantenere un equilibrio tra generazioni ora che cosa è successo è che alcuni paesi hanno messo in campo delle politiche adeguate perché questo equilibrio tra generazioni sostanzialmente tenesse non scendesse troppo in basso quindi che il numero desiderato di figli potesse effettivamente essere realizzato in un mondo, in una società in cui i figli diventano una scelta non sono più, ma si forma una coppia un'ora di coppia e arrivano quanti figli arrivano ma avere figli diventa una scelta libera, una scelta non scontata che ha bisogno di condizioni adeguate perché venga realizzata all'interno di questo contesto che cambia anche il processo decisionale rispetto alla scelta di avere figli sono chiamate in causa appunto le condizioni perché questa scelta possa essere realizzata con successo quindi anche delle politiche qui arriviamo quindi al percorso che ha avuto l'Italia come questo si mette in relazione con quello che altri scelti che hanno fatto altri paesi e alle conseguenze che questo produce questo ve lo in qualche modo rappresenta attraverso appunto l'indicatore che è guardato con più preoccupazione e attenzione dai paesi arrivati alla fine di questa transizione demografica, alla fine di questo grande cambiamento che ci ha portato dall'elevata mortalità natalità del passato ai livelli più bassi di oggi i paesi che sono alla fine di questo processo di transizione però si trovano in situazione abbastanza eterogenea tra di loro e possiamo sostanzialmente dividerli in 3 gruppi che sono i paesi quindi anche all'interno dell'Europa sostanzialmente sono 3 gruppi di paesi, sono i paesi che hanno fatto in modo che la fecondità non scendesse troppo in basso quindi si mantenesse vicina al livello di sostituzione di equilibrio tra generazioni paesi che sono scesi molto in basso poi sono riusciti a invertire la tendenza ritornare vicino a 2 paesi che sono scesi in basso e che sono rimasti su livelli molto bassi questo che siti ha avuto, che implicazioni ha avuto, e lo vedete appunto su questo indicatore lì sono appunto rappresentati 3 paesi ciascuno rappresentativo di queste 3 diverse tipologie quello che ha il riquadro più stretto è il paese in Europa che vedrà peggiorare di meno il rapporto tra popolazioni avanti 65 e popolazioni in età attiva della Svesia la Svesia avendo agito in maniera insomma da guidare i cambiamenti demographici, sperimentando continuamente politiche di supporto alla scelta di avere figli, di conciliazione tra lavoro e famiglia vedrete, sarà quello che a fronte di un aumento della popolazione anziana che è il numeratore di questo indicatore vedrà di meno ridurci il denominatore cioè la popolazione in età attiva quindi questo rapporto tra popolazione anziana che cresce ma popolazione in età attiva che regge, fa sì che questi squilibri tra generazioni non splodano, non diventino eccessivi poi c'è la Germania che li trovate al centro di questo grafico, che invece è scesa su livelli molto bassi come quelli dell'Italia nel 2005-2006 ra addirittura un numero meglio di fili sotto quello italiano, stava quindi producendo squilibri demographici particolarmente accentuati lì c'è stato un grande dibattito che ha coinvolto tutto il paese le grandi aziende, la politica, le istituzioni ccetera e ha portato alla convenzione della necessità di invertire la tendenza mettere in campo delle politiche che contenessero questi squilibri vedete che quindi la Germania tutto sommato è riuscita poi a realizzare queste politiche, la fecondità da livelli più bassi rispetto a quelli italiani nel 2005-2006 si è portata a livelli superiori alla media europea dieci anni dopo e adesso è ancora sopra la media europea, quindi è riuscita a portarsi poi a mantenersi sopra la media europea quindi con squilibri sì ma non eccessivi e comunque medi rispetto alle altre economie poi c'è il terzo gruppo di paesi dove troviamo l'Italia in cui questo squilibrio misurato da l'indicatore è particolarmente elevato porterà, perché lì il livello più elevato è quello che sarà la proiezione nel 2050 quindi i tre punti temporali sono il recente e passato, il presente poi il futuro del 2050 vedrà appunto la crescita maggiore tra le crescite maggiori, perché siamo uno dei paesi che meno hanno agito per contenere questi squilibri e che più hanno lasciato andare questi squilibri ad autoalimentarsi e quindi a produrre una situazione che rischia di diventare insostenibile. Per entrare ancora più in dettaglio di cosa sta la base di questi cambiamenti qui in tre minuti cerco di videnziarlo qui c'è anche l'impatto sul prodotto interno lordo qui si vede una ricerca pubblicata su Lancet, si vede esattamente come le trasformazioni demografiche abbiamo alleato prima poi aggiranno sul ranking dei paesi in termini di prodotto interno lordo vedrete il riquadro verde che è la Germania che manterà comunque la sua posizione, grazie ad avere contenuto gli squilibri demografici quantitativi poter investire quindi sulla valorizzazione del capital umano delle nuove generazioni quindi poter mantenere livelli levati di crescita anche economica. La Svesi ha riuscito a farlo ancora meglio e per tempo della Germania, quindi addirittura il contenimento dei squilibri quantitativi le consentirà maggiormente di investire sul miglioramento qualitativo delle nuove generazioni la possibilità di creare sviluppo e crescita quindi addirittura andrà a migliorare il proprio percorso all'interno delle economie più avanzate l'Italia invece vedete rischia di andare progressivamente a peggiorare se non si inverte la tendenza. Salto molte cose già l'impatto sul debito pubblico ccetera salto per arrivare alle risposte che possiamo dare. Per chiudere in due minuti che è il tempo che ho a disposizione uso la metafora della Tore di Pisa. Tore di Pisa quando è stata costruita si è fatto il primo piano, tutto bene, il secondo piano tutto bene, inizio del terzo piano, cedimento storta, cosa fare? Se si va avanti così che cosa succede? Si va avanti costruisci, fai finta di niente costruisci costruisci, il baricentro si sposta sempre di più nelle parti più alte la torre prende sempre di più e a un certo punto implode crolla. Questo è il rischio del nostro Paese. C'è questa struttura demografica così sbilanciata che sposta il baricentro sempre di più verso le età anziane e indebolisce le nuove generazioni, rischia appunto di creare un edificio demografico che non è sostenibile non è sostenibile. Cosa hanno fatto gli ingegneri? Cosa hanno fatto insomma i costruttori della Tore di Pisa per renderla bella pur diversa dalle altre non farla crollare riuscire comunque a renderla un progetto sostenibile ma anche che aveva la sua specificità la sua particolarità pur ssendo intesa all'inizio come progetto che rischiava di un fallimento hanno fatto due cose uno, potenziato la base potenziare la base vuol dire potenziare la natalità la natalità non può non tornare a salire perché questo edificio se noi indeboliamo la base a un certo punto col peso ma oltre a potenziare la base che è quello che serve quello che si è fatto per la Tore di Pisa è stato anche andare a costruire con una curvatura opposta alla pendenza cosa vuol dire costruire con una curvatura opposta alla pendenza nel nostro caso cioè fuori di metafora vuol dire sostanzialmente agire su quattro leve la prima leva è quella dell'immigrazione, l'immigrazione può dare un contributo rilevante se appunto si fanno quelle politiche che consentono poi a essere ben integrata ben inclusa e parte attiva dei processi di sviluppo di crescita del nostro Paese può rafforzare la forza al lavoro immediatamente può anche contribuire all'aumento della natalità se è combinata poi con politiche di inclusione politiche familiari all'altezza degli altri Paesi la Germania ha esattamente agito in questo modo una leva non da sola ma insieme all'aumento della natalità l'immigrazione e poi le altre quali sono l'altra leva è quella dell'occupazione giovanile noi abbiamo livelli di nitra tra i più alti in Europa se noi mettessimo questo esercito tenuto fermo lì da parte, lo facessimo entrare pienamente in gioco, avremo una spinta sulla forza al lavoro italiano che non può mettere in campo nessun altro Paese europeo proprio perché finora l'abbiamo tenuta complessa ai lati quindi se fossimo in grado di fare politiche che funzionano che valorizzano il capitale umano dei giovani formandoli bene, inserendoli bene nel mondo del lavoro avremo un rafforzamento dell'appunto del contributo nella crescita economica sociale del Paese che nessun altro Paese può mettere in campo, però bisogna fare le politiche giuste. Quarta leva è quella dell'occupazione femminile però tenete presente la leva dei giovani vuol dire se io rafforzo la transizione scuola lavoro li metto nelle condizioni di essere ben formati ssere ben inseriti nel mondo del lavoro che cosa fanno? Contribuiscono a far crescere il Paese ma poi formano una famiglia anche i figli che desiderano ssere bloccati e dover rinunciare quindi queste leve sono tutte legate tra di loro, integrate tra di loro la stessa cosa vale per l'occupazione femminile abbiamo i livelli più bassi di occupazione femminile? bene, mettiamo pienamente in campo le competenze il capitale umano delle donne anche qui avremo una forte spinta sulla crescita, sullo sviluppo del Paese e sulla sostenibilità sociale conomica, ma questo vuol dire fare politiche anche di conciliazione tra lavoro e famiglia, perché le politiche di conciliazione sono quelle che se mancano fanno sì che chi ha figli rinuncia a lavorare chi lavora rinuncia ad avere figli mentre i Paesi che hanno fatto queste politiche di conciliazione, vedi la Svesia che tra le più avanzate, hanno sia occupazione femminile più alta, sia feconità più elevata quindi vuol dire che se noi agissimo su queste politiche avremo sia immediatamente un aumento dei giovani nel mondo del lavoro un aumento delle donne nel mondo del lavoro sia nel medio periodo anche un aumento della natalità che va a rafforzare la forza al lavoro futuro poi c'è la possibilità, siccome viviamo al lungo, di rendere un valore alla lunga vita attiva, quindi non semplicemente spostando in avanti l'età pensionabile, ma mettendo alle persone di poter costruire per tempo con strumenti elevati e condizioni adeguate la possibilità di essere attivi al lungo quanto desidero ma nelle condizioni migliori per essere produttivi e di vivere bene la loro vita all'interno del contesto lavorativo. Ecco, tutte queste leve ci sono, sono tutte leve che se noi mettiamo assieme in maniera integrate e facciamo girare tutte in stessa direzione, consentono il Paese di evitare quella discesa progressiva che ci porterebbe non solo ai margini dei processi di sviluppo e crescita all'interno di questo secolo ma ci porterebbe lontano rispetto al futuro che desideriamo alle potenzialità che ancora abbiamo da poter mettere in campo. Mi fermo qua, grazie. Grazie per questo messaggio anche positivo che può far qualcosa e abbiamo anche degli sempi dove un intervento ha portato degli effetti. Se gentilmente mi dai l'aggeggio per girare le slides. Io adesso vi porto sostanzialmente in forma grafica questo che vi è già stato raccontato con un approfondimento sulla parte welfare lavoro. Penso che conosciamo tutti questa questa immagine che ancora chiamiamo piramide anche se ha tutt'altra forma di una piramide, quindi avete la distribuzione per età della popolazione maschile femminile. Quindi ci manca la base come abbiamo appena sentito se non si interviene adesso questa torre rischia a crollare quindi è chiaro. Ok, abbiamo sentito i quattro pilastri. Quello che interessa a me in questo momento non è tanto la forma, la non più piramide, ma i colori dentro. Andiamo con ordine. Guardiamo la parte dei oltre 65 anni. Vedete che è una parte consistente vediamo che naturalmente così ci aspettiamo, sono principalmente i nativi, non più lavoratori e lavoratrici. Se la guardiamo in un altro modo, abbiamo qui il percentuale dei oltre 65 anni che sono 23% rotti, la parte italiana è molto più elevata, quindi la società italiana è più vecchia, può essere un buon messaggio perché si vive più a lungo, ok, però come abbiamo già visto anche sui problemi, parte della cosa l'abbiamo visto è la bassa fecondità. Volendo parlare di spesa pubblica welfare, conviene ricordarci che quello che chiamiamo il replacement rate, cioè ovvero quello che tu prendi in termini di pensione sulla base di quello che avevi in busta paga prima, è particolarmente elevato. Sono, seguendo a quello che pubblica l'Ox, sono i 82% molto meno in un paese come per esempio con l'Italia. Se aggiunge un altro lemento, e io voglio arrivare alla spesa pubblica, si aggiunge l'elemento che si va tendenzialmente in pensione molto presto, cosa che è uno dei messaggi che non sarà più sostenibile. Qui abbiamo il tasso di occupazione della fascia 55-64. Lavorano in pochi. E non sono solo le donne che non lavorano, ma anche i uomini. Cosa implica in termini di spesa? Distribuzione della spesa pubblica. La stragrande parte va in pensione. Qui ci sarebbe una parte che si chiama housing-habitazione, che in altri paesi siamo in grado di vederla. Qui non vediamo niente, non la vediamo neanche. Abbiamo qui la parte famiglia, che sarebbe quello che in qualche modo ci è stato ricordato, sarebbe la parte importante per dare una mano, di mettere su famiglia in forma di nidi, in forma di assegno unico, universale, ecc. E' relativamente contenuto. E' in crescita, ma è piccolo come spesa complessiva. Ce la ricordava Blangiardo prima, naturalmente la parte salute è destinata a crescere come spesa, ed è già così una spesa molto levata. Se questo è il bilancio, se vogliamo pensare in termini di spesa pubblica come investimento nel futuro, qui di investimento c'è ben poco, qui di aggiustamento perché questa torre non cada, c'è relativamente poco. E da lì l'indicazione pensava abbastanza chiaro. La situazione è diversa in altri paesi, non ci fermiamo qua. Cosa succede? Abbiamo appena visto la struttura della spesa sociale. Cosa succede fra voi? Fra 20, fra 10-20 anni, quando questa parte qua, che adesso ancora attiva nel mercato del lavoro, che naturalmente viva per fortuna, si sposta nella parte grigia qua, lascio a voi di immaginarsela. Bene. Torniamo alla fascia cosiddetta fertile, quindi 20-44 anni. Sappiamo che a 20 anni è difficile che qualcuno cominci a mettere su famiglia in Italia. L'età al primo parto è attorno a 30 anni ormai. E anche per ragione strutturale, non soltanto perché le persone non hanno voglio di fare fili. Qui vediamo la donna, è stato citato, la partecipazione femminile al mercato del lavoro è relativamente bassa in Italia. Se guardiamo questa fascia qua, è meno della metà delle donne che sono occupate. Dai uomini è un po' di più, però non è che siamo al 100%. È un problema, o magari la vediamo dall'altro lato, non fanno più figli perché vogliono tutti fare carriera? Pare proprio di no. Il professor Rosina ce l'ha già detto. Allora, oggi la situazione è così, i figli si fanno in quei contesti dove si riesce a conciliare famiglia e lavoro. E qui abbiamo la Francia con alto tasso di figli per donna, cioè tasso di feconità, alto tasso di partecipazione femminile, abbiamo i paesi nordici, abbiamo crescentemente anche la Germania. Il Trentino alto adice, infatti in Trentino alto adice si fa un po' più di figli. Non è neanche tanto, se adesso guardiamo un attimo sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro, cosa vedete qua? Abbiamo le donne senza figli, donne con figli, stratificato per livello di istruzione. Fate caso che la donna altamente distruita, cioè quella del pallino blu, anche se ha figli, ha un tasso di partecipazione maggiore rispetto a quelli senza figli. Quindi non è una questione di figli non figli, è una questione di istruzione. E da lì mi senterei un altro lemento da aggiungere, dove bisogna intervenire. Quindi fateli studiare questi figli. Una cosa carina che solitamente ci guardiamo è il cosiddetto fertility gap. Cioè, abbiamo tutti visti il decline, il diminuirsi del tasso di fecundità, ovvero del numero di figli per copia o per donna avuto, che potrebbe anche essere la conseguenza di scelte di vite che le persone dicono, no, no, guarda, guarda, guarda, che le persone dicono, no, no, guarda, io vorrei fare altro, eccetera, eccetera. Però se chiediamo alle persone quanti figli idealmente loro vorrebbero fare, vabbè, arriviamo al numero che è, ma attorno a due. Se poi guardiamo mettiamo in confronto quanti fanno davvero, vabbè, arriviamo a quello che sappiamo, tassi troppo bassi, meno al di sotto del replacement rate. Questo gap fra quello che vorrei e quello che faccio è particolarmente grande nei contesti come in Italia. Quindi c'è una parte strutturale questa è una buona notizia, perché esattamente quello che avevamo sentito prima, possiamo far qualcosa. E se andiamo a chiedere alle persone, ma perché stai renunciando alla tua, a realizzare i tuoi programmi di mettere su famiglia, di avere figli, di avere altri figli, ma la stragrande maggioranza, 41%, ci dice per ragioni economiche. Figli costano. Questa è un poese, ha anche stato ripreso solo 24 ore, questo è un studio pubblicato da Banca d'Italia. Il costo medio di un figlio in Italia viene quantificato su 640 euro al mese, il che è un quarto del salario medio. In Germania l'importo è un po' più alto, però solo un quinto, perché come sappiamo i salari sono molto più alti. Questa è parte della storia sappiamo, ieri avevamo anche una sessione appositamente sul rischio di povertà lavorativo, sappiamo che avere dei figli viene per, ce la ricordava la professoressa Zanfrini, soprattutto per la fascia emigrante, viene con un rischio di cadere in povertà. Quindi non era il problema che lavorano in troppe le donne, no, anzi esattamente l'opposto. Allora qual è il problema in parte? Guardiamo la parte del, delle condizioni di lavoro, qui vi riporto la disoccupazione i contratti a tempo determinati. Questa è una misura, potrebbero essere altre, quindi un contratto a tempo determinato, cioè a termine, solitamente viene con una instabilità lavorativa molto maggiore rispetto ai contratti a tempo indeterminato. E in più vengono anche con dei salari molto minori. Il gap può per alcune fasce arrivare persino a un 40% in meno, a parità dell'orario lavoro, a parità di occupazione, livello di istruzione, eccetera. Allora, i figli costano, i giovani, e soprattutto i giovani sono in condizioni lavorative che non se la possono permettere. Ed è questo che vediamo qua. Qui vediamo la transizione al primo figlio per le donne chi ha un lavoro atipico, permettetemi questo termine, ha dei rischi o dei chance di fare un figlio che sono molto, molto minore rispetto a chi ha un lavoro cosiddetto stabile. Qui vedete, rispetto al lavoro stabile, quanto è più basso la probabilità di fare un primo, un secondo, un terzo figlio, è sempre più basso. Quindi la stabilità lavorativa, che sappiamo che è anche quella meglio retribuito, conviene anche in termini demographici. Quello che vi voglio far vedere è che questo gap qui, questa penalizzazione di un lavoro instabile, sta aumentando nel tempo, anche per le donne. Quindi non basta che lui abbia il posto garantito, e lei può anche fare qualcosa altro. Non funziona più. Naturalmente uno può dire va bene, la pospono, lo faccio un po' più tardi, questo figlio, però non si recupera. Qui stiamo guardando cosa succede in termini di figli avuto alla fine del periodo fertile. Per una cohort, che naturalmente a questo punto deve essere più vecchio, perché devono aver finito, confrontando i percorsi lavorativi. In rosso vediamo percorsi precari, instabili. In nero con le strisce vediamo percorsi stabili. Cosa viene fuori? Una donna che ha avuto un percorso instabile fa 0,66 figli. Una donna che ha avuto un percorso stabile, lavorativo, continuo, fa 1,48 figli. Notate che questo è superiore all'attuale tasso di fecondità. Allora, una parte della spiegazione della cosiddetta denatalità la possiamo cercare anche nel mercato del lavoro. Ma il primo punto è attenzione alle disegualianze di cohorti, anche in termini di spesa pubblica. Per il momento la stragrande parte va sulla parte della popolazione più anziano. Non viene nella stessa quantità fatto un investimento nel futuro, cioè nelle generazioni giovane. Anzi, sono esattamente i giovani che si sono visti a dover affrontare tutti gli effetti della cosiddetta deregalamentazione del mercato del lavoro, eccetera, eccetera. Da qui l'accenno alla al lavoro a termine. Allora, ricapitolando, questa era la spesa pubblica di prima. Qualcuno oggi deve fare la scelta per un domani. Ricordiamoci la struttura della popolazione chiudo con una cosa un po' provocatoria. Chi vota queste scelte pro futuro? Sì, sì, loro sì, solo che sono pochi. Ecco, grazie. Grazie. Bene, e siccome tutti i nostri speaker sono stati super disciplinati con la tempistica, devo dire che questa Jeju qui davanti è abbastanza brutale, adesso abbiamo ampio tempo per le vostre domande. E qui c'è già una. Grazie. Io sono una pediatra per cui ho il mio osservatorio. Niente, mi permetto di aggiungere una cosa un po' drammatica che comunque la fecondità nei paesi occidentali anche cala perché cala l'età a cui si ha il primo figlio, però c'è un drammatico problema di fecondità probabilmente dovuto all'inquinamento che riguarda una coppia su cinque anche di quelli che vorrebbero fare figli. Piccola cosa. E poi non so, anche sempre dal mio osservatorio potrei dire io tantissime famiglie di immigrati che poi cercherebbero di andare al trovo in Svezia, in Germania, in Inghilterra perché qui il loro progetto poi di così per farsi una famiglia spesso viene un pochino anche nel dorato Trentino viene un attimo frustrato nelle loro aspettative che fossero migliori per i loro figli. Però quello che volevo dire ra questo, che secondo me deve essere fatto un grandissimo lavoro come voi sapete di programmazione sia a livello probabilmente di flussi migratori proprio a monte ma anche sulla scuola sulla preparazione cioè su formare queste persone e lì bisogna anche dire che c'è un gap culturale secondo me è come se sono di tre generazioni fa quindi sono portatori dei loro valori, identitari, culturali però vengono da paesi spesso poveri con anche retaggi che non sono proprio compatibili con i nostri retaggi di tradizioni anche nella parità di genere quindi lì va pensato va regolato però effettivamente l'integrazione, come in altri paesi è avvenuta, ci vuole tempo, ci vogliono generazioni però non viene fatto a programmazione quindi la scuola è importante a tutti i livelli sia per gli italiani che per gli immigrati quindi la programmazione politica del lavoro, della scuola della formazione delle persone che non si devono lasciare scappare poi c'è un altissimo livello di riflessione di una gran sensibilità della gente che viene a sentirvi ma quelli che veramente devono decidere, cioè che cosa si stanno dicendo perché quello che battono in gran cassa su tutti i telegiornali ogni tre secondi è tutt'altro siamo invasi dagli immigrati, abbiamo la sostituzione tnica, dobbiamo rivendicare il nostro ceppo veramente c'è uno strabismo fra l'urgenza quello che si sa ormai da trent'anni e poi la miopia delle classi dirigenti basta così Grazie mille penso che abbiamo sicuramente almeno due domande, uno sarebbe sulla fecondità assistita direi l'altra sicuramente sull' integrazione dei migranti almeno per quanto mi riguarda io credo che il discorso sulla fecondità sul fatto che spostando in avanti l'età al primogenito e poi i successivi evidentemente si si perde potenzialità riproduttiva per dirla un po' alla buona, ma questo è un dato di fatto, che poi la si perde anche per fattori esterni, l'inquinamento piuttosto che a livello maschile e femminile quindi non è solo questione di donne ma direi che ci si mettono la loro parte anche gli uomini, questo è un dato di fatto accertato eccetera, quindi è uno dei problemi sul fronte opposto c'è il fatto che rispetto a vent'anni, trent'anni, cinquant'anni fa c'è una maggior capacità di risolvere i problemi legati alla fecondità, quindi il discorso della fecondazione assistita in qualche modo dà una mano a compensare la minor potenzialità ma insomma in qualche modo evidentemente un beneficio c'è. Sul fronte immigrati osservazione rapidissima in Italia esistono 5 milioni 200 mila stranieri residenti ci sono anche un milione e mezzo, un milione e sei circa di ex stranieri cioè di persone che erano stranieri hanno il passaporte italiano quindi se li mettiamo insieme arriviamo a 7 milioni più o meno di soggetti in un paese sempre di 58 milioni e 59 milioni quindi vuol dire che la componente straniera oggi presente in Italia è importante d è cresciuta molto rapidamente ora la mia considerazione di buon senso è semplicemente quella di dire che in fondo, se andiamo a vedere integrati o non integrati, tanto o poco più o meno, ognuno ha cercato di fare la sua parte però nonostante appunto 7 milioni di persone in un paese arrivate abbastanza velocemente non è successo nessuna rivoluzione siamo stati comunque nel bene e nel male con delle pecche naturalmente con situazioni territoriali diverse però siamo stati comunque capaci di integrare o comunque di convivere con una componente che qualche volta aveva posizioni culturali di vario genere, formazione, background di tipo abbastanza diverso quindi al di là del fatto che c'è molto da lavorare però vorrei che si considerasse anche il fatto che alcune cose sono comunque state fatte soprattutto nel mondo della scuola quindi il bicchiere è anche mezzo pieno, non solo mezzo vuoto questo è un atteggiamento secondo me importante da tenere perché tutte le volte che abbiamo dei problemi dobbiamo anche riflettere sul fatto che il problema ha da risolversi ma c'è anche poi dietro qualcosa che comunque abbiamo iniziato a fare cco non dimentichiamocelo sennò perdiamo la spinta a cercare di risolvere il problema Si, integro su questo punto allora purtroppo devo dire anche a livello internazionale le politiche migratorie sono delle politiche ad altissimo rischio di fallimento cioè non esiste un modello di successo cui ispirarsi quelli che noi spesso prendiamo ad esempi sono modelli che a me suonano un po' come darwinisti tanto celebrato Canada attua politiche molto selettive persino quando si tratta di accogliere rifugiati, richiedenti asilo quindi come dire non esiste un modello di riferimento dopodiché con tutte le inadempienze, i margini di miglioramento che ci stanno nel quadro normativo nel quadro procedurale vi invito veramente a leggere questo libro che è scaricabile dove si trovano tutta una serie anche di analisi rispetto a cosa non ha funzionato in trent'anni di governo dei flussi migratori in Italia devo anche dire che l'integrazione purtroppo non si fa con le politiche cambiando la legge sulla cittadinanza sistemiamo le cose, purtroppo no l'integrazione si fa nei luoghi di vita e di lavoro vi faccio questi due esempi sappiamo benissimo quanto sono preziose le donne immigrate che lavorano nelle nostre case in sei, sette case su dieci non sono assunte non hanno un contratto di lavoro si dice colpa della legge che non consente di regolarizzarle no, purtroppo no perché solo una minoranza di queste donne non hanno una sparuta minoranza non hanno un permesso di soggiorno la stragrande maggioranza sono donne con un permesso di soggiorno o cittadini europee che potrebbero benissimo essere assunte dal punto di vista della normativa sull'immigrazione di chi è colpa è proprio vero che tutte le famiglie non sono in grado di pagare i contributi è vero che ci sono, insomma come dire, no? vi faccio un altro esempio tutti amano rappresentarsi come socialmente responsabili che coccolano i loro dipendenti che hanno anche bisogno di trattenere, perché con queste dinamiche demografiche ci sono anche meno giovani che quindi fanno pacchetti straordinari di welfare aziendale sanità integrativa, eccetera poi per pulire i bagni fanno una gara al ribasso quindi nella stessa azienda troviamo dipendenti per coccolati molto spesso immigrati o non immigrati che magari devono lavorare di sera dipendenti da qualche cooperativa per 4-500 euro nella legalità cco, quindi come dire, l'integrazione ma non è solo l'integrazione è proprio appunto la dignità del lavoro la dignità delle persone si costruisce nei luoghi di vita di lavoro chiaramente ci sono dei temi ad esempio vedo che c'è qua il collega al professor Bonatti nel libro bianco abbiamo ricepito questa proposta di sussidiarizzazione del costo del lavoro quando si tratta di un lavoro essenziale come è il lavoro di cura degli anziani nelle case, che evidentemente va supportato dallo Stato ci sono politiche fiscali politiche che, insomma favoriscano l'emersione anche del lavoro nero che ristabiliscano con un quadro di legalità purtroppo non è con le politiche migratorie se noi ci illudiamo cambiando la legge sull'immigrazione di sconfiggere il caporalato di sconfiggere le grandi piaghe del paese che sono economia sommersa a livelli assolutamente incoerenti con il livello di sviluppo del nostro paese e socialmente così accettata perché se facessimo un sondaggio qui anche se siamo in Trentino, non so se non troveremo nessuno che ha a casa del personale di servizio assunto in nero centri per l'impiego che non funzionano sappiamo, Ministro, che una sparutissima minoranza di italiani trova lavoro attraverso i centri per l'impiego questo vuol dire che in tutti i settori pensiamo all'agricoltura, pensiamo al lavoro manca il presidio istituzionale dell'incontro, domanda, offerta di lavoro le burocrazie pubbliche assolutamente faragginose per cui dopo tre anni ancora non sono state processate 200.000 domande di regolarizzazione cco, non possiamo illuderci che cambiando la legge sull'immigrazione risolviamo i problemi che sono problemi del paese la legge sull'immigrazione è un tassello importante, quando dicevo prima forse dobbiamo un po' destrumentalizzare, ideologizzare l'opzione utilizzare l'immigrazione per leggere quello che non va quello che non funziona costruire delle soluzioni che funzionano solo se c'è un buon livello di corresponsabilità perché la legge è importante ma poi sono gli attori sociali, sono i datori di lavoro sono le organizzazioni datoriali sindacati, le organizzazioni che devono anche costruire cittadinanza fatta di diritti fatta anche evidentemente di doveri, fatta anche di partecipazione alla vita delle nostre società, ecco bene, una domanda qui e qua, ok bene Allora, più che una domanda, io vorrei fare una serie di considerazioni diceva il professor Rosina prima che quattro sono le leve su cui incidere soprattutto allora per esperienza diretta io mi fermo su quella dell'immigrazione visto che questo è il discorso che adesso sta andando per la maggiore, anche se ritengo che le altre tre siano igualmente se non ancora più importanti per quanto riguarda l'immigrazione a parte che io non accetto la parola integrazione che viene usata spesso e volentieri a livello nazionale pensando sempre agli immigrati come un corpo morto che deve integrarsi, come se nel rapporto ci fosse un nostro dare al 100% e un loro subire e acquisire al 100% come nel rapporto insegnante al uno non c'è, c'è sempre uno smosi quindi anche noi ci formiamo in questo rapporto, però volevo dire per esperienza diretta io faccio la volontaria in un'associazione di Bolzano che si occupa da tantissimi anni di migrazione femminile e io vedo che le persone se sono stimolate rispondono tantissimo, quindi non c'è il discorso di considerare che loro sono portatori e portatrici di culture altre che non vogliono confrontarsi e misurarsi con noi, ma c'è solo il discorso di che cosa portiamo a noi che cosa offriamo a noi perché per esperienza diretta queste donne se vengono stimolate parlo sia di donne che lavorano sia di donne che non lavorano se queste donne vengono stimolate sono sempre molto aperte e disponibili diciamo lasciarsi aiutare acquisire cose nuove quindi per esempio l'associazione si occupa di offrire loro opportunità di conoscenza della realtà locale di confronto con le istituzioni pianifica dei percorsi per cui possano acquisire la lingua pianifica dei percorsi per cui possono arrivare ad una cittadinanza attiva confrontandosi con le istituzioni del territorio non ultimo per esempio consultori femminili dove viene dato loro informazione sulla fecondità sul ciclo fertile su tutte queste cose se ci sono anche problemi più grossi queste donne hanno anche la possibilità di vivere in un ambiente dove creano un network creano delle relazioni fra di loro con gli autoctoni perché per esempio uno dei nostri orti interculturali hanno la possibilità di uscire di casa di confrontarsi, di aprirsi vedo che le risposte sono sempre molto ma molto positive attraverso queste risposte molte di loro sono arrivate ad acquisire un certo livello di conoscenza della lingua a parte che da noi adesso c'è anche l'obbligatorietà per poter avere i sussidi suprettivi della provincia Lasciamo anche un po' di spazio per altre domande Voglio dire che la mano pubblica deve stimolare su questo Ecco, questo volevo dire Grazie A questo punto raccoglierei un po' di domande Prof. Cerea Un piccolo contributo sulla spesa pubblica La spesa italiana per le pensioni è molto alta in termini relativi che in termini assoluti anche perché c'è una componente che pochissimi altri paesi hanno la pensione di irreversibilità concepita per quando le donne dovevano stare a casa il marito era l'unico che lavorava Quello è un segmento con una spesa molto alta su cui si potrebbe riflettere La seconda considerazione sono le case popolari, l'edilizia pubblica Nel boom economico l'Italia aveva più o meno la stessa popolazione ma un numero di famiglie molto più basso le case popolari coprivano una quota molto alta delle residenze, di fabbisogni residenziali offrendo alloggi a basso costo Oggi segnalo che grazie all'intelligenza di qualche politico, una parte di questo patrimonio è stato venduto che le condizioni per accedere sono associate a un reddito che normalmente è cinque volte quello richiesto per permanere Quindi non c'è turnover le case popolari sono l'altro modo per diventare proprietario Se invece noi riuscissimo ad introdurre del vero turnover trasformassimo le case popolari in strutture dedicate alle coppie giovani avremmo risolto anche il problema del costo della vita, del costo di far figli dei differenziali salariali Perché offrire una case popolare a Milano può risolvere molti problemi per una famiglia che si trova a dover pagare anziché 1500 euro, magari 200, 300 euro Grazie Penso che qui non avevamo bisogno di una risposta Avevo due persone da quel lato lì Il ragazzo giovane Non sto provando di far fuori i giovani Grazie mille Non so se sono il più giovane in sala mi ha colpito l'ultima cosa che è stata detta in relazione alla non piramide demografica alla relazione tra interessi tra le fasce della popolazione votanti Quindi il problema è sì anche vedendo la distribuzione della spesa pubblica la gran parte va per le pensioni la gran parte delle campagne politiche delle recenti elezioni mirano a stringere l'occhiolino alla fascia più anziana quindi si aumentiamo i sussidi per le famiglie aumentiamo i sussidi per i giovani i giovani dovrebbero andare a votare benissimo ma se sono una parte piccola relativamente piccola della popolazione potranno effettivamente influire sulla spesa pubblica questo è la prima cosa il secondo aspetto che mi ha colpito molto della dottoressa Zanfrini quella frase, quella citazione che ha detto io posso portare una piccola visione da universitario tra tutti i problemi di cui la mia generazione si fa combattente ci sta quello del clima quello della famiglia ce lo siamo totalmente scordati questa è una cosa a cui io tengo molto ho l'impressione che i miei coetani per niente della famiglia, per nulla sono totalmente spaventati da affrontare questo tema tra la fascia tra i 20 e i 30 quindi chiedo a lei come si può educare alla famiglia tradizionale o no, non mi interessa ma come si può educare alla famiglia ai figli, grazie Io andrei avanti a raccogliere le ultime due domande che ho viste poi facciamo una risposta molto breve conclusiva vado in ordine penso la signora in rosso poi due file più dopo si, buongiorno, molto scientificamente volevo chiedervi un parere abbiamo visto appunto l'insedimento del governo che ha voluto inserire per la prima volta la parola natalita per un ministero cco, dal mio punto di vista io sono la mamma di un bambino di 6 mesi quello che ho visto è semplicemente un piccolo piccolo aumento temporaneo di quello che è l'importo dell'assegno unico quello che chiedo dal vostro punto di vista come specialista del settore è dal vostro osservatorio, vedete qualche innovazione? Salve, io avrei due domande la prima molto tecnica, nei dati Istat quando si fanno i conti demographici i stranieri residenti in Italia senza cittadinanza sono contati o vengono contati solo gli stranieri con cittadinanza? questo era un tecnicismo la seconda domanda che in realtà è molto breve si parlava di come invertire la curva la torre pendente di cui parlava il professore prima che è una cosa legittima le vie che al momento mi sembra siano state messe in campo sono due, sussidi a pioggia e come dire, interventi strutturati nel mondo del lavoro quindi i contratti di cui si parlava prima a tempo determinato pure no questo tipo di cose qual è secondo voi la via nell'immediato? quindi qui ed ora più pratica, più realizzabile soprattutto quella che può dare i benefici maggiori, io ad esempio sono dottorando uno stipendio da fame, chiaro che il bono simps di 150 euro mi torna utile poco perché è misero, però torna utile quindi forse per me qui ed ora vorrei sussidia a pioggia per tutti quindi non è sostenibile credo però ne so molto poco e per questo chiedo a voi cioè qual è il modo più sostenibile di affrontare il problema quello che a lungo andare può dare i vantaggi maggiori? ultimissima domanda, poi cominciamo con Rosina Zanfreni no vuoi chiudere? ok, e Plangiardo chiude in bellezza io avevo due domande una, se ci sono degli studi che riguardano la qualità del capital umano che emigrano da una azione all'altra se ci sono pattern valoriali tra cui le persone decidono di spostarsi diciamo così la seconda è, se sarà difficile anche un poco aspicabile, ma se il grafico che ha visto in precedenza sulle pensioni, possibile anzi impossibile politicamente un taglio di quella voce di spesa forse puntare di più sui dottorandi anche quello che ha parlato in precedenza potrebbe creare grazie Alessandro scegli la risposta che vuoi dare il tempo è mai scaduto quindi sarò molto veloce sono tutte considerazioni e domande che fanno parte del confronto che dobbiamo avere su quelle scelte che il Paese deve fare, fa fatica a fare deve fare a qualsiasi livello di politica, sia di mondo territoriale che di aziende, società civile, ecc se abbiamo una direzione comune è questo che ha fatto la Germania, invertendo la tendenza ha fatto convergere tutti quanti verso qualcosa che era di interesse comune e che quindi poi è uscito ad essere trasformativa come politica, politiche trasformative sono quelle che abilitano le persone nel fare le proprie scelte e poi queste scelte diventano scelte che funzionano di successo coerenti dalla propria vita e vanno a replicarle ulteriormente diventano anche un'esperienza positiva che le altre poi adottano, imiterano altrimenti se la scelta di avere un figlio diventa qualcosa che ti complica la vita, che ha un costo non hai un ulteriore figlio gli altri che vedono le tue complicazioni sono disincentivati la denatalità è dovuta a questo non è dovuta a una scelta di non avere figli ma a una scelta desiderata che semplicemente rimane in sospeso, viene progressivamente rinviata e poi alla fine diventa un'implicita rinuncia, quindi se un paese volesse oggi disincentivare le nascite, non è che deve fare qualcosa per impedire alle persone di avere figli, basta semplicemente che non metta le condizioni che la scelta poi desiderata possa essere realizzata questo è quello che ha fatto il nostro paese che debolmente sta facendo anche adesso sostanzialmente, quindi è chiaro che noi siamo di fronte a politiche che sono molto deboli, sono molto lontane dalle migliori esperienze europee su qualsiasi livello cioè se noi andiamo a vedere il sostegno conomico alle famiglie con figli che è quello che ha un impatto diretto più immediato, beh basta guardare il caso della Germania cioè noi come aiuto che diamo nella segno unico che va a tutte le famiglie con figli il riconoscimento conomico arriva mi pare a 50 o 75 euro poi dipende anche casistiche eccetera, beh in Germania è oltre 200 euro abbiamo visto qual è il costo dell'avere figli e soprattutto sui giovani fa la differenza rispetto alla avere un figlio e al rischio di trovarti a peggiorare la tua condizione conomica nella fase in cui sei ancora all'inizio quindi questa incertezza anche economica quindi la leve economica è importante ma da sola non basta, che cosa serve? Poi servono i servizi per l'infanzia, le misure di conciliazione e siamo lontani da quello che fa la Francia e che fa la Svesia, siamo lontani da quello che sta facendo la Spagna sui congedi di paternità in maniera che anche l'avere figli diventa qualcosa di condiviso all'interno della coppia cco rispetto a tutti gli elementi che messi assieme vanno a conformare le politiche familiali a punto di vista sistemico che siano congedi di paternità, che sia il sostegno economico, che sia i servizi per l'infanzia siamo molto indietro rispetto alle migliori esperienze europee l'unico modo per invertire la tendenza invece è convergere in quella direzione se non lo si fa subito la trappola demografica ci condanna a un avvitamento verso il basso diventerà sempre difficile invertire la tendenza, questo è il primo punto l'altro punto legato anche ai giovani che se ne vanno questo è il rischio grosso, non solo i giovani che si trovano in condizione di difficoltà a formare una propria famiglia da avere figli a realizzare i propri progetti di vita che si resegnano verso il basso e diventano hit ma anche i giovani che invece sono ben formati hanno voglia di realizzare pienamente i propri progetti da essere valorizzati e se ne vanno dove queste valorizzazioni possono trovarla, cioè in altri paesi la Germania sta facendo questo cioè sta attraendo capitale umano di qualità molti giovani italiani vanno in Germania e pochi giovani tedeschi vengono in Italia come mai? Ci sarà qualche motivo perché lì quello che funzionerà nei prossimi anni proprio perché i giovani sono pochi dal punto di vista quantitativo la capacità di essere attrattivi rispetto alle nuove generazioni di essere attrattivi sia rispetto al lavoro alla capacità di essere formati bene alla possibilità di ssere messi nelle condizioni di realizzare i propri progetti, i propri desideri i paesi, i territori, le aziende le organizzazioni che si metteranno in sintonia con questo desiderio dei giovani di trovare valorizzazione di dare il meglio di sé attrarranno giovani, gli altri invece si troveranno con giovani che se ne vanno è una struttura demografica che è sempre più compromessa in tutto questo per essere attrattivi nei confronti dei giovani non si possono fare politiche dall'alto, bisogna coinvolgerli il primo coinvolgimento è quello all'interno dell'elettorato, cioè delle decisioni collettive del paese quindi qui abbiamo una doppia debolezza del nostro paese cioè la debolezza nelle scelte personali che i giovani fanno, che si trovano a essere riviste verso il basso, è la debolezza della possibilità di contare sui processi decisionali collettivi del paese, che è ridotta dal minor peso demografico che diventa anche il minor peso elettorale quindi questo indebolimento nei propri progetti di vita e quindi di proiezionare nel futuro e di far contare il presente rispetto al proprio futuro di far contare le proprie scelte nel presente dal punto di vista elettorale rispetto alle scelte del paese fa sì che i giovani si trovino appunto sfiduciati ai margini che poi perdino interesse e in qualche modo cerchino via di fuga individuale d è questo in qualche modo da cui dobbiamo ripartire, cioè per essere attrattivi nei confronti dei giovani bisogna coinvolgerli pienamente nelle scelte che li riguardano e nelle scelte che gli aiutano a ritrovare un peso anche qualitativo, che compensa la riduzione quantitativa nella prospettiva che il paese può darsi. La domanda era nella popolazione residente ovviamente sono dentro anche gli stranieri, quindi tecnicamente lo straniero regolarmente residente in Italia è tre residenti non c'è problema, non ci sono gli regolari quelli che non hanno titolo di soggiorno non sono conteggiati nella popolazione il fatto che ci sia sensibilità o maggiore sensibilità rispetto al passato è un dato di fatto, cioè la parola natalità nel ministero è ovviamente formale, però secondo me almeno a livello di sensazione che c'è comunque una maggior consapevolezza in generale anche dalla parte del mondo della politica poi che si facciano o non si facciano le cose che si vorrebbe faccessero aspettiamo fiduciosi, però che ci sia comunque un passo avanti secondo me da questo punto di vista io credo che ci sia, bisogna vedere quanto va avanti. Alla fine per chiudere abbiamo parlato di tante cose, aspetti di carattere materiale eccetera eccetera c'è un elemento culturale importante che andrebbe recuperato, cioè il senso dell'audacia nel fare le scelte impegnative che una volta, forse nei giovani di una volta c'era di più che c'è un po' meno nei giovani di adesso cioè ci vogliono delle sicurezze oggi che forse un tempo non si volevano a tutti i costi e quindi si può essere genitori o comunque fare delle scelte importanti nella vita anche se non si ha assolutamente la sicurezza di avere la casa, la posizione il lavoro, blablabla una volta, le mie generazioni le facevano oggi è più difficile i tempi sono cambiati io credo che bisognerebbe cercare di recuperare anche qualcosa da questo punto di vista io direi che facciamo quello che solitamente nei conveni scientifici facciamo rimandiamo va bene allora, organizzatori come si sono messi? allora va bene professoressa Zanfrini per piacere ok, al volo no, due cose al volo il tema del peso lettorale, ce l'ha dimostrato la Brexit una decisione che vale per il futuro che è stata scelta dalle fasce di età più mature però è anche vero che al di là del peso elettorale proprio l'esempio del cambiamento climatico dimostra come ci sono modi per farsi sentire nell'arena pubblica che vanno anche oltre la partecipazione lettorale e mi riallaccio alla seconda domanda che era proprio rivolta a me personalmente è verissimo che dicevi perché sei molto giovane io nel lavoro con gli studenti dove formo manager insisto molto per esempio sull'importanza come secondoattore importantissime le politiche, tutto quello che abbiamo sentito ma anche le politiche di gestione delle risorse umane sono strategiche per affrontare questi temi, per supportare la natalità per supportare tutte le sfide della conciliazione che a me non piace chiamare conciliazione perché è un termine che evoca conflitto piace chiamare equilibrio fra vita lavorativa vita to cure ma è verissimo che nella popolazione studentesca la sensibilità per l'importanza delle questioni demografiche è nulla cioè è importante che l'azienda investa sul ma così come nulla in realtà tutto quello che guarda il futuro questo è paradossale parlando con chi fa pacchetti che si vuole fare aziendale interessa di più avere il buono spesa il buono vacanze che non la previdenza complementare che non la sanità integrativa che non le politiche di sostegno la genitorialità quindi i ragazzi di 25 anni entrano in azienda sono così come le ricerche sulla cultura contemporanea ce lo dicono molto appiattiti sul presente allora è verissimo che questo è un tema, il tema culturale è un tema scontiamo i costi di quello che la sociologia ha ben interpretato come questo presentismo questa è stata un'incapacità delle generazioni precedenti di educare in senso pieno l'assunzione di un ruolo adulto a 360 gradi che necessariamente ha lo sguardo sul futuro Bene, a me non resta che ringraziare i nostri speaker, il pubblico.
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