La crisi di crescita dell’economia italiana: una lettura prevenuta
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La crisi di crescita dell’economia italiana: una lettura prevenuta
Facciamo una cosa bella se le d'accordo. Io metto le sue slide dopo le sue, in modo tale che non dobbiamo... Esatto, esatto. No, perché noi basta sapere. Escape? No, no, no, nel prossimi 50 secondi. 50 secondi, che terminati i 3 minuti, 50 secondi. Guarda, questa abbiamo finito, eh. E io le metto prima, come era prima. Ok. Ok. Ok. Ok. Quindi togliamo queste qua. Dov'è il mouse? Come è lo il mouse? Hai visto che sono sparito? Io lo sapevo. Guardi, a me non basta che vi chieda. Vedrai che riuscirei a bucare te e me. Perché il mouse non va? Scusa. Dopo lo dobbiamo raccontare a memoria. Ma non sono troppo. Spatta, il mouse non va. Il mouse non va? Senti, perché non mi dice, faccio escape da lui e poi mi trovo il mio? No, ma c'è. È di seguito, non è escape. Non lo voglio di seguito, ti riesco a fare due passaggi. No, no, il mouse non va. Non è perché hanno innescato questo adesso. Provi a vedere se... F5? Ce l'avevi nel stello il mouse. Era finito qui il mouse e il destructor. Ah, è finito l'alma. E potete... È ritornato. Ok, quindi battoli. Un attimo. Ci siamo, ci siamo, guarda. È di nuovo. Ma questo qui era il mio prima, no? Sì, voglio... Allora, noi adesso facciamo questo. F5. E non usciamo da qua. 25°, ok? Quindi andiamo avanti. Però lui lo vuole vedere in modalità visualizzazione. Lo vuole vedere anche tu, ok? Andiamo? Perfetto. Le avevo detto 3 minuti, e che meno di 3 minuti. Ce l'ha fatto? È pronto? Quindi una dietro l'altra. Se preferisci anzi di usare le frecce... Io vorrei usare il tasto che ho davanti. Perfetto. Così? Va bene. Ok. Se poi si ferma al suo, non me ne importa niente. Basta che funzioni a me. Si, perché è più alta la piazza. La gini è molto alta, effettivamente. Massimo, la tua testa è scruda, testo e denti. Sono lì tutti lì. Pedro per me. Che ci importa. È interessante questo pubblico sofisticato. No, però guarda che ho visto anche alcuni addetti al lavoro. Io le conosco. Quello che mi è venuto prima al salto. Bene, bene. Insomma è un tema... No, poi comunque lo spirito del festival è proprio la divulgazione. Quindi dare un po'. Ok. Direi che è tempo di iniziare. C'è il gel di crampone. Sì. Questo è acceso, sì. È acceso perché è verde. Un minuto. Un minuto. Andiamo? Ok. Certo, noi vogliamo partire puntuali. Noi vogliamo partire puntuali. Ok, inizio? Ok. Allora buongiorno a tutti. Grazie di essere qui. Oggi cerchiamo di capire perché l'economia italiana non è cresciuta o è cresciuta poco negli ultimi diciamo 30 anni. Ce lo spiegherà il professor Stefano Micossi, che è qui accanto a me. Dopodiché se non si è venuto iniziato, dopodiché sarà la professoressa Gloria Bartoli a commentare e a fare alcune osservazioni. Allora velocissimamente fatemi dire due cose sul professor Micossi, il quale ha avuto una carriera molto prestigiosa come economista e, anzitutto, alla Banca d'Italia. Lui era il responsabile del settore esteri e economia internazionale del Centro Studi, forse se posso dirlo, il più prestigioso in Italia, della Banca d'Italia. Dopodiché è stato il chief economist del Centro Studi della Confindustria. Poi ha avuto una importante responsabilità istituzionale come direttore della sezione industriale, direttore generale dell'industria della Commissione Europea a Bruxelles. Poi è stato direttore di Assonime. 23 anni, non è finito. Dopodiché adesso è fellow di istituzioni come la Lewis, la Bocconi, e nella Bordel del Seps, che è un importante think tank di analisi economica e politica che ha sé da Bruxelles e altri vari incarichi che è curioso che può vedere su Internet. La professoressa Bartoli è, anzitutto, qui in qualità di segretario generale dell'Osservatorio per la produttività e il benessere della fondazione Torvergata. La professoressa Bartoli ha lavorato molti anni a Washington al Fondo Manitario Internazionale. Quindi credo che veramente i nostri due speaker hanno tutte le competenze necessarie a darci le indicazioni su questo tema della crisi di crescita dell'economia italiana. Grazie. Buongiorno a tutti. Grazie per queste gentili parole. Questo tema di cui vi parlo oggi è qualcosa che ho avuto nel cassetto per 20 anni. Sapevo che volevo trovare una risposta, ma non avevo mai abbastanza tempo e quando ho avuto più tempo ci sono tornato. E' una risposta credo paziale naturalmente di averla trovata. Ma quale problema? Il problema è noto che a un certo punto, alla fine degli anni 60, si rompe, si interrompe il miracolo e una crescita impetuosa dei primi 25 anni dopo la guerra si arresta. Questo è un fenomeno abbastanza generale nel modo avanzato. Quindi non è solo italiano. Ma nel caso dell'Italia sembra essere più severo. Nonostante l'abbassamento della crescita, comunque, fino alla metà degli anni 90, il reddito pro capita degli italiani continua a convergere con diversi livelli degli altri paesi avanzati. Il processo sembra interrompersi nel 1995. Lì c'è una vera rottura e cominciamo a cadere indietro. E come vedete, fra il 1995 e il 2016 questa caduta è piuttosto ripida. In termini di reddito pro capita, è la misura più semplice e banale, ma direi significativa, del benessere. Qui vedete che è successo qualcosa di drammatico alla produttività. Il prodotto per unità di lavoro, per le produttive fattori, si ferma e ci distingue dagli altri paesi avanzati. Ma è già dalle discorsioni sociali degli anni 70. Prima ci fermiamo, poi cominciamo a perdere il terorino. Quindi il quadro è chiaro. La mia tesi è che la forte ostidità all'economia di mercato, che vale per un lungo periodo negli anni 70, spiega una caratteristica particolare della proprietà delle imprese familiari. La chiusura all'esterno, sia del capitale, sia degli apporti, che si riempie, è una spiegazione importante della difficoltà dell'economia italiana di mantenere i livelli di tecnologia e di efficienza gestionale. Quindi lì c'è un fattore specifico, ma quella struttura chiusa della proprietà delle imprese familiari non è una cosa che si può fare. La proprietà delle imprese familiari non ha una spiegazione. Questa è l'espiegazione che io cercavo e che oggi provo a proporvi. Allora, io metto l'accento su qualcosa che sappiamo essere stato importante, ma che curiosamente nella lettura economica degli anni dopo la guerra, ma soprattutto negli anni che segurano il grande labor unrest degli anni 70, questo tema dell'impatto dei Laborator Moors è stato messo a coté. Non è un tema popolare. Io temo perché non si poteva ammettere che potessero essere avvistati conseguenze permanenti e dannose. C'è una specie di general favor a quei disordini che fosse aiutato a distogliere l'occhio degli economisti o dei assistenti o permanenti. Quale è la caratteristica di quei disordini a livello delle fabbriche nelle relazioni di lavoro? C'è un clima di conflitto senza precedenti e che avrà una durata senza precedenti a livello di impianto. Il management veniva apertamente sfidato sul posto di lavoro e le decisioni venivano impedite. Una volta si diceva che si firma un contratto e la conflittualità finisce. Gli anni 70 sono un periodo in cui ogni contratto è l'occasione per un aumento di conflittualità. Con l'argomento di diminuire i conflitti nel 1975 la Confindustria firma un accordo con i sindacati confederali che praticamente introduce nell'economia italiana l'indicizzazione al 100% rispetto all'inflazione dei salari. Questo la dice lunga sul desiderio di fare una soluzione ai conflitti. Questo non accade ed esplode l'inflazione. Quindi qui c'è un passaggio cruciale nella storia dell'economia italiana. Dovete tenere presente questo grafico abbastanza significativo. Vedete la riga continua che sta sopra? Quello è l'andamento dei salari. La riga tratteggiata che sta sotto sono i prezzi al consumo. Questo dice che c'è un decennio in cui le retribuzioni eccedono fortamente l'andamento dei prezzi, forti aumenti reali. Gli histogrammi sotto dicono anche un'altra cosa che quegli incrementi sono molto superiori alla produttività. Questo è un'idea molto pesante. La rigidità e la compatitività dei sindacati furono aumentati da una legge famosa, lo statuto dei lavoratori, che ha forzato i diritti dei lavoratori in modo che i salari non si riuscino a fare. Ha forzato i diritti dei lavoratori in fabbrica e le protezioni contro il management in fabbrica. Lo statuto implicava forti aumenti dei costi e soprattutto forti aumenti della rigidità in azienda, incluse limitazioni alla possibilità di licenziamento individuale che stiamo risolvendo adesso, in questo caso, per gli anni degli ultimi 10 anni. Il governo Renzi aveva cercato di muovere col vincolo, poi la Corte Costituzionale ha zappato la legge. Una questione che non è andata via e che è rimasta là per trent'anni. Come dicevo prima, il punto unico è un altro shock inflazionistico e alla capacità di governare le attribuzioni molto forte perché intica una copertura quasi del 100% dell'inflazione. Questo produce una fortissima convergenza nei salari verso il livello più alto e per settori e qualificazioni. Cioè il sistema, a causa di questo meccanismo, diventa molto uniforme. C'è poca differenziazione delle attribuzioni. I benefici attesi, come dicevano i due conflitti, non si manifestano tanto. Quando finisce questo parapiglia, quando finiscono queste tensioni e finiscono con una drammatica sconfitta dei sindacati alla FIAT, nell'autunno del 1980, vi ricordate, voi non vi ricordate, perché ricordiamo la marcia dei 40.000 che cambiò completamente il clima politico. 40.000 manager della FIAT, un fatto senza precedenti, scese in piazza contro le pressioni sindacali o le violenze sindacali. Quello che successe immediatamente visibile è che l'occupazione si sposta via dalle grandi imprese e verso le imprese piccole. I numeri dell'aumento dell'occupazione della quale vedete gli occupati per dimensione di impresa, nelle due classi fino a 19 erdetti e fino a 49 erdetti, state parlando di un aumento del 50%. Completamente. Mentre, guardate che cosa succede all'occupazione delle imprese con più di 1000 addetti, con più di 500 addetti e un pochino anche con più di 250 addetti. C'è un collo dell'occupazione per le imprese grandi e un gonfiamento molto forte e anomalo delle imprese piccole e medie. Qui lo vedete, in assunto nella distinzione fra piccole e grandi. È un autentico collo che fa sostanzialmente ridimensionare in maniera drammatica la presenza delle grandi imprese dell'economia italiana, un fenomeno dal quale non ci siamo ripresi. Quindi, dai dati che vi ho mostrato, voi vede, l'Italia ha sempre avuto un'industria più piccola per dimensione dei suoi grandi panter industriali, ma, come avete visto prima, una riduzione della dimensione accade anche negli altri paesi, se lo trovo, beh, dopo comparerà. E, c'è un piccolo particolare, questo spostamento di dimensione, all'inizio, corrisponde a un aumento della produttività, cioè, per un po', piccolo è abbastanza bello, perché la gestione delle grandi imprese è diventata difficile e rigida, e quindi ci si libera le mani di piccole imprese piccole. Torniamo però al punto della crisi di metà degli anni 90, lì succede qualcosa, per colpa della tecnologia, perché la rivoluzione tecnologica richiede grandi dimensioni. Information technology richiede dimensioni che la piccola impresa semplicemente non ha, e quindi, di nuovo, a partire dal metà degli anni 90, si nota questo rimbalzo della produttività delle imprese di maggiori dimensioni. Quindi l'Italia era già piccola negli anni 60 e negli anni 70 come dimensione media di impresa, 28-32% contribuiva a una produzione di 50% più degli altri paesi europei, avanzati il 70% dell'economia americana. Ma non ci è dubbio che mentre gli altri, qualcuno cresce un po' di meno, qualcuno cresce un po' di più, rimangono in quelle fasce dimensionali dove stavano, nel caso dell'Italia c'è questa drammatica perdita di dimensione media. E qui emerge questa caratteristica di cui io mi occupo, e cioè il fatto che emerge distintamente che le caratteristiche proprietarie delle imprese familiari rappresentano un freno sia sulla disponibilità a crescere sia sulla disponibilità di creare sia sulla disponibilità di assumere il management professionale. E quindi, di qui una capacità sistematica di gestire la nuova fase tecnologica. In effetti, una caratteristica che distingue le imprese familiari italiane da quelle straniere, è che in due terzi delle imprese italiane familiari l'intero management è preso dalla famiglia. Questa quota è un terzo in Spagna e un quarto in Germania e in Francia, un decimo nel Regno Unito. Quindi noi ci troviamo con una struttura proprietaria e manageriale che diventa fortemente atipica e che è un handicap. Qual è la spiegazione che vi propongo per questo fenomeno? Il signore che si è accorto del problema si chiama Macro, è un giurista, è un professore a Columbia e oggi sta a Harvard. Lui, attraverso una serie di confronti internazionali scopre che le strutture societarie chiuse sono una caratteristica che si tratta di politici ostili ai mercati e ai buoni rendimenti delle società. C'è un comportamento sociale ostile al mercato e all'impresa che produce una chiusura delle imprese nella proprietà e nel management. Quindi Roe crede e mostra evidenza empirica diffusa che i proprietari delle società saranno più riluttanti a delegare poteri di gestione. Qui c'è un errore che ho rimosso, ma non sono riuscito a rimuoverlo nella versione che è stata messa. Ma il punto essenziale è che i proprietari sono riluttanti a delegare poteri gestionali e che possono recrutare i loro managers all'interno della famiglia perché questo non minaccia la loro cultura stabilita e i loro modi stabiliti su come l'impresa deve essere gestita. Se c'è un posto dove questa storia sembra significativa, è l'Italia. Non solo perché l'Italia fu il teatro di disordini senza precedenti nelle relazioni industriali per oltre un decennio, ma anche perché da dopo la guerra l'Italia è stata ospitata il più forte partito comunista nel mondo occidentale e in un sistema politico nel quale anche il partito di maggioranza relativa era disponibile a forti riconoscimenti per i sentimenti anticapitalisti diffusi nella società. Sto parlando della democrazia cristiana. Quindi, anche se oggi tutti i partiti nel sistema politico sono pienamente impegnati a difendere l'economia di mercato, rimane la possibilità e il dubbio che attitudini culturali permanenti contro l'impresa abbiano prodotto attitudini culturali nei proprietari d'impresa sistematicamente ostile ad aprire il capitale in management a contributi dall'esterno. Questa sarebbe la mia aggiunta a questa letteratura sulla bassa crescita. A te. Buongiorno a tutti. Io in realtà ho poche slides e non voglio nemmeno perdere tempo perché vorrei lasciare un po' di tempo per le domande a tutti con le slides. Quindi ne vedremo una sola che secondo me è molto importante per vedere a livello aggregato che cosa capita. Stefano Micossi ha affrontato un tema cruciale. La stagnazione della crescita in Italia che è diventato un vero e proprio ergastolo perché ce l'abbiamo da trent'anni. Io non contesto chiaramente i dati che ha portato Stefano Micossi ma intendo inserirli nel quadro più generale di due crisi globali che sono capitate all'inizio degli anni 70 e la risposta di politica economica di politica industriale, fiscale e monetaria data dalle nostre autorità a queste crisi globali. Questo ridimensionerà la responsabilità delle lotte operaie nella stagnazione nella crisi del 1995 su cui siamo d'accordo. È importante individuare bene queste cause perché ci permettono di trovare la chiave per far ripartire la crescita oggi. Stefano ha ricordato che dopo la Seconda Guerra Mondiale abbiamo avuto 25 anni di crescita al circa poco meno del 6%. In realtà con un anno, il 61, in cui siamo cresciuti dell'8,3%. Crescita cinese. Quindi non c'è niente di genetico nella stagnazione che ci perseguita da tanto tempo. Possiamo quindi riprendere se abbiamo le buone informazioni e la buona consapevolezza da parte della popolazione e dei governanti. Ma c'è riuscita da sola l'Italia a crescere così tanto per 25 anni? Perché in una generazione l'Italia è passata da paese agricolo a quarta potenza industriale europea. No, non c'è riuscita da solo. Dal 1947-1948 al 1951 abbiamo avuto il vigile aiuto degli Stati Uniti che col piano Marsha ci hanno dato 1400 milioni di dollari in beni e in contanti, in doni, cioè che non dovevano essere restituiti, e in prestiti. Un po' come il PNRR oggi. E come nel PNRR che ci dà l'Unione Europea, avevamo delle condizioni nel piano Marsha, la più importante delle quali era l'apertura delle frontiere al commercio internazionale. È importante capire come funzionò il miracolo perché vogliamo ricominciare a crescere così. Dopo la sconfitta militare e politica abbiamo avuto un rinnovamento completo del management dell'industria pubblica che era molto importante per il ruolo dell'Iri nell'economia italiana. E anche in parte del management privato. Cioè non c'è stato solo Mattei. C'è stato per esempio l'ingegnere ebreo Sinigaglia che creò lo stabilimento siterurgico di Cornigliano che utilizzò gli aiuti del piano Marshal per avere macchinari d'avanguardia e produrre un prodotto nuovo che andava bene per l'Italia, ovvero sia lamiere sottili che servivano per esempio a candi che era stata creata da poco per costruire elettrodomestici, alla Fiat e alla miriade di imprese che si sono create dal 1948 con managers e imprenditori capaci di cogliere e utilizzare le innovazioni che venivano dagli Stati Uniti per nuovi prodotti in Italia. Che cosa fa crescere l'economia? Che cosa l'ha fatta crescere durante il miracolo economico? La Fiat è una produzione che si studia all'università ci dice che il 30% è dovuto alla produttività del fattore lavoro e capitale. Il 70% è dovuto alla produttività totale dei fattori che dipende dall'innovazione utilizzata da managers capaci per nuovi prodotti e nuovi processi produttivi. Questo è quello che capitò nel miracolo economico, perché l'innovazione non è soltanto un nuovo brevetto è anche imitazione ed è quello che facemmo dopo la guerra per 20 anni. La produzione quindi raddoppiò i profitti aumentarono dell'87% e i salari reali aumentarono in più i profitti di 20 anni. I salari reali aumentarono marginalmente. Quindi ci potevamo aspettare al 69%. E gli effetti non capitò soltanto in Italia. Di autunni caldi ce ne sono stati un po' in tutta Europa. In Francia il governo scappò dal Paese per 24 ore perché tenneva la rivoluzione. E non per i nuovi menti studenteschi, ma per gli escioperi operai. In Italia c'erano stati, a partire dal 68, gli escioperi nelle miniere di carbone. Finirono dopo più di 10 anni con la tacera, cioè 79-80%, più o meno come è capitato in Italia. Quindi questo ridimensiona un po' l'autunno caldo. Vi faccio vedere l'unica slide che è un motivo importante. Cominciamo a guardare questa slide soltanto per decenni. Quindi la prima slide è il decennio subito dopo l'autunno caldo. In Italia c'erano stati, in Italia, 1180. I dati sono dell'Oxie, ma è un lavoro, una ricerca fatta dal Fondo Monetario Internazionale 2013. E visto che ci sono tanti studenti qua, quando dovete fare confronti internazionali di dati economici, prendete o Oxie o Fondo Monetario, è un difficile lavoro di armonizzare per poter confrontare mele e mele e non mele e bere. Quindi in questo decennio 71-80, vedete che il lavoro diminuisce. Vedete qui la produttività del lavoro diminuisce dello 0,2%. Si continua a investire, ma si investe nei settori tradizionali per sostituire il lavoro. La total factor produttivi, la produttività totale dei fattori, di cui vi ho parlato e non dimenticatele, cresce del 2,6%. Quindi la crescita, guardate un po', è del 3,7%, mentre il resto d'Europa, un'Europa 15%, è del 3,3%. L'Italia in quel decennio, dopo l'autunno caldo, cresce ancora più che il resto d'Europa. Nel decennio seguente lo vedremo tra breve. Possiamo continuare fino al 95, che lo mettiamo a parte, ma nel decennio seguente, che ha ancora degli effetti del secondo dopoguerra, vedete che diminuiscono, ritorna anche se poco positivo il lavoro, il capitale diminuisce un po', ma la produttività totale dei fattori resta positiva. Questo ci fa crescere al 2,4%, come il resto d'Europa, con il senno del poi, cioè dalle carcine dita. Lasciamo l'altra e vediamo che altro capita in questa decada, perché ci sono cadute addosso, come fanno sempre le crisi globali, la prima è la crisi del sistema di cambi fissi ma giustabili deciso a Bretton Woods. I cambi, quelli che servono per importazioni, esportazioni, per i flussi finanziari e così via, non è da poco. Quindi è finita la stabilità dei cambi. Bretton Woods ha funzionato fino al 1971. È finita la stabilità dei cambi, ma è cominciata in Italia la competitività facile che veniva dalle svalutazioni successive della lira. È facile per gli imprenditori italiani che esportavano, bastava chiedere a quell'epoca era ancora il governo e non poteva mettere una svalutazione più. C'è stata un'altra crisi globale igualmente grave nel 1973. Egitto e Siria hanno invaso all'improvviso Israele e i loro alleati produttori di petróleo hanno aumentato di 5 volte il petróleo, si chiama la prima crisi petrolifera. E hanno anche ridotto le importazioni nei paesi occidentali in quantità. Questo ha fatto finire il ciclo di sviluppo dell'Occidente, che era stato particolarmente accelerato negli anni 50 e 60. C'è assoluta unanimità su questo punto. In Italia c'è però un fenomeno particolare di reazione a questo fenomeno. Che coinvolge politica industriale, fisicale e politica monetaria. Ed è l'inizio dell'invasione da parte dei partiti politici, delle aziende e delle banche pubbliche. La scusa era sostenere l'occupazione. Voleva dire che compravano le imprese fallite dai privati e continuavano a gestirle. E questo è stato un fenomeno particolare di gestire le imprese. E quindi continuavano a gestirle con il managamento lottizzato dai partiti politici. Quindi immaginate la competenza di questo managamento. Siamo ancora al 70-80. Quindi, invece di creare un welfare come nei paesi del nord d'Europa e delle politiche di riqualificazione dei lavoratori, si è creato un sistema di rendite per politici, imprenditori e lavoratori. Quindi si è bloccato il meccanismo che garantisce la crescita ed è che le imprese fallite escono dal mercato e liberano capitale e lavoro per altri migliori impieghi. E questo che ci ritroviamo adesso nel decennio 91-2000. In questo decennio tutto scende e anche la produttività totale dei fattori. Quindi la crescita diventa l'1,6% e in quello successivo diventa 0,4%. Siamo arrivati agli 0,0% che ci accompagnano da allora. Che cosa è capitato? Lì sono completamente d'accordo con Stefano. Quello che è capitato negli anni 90 è che con questo management delle piccole imprese, delle imprese familiari, dei managers pubblici lottizzati non abbiamo visto arrivare e la rivoluzione del digitale o della tecnologia informatica come si diceva allora, era equivalente alla all'arrivo dell'elettricità alla fine dell'ottocento perché avrebbe cambiato tutti i processi produttivi e avrebbe anche creato nuovi prodotti. E' cominciata a partire da quel periodo. E' così Amazon e così tutti gli altri servizi digitali che fanno parte della nostra vita relazionale ed economica. Quindi, perché è importante dire questo? Perché adesso abbiamo un'altra rivoluzione industriale che è il digitale aumentato dell'intelligenza artificiale. Ebbene, non dobbiamo perderlo questo treno come abbiamo perso quello del 95. Quindi è importante sapere quali sono tutte le cause del primo blocco della prima stagnazione. Possiamo farlo perché abbiamo fondi del PNRR. La prima missione del PNRR è la digitalizzazione della pubblica amministrazione, delle piccole imprese, ci sono i soldi per la formazione della popolazione in generale, dei tecnici, dei managers. E se, se, big if come si dice, se effettivamente arriviamo e utilizziamo i soldi per arrivare ai risultati che abbiamo concordato con la Commissione Europea, l'Italia potrebbe ripartire come nel secondo dopoguerra. Se ho ancora due minuti? Volevo solo arrivare all'oggi, come fare. E per vedere come fare, vorrei fare un confronto con gli Stati Uniti. Negli ultimi quattro anni l'Europa è cresciuta del 3,9%, da fine 19 a fine 23, in valore aggiunto. Gli Stati Uniti del 9,2%, quindi più del doppio. L'Europa è cresciuta perché ha aumentato i posti di lavoro. Posti di lavoro che... Posti di lavoro e non produttività del lavoro, perché la produttività del lavoro in questi quattro anni in Europa è stata dello 0,6% nei quattro anni, negli Stati Uniti del 6% nei quattro anni. In Europa, questo vuol dire che i nuovi posti di lavoro sono lavori a bassa produttività. Se unite questa informazione al fatto che la popolazione in età lavorativa sta scendendo e continuerà a scendere, questo significa che ogni crescita sarà dovuta a più immigrazione. L'alternativa c'è. Utilizzare l'innovazione per far crescere la produttività e creare quindi nuovi lavori che non siano i lavori creati, per esempio, in Italia dal superbonus, nel settore delle costruzioni, che è a bassa produttività e alta mortalità. Sono lavori creati per gli immigrati, non per i nostri giovani che infatti continuano a scappare dall'Italia. C'è un'altra differenza con gli Stati Uniti che voglio sottolineare pochi secondi. In Europa la crescita è stata guidata dal manifatturiero. Negli Stati Uniti da, primo, servizi digitali, secondo servizi alle imprese. Questo è l'esempio che dobbiamo imitare. Non soltanto creando le big tech come gli Stati Uniti, che in Italia non ci sono, però nel nord Europa sì e quindi potremo fare qualcosa se i risultati del PNR eccetera, ma quello che è più importante è che non basta questo. Non basta perché le high tech continuano a aumentare la produttività e lasciano indietro tutte le imprese a bassa produttività. Questo significa che le imprese a bassa produttività che sono per numerosità grandissime fanno abbassare la produttività totale e pagano i più bassi salari, che è un'altra tragedia dei giovani in Italia, un po' di tutti, ma dei giovani in particolare. Se non diffondiamo l'innovazione a tutta l'economia, aumenta la polarizzazione economica e sociale. Quindi dobbiamo scegliere il percorso di aumento di innovazione, produttività, crescita, e a quel punto possiamo pagarci anche la transizione verde e l'aumento della difesa perché è inutile dire che sono i nostri obiettivi strategici. Dobbiamo pagarli e con la crescita li possiamo pagare e non solo, possiamo anche recuperare credibilità per prendere a prestito. Grazie. Allora, il professor Micossi, se vuole fare un commento, una replica, poi do la parola al pubblico, quindi preparatevi se avete domande o curiosità. Solo questa osservazione, non c'è alcun disaccordo sulla presentazione della crescita italiana come l'ha fatta in questo momento la mia collega, ma sottolineo questo, il comportamento dell'impresa italiana nella sua presentazione è semplicemente io invece sto cercando di richiamare l'attenzione sul fatto che la crescita Siete complementari? Sì, siamo complementari, ma non vorrei che venisse la tua esposizione, Gloria, interpretata come il fatto che dobbiamo guardare qualcosa altro, e questo è l'unica cosa che prima di aprire il dibattito io volevo sottolineare. Il mio problema rimane anche dopo che abbiamo visto questi fenomeni di crescita, e il mio problema è la struttura chiusa della proprietà familiare del management dell'impresa italiana che è diventato un fattore che ne limita la crescita e che è a mio avviso un vero handicap dell'economia italiana, non è l'unica spiegazione delle difficoltà evidentemente, ma è un fattore importante che secondo me è stato trascurato. Grazie, allora se ci sono domande vediamo se magari qualcuno dei tanti giovani poi diamo la mano a voi che siete qui in prima fila ecco il signore giù in fondo ci dice chi è anche, se si è meglio se si alza almeno la vedono tutti vediamo in faccia il microfono è spesso in alto, ma non è in alto, è in alto il microfono è spento anche se sono donna sono anche professoressa ah, professoressa, scusa lei ha parlato appunto dell'immigrazione e ha parlato anche della differenza di crescita dell'economia americana, l'economia americana però notoriamente assorbe una percentuale di immigrazione molto alta rispetto alla popolazione tutti gli anni, come è influito o che differenza c'è fra l'immigrazione che assorbe l'economia americana e l'immigrazione che assorbe l'economia italiana? Li raccogliamo tutti o una alla volta? Io preferirei una alla volta mi sembrava meglio, così si ha subito un feedback Il fatto è che i migrati vanno nei posti di lavoro creati loro sono c'è necessità di incontrare domande e offerte di lavoro in più, quindi se c'è creazione di lavori ad alta produttività vanno lì ma in più negli Stati Uniti quello che capita è che per la ben più leggera regolamentazione di tutto e soprattutto di tutto ciò che riguarda l'impresa privata è facile costituire delle start up per questa ragione di pubblica amministrazione ma anche un'altra ragione la giustizia negli Stati Uniti funziona bene rapidamente ci becchiamo molte dalla Corte Europea dei Diritti dell'uomo noi Italia perché la lentezza della nostra giustizia equivale a di niego di giustizia quindi di niego di un diritto umano ora di nuovo se il PNRR ce la fa riforma della giustizia che richiesta diminuire del 40% i tempi dei processi civili e del 25% di quelli penali magari degli imprenditori esteri con know how, con innovazioni arrivano in Italia e possiamo attirare anche tanti indiani magari qualche cinese, vietnamese, ecc. che ci aiutino a creare startup e così via Grazie, vuoi dire qualcosa? Mi sembrava leggermente fuori tema non sapevo quindi come reagire però possiamo parlare di qualunque cosa non è che ci tiriamo indietro ma come? Non ti capisco vabbè, allora cosa io su questo visto che sono qui se andate a vedere dove trovano da lavorare gli immigrati negli Stati Uniti invece li confrontate con i posti dove vanno a lavorare quando lavorano in Italia vedete che c'è molta differenza perché gli immigrati negli Stati Uniti sono completamente come i nostri in nero e nell'agricoltura per esempio se andate in California tutta la mano dove la California è una delle regioni che ha più output nel settore agricolo a fare i lavori di bassa manovalanza sono immigrati del centro sud america quindi avete anche lo stesso tipo in America vanno a fare l'ingegnero gli immigrati vanno nell'Hitech e quindi danno un contributo molto importante all'innovazione e quindi alla crescita di alta qualità cosa che in Italia non avviene perché non essendoci un'industria di Hitech gli immigrati italiani vengono a fare lavori precari a bassa o bassissima produttività infatti hanno contribuito fortemente all'abbassamento del tasso di crescita di produttività aggregata perché i posti di lavoro creati sono questi poi ripeto il tasso di occupazione degli immigrati è molto basso in confronto molti vivono di espedienti questo è altissimo poi il tasso di non occupazione le donne e soprattutto degli immigrati dei Paesi islamici stanno a casa questo fa in grande percentuale ovviamente tutte ma non è una differenza scusate l'intromissione a questo punto lei voleva intervenire quindi volevo prima di tutto fare i complimenti perché la vostra esposizione era soprattutto molto chiara e gli elementi che avete espresso sicuramente hanno contribuito a che l'Italia si trovi nella posizione in cui si trova ma volevo anche aggiungere un altro elemento che secondo me ha portato all'Italia nella posizione in cui si trova come è stato gestito il debito pubblico in Italia se noi lo storizziamo un po' e andiamo a vedere quando è nato il debito pubblico nasce fondamentalmente dalla riforma tributaria del 74 con l'imposizione precedente che era come dire locale a imposizione centrale che ha portato alla possibilità la parte dello Stato di avere un'enorme liquidità da gestire che molto probabilmente anzi lo tolirei probabilmente secondo me per lo meno è stato gestito politicamente parlando soprattutto in modo clientelare per la gran parte facciamo solo un esempio su questa cosa per esempio si può dire la creazione delle cosiddette pensioni bei da parte del governo Rumor che indubbiamente lo paghiamo ancora tra l'altro le prese non produttive che ha fatto aumentare il debito pubblico in maniera esponenziale basta andare a vedere nel periodo più inflazionistico che parte dal 74 da praticamente il problema energetico di quel periodo la mancanza quindi non c'era più possibilità di consumare energia col petrolio di creare energia col petrolio questo era il punto che si aveva in quel momento ha portato a generare tutta una serie di disfunzioni e un debito pubblico che negli anni 80 è intorno al 20% quindi creare tutte quelle rendite di posizioni perché comprando un bot al 20% se aveva una ventina di milioni in un anno si portava a casa 5 milioni e 5 milioni di allora non erano pochi ma soprattutto la spesa pubblica che non è andata ad investire dove praticamente la spesa produceva con l'effetto multiplicatore per capirci al contrario andava l'erendito andava nel reposto io condivido questo ma vorrei fare una domanda la domanda era sostanzialmente se secondo loro quella gestione dell'inflazione del debito pubblico è stato un generatore della situazione in cui si troviamo adesso vedete questo grafico che ha in mezzo a me i pallini sono i tassi di crescita nei decenni gli histogrammi sono il debito pubblico al porto al PIL il quadro è abbastanza chiaro e quindi per il conto di un po' di tassi di crescita abbiamo cercato di reagire compensando tutti e aumentando il debito pubblico e questa cosa non funziona più chiaro di così non potrebbe essere e continuiamo a farlo posso aggiungere una cosa secondo me la cosa importante e il debito si può fare se si mette in ciò che è produttivo ciò che ha un alto total factor productivity a quel punto si cresce, è tanto se si mette nelle rendite non si cresce, che siano per i politici che siano per gli imprenditori, che siano per gli lavori l'economista direbbe che bisogna che il costo del debito sia inferiore al suo rendimento e la storia comincia e finisce lì noi non abbiamo cercato con debito pubblico di mantenere gli squilibri che bloccavano la crescita invece di correggerli ed è evidenza forte qualche studente? dai cercate di chiedere, non avete nessuna curiosità non siete condannati comunque a domandare? sì, però siete condannati la situazione se non cambiamo una mano, si alza? così la vediamo non studente, molto ex studente ma papà di studenti quindi la domanda che vi volevo fare è una domanda difficile un consiglio nell'interesse della platea credo di poter capire da quello che ci avete presentato che un fil rouge nelle cause che avete descritto sulla scarsa crescita dell'Italia credo di poterlo sintetizzare in qualità di classe dirigente che sia classe politica, classe imprenditoriale penso che il total factor productivity sia un po' un po' più del lavoro, del capitale c'è la creatività, l'innovazione ecc. quindi la domanda è che consiglio possiamo dare alla prossima classe dirigente io sono molto preoccupato da papà di vedere la situazione italiana quindi già pensare a chi lo potrà fare se andrà a votare alle prossime elezioni europee che saranno fra un paio di settimane questo è un altro fattore che mi preoccupa penso che ci sia molto disinteresse detto questo, voi pensando al futuro cosa pensate di poter consigliare alla prossima classe dirigente? Grazie mi vien da dire questo mi ricordo sono venuto a casa e ho visto la volta precedente che ho venuto, Tommaso Padova Schioppa fece un bellissimo lungo intervento sulle commie italiane poi si alzano studenti dal fondo in una sala dove c'erano 600-800 persone e disse ma lei perché non si toglie di mezzo così che è a posto per me? non vi ringerete se ci riuscite la questione di cui stiamo parlando non la risolveremo con i nostri consigli la questione di cui stiamo parlando risolveremo se voi, grazie anche ai studi che fate in questa e in altre università verrete fuori con soluzioni nuove e sarete capaci di capire abbastanza per poter contestare un equilibrio in queste consigli non vi aiuteranno a risolverlo io ho una risposta lievemente differente soprattutto nella prima parte penso che i vecchi devano farsi da parte penso però che la seconda parte ovvero sia il fatto che i giovani debbano studiare seriamente nelle materie non più facili quando sono ritornati in Italia sono andata a insegnare prima della Luisa ho insegnato a Roma 3 tutti gli studenti erano a comunicazioni non si va da molte parti se non a cercare di fare presentatori in tv con comunicazioni adesso mi pare che l'importanza delle scienze della matematica sia acquisita questo c'è da fare dal punto di vista della formazione e poi c'è da fare anche dal punto di vista della vita sociale e politica cercare di far funzionare il PNRR che è una vera serie politica industriale ma che sono tanti soldi che corrono il rischio molto forte di essere distribuiti per fini elettorali invece che per gli obiettivi fate attenzione a che venga distribuito per le cose che servono a voi digitalizzazione, semplificazione giustizia efficiente come nel resto del mondo e nel resto d'Europa e così via grazie una domanda veloce e finalmente abbiamo un po' di ripetita perché non lo facciamo non capisco perché sono Matteo, neolauriato anche il ritor Vergato la mia domanda non è per niente politica è per sentire il vostro parere il modello di sviluppo americano ha generato nella storia un sacco di disuguaglianze forse l'America pesa con la più grande disuguaglianza salariale nel mondo la Cina è il paese che ha le più alte disuguaglianze è un paese socialista quindi ha le più alte disuguaglianze la mia domanda era molto semplice quindi il modello di sviluppo non potrebbe provocare un fenomeno simile anche qui in Europa per la nostra società ho detto una cosa ovvero si dicevo che dobbiamo imitarli per l'alta tecnologia ma dobbiamo fare attenzione a non lasciare la polarizzazione e la disuguaglianza che viene dal fatto che ci siano le imprese a grandissima produttività e che continuano a crescere così c'era nelle mie slides una figura molto interessante che non vi ho fatto vedere per risparmiare tempo questa guardate come nel manifatturiero si divergano si differenzia la produttività delle frontiere delle imprese più vicine alla frontiera della produzione ovvero sia quella più alta produttività e le altre servizi sotto che sono la crescita del futuro la differenziazione è ancora maggiore la diversità perché questo vuol dire anche stipendi differenti questo qui sono le 50 più alte del mondo il top 5% della produttività nel mondo questo qui è il futuro una cosa a proposito del managimento familiare c'è una nuovissima ricerca di schivardi e pagano sulle imprese familiari dove si mostra che il fatto che non falliscano e che abbiano un piccolo profitto dipende dal fatto che pagano i più bassi salari soprattutto di tecnici e management e anche dei fondamenti fiscali più compiacenti io commento che noi non siamo qui a scegliere un modello di sviluppo noi dobbiamo guardare l'economia che abbiamo davanti e decidere che cosa non funziona e cercare di correggerla questa non è la scelta fra il modello europeo il modello italiano e quello americano sono più reattivi di noi noi abbiamo i nostri problemi ma non c'è sul tavolo la scelta di fare un altro modello grazie a tutti ancora di essere stati qui e naturalmente ai nostri due speaker ecco allora abbiamo tempo 1 e mezzo
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