Design Narrativo: fra immaginario e figurazione
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Design Narrativo: fra immaginario e figurazione
Il talk ha visto la partecipazione di Stefano Giovannoni, Industrial designer, interior designer e architetto e Marcantonio Raimondi Malerba, artista e designer. I due esperti hanno affrontato la tematica del design narrativo come nuovo approccio alla progettazione, sottolineando il suo impatto economico e il ruolo cruciale del design nell'identità aziendale.
Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Una presentazione che parla di un libro uscito da poco in tutte le librerie italiane e un libro che parla del design narrativo. Curatore di questo libro, autore, curatore, ideatore di questo volume, qui presente con me l'architetto e designer Stefano Giovannoni. E in linea con noi anche poi non so quando entrerà Marcantonio, designer che ha lasciato un contributo all'interno di questo volume. Non è potuto venire per problemi logistici dovuti anche alle sondazioni diciamo avvenute in questo periodo e quindi ha preferito rimanere diciamo nel suo territorio, chiamiamolo così. Adesso si collegherà con noi. Io inizierei questa presentazione con raccontare attraverso la voce di Stefano perché ti chiedo di raccontare un po' di cosa è successo in questo periodo. Io inizierei questa presentazione con raccontare attraverso la voce di Stefano perché l'esigenza di scrivere, di concepire è un volume tra l'altro abbastanza complesso. Sembra che carino, che bella copertina, molto accattivante ma in realtà c'è molto studio, molta scientificità e preparazione dietro. Ne abbiamo impiegato un anno e mezzo circa per chiudere il libro e quindi chiedo a Stefano perché, che esigenza c'era oggi di realizzare un volume sul design narrativo e soprattutto cos'è il design narrativo? Lo spiego penso in maniera abbastanza esaustiva all'interno dei capitoli di questo libro perché il design figurativo e narrativo era comunque presente dagli albori della civiltà. Però ha attraversato durante lo scorso secolo e ha dovuto tutta una serie di vicissitudini, ognuna segnando un periodo storico in maniera piuttosto forte e creando delle icone che sono poi rimaste nella storia del design. Indubbiamente quando il design narrativo, certi oggetti figurativi anche negli anni 60 con gli oggetti di Gufram e Poltronova sono stati degli oggetti senz'altro dirompenti, però si ponevano in alternativa al design di tipo tradizionale. Una caratterizzazione ulteriore più forte c'è stata negli anni 90 con l'operazione dell'Alessi che mi ha visto fra i protagonisti. Indubbiamente nell'operazione c'è stato un salto di qualità perché il design figurativo e narrativo non è più un qualcosa di alternativo al design ufficiale. Nonostante nel mondo del design ci sia stata una vera e propria elevata di scudi contro quei prodotti che hanno caratterizzato l'immagine dell'Alessi negli anni 90, soprattutto i prodotti in materiale plastico. Il mondo ufficiale del design ha reagito in una maniera estremamente forte, per cui l'Alessi è stata accusata di creare degli oggetti gadget, c'è stata una vera e propria ribellione del mondo del design contro quei prodotti. Io credo che poi a distanza di tempo, a distanza di 30 anni, perché parliamo dell'inizio degli anni 90 e quindi sono passati più di 30 anni, credo che la storia abbia dato ragione a quel tipo di impostazione. Credo che poi negli anni successivi e soprattutto dagli anni 2000 in poi ci sia stata una escalation di linguaggi che rivisitano i linguaggi importanti del 900 artistici e li rivisitano in una maniera molto personale. All'interno di questi troviamo linguaggi che spaziano dal neo-gotico di Studio Job, al neo-barocco di Marcel Wanders, all'espressionismo di Gaetano Pesce, al pop che ha caratterizzato anche il mio lavoro, all'iperealismo di Marcantonio. Per cui il design narrativo si è poi evoluto in tante sfaccettature che credo che oggi abbiano un'importanza determinante nella storia del design degli ultimi 30 anni. Credo che non si possa più parlare di una tendenza alternativa o di una tendenza sperimentale, ma se vedete e considerate gli oggetti all'interno di questo libro sono fra gli oggetti più forti che hanno riscritto la storia del design da un altro punto di vista. Senz'altro più iconico e rappresentativo di un modo di intendere il design, senz'altro più vicino alla comunicazione. Prima di passare nel dettaglio e anche tu ci racconti un po' l'escursus storico o evolutivo del design narrativo, siamo all'interno del Festival dell'Economia di Trento, quindi perché presentare un libro sul design narrativo, sul design, nella cornice così importante ma così specifica di un Festival dell'Economia? Cosa c'entra il design narrativo con l'economia? Il design è un fattore importantissimo dal punto di vista economico per cui per le nostre aziende è un fattore di identità fondamentale. Io un giorno mi sono divertito a cercare di capire quanto è stato l'indotto economico degli oggetti che ho disegnato, purtroppo non di tutti ho preso le royalti però sono arrivato a oltre un miliardo e mezzo di euro per cui fra i cellulari disegnati per le aziende giapponesi, i prodotti di grande successo, però l'impatto economico dei prodotti di design è un impatto importantissimo e non è neanche assolutamente scontato il fatto che tu disegni un prodotto per un'azienda top e immediatamente crei un prodotto di successo. Nel libro c'è una parte piuttosto interessante che è la formula del successo che ha creato Alberto Lessi per giudicare i prodotti che arrivavano alla sua azienda. Il suo giudizio si capisce come anche tanti prodotti che magari li trovate nei libri di storia di design in realtà sono stati dei grandi flop mentre altri sono stati dei prodotti di grandissimo successo commerciale. Senz'altro l'aspetto economico è un aspetto fondamentale. Io sono uno dei pochi designer che hanno messo l'aspetto pragmatico al centro del proprio lavoro. Molti dei miei colleghi creano delle idee e poi si convincono che quelle idee siano giuste. Io cerco sempre di verificare tutte le cose che faccio nei confronti del pubblico ma spesso anche tutte le persone che vengono nel mio studio diventano per me importanti per farle delle domande, cercare di capire qual'è la loro impressione sugli oggetti che vedono. Magari se è possibile collegarci con Marcantonio che è uno dei protagonisti di questo volume che ti ha intervistato perché il volume ha dei saggi all'interno che raccontano la storia del design narrativo e poi anche numerose interviste. Buonasera a tutti, ciao Chiara, ciao Stefano. Grazie per esserti collegato, ce l'abbiamo fatta dai. Grazie a voi per l'invito. Perché hai voluto Marcantonio all'interno di questo libro? Io come spiegavo in presidenza è una delle figure più importanti negli anni 2000 proprio per una delle sfaccettature che ha assunto il design narrativo. Marcantonio credo che sia un rappresentante della tendenza iperrealista per la cura e la meticolosità con cui vuole istituire ogni dettaglio dell'oggetto. Con noi ha disegnato tutta una serie di prodotti di grande successo, ad esempio la giraffa che sostiene questo chandelier in stile Magia Teresa e ci ha fatto diventare pazzi perché voleva riuscire a rappresentare fino ai minimi particolari il pelo. E si è messo lì con una pazienza infinita, con una palettina a disegnare queste placche una per una. Perché tu, Marcantonio, nasci come scultore? La mia è prevalentemente l'amore per la scultura, quindi il dettaglio curato è una caratteristica della scultura classica. In un panorama di stili infiniti mi sono avvicinato ad una rappresentazione semplice e oggettiva, non interpretata, perché volevo creare una narrazione molto chiara per chiunque. Poi penso che rappresentare un oggetto in maniera semplice e naturale faccia diventare quella rappresentazione e quella narrazione fuori dal tempo. Nel senso del caso della giraffa, noi abbiamo rappresentato questa giraffa con uno stile molto dolce, non troppo contemporaneo, non troppo caratterizzato. Questo secondo me la rende un oggetto che è fuori dal tempo, quindi molto durevole, che è una rappresentazione classica. Come potrebbe essere la rappresentazione scultoria classica, che è anche un po' ideale, è morbida, molto dolce, però effettivamente i dettagli sono importanti. Ma a un certo punto tu hai detto prima perché a me interessa comunicare, ed effettivamente uno dei principi fondanti del design narrativo è proprio la comunicazione. Quindi parlare con il possessore dell'oggetto, in qualche maniera diventano quasi oggetti, non solo funzionali. L'oggetto ha un grandissimo potenziale nel raccontarti una storia, in modo molto basico può dirti come è stato realizzato, se è un oggetto onesto oppure un oggetto artigianale. Ma nel caso di design narrativo può raccontarti una storia, può portarti altrove con l'immaginazione, può evucare un mondo che in qualche modo è più leggero di quello in cui magari vediamo quotidianamente. Una persona torna a casa dal lavoro stanca e torna in casa a un arredamento perfettamente funzionale ma che non porta nessun altro valore aggiunto, mentre invece se quell'arredamento avesse qualcosa di poetico, qualcosa di romantico o fosse fatto con dei soggetti iconografici, riconoscibili, quindi che possono evocare un animale, un periodo storico, un soggetto naturale, allora comunque la mente vivrebbe un'associazione positiva, si tratta di questo, creare un immaginario va associare la funzione di un oggetto a un soggetto che ha un'identità riconoscibile, come nel caso del coniglio di Stefano. Un conto è una serie normale diciamo, un altro discorso è vedere una scultura a forma di coniglio risolta nelle proporzioni, nelle linee, nelle curve sulla quale si possedere. Diciamo che il design tradizionale si muove all'interno dell'oggetto, per cui muove gli elementi all'interno della tipologia, muovendosi sul piano fisico e compositivo, il design narrativo invece muove il focus all'esterno dell'oggetto, per cui il designer prende dalla realtà un riferimento che può essere un riferimento legato alla natura, come un zomorfo, antropomorfo, fitomorfo, quindi con sagome che possono riprendere delle forme naturali, oppure anche un oggetto del tutto artificiale, vedete in copertina per esempio il kalashnikov della lampada di Stark, per cui diciamo che comunque il designer prende un elemento esterno e lo mette al posto della tipologia. A quel punto si crea un corto circuito nella comunicazione dell'oggetto, perché non parliamo più di quella tipologia, non parliamo più della sedia, ma se io metto un coniglio al posto della sedia e poi quel coniglio in effetti assolve anche a tutte quelle che sono le funzioni tipiche della sedia, è chiaro che la lettura e l'immaginario anche del pubblico che si trova di fronte a questo oggetto si muove tutto in un'altra direzione. Non so se vuoi fare una domanda a Marco Antonio, se no lo salutiamo. Ma forse ci può parlare un pochino del suo approccio configurativo, cioè come vede all'interno del suo linguaggio questa valenza che è fortissima comunque nei suoi oggetti, anche se magari non è completamente sempre presente. Io vivo con molta gioia il disegno quando mi permette di raffigurare un soggetto della memoria. Veramente io credo che abbia che fare con il nostro sistema di ragionare e anche con la fantasia di immaginazione, il nostro cervello funziona per associazioni. Magari non ci ne rondiamo conto, ma ogni cosa è riconoscibile perché ci ne ricorda un'altra. Un esempio molto semplice, vedere delle forme conservando le nuvole, riconoscere un viso e una macchia sul muro, è una cosa che noi non possiamo fare, è incita nel nostro sistema di ragionare che si è evoluto nel tempo per riuscire a percepire ciò che ci circonda. Se quel canale si lascia libero e si stimola, progettare un oggetto funzionale, coccolando un soggetto narrativo, un oggetto della memoria, è veramente confortevole, è veramente divertente perché ha a che fare con l'amore, con i ricordi, è come tirare fuori degli oggetti dal caffello del mago e interpretarli. Questo è un camiglio, cosa posso farne, cosa può diventare? Una sedia, un barattolo, una lampada. Per quella che è l'identità degli oggetti, dei soggetti, effettivamente possono assolvere una funzione meglio che un'altra. È il gioco della decontestoristruzione, vale tutto, vale veramente tutto e anche i numeri dicono che ha una buona fetta di mercato questo gioco dei soggetti dove tutto è possibile, piace molto. A me piace tantissimo, sono contento di aver incontrato Stefano nel mio cammino, nella mia carriera perché è un grandissimo compagno di giochi, partner professionale e maestro. Quindi in sintesi vivo con molta gioia questa capacità di rappresentare gli oggetti in modo narrativo. Forse non tutti sanno che nel 2016 ho fondato un'azienda che si chiama Kibu e è partita con la sedia Coniglio che è stata immediatamente un successo planetario. Marco Antonio è stato uno dei designer che mi hanno affiancato fin dall'inizio e quando abbiamo presentato la sua giraffa alta 4 metri è stata una, senz'altro delle presentazioni delle immagini più forti che ci sono viste durante il Salone del Mobile e credo che poi con Marco Antonio questa collaborazione è andata avanti nel tempo e stiamo producendo ogni anno. Questo catalogo sta diventando di oggetti, sta esplodendo, non so quanti oggetti avete prodotto fino ad adesso? Centinaia però con Marco Antonio abbiamo fatto prima la giraffa, è stato proprio il primo prodotto che abbiamo declinato in varie forme perché c'è la giraffa alta 4 metri, quella alta 2,5 metri, quella di 1 metri, è stato un grande successo. Poi sempre con Marco Antonio abbiamo fatto la serie delle Tartall Carry che sono delle tartarughe che portano una serie di oggetti sul dorso, che anche quella è stata un'operazione molto fortunata. La famiglia Filicudi con la sedia e la poltrona che sono associate all'immagine del Fico d'India per cui tutti siedi sul Fico d'India. E chiaramente tutti questi oggetti hanno dato alla mia azienda un'identità molto precisa e dal punto di vista commerciale sicuramente sono oggetti che hanno funzionato in tutto il mondo. Per cui oggi diciamo che per noi è abbastanza difficile poter prescindere da oggetti figurativi nel creare dei prodotti di successo ai quali come azienda naturalmente cerchiamo di ambire il più possibile. Allora io fare così, ringrazierei Marco Antonio, grazie per esserti collegato con noi e ci proietterei qualche oggetto perché a questo punto mi invoglia perché continuiamo a raccontare e descrivere ma a un certo punto sarebbe bello anche vederli. Il testo iniziale che parla della parte storica partendo dalla metà ottocento era il momento delle esposizioni universali è scritto da Fulvio Erace e le prime immagini riguardano gli oggetti del primo novecento. Qui vedete un insieme di Giacomo Balla che ha creato questa situazione di arredo. Fra i più grandi del novecento possiamo sicuramente citare Gio Ponti e Piero Fornasetti che hanno avuto una parte veramente importante nel connotare il design figurativo nel periodo prima della guerra. Poi c'è stato, ecco qua vedete ancora le cose, gli oggetti di Piero Fornasetti, il famoso tavolo con le zampe Meret Oppenheim, questi sono oggetti che comunque trovate ancora nei negozi attuali, questi sono stati rieditati da vitra però sono oggetti degli anni 50, i famosi animali di mari, la scimmietta di Munari, questi sono sempre editati da vitra e poi si arriva agli anni sessanta. Gli anni sessanta sono stati un periodo d'oro perché dopo il periodo radical che ha rimesso in discussione in generale il ruolo del designer e dell'architetto, il periodo pop è rappresentato da questi oggetti, questi oggetti dalla forza di rompente che sono diventati degli oggetti cult come il pratone, il divano onda, il divano guantone, il piede di gaitano pesce, l'appendio di abiti cactus, il divano bocca chiaramente in tutti questi oggetti c'è una componente figurativa molto forte e siamo negli anni sessanta per cui c'è anche questa componente pop legata a questa immagine, a un certo tipo di linguaggio, al colore ecc. Questi sono oggetti di Ettore Sozas che comunque è stato uno dei protagonisti fino agli anni sessanta, dopo quel periodo il design narrativo trova un picco negli anni novanta. Si era partiti con alcuni oggetti come lo spremiagrumi di Stark che qua vedete e i bollitori di Michael Graves che aveva l'uccellino e il bollitore di Richard Sapper che aveva il manico che sembra un po' l'ala di un uccello. Quando io ho iniziato come designer ero partito proprio dalla considerazione di quel tipo di oggetti e dico ma perché questi oggetti sono oggetti di successo che hanno un rapporto così stretto anche con la cultura popolare? Facendo queste riflessioni ho capito che c'era bisogno di lavorare sul figurativo. Per cui quando ebbe la fortuna di incontrare Alessandro Mendini, io e Guido Venturini avevamo uno studio chiamato King Kong, lavoravamo a Firenze, Mendini ci chiamò a Milano per pubblicare i nostri lavori su Ollo. Lavoravamo lontani anni luce dal pensare un prodotto industriale per cui lavoravamo con schiume di poliolitano, resine su oggetti veramente poco probabili per qualsiasi tipo di produzione. Quando dopo aver selezionato questi oggetti da pubblicare, Mendini guarda attentamente nel babbero della nostra giacca c'era un piccolo omino, era una spilletta che noi avevamo disegnato per un'azienda di Firenze. Ed era un omino con le mani e le gambe che potevi piegare e prendevano diversi tipi di forme. Mendini osservò questa spilletta e disse, quasi come se avesse già capito tutto quello che sarebbe successo successivamente, devo presentarvi ad Alberto Alessi. Il giorno dopo chiamò in Alessi, la settimana dopo andammo in azienda e Alberto Alessi ci chiese, non capiva bene cosa potevamo combinare per la sua azienda perché gli oggetti che noi realizzavamo erano oggetti sperimentali che erano completamente distanti da tutto quello che lui poteva immaginare. Però ci chiese di provare a disegnare qualcosa tra cui un vassoio e il giorno dopo nacque il vassoio girotondo che qua vedete. Considerate che abbiamo presentato ad Alberto Alessi 60 schizzi tutti con la stessa storia, cioè oggetti basic, assolutamente non disegnati perché noi rifiutavamo di disegnare l'oggetto. Quindi se dovevamo disegnare un vassoio, prendevamo un vassoio standard che potevi trovare in qualsiasi department store e l'unica operazione che noi consideravamo era quella di tranciare questa sagoma dell'omino sul bordo. Siamo veramente agli antipodi perché veramente c'erano due, adesso il design narrativo negli anni 90 esplode ma sostanzialmente se pensate ancora oggi è forte la componente funzionalista, quella compagine anche accademica se vogliamo, che per arrivare al prodotto nasce dalla funzione, quindi dal progetto, quindi la maniglia, la mano che afferre la maniglia, l'ergonomia e da lì il disegno, il progetto. Ciollo adesso ha detto una cosa fortissima, il vassoio non lo disegno, non parto da un progetto, da un disegno, prendo un vassoio e lo buco. La prima cosa che abbiamo deciso era di non rifiutare di disegnare l'oggetto perché ci sembrava un'operazione troppo stupida, per cui abbiamo cercato di fare qualcosa altro che ci permettesse di evitare di disegnare l'oggetto e quindi gli abbiamo inserito questa traforatura. Non era soltanto il vassoio ma presentiamo da Alberto Alessi 60 schizzi, tutti con la stessa storia. Parla dei numeri del Giro Tondo. Il Giro Tondo fu immediatamente un successo incredibile perché vendete dieci volte quello che il marketing aveva previsto e a distanza di ormai sono 30 anni, la versione in oro l'abbiamo fatta per il trentesimo anniversario, è diventata la famiglia di prodotti in assoluto più venduta nella storia del design italiano. Con oltre 12 milioni di pezzi venduti. Andiamo avanti con altri esemplari. Dopo il Giro Tondo ci fu all'interno di Alessi una grande discussione proprio sull'utilizzo dei materiali plastici che potevano, dal mio punto di vista e soprattutto di noi designer, dare all'oggetto delle valenze espressive più forti. Dopo una discussione che durò un paio d'anni anche il marketing si convinse e partì la prima operazione che si chiamò FFF dove io presentai tutta una serie di prodotti, fra cui il sale pepe Lilliput, con i piedini calamitati, sono oggetti che uscirono nel 1993. La fruttiera fruit mama, il merdolino e tanti altri, poi arrivò il cavatappi di mendini dopo qualche anno eccetera. E furono oggetti che ebbero indubbiamente il merito di aprire un'azienda del design al pubblico giovane, quindi ad un pubblico senz'altro più sensibile anche all'oggetto di comunicazione. Qui vediamo la versione gold, ma tu hai fatto del merdolino con la classica piantina verde. Anche nel giro tondo per me era importante recuperare il figurativo che era stato relegato dal design ufficiale nel campo del kitsch, per cui quando presentammo questi prodotti ci fu appunto questa levata di scudo e vennero visti come oggetti kitsch mentre invece furono oggetti che ebbero innanzitutto un grandissimo successo commerciale. Tutti questi oggetti hanno venduto ogni anno almeno 100.000 pezzi e poi aprirono le porte veramente al pubblico giovane per cui la Lessi diventò un'azienda effettivamente moderna negli anni 90 e anche a livello di fatturato, triplicò il suo fatturato diventando in quegli anni la prima azienda italiana. La formula del successo è stata per me un materiale di studio e di discussione perché con Alberto Lessi abbiamo discusso quando nasceva un prodotto su quale sarebbe stato poi l'impatto nei confronti del pubblico. La formula del successo non è mai stata formalizzata in una maniera ufficiale stampata e sono sempre stati fogli battuti con l'Olivetti oppure scritti a mano che veicolava Alberto Lessi. Questa è la prima volta che ha preso finalmente una sembianza di un qualcosa invece di più scientifico. Diciamo che la formula del successo analizza il potenziale di mercato di un prodotto sotto quattro punti di vista, quattro parametri quindi il primo parametro è la funzione. Sulla linea tre con punti da uno a cinque, sulla linea mediana tre è lo standard per cui una funzione standard ha tre punti, una funzione dubbia che è inferiore allo standard ne ha due, un oggetto che assolutamente non funziona ha un punto mentre invece un oggetto che ha un plus funzionale può avere quattro o, geniale, cinque punti. Alberto Lessi si è messo a creare una teoria scientifica per valutare anche questi progetti e mano a mano ha sviluppato questa... Ecco, poi lo stesso suddiviso in cinque punti, l'SMI che è sensorialità, memoria, immaginario, cioè quanto un oggetto ha grip sulla memoria, ha grip sull'immaginario delle persone. E anche qui lo valuta in questo sistema con il punto quattro è attraente, il punto cinque è eccitante. Quindi comunicazione, linguaggio è il terzo punto. Con accettabile al punto tre, il trendy al punto quattro, illuminante, rappresenta un'innovazione sui trend attuali ma in modo molto positivo e progressista iniziatico forse è un classico, ottima idea, alessizzabile. E poi la quarta voce, il prezzo, che chiaramente il tre è lo standard, il quattro è un oggetto che viene percepito come un oggetto costoso, il cinque è un oggetto molto costoso. Ecco, poi come vedete sulla pagina di destra lui fa tutta una serie di esempi, per esempio il bollitore di Stark dal punto di vista della funzionalità è pessimo. Perché è un oggetto che si carica male, si versa male, per cui uno, dal punto di vista sensorialità, memoria e immaginario è quattro, comunicazione e linguaggio è quattro, prezzo è uno perché è molto costoso. E così via, diciamo. E così via, per esempio il UCI Salif, lo Spremia Grumi, al contrario, è un oggetto che dal punto di vista funzionale è innovativo, anche se va bene. Io non riesco a spremerci niente su qualcosa. Ci prova. Mentre invece ha cinque sugli altri parametri. Anche il prezzo effettivamente. Ecco, la somma di queste righe, per esempio per il bollitore uno più tre, uno più quattro, più quattro, più uno fa otto, dieci, per il UCI Salif lo Spremia Grumi c'è tre per cinque quindici e quattro diciannove. E dalla stima della tiratura, cioè in base al punteggio che hanno raggiunto? Lui crea tutta una serie di fasce dove la fascia va da quattromila a diecimila pezzi. Questo chiaramente nel suo contesto, nel contesto Alessi, che conosce molto bene, per cui lui cerca di prevedere quello che sarà l'impatto sul pubblico di un prodotto e di stabilirne il fatturato in base a questo tipo di punteggi. Diciamo che indubbiamente le valutazioni sono e rimangono soggettive, però è uno strumento utile per riuscire a entrare all'interno del prodotto e capirne meglio voce per voce quelle che sono le potenzialità e le caratteristiche. Allora Stefano, asciughiamo un po' la parte finale, io sto già andando avanti con... C'è poi la parte in cui il design narrativo diventa comune, diciamo, a tanti designer e anche tante aziende che non avevano sposato questa tendenza. Si trovano, per esempio, il nano Attila di Stark della cartella, è un oggetto di questo genere, oppure l'orso di Edra, qua sono oggetti, per esempio, di Edra dei Fratelli Campana, Gaetano Pesce, questi sono oggetti di Moi. Per esempio è abbastanza interessante una discussione che io ebbi con Marcel Wanders riguardo a Marcel Wanders, l'Art Director di Moi, che vedendo la giraffa mi disse, ma la giraffa però dopo il cavallo di Moi mi sembra... No, caro Marcel, non sono assolutamente d'accordo, perché il fatto di mettere una lampada su un animale è una cosa che è comune anche negli anni 50, ci sono tantissimi oggetti che hanno tanto vero che c'è sia il cavallo che nella stessa Moi il coniglio, per cui è un'operazione che comunque ha tanti riscontri già negli anni 50. Il fatto invece di mettere lo chandelier e legare l'idea della giraffa all'idea dello chandelier è un'idea specifica che per me è fondamentale e fa la differenza fra un oggetto che ha un'idea dietro e uno che invece ha un'idea più debole. Tutti oggetti di Marcantonio, appunto. Ecco, queste sono le scimmiette di Marcantonio. Questi sono oggetti miei per Kibu. Diciamo che io ho fondato Kibu nel 2016 e è diventata un po' l'azienda porta bandiera di questo tipo di design narrativo. Per cui qua vedete, diciamo è iniziato con il coniglio, con la rabbit chair che vedete qua sulla destra, poi il gorilla è uno scimmione che ha questa lampada orientabile in basso in alto, l'elefantino eccetera eccetera. E poi nella parte finale, queste sono delle mostre che ho curato, la prima in triennale, questa è una mostra che abbiamo curato insieme a Chiara nel Dondeum, che è questa architettura fantascientifica di Zadid a Seoul. Ed era una mostra bellissima con tutti questi oggetti che abbiamo ridisegnato in una scala gigante. Chiudiamo con le ultime generazioni, una battuta finale che mi stanno sforando tantissimo. Se le ultime generazioni, come vedi il futuro del design narrativo in queste opere che hai selezionato? Nell'ultima parte del libro c'è una parte dedicata alle nuove generazioni, mentre tutti gli altri sono prodotti, quindi sono prodotti industriali che hanno comunque un'azienda produttrice eccetera. Nell'ultima parte ci sono gli oggetti più di ricerca, sperimentali, creati da designer che fanno riferimento alla scuola di Hanover, oppure a gallerie come Nilufer, Friedman Benda, Carpenter Gallery a New York eccetera. E sono anche questi oggetti che fanno nel figurativo la propria caratteristica determinante. Sono oggetti che indubbiamente oggi sono lontani da una producibilità industriale, però esprimono un contesto di creatività diffusa, probabilmente anche al di fuori del mondo del lavoro e della produzione che però un domani esprime comunque un potenziale che potrà essere anche assorbito da parte delle aziende come prodotti. Ok, io credo che abbiamo finito. Vuoi aggiungere qualcosa come battuta finale? Non è soltanto importante la parte visiva e le immagini che abbiamo fatto una grande fatica a raccogliere perché sono immagini che vengono da designer di tutto il mondo, alcuni anche abbastanza poco conosciuti per cui abbiamo dovuto rivolgersi alle gallerie eccetera. Non è stato un percorso facile, ma ci sono anche tutta una serie di interviste inedite a personaggi sia importanti del mondo del design come Alberto Alessi e Andrea Branzi oppure Marcel Wanders, sono tre conversazioni molto ricche, pieni di contenuti. E poi ci sono una serie di interviste ad altri personaggi come al di là di Marcantonio, Fabio Novembre, Nika Zupank, JobSmith di Studio Job, Misha Khan, Chris Sank, Bertram Potte, Ode Large, anche gli sbobinamenti dall'inglese. Questi nuovi designer che stanno uscendo ora nelle gallerie di New York che senz'altro danno una prospettiva anche più innovativa a questa direzione. Grazie, grazie a tutti voi, buona sera. Fuori, se vogliamo, possiamo bere qualcosa. Grazie, grazie a tutti voi, buona sera.
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