Perché occorre una politica industriale
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Perché occorre una politica industriale
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, al Teatro Sociale, apre il dialogo con il giornalista del Sole 24 Ore Carmine Fotina, su un tema cardine per il futuro del nostro Paese. Prendendo ad esempio gli Stati Uniti, che hanno realizzato alcune misure statali strategiche per incoraggiare il rientro della produzione e degli investimenti, rispondendo così alla sfida sistemica cinese, anche l'Europa e l'Italia dovrebbero possedere "una politica industriale significativa, chiara e assertiva", capace di rispondere alle sfide della Cina e intraprendendo un cammino comune parallelo e non contrapposto agli USA.
Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Buonasera, buonasera a tutti. Prego Ministro. Grazie, vedo una folta partecipazione. Quindi Ministro ci prepariamo a un bel dialogo serrato. Abbiamo 45 minuti e le tocca l'ingrato compito Ho bisogno probabilmente di rispondere a uno dei titoli più complessi di questo festival per chi occorre una politica industriale. Forse il titolo più difficile non si poteva immaginare nel senso che poi lei conosce bene il tema perché è stato anche viceministro per tanti anni prima di fare il Ministro e sa bene che di politica industriale si parla molto, spesso a sproposito spesso ce ne si dimentica, poi il tema improvvisamente riemerge. Talvolta alcuni governi hanno avuto paura quasi di parlare di politica industriale ritenendola un tema scivoloso, per alcuni poteva essere sinonimo di statalismo, altri hanno provato a fare oggettivamente qualcosa. Io ricordo insomma dal progetto Industria 2015 in poi ciclicamente si cerca di dare un volto a questa politica industriale, poi arriva il governo successivo smonta tutto e ricomincia da capo, spesso succede questo. Ora lei è titolare di un Ministero e gestisce una serie di partite industriali strategiche, gestisce fra l'altro una buona parte dei fondi PNRR, quindi veramente abbiamo tanto di cui parlare. Però partirei proprio da questa considerazione, alla luce di quello che ho detto, la difficoltà di inquadrare che cos'è la politica industriale e soprattutto di portare avanti un progetto che non sia soltanto un'espressione vaga e per certi versi desueta. Ci aiuta a perimetrare l'idea di politica industriale di questo governo? La politica industriale credo che sia oggi assolutamente necessaria, oggi più che mai, a fronte anche dei fenomeni geopolitici e geoconomici globali e degli obiettivi che ci siamo posti come Unione Europea in merito alla transizione ecologica e quindi anche alla transizione digitale. Quello che era già utile nel passato, tante volte se ne è discusso, è oggi assolutamente necessario peraltro lo stanno facendo tutti i più grandi attori globali, lo sta facendo gli Stati Uniti che nello scorso anno ha realizzato alcune misure quali mai siano viste in termini anche di impegno finanziario che hanno delineato una sua chiara e netta significativa politica industriale. Parlo di quasi 2.000 miliardi di dollari investiti in tre misure straordinarie, 1.200 miliardi di dollari sulla modernamento dell'infrastruttura con le norme sugli appalti che da sempre contraddistinguono gli Stati Uniti, o lavori lì o non puoi, 280 miliardi di dollari sulle frontiere di tecnologia, di cui 50 miliardi di dollari sui chips l'ultimo provvedimento, l'IRA, 370 miliardi di dollari sulla transizione ecologica, la somma delle quali appunto giunge quasi a 2 miliardi di dollari, e se lo fanno gli Stati Uniti, se perfino il Paese che ha indicato la strada del capitalismo, o che viene considerato il Paese capitalismo per antonomasia, fa scendere in campo lo Stato nel diniare una politica industriale, chiara, tra l'altro con gli effetti di diventare un aspirapolvere per gli investimenti internazionali, nel senso che è talmente incentivante investire e produrre negli Stati Uniti che non solo le imprese americane rientrano negli Stati Uniti, magari dovessero essere prolungati troppo in Cina non soltanto, ma anche le imprese europee stanno valutando se sia più conveniente investire negli Stati Uniti produrre negli Stati Uniti, piuttosto che nel loro continente. Ma se perfino gli Stati Uniti fanno una politica industriale di questo tipo, così assertiva e chiara, lo deve fare necessariamente anche l'Unione Europea, e perché lo fanno gli Stati Uniti? Per rispondere alla grande sfida sistemica cinese, e nello stesso modo, e a mio avviso con gli stessi strumenti con la stessa volontà politica, lo deve fare la nostra Unione Europea. Di questo, tra l'altro, abbiamo discusso sin dall'inizio del nostro mandato di governo in sede europea dando precisa indicazione alla nostra Unione Europea. E l'Italia? All'Italia manca una politica industriale, di fatto da quanto si è conclusa, posso dare col trattato di Maastricht tutto quello che prima c'era, cioè una politica industriale sul mezzogiorno, piuttosto con gli stati fondamentali e strategici, le partecipazioni statali e la loro privatizzazione, da quel momento ha pensato anche l'Italia di poter fare meno della politica industriale. Perché? Perché forse, dopo aver vinto la sfida epocale del 900, quella con il sistema comunista, all'incirca 30 anni fa, con la caduta del muro di Berlino e con l'effetto della globalizzazione, c'eravamo illusi tutti, o si erano illusi più, che le forze di mercato da sole potessero portare i diritti dell'impresa, dei lavoratori, i diritti sociali, i diritti politici, i diritti religiosi, i diritti della persona, anche negli altri continenti. E sembrava così. Per qualche decennio questo è apparsa possibile. Oggi tutti ci rendiamo conto che così non è. Perché un capitalismo di Stato, con quello cinese o un sistema autoritario come quello russo, hanno raccolto la sfida e si sono contrapposte in modelle diverse, ovviamente, ci mancherebbe altro. La Cina con il suo sistema imprenditoriale. Pensiamo alla sua presenza in Africa e non soltanto. Pensiamo all'accaparamento di materie prime che servono alla nostra transizione ecologica e digitale E la Russia ha persino aggiunto con la drammatica invasione militare dell'Ucraina quindi con l'utilizzo dell'energia ma anche del grano come strumenti di guerra ibrida nei confronti anche dell'Occidente e certamente del Terzo Mondo, bene ci ha fatto comprendere che lo Stato torna in campo. Che l'Unione Europea deve essere in campo e che noi dobbiamo definire una chiara significativa politica industriale italiana ed europea. Di questo parlerò martedì anche nei miei incontri a Lilla con i miei omologhi europei. Di questo parlerò ovviamente anche a Washington nei prossimi giorni. Giovedì sono a Washington e avrò incontri per i due giorni con l'amministrazione americana perché noi dobbiamo realizzare una politica industriale europea che sia assertiva come quella americana non per contrapporci all'America ma per costruire insieme agli Stati Uniti una politica industriale energetica, tecologica occidentale capace di raccogliere la sfida sistemica della Cina. Per fare questo c'è bisogno di una risposta europea, voi avevate chiesto garanzie alla Commissione che l'allentamento sugli aiuti di Stato non portasse a una divaricazione degli spazi fiscali, vantaggi a grandi paesi come la Germania e la Francia che hanno enormi spazi fiscali per varare agli utili di Stato svantaggiando paesi da questo punto di vista più debole come il nostro. La mia impressione è che su queste garanzie non ne avete ancora avute anche l'idea del Fondo Soprano europeo i principali sostenitori arranca un po' nel senso che ci si aspettavano segnali ben più precisi arrivati adesso alle porte dell'estate perché poi come diceva lei prima c'è un effetto aspirapolvere, gli Stati Uniti cominciano ad aspirare tutto ma lo stanno già facendo Ci sono già casi espliciti di investimenti, di multinazionali che hanno lasciato i piani europei si sono buttati sugli Stati Uniti e altri stanno oggettivamente pensando di farlo, il tempo da questo punto di vista è un fattore cruciale. Guardi questo è un governo che ha una chiara visione della politica strategica di questa nazione, della sua natura e del suo ruolo in Europa e nel mondo e quindi anche per quanto riguarda la politica industriale. Nella mia prima audizione in Parlamento, quando ciascun Ministro dove presentarsi alle commissioni di competenza e esporre il programma di legislatura, quindi all'inizio della legislatura, alle commissioni unite della Camera del Senato, dissi con chiarezza, quando ancora di questi argomenti in Italia pochi ne parlavano, dissi con chiarezza che l'Europa aveva davanti a sé tre strade per rispondere agli Stati Uniti e insieme per rispondere alla Cina. La prima strada che allora qualcuno dipingeva, anche sui nostri quotidiani, ra di reagire agli Stati Uniti come si fece 25 anni fa, quando col dossier Boeing Airbus si pensò di fare una guerra di sussidi alle compagnere di ricorrere al WTO, le conseguenze le abbiamo pagate tutte e soprattutto le hanno pagate i cittadini italiani. Dissi subito con chiarezza al Parlamento che quella era una strada sbagliata, che non si poteva percorrere perché nel momento stesso in cui la Russia ha attaccato l'Ugraina abbiamo purtroppo una guerra in Europa, noi non possiamo dividere l'Occidente. È chiaro a tutti. E vedo che poche settimane dopo, quello che era una delle opuzioni europee, è stata subito accantonata anche da alcuni paesi o da alcuni osservatori che l'avevano proposta. Dissi subito in quell'occasione che la seconda strada che alcuni proponevano, che è quella che lei sta evocando oggi, quella non di spaccare l'Occidente attraverso appunto un ricorso al WTO e comunque una guerra daziaria e doganale con gli Stati Uniti, ma di lasciare libere gli Stati di poter utilizzare le risorse che avevano, richiesta soprattutto che veniva sostanzialmente dalla Germania e non solo dalla Germania, soprattutto dalla Germania, era altrettanto sbagliata, perché lasciare gli Stati, chi ha margini fiscali per farlo, di intervenire singolarmente non avrebbe spaccato l'Occidente, peggio, avrebbe spaccato l'Europa. Chiusa l'una e l'altra tentazione, ho detto con chiarezza, ovviamente perché questa è la posizione del governo italiano che è coesso e unito su questo, che l'unica strada che avevamo era quella di una risposta comune dell'Unione Europea simile a quella degli Stati Uniti, non contrapposta agli Stati Uniti, poi magari sulla base di queste due politiche industriali dell'Occidente, delle due realtà occidentali, quella nord-americana e quella continentale europea, sarebbe potuto riaprire il dossier dell'area di libero scambio euro-atlantica di un unico grande bacino commerciale produttivo dell'Occidente, che è la prospettiva finale. Su questo ci siamo mossi in Europa e sorprendendo tutti ci siamo fatti noi Italia cariche della responsabilità di dare una soluzione all'Europa, mentre altri magari si rischiavano solo a soluzioni nazionali. E questo è stato talmente chiaro ed evidente che oggi non solo lo siamo isolati in Europa, ma se glè vede gli ultimi dossier che sono in campo, siamo noi che diamo l'indicazione e aggreghiamo in Europa. Faccio un altro esempio, quando all'Europa per primi abbiamo detto alla fine del trilogo che non ci stava bene così come si era formulato il dossier su veicoli leggeri, abbiamo fatto scandalo. Qualche d'uno ha osato dire che il re è nudo, cioè che il re o meglio la dea del motore elettrico era nudo. E in quel dossier all'inizio siamo rimasti soli, poi si è aggiunto qualche paese, la Polonia, la Romania, la Germania, dietro l'angolo, ne ha approfittato, riaprendo il dossier con i combustibili sintetici. Sì, riaprendo il dossier con i combustibili sintetici. Poi il G7 ci ha dato ragione, gli ha detto che il biocombustibile è come il combustibile sintetico d ora anche la strada del motore endotermico che sembrava finita è diventata un'autostrada più corsie in cui ci sarà inevitabilmente, lo è già per il settore aeronautico, lo è già per il settore della cantieristica, ma lo sarà anche per il settore degli automotivi, non soltanto un sentiero del combustibile sintetico che giova alla Germania ma che ha prezzi molto elevati, ma un'autostrada in cui ogni combustibile sarà analizzato secondo il principio della neutralità tecnologica. Bene, lunedì ero in Europa, due dossier che riguardano l'incompetenza del mio, di Castero, a cui disegno la competitività, il dossier sull'ecodesign che a noi va bene perché hanno già introdotto alcune norme che esenziano le piccole microimprese, ho parlato per prima e ho detto bene quello che avete già fatto, ma al nostro avviso ho aggiunto anche alcune esenzioni per le medie imprese che devono essere messe in condizione di potersi adeguare nuove normative sull'ecodesign, riguardo il tessile ed altri settori. Pensavo di essere solo sul documento presentato dall'Italia 12 paesi europei hanno preso la parola dopo di me dicendosi d'accordo sulle posizioni dell'Italia. Nelle sesse ore, il dossier dell'euro 7, abbiamo firmato una lettera congiunta 8 nazioni europee, in questo caso anche la Francia, in cui abbiamo detto letteralmente che il progetto presentato dalla Commissione è irrealizzabile. Cosa sta succedendo? Prima ci hanno guardato come guardano un marziano, poi si rendono conto che il marziano aveva le sembianze dell'uomo del Faber europeo oggi sui dossier europei siamo noi che diamo la linea o comunque siamo noi che cominciamo. Spostare in avanti la palla, che capisco benissimo, nel caso per esempio dei combustibili c'è una clausa di revisione al 2026, in altre occasioni le ha detto che comunque questo dossier nel 2024 con le elezioni europee spera che un certo radicalismo sull'auto venga meno, ma nel frattempo così facendo non si rischia di perdere di vista la riconversione della nostra felida produttiva. La nostra componentistica ha una riconversione verso l'elettrico che non sia magari imminente, però è un lavoro da fare. Lei ha ancora a disposizione un robusto pacchetto di fondi, parliamo di quasi 6 miliardi di euro su più anni, fino al 2030, che derivano da qualche governo fa per aiutare il settore dell'automotive. Che cosa facciamo con questi 6 miliardi? Assolutamente sì, le rispondo su questo, però voglio completare la risposta sul resto. Il fondo sovrano non è fatto scomparso, se ne è parlato al Consiglio competitività tra gli impegni dell'Italia e dell'Europa nel documento sulla pulire industriale sottoscritto da me e dal collega Francesco Lemer, sarà per rossimilmente a fondo o meglio a sostanza di quel rapporto sulle materie prime critiche che la Commissione Europea ha elaborato e che dovrebbe essere approvato dal Consiglio d'Europa il 29 e 30 giugno. Perché non si raggiungono quegli obiettivi sulle materie prime critiche quindi rispondo anche parzialmente alla domanda che gli ho fatto, senza delle risorse comuni e significative, appunto il fondo sovrane parte del nostro documento e condiviso da molti paesi europei per raggiungere quella massa critica finanziaria che consente alle imprese italiane ed europee di raggiungere quegli obiettivi. Lo dico in chiarezza a questa platea di una città storica così importante. Materie prime critiche sono le 34 materie prime critiche fondamentali alla transizione ecologica e digitale che oggi sono prodotte in gran parte fuori dall'Unione Europea e che sono di fatto lavorate quasi esclusivamente in Cina di cui la Cina dispone sostanzialmente un monopolio globale che può condizionare in un momento il nostro sistema industriale. Tutto quello che serve a realizzare la battina elettrica oggi ce l'ha in mano la Cina. E allora per non cadere dalla padella alla braccia e per non cadere dalla subordinazione al carbon fossile della Russia che stiamo pagando, che abbiamo pagato a caro prezzo, politica di potenza della Russia a cui alcuni paesi siano assoggettati ha una subordinazione ancora peggiore. Alle materie prime critiche cinesi e comunque monopolio della Cina la Commissione Europea ci dice dobbiamo muoverci in fretta e ci presenta un rapporto giusto che condivido perfettamente che ci dice tra l'altro che dobbiamo estrarre dalle nostre miliere il 10% delle materie prime critiche che serviranno da qui al 2030, cioè nei prossimi sei anni, che sono 4, 5 volte più di quelle che consumiamo oggi. Per il litio nei prossimi 20 anni noi consumeremo 42 volte di più di quello che consumiamo oggi quindi quando ci dice l'obiettivo del 10% sul litio capite che cosa significa da fare nei prossimi sei anni di estrazione dalle miniere, poi ci dice il 40% di lavorazione di materie prime critiche sempre nel 2030 il 15% di riciclo delle materie prime critiche sempre nel 2030. Il 40% perché non si lavora le materie prime critiche in Europa e il 98% viene dalla Cina? Perché ovviamente ci sono molto bassi margini di guadagno, cioè non esistono in Europa perché c'è un alto impatto ambientale. Allora lo spiego a chi imbratta i monumenti italiani. Volete capire che la transizione elettrica è una rivoluzione industriale? Se non vogliamo consegnare le nostre libertà, la nostra indipendenza e il nostro benessere al volere di qualcuno a Pechino siamo costretti giustamente a raggiungere l'autonomia strategica o a ridurre la dipendenza da Pechino pensate con quelle cifre si riduce la dipendenza da Pechino al 65% solo al 65% ma comunque si riduce? Dobbiamo riaprire le miniere in Italia. Di quelle 34 materie prime critiche in Italia ne disponiamo 15 secondo le mappe di 30 anni fa. Sapete dove sono quelle miniere? Sono in gran parte in Liguria, in Toscana, in Sardegna, in Campania, l'Ussing o la fascia tirenica nella Catena Alpina, quindi qua vicino. Nella quasi totalità in aree protette parchi naturali. Allora, l'elettrico significa scavare la suolo per realizzare quello che serve con la batteria elettrica. Bisogna estrarre i minerali, le terre rare, preziose, cioè bisogna riaprire i gecimenti. Poi bisogna costruire gli stabilimenti, ovviamente è meglio farlo qui che farlo in Congo perché in Congo si fa il lavoro minorile, nelle miniere non c'è nessun rispetto per l'ambiente e per i lavoratori. Noi abbiamo qui uno dei più grandi gecimenti di cobalto d'Europa. Oggi tutto viene estratto, il 63% del cobalto del mondo viene estratto in Congo. Allora, per fare quello c'è bisogno della grande politica industriale europea, per fare quello c'è bisogno del Fondo Soprano Europeo. Noi siamo la forza responsabile in Europa che determinerà il destino del nostro continente. E perché si stanno seguendo gli altri paesi? Perché man mano che si vota, anche negli altri paesi si capisce. Basta guardare ai due governi formati nei paesi scandinavi, Svezia e Finlandia. O alle recente elezioni in Bulgaria o alle prossime in Spagna. Svezia e Finlandia sono sempre stati paesi governati dal centro-sinistra. Si sono formati per la prima volta governi di centro-destra in cui la destra ha un fattore determinante quale mai era accaduto nella storia di quei paesi. Questo sta accadendo in tutto il continente europeo. Quando il prossimo anno si voterà nel Parlamento Europeo nel 2024, il Partito Conservatore guidato da Giorgio Emeroni sarà l'asse fondamentale della nuova maggioranza che si sta già costituendo. Perché il Partito Popolare Europeo negli ultimi dossier ha cambiato posizione nel voto in Parlamento Europeo si è spostata sulle nostre posizioni. Lo dimostra il dossier su Veicoli Leggeri, lo dimostra il dossier sulle case Green, che sono passati per una manciata di voti. Se si fosse votato sei mesi fa avrebbero invece avuto quasi l'unanimità. E sono passati per una manciata di voti perché il Partito Conservatore europeo guidato da Giorgio Emeroni ha aperto la strada a cui si è associato il Partito Popolare Europeo. Quindi quando i cittadini europei voteranno il prossimo anno, noi avremo una maggioranza in Europa in cui l'Italia, grazie alla leadership di Giorgio Emeroni, peserà due volte come grande governo europeo che aggrega gli altri governi come governo guidato dal Partito Conservatore europeo di un leader europeo che si sta fermando sullo scenario internazionale. Questo vorrà dire che la prossima commissione europea che uscirà dal Consiglio d'Europa che nel frattempo sarà costituita dalle nazioni, la prossima commissione europea, cioè del settembre del prossimo anno, sarà anche essa diversa da quella cosciente, che è predominata dall'ideologia o dalla religione dell'elettrico di un mondo che purtroppo non c'è o almeno non c'è come essa pariva Quindi l'Italia potrà indirizzare l'Unione Europea sulla strada giusta quella dell'autonomia strategica e della politica industriale europea. Ma da qui al 2024, oggettivamente, è impensabile, diciamo, secondo me, non intervenire comunque con un piano di filiera per l'auto, no? Assolutamente sì e rispondono alla mia domanda. Bene, noi siamo, come sapete, in confronto con la commissione europea sulla aggiornamento del PNR e sul Repower EU, cioè quello è il nostro ragionamento che abbiamo fatto con chiarezza trasparenza ai cittadini italiani e alla commissione europea. Utilizziamo nel frattempo le risorse che ci sono, a cui aggiungeremo il fondo sovraneo europeo, che saranno nuove risorse destinate proprio all'autonomia strategica dell'Europa, per esempio ad acquisire i giacimenti all'estero, i giacimenti comuni, perché oggi anche i giacimenti all'estero li ha acquisiti in gran parte la Cina e non soltanto la Cina. Bene, facciamo una revisione delle risorse del PNR e del Repower EU per destinare le risorse che oggi sono state indirizzate su capitoli, su progetti che non è possibile realizzare nel tempo congruo, molto ristretto che ci è stato dato, perché sapete che le risorse del PNR devono essere impiegate e contabilizzate, non solo impiegate, contabilizzate entro il giugno del 2026. Ci siamo. Bene, noi cosa abbiamo detto? Dato che alcune di queste risorse sono state destinate a capitoli o a progetti chiaramente non compatibili nei tempi con gli obiettivi e i tempi che ci avete dato, trasferiamoli su progetti compatibili con quei tempi che possiamo utilizzare quelle risorse e investirle entro il tempo dovuto per poi contabilizzarle nel giugno del 2026. E in più aggiungiamo, sapete bene che vi sono anche dei progetti che voi stessi avete ritenuto non confacenti. Lo stadio di Firenze o di Venezia, stati già cassati, cosa c'entra lo stadio con la resilienza del PNR? Nulla. E infatti sono stati già cassati. I progetti che sono non concuri, come quello di Firenze e di Venezia, i progetti che non sono realizzabili nel tempo dovuto, spostiamo le risorse su capitoli, su progetti che sono realizzabili nel tempo dovuto che poi inneschino un processo positivo a livello sociale e produttivo. È un libattito di questi giorni, è il confronto di questi giorni. Se riusciamo a raggiungere un'intesa, come noi pensiamo riusciremo a raggiungere un'intesa con la Commissione, noi abbiamo già i progetti da finanziare. Il mio di Casero l'ha già presentato al Ministro Fitto, al Governo, il primo progetto che finanzieremo sarà transizione 5.0, cioè credito fiscale pari almeno al 40% destinato alle imprese che investino nell'ammodernamento dei propri impianti in tecnologia green, tanto più se è collegata alla tecnologia digitale. Ed è quello che vogliamo fare con le prime risorse che ci saranno indirizzate sulla base di questa revisione che faremo con la Commissione. Il secondo sarà quello di incrementare l'aspetto che lei citava, degli 8,7 miliardi di euro destinati sostanzialmente all'automotive. 2,7 sono stati già impiegati, quindi ne restano 6. Se i miliardi sono scadenzati per i prossimi anni, noi vogliamo incrementare queste risorse anche perché, pensate un po', noi abbiamo un parco macchine di cui il 25% delle autovetture sono ancora Euro 0, 1, 2 e 3, cioè 11 milioni di autovetture sono 0, 1, 2 e 3 una autovettura Euro 1 ha un impatto sull'ambiente, credo, 28 volte di più delle autovetture Euro 4. Bene, abbiamo un parco a autovetture vecchio, il più vecchio d'Europa, che è posseduto da chi non può permettersi di cambiare la macchina. E infatti gli ultimi incentivi sulle auto sono andati in gran parte a ceti borghesi che hanno potuto e talvolta hanno rottamato un Euro 4, un Euro 5 per comprarsi un'auto ibrida. Il mio problema non è rottamare l'Euro 5, è rottamare 0, 1, 2, 3. Ci sono 11 milioni di autovetture che circola ancora nel nostro Paese così antiquate e inquinanti, a cui tra l'altro viene precurso spesso, sarà sempre più, l'accesso alle città. Quindi noi stiamo elaborando un nuovo piano, che pensiamo di poter anche finanziare e produrre risorse, per consentire a chi non può cambiarsi l'autovettura, di cambiarsi l'autovettura. Quindi un piano auto anche con risorse del PNRR, in sostanza? Certamente sì. Vediamo, tutto parte dal presupposto, avremo nuove risorse che siano ovviamente destinate al sistema sociale produttivo del Paese sulla base delle revisioni delle risorse già destinate a progetti che non sono realizzabili? PNRR o Repower EU? Se la risposta sarà positiva, noi andremo in quella direzione, con una chiara politica industriale, che lavora sulla fonte della domanda e sul fondo dell'offerta, perché lo voglio dire ancora di più, con chiarezza perché bisogna lavorare sul fondo della domanda e dell'offerta, perché l'80% degli incentivi sulle auto in questi anni sono andati ad auto realizzate all'estero. Ma voi interverete anche sull'offerta? Perché noi abbiamo incentivato la produzione e il lavoro straniero. Noi dobbiamo dirigere gli incentivi sulle auto prodotte in Italia, per cui dobbiamo lavorare su due piani, dalla domanda e dell'offerta, per convincere chi può a investire di più, a produrre di più, in Italia. Nel 1990, Italia produceva 2 milioni di veicoli, oggi ne produce 780 mila, di cui 450 mila autovetture. Così non regge la filiera dell'automotive italiana. Dobbiamo riprendere a produrre in Italia, sempre più a produrre, ovviamente, nei modelli innovativi e quindi anche elettrici. Si può farlo, lo può fare un governo che ha una chiara visione industriale, che è coeso e unito e che sa, perché questo ci hanno detto gli elettori, che a noi tocca la responsabilità di governare per 5 anni consecutivi. Ministro, faccio una piccola divagazione, ma di attualità, perché stamattina i dati del Centro Studi Confindustria segnalano che comunque c'è uno scenario di crescita, di ripresa, ma con un assestamento negli ultimi mesi, soprattutto per quanto riguarda l'industria, mentre tirano di più il turismo e i servizi. Fra l'altro, rispetto agli scenari positivi, anche proprio due giorni fa, del Fondo Monetario Internazionale, non è incorporato nell'estime l'effetto della recessione tedesca, che ormai la Germania è entrata in recessione tecnica. Sappiamo dell'interdipendenza fortissima tra l'industria tedesca e l'industria italiana. Tutto questo, diciamo, invita a un po' più di cautela rispetto a segnali di grande ottimismo che dal governo erano giunti nelle ultime settimane. Innanzitutto, da dove siamo partiti? Dall'altro giorno ho avuto un videocollegamento, ne ho quasi ogni giorno, con il Ministro degli Investimenti dell'Arabia Saudita, che mi ha detto che ero stato a Cernobbio il 2 settembre, ma ho sentito che si stava prefigurando una tempesta sul vostro Paese. Tutti i più grandi agenzie internazionali, gli osservatori, prefiguravano la recessione. Dice, ma io ho visto un altro quadro rispetto a quello che mi era stato rappresentato. Perché sei mesi fa, appunto nei primi di settembre, quando eravamo in campagna elettorale, gli osservatori internazionali, le agenzie di rating, i centri studi anche del nostro Paese, prefiguravano un scenario di questo tipo. Con il governo di Giorgio Meloni l'Italia sarebbe stata isolata nel mondo, la Borsa di Milano sarebbe accrollata, lo spread sarebbe aumentato alle stelle, gli investitori sarebbero fuggiti dal Paese, avreste avuto un primo trimestre vostro, cioè l'ultimo trimestre dell'anno in senso negativo, il primo trimestre di quest'anno assolutamente negativo, quindi in questi giorni avrebbero certificato la recessione tecnica. E di conseguenza per l'Italia, con l'alto debito pubblico, ha anche magari la Troica. Questo era lo scenario che avevano presentato. E questo è lo scenario? No. Lo scenario è, l'ha detto Locus l'altro giorno, poi l'hanno confermato anche altre agenzie internazionali, è che l'Italia, in questi primi tre mesi dell'anno, è cresciuta in prodotto interno d'ordo più della media dei Paesi europei, è cresciuta più della media dei Paesi occse, quindi dei Paesi occidentali, è cresciuta più della media dei Paesi G7, cioè dei grandi Paesi del mondo tra cui siamo noi, in questi tre mesi l'Italia è cresciuta col suo 0.5%, più degli Stati Uniti, più del Giappone, più della Francia e anche più della Germania, che purtroppo invece è entrata in recessione. E questo non può essere un problema? Per noi. Cioè non siamo noi un problema per loro. Sì, indubbiamente. È un po' diversa la situazione. Sono loro che possono diventare un problema per noi. Perché noi abbiamo fatto meglio di loro. Una volta tanto meglio di loro. Come mai abbiamo fatto meglio di loro? Abbiamo fatto meglio di loro perché abbiamo affrontato il toro dalle corna innanzitutto. Chi si ricorda che il governo Draghi non era riuscito laddove poi siamo riusciti noi? Cioè in che cosa? Nello stroncare la speculazione sul gas. Io ricordo che nei primi giorni di governo noi ero impegnati in Europa per imporre il price cap, cioè il tetto al prezzo del gas, ci dissero che era inutile. Era inutile, che serve? I mercati fanno da solo, eravamo a 200 dollari. L'abbiamo convinti con qualche strattone. L'abbiamo convinti con qualche strattone. Dicendo tanto non serva nulla, vedrete che non serva nulla. Quanto è il prezzo del gas oggi? Siamo tornati ai livelli del 2020? 30 dollari? Forse meno? Di quanto è sceso? Quindi qualcosa si può fare. Poi abbiamo dato fiducia all'impresa io sono arrivato al ministero che mi hanno detto che siamo spacciati, perché l'ISAB di Priolo chiude il 5 dicembre. Produce oltre un quarto dei prodotti raffinate nel nostro Paese tutti quelli che servono alla filiera chimica, quindi dovremo chiudere la filiera chimica. Eramo a poche settimane da un evento che era stato deciso sei mesi prima, cioè dalle sanzioni al petrolio russo, ssendo l'ISAB una raffineria di proprietà russa che utilizzava il petrolio russo. Era chiusa con i suoi 10.000 lavoratori dell'indotto, le famiglie siciliane, ma soprattutto con i problemi che avremmo avuto nella mancanza dei prodotti raffinati per tutta l'impresa chimica italiana. Bene, ci siamo mossi anche con Giorgetti, che era il frattempo del ministero dell'Economia, un ruolo fondamentale per questo, ma l'ISAB non ha chiuso. Abbiamo accompagnato un processo di vendita a un'altra azienda internazionale. Cioè, io credo che il Paese abbia capito che questo governo è in campo non fugge dalla responsabilità. Si assume le sue responsabilità con chiarezza vuole che le imprese si assumano nella loro responsabilità. Questo ha dato fiducia all'impresa dei cittadini italiani li ha messi sulla stata giusta. Aggiungo poi e finisco, anche merito di questo sistema Paese. Ci avevano dipinto per lungo tempo, forse era anche in parte così, che il nostro sistema industriale e sociale è fatto di piccole e di medie imprese, di filiere industriale, di distretti, di valli e di monti in cui si produce da sempre, in prodotti, ma cosa viene fatto di questo? Quello si importa dalla Cina, dal Terzo Mondo. Cosa ve ne fate voi dell'industria alimentare, di coltivare la terra? Cosa ve ne fate dei trattori? Cosa ve ne fate di prodotti così, di consumo generale? Dovete investire invece sulle grandi multinazionali invece un Paese fatto di piccole medie imprese e distretti industriali che producono nell'economia reale, cioè prodotti agricoli, siamo i secondi in Europa, industria manufatturiera, siamo i secondi in Europa, turismi e servizi, siamo i terzi in Europa, potremmo essere i primi, cioè siamo nel podio, in ogni campo, in ogni comparto di quello che serve alle persone, a una nazione. Non le abbiamo delegate agli altri. Questo che appariva un'anomalia, quando il mondo era piatto bastava andare ovunque nel mondo, le filiere si allungavano fino in Cina poi ci accorgiamo che ci mangono le mascherine o gli enzimi per i vaccini o i cipi per le autovetture, quel mondo non c'è più, il mondo che serve oggi a noi in Europa e in Occidente è invece quello di una filiera corta, cioè la nostra filiera. Quindi quello che era un'anomalia, il modello italiano, è diventato il modello in Europa e nel mondo per questo gli investitori stranieri sono a frotte qui in Italia. Le posso chiedere, non vorrei frenare l'ottimismo o farla gravare di una responsabilità enorme, però siamo in uno scenario in cui sostanzialmente anche il Fondo Monetario Internazionale la Corte dei Conti nel rapporto sulla finanza pubblica ci dice che il debito ra iniziato a scendere in una fase piatta ma ci aspetterà una curva al rialzo del debito. Significa che per equilibrare il rapporto di finanza pubblica avremo due possibilità, o tagliare, quindi agire sul fronte delle spese molto difficili, o agire sul famoso denominatore, che è la crescita. Lei è il ministro della crescita. Come pensa che potremo fare crescita nei prossimi anni? A me viene in mente penso che lei, un riferimento, lo farà a questo strumento che volete lanciare, che è il Fondo Sovrano nel disegno di legge per il Medinitari, se ne è parlato nei giorni scorsi. Al di là dell'importanza di capire qual è la dote che metterete in campo per capirne la potenza. Volevo anche chiederle in qualche modo se non rischia di sovrapporsi ad altri strumenti che più o meno negli anni rano stati un po' portati avanti, cioè il patrimonio destinato della Casse Reposite Prestiti, c'è il Fondo Nazionale per il Venture Capital, che hanno chiaramente una mission diversa ma potevano magari essere corretti per portarli su questa strada, perché creare adesso un fondo sovrano che richiede dei tempi molto lunghi per coinvolgere dei co-investitori privati, però dobbiamo fare crescita rapidamente. Il disegno di legge sul Medinitari è una legge quadro, organica a 360°, che serve a valorizzare, a sostenere, a incentivare le filiere strategiche del Medinitari italiano. È politica industriale, anzi è il primo grande manifesto industriale dopo i sei mesi in cui abbiamo fronteggiato l'emergenza, non soltanto Lisa Bripriole, quella sulla trasparenza dei carburanti quella che riguarda per esempio l'acceria Ilva di Taranto. Ora però si passa alla fase delineale per l'industria e questo è il primo grande provvedimento. Nel frattempo stiamo facendo la riforma degli incentivi in Parlamento, cioè cose significative. Quando ho arrivato al Governo ho trovato quasi 2.000 diversi incentivi, 1.753 incentivi nazionali, 1.753 incentivi regionali, diverse da regione a regione. La riforma degli incentivi è già in Parlamento per omogeneizzare, disboscare, razionalizzare indirizzare gli incentivi per fare una grande politica industriale coordinata tra Stato e Regione. Questo è il primo grande provvedimento, poi ne eseguiranno altro. Questo ha 4 aree fondamentali. La prima è quello che diceva lei, il soffondo sovrano, che deve essere uno strumento per canalizzare risorse anche di casse previdenziali, le fondazioni, le fondazioni che stanno nel territorio, le assicurazioni, le banche. I fondi privati i fondi sovrani stranieri sulle filiere strategiche del Mediniteli anche dalla fase dell'approvvigionamento. Prima vi parlavo delle materie, prime critiche, ma non solo di quello. Risorse significative a condizioni di mercato per consentire alle imprese italiane di crescere, competere e completare significative. Ci può dare un'ordine di grandezza? Stiamo discutendo in questi giorni con l'economia, ma io credo che partiremo da un miliardo di euro. Ma è la scintilla che crea un meccanismo di aggregazione, io mi sto confrontando anche con i soggetti stranieri, per poter poi, attraverso di esso, canalizzare risorse anche internazionali. Poi c'è un'area importante che è di semplificazione. Sembra strano. Ma noi dobbiamo importare il legno perché non siamo utilizzati il patrimonio boschivo di questo Paese che si è cresciuto negli anni. E lasciando all'incuria il patrimonio boschivo di questo Paese che non viene utilizzato, poi si creano i problemi sul territorio. E allora abbiamo matte delle norme di semplificazione per consentire alle imprese di poter utilizzare il patrimonio boschivo italiano, non importarlo dagli altri Paesi, così migliorare il nostro territorio, tenere delle condizioni mentali più organiche, quindi con effetti benefici, anche per il clima, perché un albero giovane che viene tagliato magari dopo 15 anni, non so, il periodo standard, consuma più CO2 di un albero che li viene lasciato decadere. E l'albero che si sostituisce adesso consuma altra volta altro più CO2. Quindi semplificazione per la filiera del legno. Semplificazione per la filiera della ceramica. Noi importiamo l'argilla. L'importavamo dall'Ucraina dove non si può più importare. Ma ce l'abbiamo l'argilla in Sardegna, non soltanto in Sardegna. Allora dobbiamo utilizzare le nostre materie prime. Questo riguarda anche il settore del tessile. Per scommettere sul futuro stiamo finanziando start-up all'interno di questo provvedimento, le start-up che utilizzano le fibre naturali. Non lo sapevo nemmeno io, ma è possibile fare le fibre nutrali tessile dalle alghe o dagli agrumi. Innovazione. E poi la filiera della nautica. Con il ministro Salvini siamo riducendo in maniera significativa i tempi di registrazione delle imbarcazioni. Perché in Italia è di 60 giorni, in Polonia di 4 giorni, invece mettere i natanti italiani alla bandiera italiana, quindi con problemi anche utili, ovviamente con opportunità anche per le casse pubbliche, per fare più in fretta si registrano con la bandiera polacca. Possiamo permetterlo? Quando noi siamo i più grandi produttori di natanti nel mondo? Ovviamente no. Simplificazione. Poi, se permette, lotta alla concorrenza asaleale della contraffazione, l'Italia Sounding, che è uno dei problemi che noi abbiamo in Italia nel mondo, poi ci saranno i tribunali locali specializzati anche alla lotta alla contraffazione e alla concorrenza asaleale tante altre norme assieme. Poi, la quarta area, la formazione delle competenze. L'anno scorso le imprese italiane hanno avuto difficoltà a assumere profili adeguati che le servono, non solo perché mangono gli ingegneri. Non ci sono abbastanza ingegneri in Italia per rispondere alle esigenze di un'unica grande multinazionale, figuriamoci del resto, per i suoi progetti di investimento nel nostro Paese, che poi è il nostro italo francese. Bene, non solo ingegneri, tutti le professioni che sono tipi del medialità, io lo dico con molta chiarezza, noi siamo la fabbrica del lusso e del bello, buono e ben fatto del mondo. Perché le nostre esportazioni crescono mentre decrescono le altre? Anche durante l'inflazione globale. Crescono perché noi esportiamo i prodotti più belli al mondo che vanno nella gamma di coloro a cui l'inflazione non influisce. Noi siamo i produttori del lusso e del bello del mondo. La finanza francese, che è più brava della nostra, col Fondo Sovrano sopperiremo anche a questo, che ha capacità anche di promuovere a un managgimento evocato in questo, ha acquisito una parte significativa dei marchi dell'abbigliamento italiano. Bene. Ma poi li produce in Italia quei prodotti. Anzi, anche le case tradizionalmente francesi ormai producono i loro prodotti in Italia, perché quel tipo di produzione bello, buono e ben fatto che è diventato unico nel mondo, certificato come un prodotto di qualità, per cui il Made in Italy non è un luogo di produzione, è un modello produttivo, è il marchio di qualità globale, lo si può fare solo in Italia con la manualità creativa artistica del rinascimento italiano. E questo segna che faremo anche non solo il liceo del Made in Italy mi auguro che nell'anno scolastico 2024-2025 possa sorgere un liceo del Made in Italy anche qui a Trento. Ministro, però prima di chiudere mi prendo qualche minuto in più, sforiamo un attimo, perché volevo fare una chiusura circolare, nella sua prima risposta abbiamo parlato della Cina. Io voglio chiedere, quindi so che il tema lei conosce bene, anche la Presidente del Copa lo ha affrontato ampiamente, fra l'altro adesso lei andrà a Washington. Ora ci sono un paio di cose sulla Cina che devo proprio chiedere. La prima è, voi avete cominciato ad esercitare un po' di Golden Power nella forma delle prescrizioni. Ora ci sono un paio di grandi partite, dove probabilmente credo farete qualcosa risimile, che sono la partita della Pirelli e del patto parasociale con Sinochem poi ci sono altri dossier che forse hanno più tempo, diciamo, di evoluzione che potrebbero essere Electrolux, se finisce nelle mani dei cinesi, Dimidea anche un po' tutto quello che concerne il futuro di CDP Reti, che è dentro una presenza cinese. Allora, su questo che tipo di... immagino che forse informalmente ogni tanto dagli Stati Uniti qualcuno le chiede rassicurazioni su questi dossier. Che cosa risponde? Che cosa diciamo... Partiamo da Pirelli, ecco, ci sarà questo Golden Power, se ce lo posso dire? Io non anticipo mai le decisioni anche perché non competono soltanto a me. Io spiego le decisioni che assumiamo, quando le assumiamo. Quello che vi posso dire è che la linea del Governo, sin del primo giorno per quanto riguarda anche l'utilizzo della Golden Power che è lo strumento principale che i governi hanno, non soltanto noi, ma anche gli altri governi occidentali per tutelare la sicurezza nazionale a fronte di operazione anche di natura economica finanziaria e produttiva sempre più di natura economica, finanziaria produttiva, anche grazie alle riforme che ho portato dal mio precedente incarico, il presidente del Copasi questo strumento, il Governo, in questi sei mesi l'ho utilizzato, sì, tante volte. Quasi sempre per prescrivere. Credo che forse soltanto in un caso riguardava peraltro un'impresa italiana abbiamo vietato un'operazione. Cosa significa? Abbiamo utilizzato la prescrizione, le condizioni. Cioè abbiamo delineato anche attraverso la Golden Power una chiara politica industriale a tutela della sicurezza nazionale e peraltro oggi come insegnano gli Stati Uniti, non soltanto gli Stati Uniti, la sicurezza nazionale passa anche attraverso la politica industriale. Negli Stati Uniti è la farmaceutica, ma anche da noi oggi è un settore sottoposto alla Golden Power. Persino alcune fasi critiche dell'alimentazione sono sottoposte al regime di Golden Power, cioè vengono guardate anche soltanto all'aspetto della sicurezza nazionale. Bene, noi abbiamo fatto quasi sempre prescrizioni. La prima, quella sull'ISAB di Priolo l'ho citato, abbiamo prescritto che chi acquisiva quest'impresa dovesse mantenere la produzione, dovesse mantenere l'occupazione, dovesse investire nella riconversione ambientale, dovesse approvvigenarsi per dieci anni in maniera tracciabile da alcuni paesi, ovviamente non sottoposta a sanzioni per quanto riguarda, abbiamo posto delle prescrizioni. Anche le prescrizioni possono essere un deterrente, possono essere interpretate come uno strumento di protezionismo, anche le prescrizioni, si sono molto stringenti. Non si parla di protezionismo, si parla di sicurezza. Protezionismo è una termologia vecchia, che appartiene a un'altra epoca. Qui dobbiamo garantire l'autonomia strategica, l'indipendenza, il benessere dei nostri cittadini. Riguarda non soltanto noi, ma anche gli altri paesi europei e occidentali. Non è che lo facciamo soltanto noi. Questo ha riguardato l'ultimo provvedimento sulla Golden Bauer, che è l'acquisizione da parte di un'azienda turca della maggioranza delle quote, di un'agenda americana, Will Pull, che ha acquisito a sua volta l'azienda, i vecchi stabilimenti di Merloni, e quindi produce anche in Italia, abbiamo detto, bene, purché siamo di fiori salbrevetti, la tecnologia gli stabilimenti italiani. Quindi l'abbiamo estesa anche alla tutela della produzione dell'occupazione. Ci comporteremo allo stesso modo, per qualunque provvedimento giunga alla mia, alla nostra attenzione. Per quanto riguarda episodi specifici, posso dire che noi agiremo con la stessa ottica e sempre la stessa ottica, con esterma responsabilità, consapevolezza trasparenza. Noi tuteliamo la sicurezza nazionale, ma consideriamo per quanto riguarda la Cina, penso, la Cina è un grande partner, con cui dobbiamo possiamo avere partnership commerciali, produttive. Andiamo avanti con la via della Sita? L'accordo sulla via della Sita? È una decisione che prenderà ovviamente il governo nel suo complesso, innanzitutto Palazzo Chigi. Posso dire che una riflessione in Europa è ancora in atto. Lei mi chiede a me di questo, potrebbe chiedere al Commissione Europea notizie in merita, al congelamento dell'accordo che era stato sottoscritto dalla Commissione Europea con la Cina sugli investimenti, credo che fosse il dicembre 2020 credo che sia ancora congelato da allora. Cioè, è una riflessione che ovviamente il governo italiano farà per la via della Sita, perché è stato l'unico governo del G7, a firmare quell'accordo quando già il mondo è cambiato. Non dico quale fosse la mia opinione allora, ma è nota alla cronaca. La Presidente del Copasi, in molte cose... È molto nota alla cronaca, l'ho detta pubblicamente, assumendomi tutte le responsabilità. Però, noi sappiamo che noi abbiamo il dovere, e lo sanno anche gli altri, di tutelare la nostra sicurezza nazionale, ci sono dei settori strategici che sono protetti con lo strumento della Golden Power, abbiamo il dovere di coordinare la nostra posizione con quella degli altri paesi europei dei grandi partner occidentali, uno degli argomenti principali del G7 a Tokyo è stato proprio come i grandi del G7 devono rapportare rispetto alla Cina, non è un problema soltanto italiano, nella piena consapevolezza però che la Cina è un grande soggetto dell'economia globale, con cui possiamo e dobbiamo continuare ad avere un rapporto, io mi auguro sempre 50-50, di partnership commerciale e produttiva. Ritiene possibile trasformare quell'accordo in un nuovo tipo di accordo, una partnership commerciale, un'intesa meno ampia, più focalizzata? Non posso rispondere perché contraddirei quello che ho detto prima, cioè che io non aggiuncio quello che decidiamo, illustro quello che decidiamo e con questo caso non aspetta a me la decisione ma aspetta a Palazzo Chigi, io contribuisco soltanto per la parte che riguarda il sistema produttivo italiano. Va bene, grazie Ministro, non lasci il palco perché noi abbiamo finito per la mia parte, però adesso ci sono alcune domande del Consiglio Provinciale dei Giovani. La parte più bella. Dopo che i vecchi arrivano i giovani. A una persona che ha una certa età e che deve delineare una poligia industriale che possa consentire ai giovani di questo Paese di essere orgoglio dell'impresa e dell'italità nel mondo. Allora chiamo sul palco la Presidente del Consiglio Provinciale dei Giovani, Eleonora Angelini, prima due rappresentanti del Consiglio per tre domande che verranno rivolte al Ministro. Buonasera a tutti, buonasera Ministro. Siamo i rappresentanti del Consiglio Provinciale dei Giovani, un organismo istituito dalla provincia, che è composto da giovani ragazzi della Consulta Provinciale degli Studenti, quindi ne ho 18 anni, fino ai 35 anni, quindi ai giovani professionisti. Abbiamo toccato diversi temi volevamo concentrarci sull'imprenditoria, specialmente a livello giovanile. Parliamo ad esempio di rete tra imprese. Tra imprese magari giovani, quindi a guida under 35, che ricordiamo sono circa l'8% appena del totale, quindi imprese nuove, quelle magari già collaudate, quindi forti e presenti sul mercato da anni. Purtroppo questa rete non trova troppo spesso terreno fertile, sia per diffidenza, sia per un principio, se così vogliamo chiamarlo, di concorrenza. Cosa può fare quindi il Governo per cercare di abbattere questa distanza quindi di favorire incoraggiare la rete di impresa, anche in un principio di ricerca e d'innovazione che alla fine sta alla base di ogni economia? Io credo innanzitutto che il vostro esempio sia importante per i giovani della vostra età. Davanti a me, sulla mia scrivania, ho un dato che mi guardo ogni giorno, che è questo. In Italia abbiamo, nella fascia di età che li ha citato, quindi dai 15 ai 35 anni, 3 milioni di giovani che non studiano, non lavorano non cercano lavoro. E questo è il nostro primo grande problema. Quindi la prima cosa che lo dobbiamo fare è dimostrare con il vostro esempio che per un giovane che non ha ancora 35 anni, non solo è utile studiare e formarsi, non solo è utile lavorare, ma è anche possibile addirittura creare un'impresa, la propria impresa, la propria scommessa nella vita. Quindi siete voi l'esempio che dobbiamo portare agli altri giovani. E se ci fate caso, lo facciamo soprattutto per loro. Perché un giovane che non studia a 33, 34, 35 anni, che non lavora non cerca lavoro, cosa può avere come prospettiva della vita? Ha rinunciato di fatto ad avere una prospettiva. Magari ha rinunciato anche a fare una famiglia a fare dei figli. Se nell'arco di questa legislatura avremmo convinto questi 3 milioni di giovani o a formarsi magari nel liceo del MedinItaly o negli studi tecnici professionali o a lavorare, comunque a cercare lavoro o addirittura a inventarsi il proprio lavoro creando un'impresa, noi avremo fatto un vero, grande secondo miracolo italiano. E avremo in questo modo davvero riportato il nostro Paese nelle condizioni in cui una volta negli anni 50 era guardato con ammirazione nell'epoca della prima significativa politica industriale del Paese. Per cui il vostro esempio non lo dobbiamo portare. Per fare questo ovviamente dobbiamo valorizzarvi sia attraverso i meccanismi che sono un vantaggio devono essere un vantaggio competitivo per chi crea una nuova impresa e sia per chi assume un giovane nella propria impresa. Su questa è la strada che il Governo ha intrapreso su ogni provvedimento ancorché sia consapevole che le risorse sono limitate ma la rotta è chiara indicata d è quella che lei ha presentato con gli altri giovani qui in sala a cui giustamente dico lavoriamo insieme per costruire un futuro agli altri giovani che oggi non credono di avere un loro futuro. Grazie. Salve. Sono Rafferrami Stadi sono segretario del Consiglio Provinciale dei Giovani. Le faccio questa domanda. Il marchio MedinItaly è un marchio d'eccellenza ma si hanno delle instabilità. Queste instabilità vanno dalla crisi climatica alla crescita dell'imprenditoria giovanile. Come si possono superare questi ostacoli? Come si può far crescere MedinItaly alla luce di queste instabilità? Innanzitutto la gran parte delle imprese giovanili sono proprio nella tecnologia green perché evidentemente il giovane è più consapevole che questo è il futuro. Noi su questo vogliamo scommettere vorremmo creare le condizioni nel nostro paese perché diventa il luogo principale nell'arco della nuova economia globale occidentale su cui investi nella tecnologia green nella tecnologia digitale. Infatti parlavo prima del piano Transizione 5.0 che significa tecnologia green tecnologia digitale. Posso aggiungere che dopo il disegno di legge sul MedinItaly presenterò nel Consiglio dei Ministri quindi al Parlamento il piano nazionale sulla microelettronica che creerà il contesto ideale per investire nel nostro paese nel settore più avanzato della tecnologia digitale. Posso confortarvi col dire che già il paese su questa strada infatti lo dimostra il fatto che il più grande impianto di produzione di pannelli solari in Europa è quello che abbiamo insediato a Catania Enel Green che diventerà il più grande impianto in Europa non a caso ha prospettato già un investimento significativo negli Stati Uniti per creare un secondo impianto in tecnologia green. Posso dirvi che sempre a Catania ma non soltanto anche in Lombardia siste un'impresa itolo francese SETI Macro Elettronica che è la più grande multinazionale uropea del campo del digitale aggiungo che in queste ore una tax force del mio di Castelo dove essere stata a Taipei a Seoul negli Stati Uniti a New York dove mi ricarò anche tra qualche giorno in Giappone per presentare le imprese di Taipei di Taiwan a quelli americani a quelli giapponesi quello che sarà il piano nazionale sulla microelettronica nel nostro Paese per convincere i principali operatori internazionali che stanno cercando di capire dove localizzare i loro investimenti in Europa per l'autonomia strategico europea nel campo dei chip e dei semiconduttori di farlo nel nostro Paese in Italia posso aggiungere che nel manovro economico finanziario che abbiamo realizzato lo scorso anno è previsto un istituto per il chip per una fondazione con 200 milioni di euro che prenderà forma nelle prossime settimane che servirà proprio alla ricerca applicata all'industria aggiungo ancora che nel prossimo mese di settembre presenteremo un provvedimento di legge che dopo quello sulla microelettronica servirà anche a delineare la politica italiana nazionale sul campo della nuova tecnologia cioè un provvedimento di legge sulle frontiere della nuova tecnologia che riguarderà quindi l'intelligenza artificiale che riguarderà la tecnica quantistica che riguarderà sostanzialmente la scienza della vita cioè tutte le nuove tecnologie l'unico grande provvedimento perché noi pensiamo che bisogna costruire da qui nei prossimi mesi per presentarlo nella prossima primavera quando l'Italia presiderà il G7 gli eventi del G7 si svolgeranno in Italia sotto l'autorevole presidenza di Giorgia Meloni in un'immagine di una grande vetrina in cui una grande conferenza internazionale sulla politica industriale si possa presentare agli osservatori quindi anche agli attori globali una politica industriale italiana delineata in questa serie di riforme legislative che possa fare del nostro Paese il luogo ideale dove investire la tecnologia green e la tecnologia digitale perché noi possiamo esserlo perché siamo per storia, per cultura, per economia per capacità all'interno di questo processo di orientamento di capitali internazionali uno dei grandi Paesi europei uno dei grandi Paesi del G7 una delle più grandi industrie e manufatturiere globali abbiamo tutte le condizioni per diventare una terra ancora più appetibile per gli investitori stranieri nei settori dell'innovazione dobbiamo avere anche un tessuto impreditoriale giovane, qual è quello che voi potete rappresentare di conseguenza il Fondo Sovrano investirà principalmente sulle imprese che avranno le capacità di crescere e di innovarsi certamente anche e soprattutto sulle imprese guidate dai giovani che sono il nostro futuro Grazie Buonasera Ministro sono Marco Moser Consiglio dei Provinciali Giovani le faccio questa domanda quale iniziative il governo sta prendendo per attrarre nuovi talenti competenze nel settore delle imprese italiane favorendo la diversità l'internazionalizzazione Per quanto riguarda questa attività, abbiamo fatto lì cosa abbiamo già fatto e lì dico quella idea forse più singolare ma anche peculiare al nostro territorio che presenterò nei prossimi mesi al Consiglio Ministro e al Parlamento dal primo giorno della legislatura abbiamo creato lo sportello unico per le imprese straniere del nostro Paese presso il mio Dipartimento con una direzione apposto un'unità di missione dei tutor che saranno specializzati a seguire in maniera personalizzata ciascuna impresa straniera che voglia investire nel nostro Paese abbiamo creato una norma per cui per gli investimenti superiore a 25 milioni di euro con significativo impatto occupazionale o le procedure autorizzatorie di altre amministrazioni non fossero realizzate in tempi congrui, il Mio di Castello può assumere a sé questa responsabilità avvocando quelle procedure abbiamo realizzato un'altra norma secondo la quale per investimenti superiore a 400 milioni di euro in settori strategici telecomunicazioni, energia tecnologia grini digitale e d'altra ancora un investitore straniero possa avere il rapporto organico col Ministero e con le Regioni un sito strategico nazionale così chiamato in cui investire nel quale noi insieme alle Regioni possiamo fare una sorta di conferenza di servizio un unico processo di autorizzatori cosa vorrei fare per questa realizzatura fare dell'Italia del Made in Italy il Made in Italy è ormai l'Italia riconosciuta nel mondo come il luogo dove si realizzano i prodotti più belli al mondo questo è il Made in Italy i prodotti più brilli al mondo che servono alle persone i prodotti dell'alimentazione i prodotti dell'abbigliamento, i prodotti dell'arredo della nauta, della canteristica tutto quello che è l'ambiente che una persona sceglie dal luogo dove si realizza la produzione più bella al luogo del più bello in generale vivere mi spiego uno dei provvedimenti che voglio fare è quello che interceterà soprattutto coloro che lavorano nel campo del digitale i navigatori digitali un provvedimento che sostanzialmente attraverso la connessione che realizzeremo su due direttrici del nostro territorio dica a chiunque possa lavorare a distanza voi sapete che dal lockdown in poi tutti abbiamo compreso che in sempre più mestiere, in sempre più professioni in sempre più imprese è possibile lavorare anzi è incentivato a lavorare a distanza che si può lavorare nel mondo dall'Italia il provvedimento avrà questo titolo Lavoro nel mondo, vive in Italia in modo tale che non si passa dalla percezione del Made in Italy quindi del nostro paese come il luogo più bello il luogo dove si producono i prodotti più belli al mondo al luogo dove è più bello vivere al mondo sapete che con la digitale cioè con lavoro a distanza vi sono sempre più professioni, mestiere, imprese che incentivano il lavoro a distanza se io lavoro posso farlo a distanza dove vorrei vivere se non in Italia questo è uno strumento che ci considererà di ripopolare di dare una funzione ai nostri straordinari borghi che diventeranno il luogo interconnesso in cui è possibile attrare le migliori intelligenze del mondo creare un ecosistema in questi borghi in cui al bar i giovani di quei borghi lo ritroveranno anche ovviamente il pensionato che resta a vivere lì che vivranno l'ingegnero informatico il tecnico del design del digitale dei chip che vivranno lì pretendo farlo da quel luogo perché la loro produzione è appunto a zero distanza vi parlerei di un progetto che è già in campo che è quello di Polis Poste per la piena connessione dei borghi italiani un ufficio postale dei mille borghi italiani già da qui alla fine dell'anno un ufficio postale capace di fare ogni cosa, persino il passaporto da quel piccolo ufficio postale ma anche in molti casi sarà anche un luogo di co-working lo stesso stiamo facendo con le stazioni ferroviarie, 2.200 stazioni ferroviarie che saranno interconnesse attraverso la rete ferroviaria per portare le 5G in ogni stazione ferroviarie, molte di quelle stazioni ferroviarie rano abbandonate e chiuse diventeranno anche esse dei luoghi strategici delle co-working interamente connesse in cui chiunque professionista piccola o media impresa potrà installarsi d avere da lì il suo luogo di vetrine di produzione nel mondo cioè porteremo soprattutto nei luoghi abbandonati nei borghi in cui oggi è difficile restare a vivore in quelli centri postali in quelle stazioni ferroviarie che oggi sono chiuse il cuore del mondo questo ci permetterà appunto di fare del nostro Paese non solo il luogo dove è più bello dove è possibile produrre prodotti più belli ma il luogo dove sicuramente tutti sono consapevoli che è più bello vivere per produrre anche a distanza Ben, ringrazio i giovani del Consiglio provinciale, Ministro, la ringrazio ringrazio tutti quelli che ci hanno seguito sia in teatro che da casa in streaming gli auguro buon lavoro perché ha una lista è finita di provvedimenti da fare da qui a un anno quindi non l'ho in video, buon lavoro c'è qualche decennio da recuperare vediamo se ci si riesce non è facile grazie grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti grazie a tutti
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