La carta dei diritti digitali europea
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La carta dei diritti digitali europea
Il libro presentato, “Il codice del futuro. La carta europea dei diritti digitali e il senso dell'innovazione”, è incentrato sulla dichiarazione dei principi digitali firmata dai presidenti dell'Unione Europea nel dicembre 2022. Essa riassume ciò che l’Europa vuole ottenere attraverso l’impiego del digitale in termini di sviluppo, crescita sociale, giustizia e diritti umani. Viene sottolineato come, parallelamente, sia necessario stabilire delle regole per guidare l'innovazione digitale e rispondere alle sfide globali.
Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org Buonasera, buon pomeriggio, grazie di essere qui per questa presentazione. Il libro riguarda quello che è successo il 15 dicembre dell'anno scorso, quando tre presidenti, le due presidenti del Parlamento e della Commissione, i presidenti del Consiglio Europeo, firmano una dichiarazione dei principi e dei diritti nella Decade Digitale che, in qualche modo, riassume quello che l'Europa vuole ottenere con il digitale in termini di sviluppo, crescita sociale, giustizia, diritti umani e soprattutto prende l'impegno per realizzare questi diritti. Quindi è fondamentalmente un compendio della grande policy che l'Europa ha messo in piedi sul digitale con tutti i suoi elementi, si va dall'accesso, l'inclusione, la cyber security, la disinformazione ai giovani, i minori, ovviamente l'intelligenza artificiale, come si trattano i dati, qual è l'impegno per ridurre il consumo di energia nel digitale, in tutte le direzioni gli europei hanno la loro visione del mondo, il digitale è una grande leva di innovazione ma è densamente generatore a sua volta di rischi per la società, per la qualità del mercato, per la possibilità di competere, per la possibilità di innovare. Tutto questo è raccontato nella dichiarazione e commentato punto per punto da un giornalista che vi sta parlando e dal direttore generale della Digiconnect, della Commissione, che è uno dei principali colpevoli di tutto questo. E quindi quando parlate con lui vi accorgete che non stiamo parlando soltanto di una conoscenza generale, sintetica, connessa dei vari temi, ma tende ad andare molto a fondo su qualsiasi argomento. Questo il libro lo fa trasparire sia per il fatto che io a mia volta faccio il giornalista, racconto queste cose da molto tempo con lo spirito di chi cerca le opportunità e consapevole dei rischi e con la competenza, la conoscenza assolutamente senza paragoni di Roberto Viola viene fuori un libro sintetico ma denso di valore per chiunque voglia vedere cosa succederà in Europa e a partire dall'Europa in un argomento così decisivo come il digitale. Abbiamo parlato in ultimi tempi solo dell'intelligenza artificiale. Roberto Viola adesso ci può dare alcuni esempi di carotaggio del ragionamento che si trova nel libro. L'intelligenza artificiale è un AI act in theory e quindi ha un suo significato. Abbiamo parlato solo di questo da novembre e quindi varrebbe la pena di partire da lì ma gli lascerei la parola per dare il senso delle priorità principali di questo lavoro che è stato compendiato appunto nella dichiarazione e commentato o approfondito nel libro. Grazie Luca, in maniera molto elegante hai detto e devo essere breve perché hai detto quando Roberto comincia a parlare va molto in profondità e quindi sarò breve anche perché vorrei sentire l'amico Francesco Profumo che ringraziamo, che ha accettato di commentare il libro con noi. Il libro ha uno scopo preciso che è quello di tentare di raccontare appunto questa storia di come siamo noi europei, di quelli che i valori che rappresentiamo rispetto a questa rivoluzione digitale e la dichiarazione nasce in un momento molto particolare della storia d'Europa e della storia del mondo perché nasce durante la pandemia. La pandemia l'abbiamo tutti vissuta come qualcosa di immaginabile, impensabile e soprattutto qualcosa di molto digitale perché per rimanere famiglie con delle relazioni sociali, per lavorare, per studiare l'unico modo era utilizzare il digitale, per entrare in qualunque posto poi ci voleva anche un certificato digitale. Quindi la nostra vita era scandita dai bit in una maniera che nessuno poteva immaginare. Il programma della Presidente Fondelani l'aveva annunciato dall'inizio, voleva fare un regolamento dell'intelligenza artificiale ma anche fare grandi investimenti, voleva parlare di dati. Tutto questo era nelle corde però poi è tutto cambiato. Un'altra cosa che ha marcato e ha accelerato l'idea che le istituzioni uropei devono darsi una costituzione digitale è stato quello che avvenne il 6 gennaio del 2021 con l'attacco alla democrazia americana, con l'attacco a Capitol Hill, con un signore o più di un signore che comandava questa gente tramite social media ed è avvenuto l'immaginabile e per non parlare di quello che era avvenuto mesi prima di un signore o un ragazzo che si è autofilmato su Facebook mentre faceva strage in una chiesa. Tutto questo ha creato lo shock della pandemia, il fatto che ci siamo resi conto che ormai il digitale è parte della nostra vita, che profondamente influenza le istituzioni, profondamente l'influenza delle persone, ha portato l'Europa a dire mettiamo in chiaro i principi che cosa vuol dire essere cittadini digitali perché essere cittadini significa avere il rispetto della propria persona, delle proprie libertà ma anche il rispetto di qualunque altra persona di arrivare ad un senso di ugualianza effettiva. Tutto questo ra un po' il sogno dell'internet, quando fu inventato era la scoperta della conoscenza io a quel tempo mi occupavo di internet per l'Agenzia Spaziale Europea in programma della NASA e lo utilizzavamo per comunicare con lo telescopio spaziale ed eravamo affascinati dalla flessibilità, peraltro internet, il protocollo militare fu inventato per resistere all'attacco nucleare. Divenne poi la rete delle università americane con l'invenzione del World Wide Web, del CERN di Tim Berners-Lee divenne il libro dei libri, l'inciclopedia delle enciclopetie. Questo è stato tutto bellissimo, poi alcuni signori in calzoncini nella Silicon Valley hanno cominciato a capire che ci si potrebbe fare tanti soldi con l'internet l'internet si è balcanizzata ed è diventata un posto dove ci sono questi algoritmi che amplifiano qualunque cosa. La cosa che amplifiano di più è quello che c'è di peggio in noi perché quello che siamo, quando andate al cinema sono sicuro che guardate spy stories, complotti, l'internet commerciale fa questo, amplifica, distorce, eccetera, perché è una grande macchina di intertenimento, in una società liberale non c'è nulla di male, ma nelle società liberali c'è una funzione dello Stato con la S maiuscola ed è questo il punto della dichiarazione dei diritti. La dichiarazione dei diritti è non c'è nulla di male che l'internet sia un luogo dove gli imprenditori possono avere successo, ma è soprattutto un servizio che i cittadini devono ottenere nel termine del servizio pubblici, servizi pubblici di tutti i tipi, ma è anche un luogo di democrazia, di scambio, di rispetto d è un po' questo il senso. Poi le dichiarazioni ci sono state tante, c'è stata una cosa che tu ci hai partecipato all'iniziativa presa da Rodotà in Italia, la prima è nel mondo, che mi colpì molto perché io già lavoravo alla Commissione Europea, andai a trovare la Presidente Boldrini con il Vicepresidente e anzi si parlò di questa dichiarazione e mi rimase in mente, ma forse bisognava fare qualcosa a livello europeo. Però la caratteristica importante di quella europea è che quelle firme dei tre Presidenti contano perché poi sono le stesse firme che stanno sui regolamenti, sulle leggi a protezione dei dati personali, le nuove leggi che proteggono contro l'invasività delle piattaforme, le leggi che riguardano l'interoperabilità di tutti i servizi pubblici, la sanità digitale, quindi l'Europa unica al mondo non solo si è impegnata in una carta di diritti, ma poi sta portando avanti un'agenda che è sostanzialmente il cittadino digitale che è anche il cittadino europeo. Questo è un po' lo spirito del libro, è come una grande speranza di riscoprire le ragioni creative socialmente propositive dell'internet originaria con un insieme di regole che lo rendono possibile e tra l'altro bisogna ammettere che tutto il mondo delle dotcom e del grande sviluppo finanziario e tecnologico dell'internet attualmente oligopolistico nasce comunque da una regolamentazione che Al Gore e Bill Clinton decisero di fare dando allo sviluppo commerciale su internet un via libera assoluto. Era anche quella regolamentazione, si chiamava deregolamentazione, ma era policy. Noi abbiamo un'altra policy per interpretare un'altra poca dell'innovazione, un'epoca nella quale vogliamo non soltanto ottenere nuove tecnologie nuove aziende dominatrici nel mondo ma anche rispondere a sfide globali che hanno un senso per tutti come il clima, l'inclusione sociale, la giustizia e i diritti umani. Se posso dire una cosa rapidissima, è bello vedere come Hillary Clinton, tutte e due i coniugi Clinton, Obama, lodano apertamente l'Europa perché il sogno di Obama era quello di avere questo cambiamento del mondo attraverso di internet. Non avevano fatti conti con la disinformazione, con gli algoritmi, persero l'elezione e piangevano come vitelli e hanno ammesso e Obama l'ha ammesso pubblicamente, mi sono sbagliato. La strada dell'Europa che è quella di dire c'è un limite, ci deve essere un limite, quello che è illegale offline, deve essere illegale online, dobbiamo riuscire a creare questa educazione civica dei cittadini per cui si pensa quando si va online, lo hanno ammesso e lo hanno riconosciuto. Quindi approfondiremo al prossimo giro con Roberto alcuni dei temi prioritari della regolamentazione che sta arrivando e i I act in primo luogo, ma prima di tutto volevo sentire al Francesco Profumo che come si dice in certi casi, ma è sempre un piacere dirlo, non ha bisogno di presentazioni, è un suo primo commento, non può dire strettamente quello che vuole come si fa con tutti i giornalisti a qualunque domanda, però una domanda io ce l'avrei ed è per l'appunto il fatto che ci sono due grandi modi di interpretare questo genere di cose, c'è chi dice la legge, i regolamenti arrivano sempre tardi rispetto alla tecnologia, inseguono, non sono in grado di controllarla e forse diventano un freno e c'è chi dice l'impostazione di policy aiuta una comunità a interpretare il suo futuro. Naturalmente puoi cogliere questo spunto o dire quello che ti sembra prioritario rispetto a questa cosa, però è chiaro che è uno dei temi pregiudiziali nei confronti di questo genere di temi. Intanto grazie per aver organizzato questo panel e grazie soprattutto a Roberto per essere di nuovo qua nel senso che in questi ultimi anni tante volte Roberto è venuto e tante volte dai colloqui con Roberto sono nate poi idee, sono nate progetti e credo che in questo caso partiamo da una sintesi precedente ma indubbiamente c'è ancora molto spazio aperto. Tanto rispetto alla tua domanda io credo che la risposta sia almeno dal mio punto di vista alla seconda, nel senso che le policy sono necessarie e le regole debbono essere regole tenute presente nel momento storico in cui siamo, in cui la caratterizzazione è data dalla velocità del cambiamento e dall'incertezza e quindi probabilmente debbono essere delle policy che vanno nella direzione di quanto voi avete sintetizzato sul libro e non di policy così come le intendavamo prima perché altrimenti rischi che veramente diventano policy che ostacolano più che policy che creano delle opportunità. Credo che questa sia una considerazione generale di cui sono veramente anche contento che l'Europa in realtà in questo momento è certamente il leader di questi 500 milioni di cittadini che molto spesso vengono un po' considerati un po' così, sono vecchi, sono tanti, poi in realtà qui c'è credo un elemento centrale che è quello della cultura di questa parte del mondo che nessun altro ha e noi dobbiamo dircelo con chiarezza e probabilmente in queste fasi così complesse la cultura è quella che emerge. Adesso quello che voi avete detto lo si può sintetizzare ancora di qual è stata la rapidità di questa fase. Il 29 novembre la presidente Wanderley nel suo discorso del 2019 di insediamento lancia l'idea delle twin transition e della resilienza sociale. Nel mese di gennaio, febbraio, marzo succede tutto quello che succede. Capite che qualsiasi tipo di reazione sarebbe stata in forma, lasciatemi chiamarla, isterica e invece che cosa succede? Che l'Europa nel luglio del sempre del 2020 lancia Next Generation, quindi guardando ben oltre e non arroccandosi in una forma anche di conservatorismo che di lì nasce questo grandissimo progetto che ha la base però le due transizioni. La Presidente le intendeva separate e con la resilienza sociale come elemento molto rilevante. Ci siamo accorti da quello che è successo che le transizioni sono un tutt'uno e che la terza è veramente una transizione sociale e noi non possiamo perdere milioni di persone attraverso queste operazioni. Abbiamo bisogno di che cosa? Che ci sia la maturità perché le transizioni siano governate attraverso policy. Ed ecco che la vostra risposta è una risposta di grandissimo interesse. Io mi aspetterei che ci fosse una risposta analoga anche sul tema della transizione ecologica e perché no anche sulla transizione sociale. Allora si che incominceremo a dare una rotondità a tematiche che sono collegate l'un l'altro. Per quale motivo c'è questo passo rilevantissimo sul tema digitale? Questo ha un nome cognome e si chiama Roberto Biola. Roberto Biola, no, guarda che noi che abbiamo relazioni con la commissione. Nella commissione ci sono delle competenze veramente di grandissimo livello in tantissimi settori ma la concretezza con la quale tu hai approcciato questi temi pensiamo al tema HPC. Quando ci incontriamo nel tuo ufficio nel 2017 lì non sapevamo veramente da dove partire. In pochi anni oggi in Europa ci sono di nuovo grandi centri con grandi macchine, in Italia ce n'abbiamo una che era impensabile e ci ricordiamo che quando facemmo quel discorso nelle prime 10 macchine HPC al mondo non c'era più un'Europa. Quindi tutto questo significa che le policy in realtà che sono riportate qua sono una sintesi delle policy che sono state attuate in questi anni dove a parte gli annunci c'è stato veramente una parte di declinazione in azioni che sono corrispondenti. Quindi la prima domanda che io vorrei fare a Roberto è rispetto a quanto è riportato in questo libro? Che cosa è già stato fatto e quali sono le priorità successive? Perché mi sembra che per un audience di questo genere ci voglia un elemento per capire quanto è già stato fatto e quanto abbiamo ancora da fare. Non so se concordi. La domanda è per l'appunto quello che è stato fatto c'è un po' sintetizzato ma indubbiamente le priorità e quello che ci aspettiamo adesso e fino alla fine dell'attuale commissione è proprio il tema di cui discutiamo adesso sapendo che prima Francesco ci ha dato il suggerimento che questo non sia un libro ma l'inizio di una trilogia dove facciamo il digitale, il sociale e la sostenibilità questo è già un buon suggerimento. Dopodiché ci ha sottolineato il fatto che noi siamo un Paese che ha una certa età e questo può darsi che nella prossima discussione si possa sottolineare per il termine di come tirare più dentro i giovani. Io sono molto esperto di questo perché ho compiuto 22 anni per 3 volte e quindi vi posso spiegare qual è il problema dei 22 anni. Ma adesso quali sono le prossime tappe? Quest'anno è i AI Act, Data Act, sono all'ordine del giorno, c'è un Media Freedom Act pending. Allora prima di tutto quello che è stato fatto, quindi oggi le grandi piattaforme sono regolate, quindi ci sono questi due regolamenti europei che non hanno bisogno di trasposizione legginazionale, uno che si chiama il Digital Service Act e l'altro il Digital Market Act, che impongono comportamenti virtuosi alle grandi piattaforme. Il Digital Service Act impone che prima di tutto l'algoritmo che amplifica la pubblicità e fa tutto questo venga spiegato e che ci sia un audit indipendente di questo algoritmo. Seconda cosa è che non si può fare una pubblicità personalizzata usando dati sensibili delle persone, è vietato. È vietato fare pubblicità personalizzata ai bambini. Gli utenti hanno un diritto e il diritto deve essere azionabile presso le piattaforme, presso le autorità e presso un giudice. È simpatico antipatico, ma non è possibile che un imprenditore privato sospende l'accanto del presidente eletto dei Stati Uniti. Non funziona così in una democrazia. Per cui il presidente dei Stati Uniti a modo di essere ascoltato, un cittadino normale o meno, il DSA impone che il cittadino venga ascoltato. I contenuti illegali, pedopornographici, terroristi, vanno rimossi immediatamente. I ricercatori devono avere i dati per comprendere come funzionano le piattaforme. Il Digital Market Act riguarda le imprese che fanno business con le piattaforme. Quindi ormai è chiaro che un'impresa se non è visibile su Android, su Apple, sulle piattaforme Microsoft non siste sostanzialmente. Tutte quelle che riguardano gli elementi fondanti di un'impresa che dipendono da queste piattaforme che si chiamano gatekeepers devono essere messe a disposizione in maniera non discriminatoria. Per quanto riguarda i contenuti, chi produce i contenuti deve essere protetto, il suo direttore è riconosciuto, sia esso un giornalista, un creativo, un musicista. Su questo mi aggancio per dire cosa verrà per quanto riguarda l'intelligenza artificiale perché ieri ho letto una dichiarazione un po' infelice del CEO di ChatGPT che ha detto ma se gli europei faranno delle regole che non ci piacciono noi sospenderemo il servizio. L'abbiamo già sentito. Quando l'Europa disse i giornali non devono morire perché i giornali sono una democrazia e per cui hanno diritto alla rimunerazione ci provo a Spagna da sola Google chiuse Google News in Spagna. Quando vennero fuori le regole europee furono cinque anni di lunghissima e dura negoziazione, ovviamente quello che è avvenuto è che Google non ha abbandonato l'Europa. L'Europa è il più grande mercato digitale per valore del mondo. Nessuno si può permettere di ignorare l'Europa. Quello che è avvenuto è che le varie platforme sono sedute e hanno cominciato a negoziare i diritti coi giornali. La nostra nuova battaglia sono le regole giuste per l'intelligenza artificiale, non per uccidere l'innovazione, perché l'intelligenza artificiale è una rivoluzione incredibile che dà tante opportunità nella salute, nel trasporto. Ovviamente ci sono delle cose che vanno regolamentate, soprattutto il rischio va regolamentato perché se un algoritmo aziona i freni dell'auto o il laser che opera una forza, voglio dire, questo produttore dell'algoritmo deve andare a spiegare a una terza parte un verificatore come ha programmato la macchina. Si chiamano test e experimentation facility posti dove chi produce l'intelligenza artificiale spiega le cose. Dico questo perché una di queste è qui a Trento con la fondazione Kessler che ha vinto una gara europea per il test e xperimentation facility per tutta la parte che riguarda l'agricoltura e comunque la catena del cibo. Quindi l'idea è non è vero che il produttore è un responsabile, lui non lo sa e questo è un po' una specie di alieno questo affare, non è così. Bisogna che chi produce l'intelligenza artificiale spieghi quali dati che sono stati utilizzati, come funziona l'algoritmo, che prestazioni ha, che limitazioni ci sono, se c'è un eventuale rischio di polarizzazione, di bias. Per quelli che non conoscono il bias c'è un esempio sul libro. Noi diciamo se all'intelligenza artificiale gli vengono solo insegnati cubetti rossi e poi l'intelligenza artificiale vede un cubetto giallo dice questo non è un cubetto, quindi è importante che i dati che vengono dati a disposizione siano vari, siano completi per questo vedete tutte le goffaggi, negli errori che ci stanno sul CPC, è normale perché non è che è una macchina onnisciente. Comunque con tutte le precauzioni del caso l'intelligenza artificiale è un cambiamento epocale, positivo perché significa un salto di qualità, significa che sostanzialmente abbiamo un oggetto che ci aiuta a vivere meglio, ma ci aiuta, non ci sostituisce. Quindi la nuova sfida dell'Europa è arrivare per prima al primo regolamento dell'intelligenza artificiale che è appunto un regolamento basato sul rischio, quindi quando c'è il rischio c'è responsabilità e per il resto tutti sono liberi diciamo di utilizzare l'intelligenza artificiale per migliorare la nostra società. Ecco e questo conduce da un lato, lo avete sentito, a rigettare insomma intellettualmente anche con una certa vehemenza le interpretazioni dell'intelligenza artificiale come intelligenza aliena, ne ho sentito una versione molto convincente e attraente di Harari non più tardi di un paio di settimane fa che parla di intelligenza aliena che metterà fine alla civiltà umana questo genere di cose. Mio dipote ha detto ma il mio professore ha detto di comprare il libro di Harari, ho detto no, digli che devi comprare il libro nostro. Mi hai tolto come dire come al solito le parole di bocca perché fondamentalmente quella lì non solo è sbagliata tecnicamente perché aliena vuol dire di origine non umana e l'origine è umana senza dubbio, ma in secondo luogo la conseguenza di quel tipo di impostazione è del responsabilizzante, è coerente con l'idea secondo la quale Sam Altman si può permettere, il fondatore di OpenAI si può permettere di dire è rischiosissima la nostra cosa, io voglio regolamentazioni, dovete risolvere questo problema, non la faccio uscire perché è troppo pericolosa, quando esce dice che è piena di allucinazioni, di bias, di modi per parlare in maniera antisociale intanto la fa uscire e questo è uno sdoppiamento della personalità, non è possibile, quindi da questo punto di vista questa non è aliena è totalmente umana e le persone che la fanno sono responsabili, detto questo però ci dobbiamo domandare se la regolamentazione dell'intelligenza artificiale che caratteristiche deve avere e che cosa può fare per essere di stimolo a creare l'intelligenza artificiale umanamente sensata e non di freno e impaurire. Nella privacy abbiamo visto che ci sono le due facce di questa cosa, molte aziende hanno paura di andare contro le regole della privacy perché non lo capiscono, forse c'è un timore eccetera ccetera e ha maggior ragione con l'intelligenza artificiale se non è chiaro qual è il punto. Intanto l'intelligenza artificiale adesso è diventata di moda ma non so quanti di voi lo sanno che a metà degli anni 80 un signore che si chiamava Bruno Kestler che non era proprio un signore qualunque, vedendo ancora una volta lungo, chiamò qua a Trento Luigi Stringa. Luigi Stringa era un manager molto noto, era il papà dell'automazione postale del nostro Paese e questo signore Bruno Kestler decise perché aveva sentito parlare di intelligenza artificiale di chiamare un gruppo di giovani che erano qualcuno del CNR, qualcuno veniva dalle MIT e costituì il primo gruppo e nel 1989 fu fatto il primo congresso in Italia sull'intelligenza artificiale. Quindi questo pezzo di terra qua che è un pezzettino rispetto al nostro Paese è la storia dell'intelligenza artificiale del Paese. Se andiamo a vedere da questo punto di vista quello che tu chiedi è quello che è avvenuto nel corso di questi 40 anni. Sono stati messi insieme scienziati e sociologi, scienziati e giuristi, scienziati persone che avevano quella sensibilità sociale che andava ben oltre. Credo che questa cultura ibrida del tenere insieme gli aspetti diversi sia certamente l'elemento centrale rispetto alla tua domanda perché se la teniamo solo per gli scienziati rischiamo di andare a sbattere la testa. Quindi il tema è un tema che naturalmente come dicevamo oggi è caratterizzato da velocità, pensate cosa è successo negli ultimi 4-5 mesi e quindi certamente troviamo e anche dell'inciattezza perché non sappiamo mica ancora dove andiamo però credo che alla base ci voglia una cultura larga, una cultura in cui non c'è solo chi si occupa di reti neurali ma ci deve essere anche chi ha quella giusta esperienza dal punto di vista di un'etica moderna per cui si evita di fare errori. Io butterei però un sasso che naturalmente qui guardandome intorno non abbiamo bambini e bambine, ma questi dovranno vivere in un mondo che avrà come elemento centrale quelli di cui stiamo parlando oggi e non solo sarà ma ci saranno dei. Quindi il tema dell'educazione è di come questo processo debba andare avanti a livello almeno europeo e questo vuol dire che i nostri bambini e nostre bambine dovranno incominciare ad avere una cittadinanza digitale fin dalle loro scuole alimentari. Quindi io credo che siamo in una fase meravigliosa con tantissime problematiche aperte ma se dovessi scegliere io dove puntare è l'educazione delle nuove generazioni perché qua ci giochiamo veramente al futuro. Questa è un'alzata di palla perfetta, vai schiaccia. Me l'ha fatta due, una non ho ancora risposto è la trasformazione verde digitale come si incrociano e questa qua. Allora mettiamoci in quale cent'anni fa, cioè torniamo indietro i cent'anni e chiediamoci qual era il problema della scuola cent'anni fa. Il problema della scuola cent'anni fa, 80 anni fa era una popolazione di analfabeti, una popolazione di analfabeti. Quindi il Totò e Peppino che vanno dallo scrivano per scrivere punto virgola punto esclamativo c'era lo scrivano. Lo scopo della scuola è stato poter insegnare a leggere e scrivere alle masse ed è stata una delle ragioni fondanti del boom economico italiano negli anni sessanta, il salto di qualità che è stato fatto. C'ha CPT scrive bene, è sua dente, è preciso, è quasi imbarazzante rispetto a come scrivo io una lettera nella pubblica amministrazione, ma non è questo la nostra sfida, la nostra sfida a questo punto è la creatività. La creatività uno non se ne rende conto ma è un concetto dell'elite perché o era il genio matto quello vabbè poi viveva, nasciva, povero oppure erano grandi elite che dovendo lavorare si riunivano in salotti, ascoltavano la musica, filosofeggiavano ccetera. Quindi quella è la società da cui veniamo, una società di analfabeti e di elite culturali. La grande sfida è che ciascun bambino deve essere un creativo perché ovviamente gli compiti rutilari gli rifà l'intelligenza artificiale ma non è quello lo scopo. Lo scopo invece è usare questi strumenti bellissimi per poter diventare tutti creativi, tanto non è che bisognerà lavorare 40 ore incollati ad una scrivania mettendo timbri, queste cose sono lavori del passato che stanno sparendo e spariranno. Quindi nessuno si deve spaventare che dicono 800 miliardi di posti di lavoro, quello che è, sparisce tutto. Certo che spariscono, sono lavori che spariscono perché non servono più, ma non è questo il punto. Il punto è non essere passivi rispetto a questa evoluzione, perché il rischio vero è avere una scuola che mantiene come obiettivo quello di 50 anni fa, che non lo è più. Ovviamente altamente subottimo rispetto a quello che sa fare la macchina, che sa fare meglio e quindi la gente deve essere, i 22 anni, quando tu avrai 4 volte 22 anni, deve essere passivo, quindi devono essere molto più preparati, intelligenti, critici rispetto a tutto questo. Ovviamente ci sono, c'è una classe insegnante che permette questo, oggi no, è la classe del passato, quindi è una cosa che è facile, no, perché è anche molto costosa fra l'altro. Quindi il compito che ha l'Europa, che hanno gli Stati, non è un compito facile. Uno delle pagine meno belle del piano di rilancio, il più generoso che c'è che è quello italiano è quello dell'istruzione, che in fondo rispetto a tutti i fondi importanti i fondi sono piccoli. Quindi l'Italia ha diverse cose dove deve farsi stata domanda molto più degli altri. L'Italia è al penultimo posto, ha vinto la coppa al contrario per il numero dei laureati. Ne parlavamo con Luca preparandoci a questo incontro, il numero dei laureati in Italia se non vede il grafico si mette in maniera i capelli e questa cosa nel mondo di ciaccibitino va bene. Questa cosa condanna veramente, vi ricordate quel film Your Robot dove c'erano i robot che si sparavano fra di loro e gli umani erano diventati stupidi sul divano e mangiavano le popcorn e vedevano tutto questo. Ecco questa è la società distopica che non vogliamo. Per evitare questa società ci vuole la società dei saggi, ci vuole la società dei creativi, ci vuole la società con la scuola dell'oblico che è la università. Tanto se lo può permettere, se lo può permettere una società che usa bene i dati, l'intelligente artificiale, le nuove tecnologie, è una società più ricca. Si può permettere la scuola dell'oblico la università. Quindi mai alzato la balla e questo è quello che io penso. Però io te l'alzo ancora una volta così. Quest'anno noi abbiamo due anniversari. Guardatemi bene negli occhi. Il primo, 1923, legge gentile e noi abbiamo la scuola disegnata su quella base lì. 1963, 60 anni, scuola unica dell'oblico. Quindi questo nostro paese che avrebbe avuto la possibilità di disegnare il suo futuro vive ancora con un anniversario di 100 anni per la scuola di gentile e un anniversario di 60 anni per la scuola media unica. Io credo che veramente la scuola di gentile è una scuola unica. La scuola di gentile è una scuola unica, un anniversario di 60 anni per la scuola media unica. Io credo che veramente sia necessario dare un colpo, una frustata, perché altrimenti rischiamo di sparire. Nel 1853, quando i piemontesi hanno deciso che era ora di finirla con tutti quegli staterelli, nella Penisola il numero di laureati sul totale della popolazione era il più alto d'Europa. Siccome tu hai detto che sono praticoni, io ho un obiettivo di partire dalla testa, ne abbiamo parlato tante volte con Francesco, l'università è basata sull'eccellenza, l'eccellenza non è una vergogna. Noi siamo, la generazione nostra, posto se stanno tottini quindi l'idea, l'istruzione aperta, eccetera, ma non c'è contraddizione. Se l'università di punta recuperasse la sua autonomia e non è una rivoluzione epocavica, tutte le rivoluzioni che riguardano il cambiamento del punto d'ascuola, tu sei stato ministro, non sono facili. Però una legge ben fatta sull'autonomia universitaria non è la fine del mondo e questo innesca soprattutto nel mondo che guarda l'intelligenza artificiale, le nuove tecnologie, la biotecnologia, eccetera, un circolo vituoso. Pensate alle nostre grandi politecnici, pensate alle nostre scuole d'eccellenza creano indotto, creano incubatori, traggono grandi professori dall'estero, cambia tutto perché chi è che non vuole venire a vivere a Trento? Che città bellissima, ma chi è che non vuole venire a vivere? Ma quando io giro per la Silicon Valley mi dico guarda che bella quella casa, costa 50 milioni di euro, è una cata vecchia, è una cata vecchia Voglio dire, se l'Italia, l'Europa ha dei posti belli, io ho fatto questo discorso in un paese come la Danimarca, quindi top nella classifica del benessere sociale e dico ma che cosa vi serve che vincete tutte queste classifiche? Avete chiuso le vostre università i danesi, ma vi rendete conto che cosa state facendo? Quindi l'Europa se desse più autonomia alla ricerca, all'università a partire dall'Italia, con poco farebbe tanto, con poco farebbe tanto. Nel mio piccolo con il programma Europa Digitale abbiamo federato i master, un po' sul modello perché poi ce l'abbiamo il caso delle scuole di business europee che hanno scalato le classifiche mondiali e si sono anche messe insieme, hanno fatto, ecco, per quanto riguarda le materie della transizione digitale, verte, le biotecnologie, sono corsi costosi, sono corsi che richiedono investimenti, le università si possono mettere, quelle che sono intese a mettere insieme, l'abbiamo fatto, abbiamo speso 200 milioni di euro stanno venendo fuori questi master coordinari. Quindi magari ecco uno poi tende a fare grandi discorsi, però una legge sull'autonomia dell'eccellenza è un prato che la Francia ha fatto, sarebbe molto molto utile. La Francia ha fatto la legge, ma ha fatto anche una legge di aggregazione di quei soggetti troppo piccoli perché loro avevano bisogno di avere delle masse critiche per potersi confrontare. Noi la legge sull'autonomia, adesso qua non voglio giocare una partita che sarebbe troppo semplice, però se siamo capaci a farla funzionare, gli strumenti ci sono tutti, se oggi andate a fare un'analisi delle università in Italia ci sono delle profonde differenze in positivo, naturalmente perché chi si è tirato sulle maniche e che ha avuto coraggio oggi ha un'università che compete con le migliori e qualcuno è rimasto indietro però signori, se vogliamo avere un Paese che cresce, che diventa più capace di competere con gli altri abbiamo bisogno soprattutto di avere un modello di istruzione di educazione e di qualità perché è di lì che ti costruisci il futuro. E poi voglio dire rapidissimamente, perché come hai detto vado troppo in profondità, adesso troppo lungo, transizione verde digitale. Comincio con un piccolo aneddoto, hai ragione, il piano di rilancio europeo non aveva la quota del 20% digitale ma aveva solo quella verde, un po' sorprendendo tutti la mia Presidente andò al Parlamento e disse e faremo anche la trasformazione digitale con una quota riservata e il regolamento sul piano di rilancio fu cambiato, fu cambiato in corsa e fu inserito anche la quota del 20% minima per il digitale, peraltro l'Italia, il piano italiano ha il 27% quindi è ben oltre, è una marea di soldi, è una cosa che non si è mai vista, quindi utilizzare quei fondi bene significa cambiare la faccia del Paese sulla medicina digitale, sull'amministrazione digitale, chiusa la parentesi, hai ragione, la sfida più grande che ha l'Europa è riuscire a bilanciare verde digitale nuove tecnologie, fare il mix della torta della nonna ideale, non c'è transizione verde senza il digitale, non ci può essere, perché sapete c'è una gira alternativa che è bella però il sole cala, quando è notte non ci sta più il sole o il vento è la stessa quindi le giri alternative fluttuano e che cosa succede? Che l'intelligenza artificiale stabilizza la rete e quindi permette diciamo di fare la questione del clima, la questione del clima va compresa quello che è successo l'ultimo evento tragico e sono questioni che ancora non comprendiamo in maniera completa di microclima, con tutti i supercalcolatori che abbiamo messo in pista stiamo ancora lottando con modelli che c'erano un chilometro ma possiamo fare molto meglio, possiamo quasi arrivare all'ingegneria del clima soprattutto guardando all'agricoltura e lì di nuovo i tabu, l'obiettivo dell'agricoltura è portare l'agricoltura di precisione in Africa, portare il benessere in Africa perché se il connubio delle tecnologie passano nel Mediterraneo tutta la dimensione del problema della migrazione cambia completamente, quindi purtroppo la storia passata delle tecnologie ci ha mostrato che chi crede in una cosa non crede nell'altra e non si può prendere la tecnologia a pezzi, c'è stata una incomprensione totale per esempio sulle questioni delle OGM per tanto tempo ma se io faccio una pianta con il supercalcolatore che resiste a quel tipo di parassita quella pianta non ha bisogno di diserbante, non ha bisogno di pesticida e quindi l'ambiente è più verde, quindi questa è la vera sfida adesso e l'ultimo capitolo del libro, così faccio lo spot, parla esattamente di questo che l'hai voluto fortemente del libro e quest'ultima parte del libro. Questo è il libro, se come ogni buon algoritmo di raccomandazione deve fare, se vi è piaciuto questo incontro, fra un quarto d'ora c'è la prosecuzione e parliamo del wallet europeo che è uno degli argomenti strategici sui quali possiamo svilupparci, ci saranno ancora Francesco Profumo e Roberto Viola con altri ospiti e un moderatore modesto come avete visto fino adesso, ringrazio il pubblico che ci è stato fino adesso, abbiamo un dito alzato, prego. Come il giro d'Italia, io voglio ringraziare una persona che è qui in sala che è una cittadina Trentina di Trento Attuttiva che è Paola, la mia assistente che ha lavorato tantissimo al libro. Quindi questo proseguiamo alla Fondazione Caritro fra un quarto d'ora, grazie Francesco Profumo per essere stato qua, grazie a voi. Grazie a te. Grazie a te.
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